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Autore: L o t t i e    18/02/2014    4 recensioni
«Sei una cretina», iniziò lui accomodandosi sul letto ad una piazza e mezza: aveva ancora la giacca. «Puoi accusarlo di tutto, tranne che non ti voglia bene... a modo suo.»
Ah, ecco.
William sottolineò, a mente, «a modo suo» un paio di volte, in rosso. Ripassandolo più volte.
Quelle semplici frasi stesero un velo scuro sul viso di porcellana della vampira, la quale preferì stare in piedi; se si aspettava la comprensione faceva prima a gettarsi dalla finestra, l'umano. Non dopo aver parlato al cellulare con una fanatica, non dopo aver ricevuto un bacio dal suo creatore ubriaco e con chissà quali sensi di colpa venuti a galla.
«Non ti permetto di parlarmi così», si impose pacatezza, danzando verso l'armadio per prelevare dei vestiti più leggeri. Vide il ragazzo schiudere le labbra, forse per parlare ancora, protestare. Fu più veloce.
[Da revisionare!]
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Vampire - the series.'
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Prologo.








«Basta! Claude, così fai male!» urlò l'albina, inarcando la schiena, provando a liberarsi dall'abbraccio ferreo del vampiro.
Ora, come diamine ci era finita ? Perché non ricordava quasi nulla? Soffocò un'altra imprecazione tra i denti, arrendendosi. Più si dimenava, più il dolore cresceva. Doveva pensare, provare a distrarsi ― doveva.
«Non cinguetti più, eh?» a schernirla, lui.
Ah, quanto sentiva freddo. Curiosamente, osservandolo, le veniva in mente quella ragazza che stava sempre un po' in disparte della sua classe ― chissà se le sarebbero piaciuti ancora i suoi amati vampiri se si fosse trovata nella sua stessa situazione.





* * *







Quella mattina William non aveva proprio voglia di andare a scuola, una tazza di latte, jeans e maglietta con giubbotto; sua madre l'aveva raccomandata di indossarlo visto che quella era una mattina piuttosto fredda. In strada solo i studenti che correvano verso il liceo, lei no. In quella mattina monocromatica si limitava a camminare lentamente osservando ogni particolare: il venticello smuoveva le chiome, o meglio, i rami degli alberi; I marciapiedi leggermente umidi per la pioggia della scorsa sera e qualche erbetta nelle crepe di essi e... Oh, una farfalla nera, stranamente, svolazzava di qua e di là. William la guardava affascinata, con un lieve sorriso ad incurvarle le labbra rosee; lo sguardo ceruleo puntato in alto, ormai disattenta alla strada non si accorse che stava per finire contro qualcuno.
«Ah, cavoli..! Scusa.» indietreggiò di qualche passo osservando il ragazzo moro che le dava le spalle. Quest'ultimo la ignorò totalmente continuando a camminare per la propria strada. «Hey!» con tono più fermo cercò richiamare la sua attenzione; mph, una fa la gentile e vedi come ti ripagano!
«Cosa vuoi?» seccato, finalmente, si voltò. Non sembrava avere più di vent'anni dal viso levigato, come scolpito nel marmo. I capelli ribelli e neri le facevano venire voglia di scompigliarli ancor di più e gli occhi... Uh, che bel verde! Come se gli avessero incastonati due smeraldi! La guardava evidentemente scocciato, inarcando elegantemente un sopracciglio.
«Ti ho chiesto scusa.» borbottò nuovamente la sedicenne, sostenendo lo sguardo.
«Hm, okay.» scrollò le spalle, noncurante e fece per andarsene.
«Mi chiamo William.» azzardò l'altra.
E lui si fermò, pietrificato.
Quella ragazza... Fece un piccola, quasi impercettibile smorfia, al ricordo di quell'evento così spiacevole.
Oh.
Oh, attendeva da tanto ciò. William! Che nome particolare per una fanciulla.
«Te l'ho chiesto, forse?» sospirò teatralmente, come uno dei migliori attori melodrammatici, poi abbozzò un sorriso. «Io Claude. Will, posso chiamarti così, vero?» senza aspettare una risposta, proseguì, sempre più entusiasta. «Ti interesso, non è così?» punto gli occhi magnetici su quelli della ragazza esercitando su ella il controllo mentale. «Sì?»
«Sì.» affermò lei in trance non riuscendo a distogliere lo sguardo blu da quello verde.
«E ovviamente vorresti diventare la mia ragazza, giusto?» quella annuì. «Bene. Ora lo sei. E sei anche la mia preda, non ti opporrai a nulla. Intesi?» altro segno di consenso dalla ragazza che infine sorrise felice.
«Che peccato, Will. Hai saltato la scuola.» con un finto tono dispiaciuto portò l'indice sulle labbra. «Fa nulla; è l'ora di uno spuntino!», proferì infantile come un bimbo di cinque anni pronto per la merenda. «Vieni mia cara, andiamo dove nessuno possa vederci.» e con queste parole la prese per mano portandola verso la prima viuzza abbastanza isolata.
Era così strano. Lei non voleva seguirlo.
«Ed ora non urlare.» ridacchiò stringendole ancor di più il polso, poi, piegò verso il candido collo della giovane e con i denti scoperti ne penetrò la pelle diafana mentre il suo sguardo da smeraldo diveniva rubino. Lei rantolò solamente, socchiudendo le palpebre.







* * *







«...È troppo...», soffiò ancora, «...Non voglio... Morire.» Lo supplicò un ultima volta, la vista appannata. Non capiva se dalle lacrime o per l'abbondante perdita di sangue.
Però... ah, emise un'altro piccolo gemito quanto l'altro si staccò dal collo martoriato con un rumore sordo ed agghiacciante. Gli occhi scarlatti brillavano eccitati ― disgustoso.
«Oh, tranquilla tesoro mio. Non morirai, te l'ho già detto. Sarebbe un peccato!» le accarezzò gentilmente il viso asciugandole le lacrime ed osservando attentamente il suo sguardo. Era spaventata, meravigliosamente spaventata ― eppure! Ah-ah, che carina, manteneva la sua sfacciataggine.
«Hai dei bei occhi, Will. Peccato che verranno stravolti dal cremisi.» che poeta, mh. Sorrise soddisfatto del lavoro appena compiuto, ora doveva solo finirlo.





* * *







«Hey, prinzessin! Ti sta bene quel foulard, è nuovo?» domandò lui con un sorrisetto in viso e le braccia incrociate al petto.
«Già, ti piace?» lei chinò il viso di lato, aspettando un suo giudizio.
«Sì, è carino. Anche se preferisco il tuo collo nudo.»
«Ma non posso girare a collo scoperto.»
«Giusto, giusto. Brava ragazza.» annuiva e sorrideva, tutto soddisfatto. «Sai dove ti porto, ora?» lei scosse il viso in segno di negazione. «Al cimitero.»
«Eh..? Perché?» mormorò con voce leggermente incrinata, indietreggiando.
«Ah, lo scoprirai.» disse, mellifluo, prendendola per un braccio ed avvicinandola prepotentemente a sé. Con i canini ora scoperti incise il proprio polso fin quando non iniziò a sanguinare e lo accosto alle labbra della giovane.

Varcarono il cancello imponente e dopo qualche metro si trovarono in mezzo alle lapidi di marmo; alcune bianche, altre lilla o ancora di un pallido celeste. Will, si guardava intorno, apatica in quel momento sotto l'effetto dell'ipnosi.
«Ora urla, dimenati, fai ciò che vuoi William. Ti lascio libera, voglio avvertire ogni tua singola emozione.» la sbatté contro un albero che faceva da spettatore al macabro spettacolo che stava per iniziare.







* * *







William ormai aveva smesso anche di respirare ed il suo corpicino delicato era ancora pressato su quell'albero dal mostro che continuava a sorridere macabramente. La prese tra le braccia, piccola e fragile, in quel momento e la posò sul terreno. Lei ancora sanguinante per le profonde, o meglio, per i profondi buchi che aveva sul collo. Immediatamente anche la terra si colorò di cremisi; le spostò i capelli di lato, quei morbidi e candidi capelli, per darle un bacio in guancia.
«Sei sempre bellissima, Will.» detto questo si alzò e spolverò i pantaloni neri che erano impolverati ed impregnati di sangue. «Ci rivedremo molto presto» poi fece un cenno di saluto, già voltato di spalle, lasciandola lì giacente nella terra, mentre lui si avviava all'uscita di quel cimitero testimone.
  
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