Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Aqua_    20/02/2014    9 recensioni
Vi siete mai chiesti quale sia il lato positivo dell'essere una fangirl - o un fanboy, anche se sono decisamente di meno. O meglio, vi siete mai chiesti se ce ne sia uno? Perché, ammettiamolo, andare a dormire alle quattro di mattina, dopo una maratona di Sherlock, e alzarsi due ore dopo non è proprio il massimo. Specialmente se quel giorno hai una riunione, anzi, la riunione, quella più importante dell'anno, e l'unica cosa a cui riesci a pensare è... no, scusate, non posso dirlo, magari non avete ancora visto l'episodio, e io non voglio fare spoiler.
Comunque, quello che volevo dire è che la vita di una fangirl non è affatto facile, anzi, tutt'altro. O no?
[STORIA IN REVISIONE]
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic


 


 
«Ti prego, non fare caso a me.»
Posso sentirmi una completa idiota? Sì? Bene, perché è esattamente così che mi sento.
Non so né come né perché, ma sono riuscita a spogliarmi davanti al mio capo. Se qualcuno dovesse entrare in questo istante, be', non potrebbe far altro che fraintendere. Non potrei biasimarlo, anche io fraintenderei, se vedessi una situazione del genere.
«Anzi, la sai una cosa, Mills? Potrei anche prendere in considerazione un aumento» mormora, avvicinandosi pericolosamente. Sono ufficialmente un'idiota. E sono anche nei guai. «Basterebbe fare così...» aggiunge poi, prendendosi la libertà di sbottonarmi i jeans e meritandosi, di conseguenza, uno schiaffo.
«Pervertito!» esclamo, cercando di allontanarlo da me. Si sposta appena di un paio di centimetri grazie alla sorpresa dello schiaffo, poi si riavvicina.
«Non fare la santarellina, Mills, non ci crede nessuno.»
Ma come si permette?
Lo schiaffeggio nuovamente, ma, questa volta, capisce la mia intenzione e blocca la mia mano prima che riesca ad avvicinarmi al suo volto. Poi, senza un motivo preciso, scoppia a ridere e si allontana.
«Vestiti» si limita a dire, senza smettere di ridere, uscendo finalmente dalla stanza.
Rimango immobile, con il vestito in una mano e la camicia nell'altra, basita da quel comportamento. Che accidenti gli è preso? No, seriamente, come gli è saltato in testa di sbottonarmi i jeans, o anche solo di pensare di provarci? Non so per chi mi abbia presa, ma quasi sicuramente non ha capito un bel nulla.
Sbuffando e brontolando tra me e me, mi cambio il più velocemente possibile, casomai gli venisse la malsana idea di rientrare. Infatti, nemmeno a farlo apposta, apre la porta prima che io sia riuscita a tirare su la zip dell'abito, trovandosi così la mia schiena nuda davanti agli occhi. Sì, mi sono girata in modo da dare le spalle alla porta. Meglio un eventuale guardone che lui, o no? Specialmente dopo la geniale idea che ha avuto cinque minuti fa.
«Non ho finito» brontolo, tentando invano di chiudere quella benedetta zip.
«Ferma» dice lui, spostandomi le mani dalla cerniera e tirandola su al posto mio.
Quando toglie le mani dalla mia schiena, mi volto di scatto e faccio per andarmene, ma Robert afferra il mio braccio, trattenendomi. Stizzita, mi volto a guardarlo, attendendo una spiegazione.
«Mi dispiace, Natalie. Non so cosa mi sia preso, non ne ho davvero idea» dice, con un'espressione che sembra realmente dispiaciuta. Certo, però, che è grave se nemmeno lui sa perché abbia fatto quello che ha fatto. «Ogni tanto mi capita» continua, arrossendo leggermente.
«Cosa? Cosa ti capita?» domando, con un tono leggermente più alto del normale.
«Di fare quella cosa» risponde lui, arrossendo, questa volta sul serio.
«Ah, quindi ogni tanto ti capita di cercare di spogliare una donna contro la sua volontà. Non è normale, lo sai?» gli urlo contro, leggermente irritata. No, un po' più che "irritata". Direi che sono leggermente infuriata. Tipo Hulk. Che poi, tra l'altro, una volta ho fatto un test per scoprire quale personaggio degli Avengers fossi, ed è uscito proprio Hulk. Ma tralasciamo.
«Non esagerare, mi fai passare per uno stupratore. E abbassa la voce, per favore» si difende lui, facendo spallucce.
«Ti faccio passare per quello che sei, ovvero uno sporco maschilista, sessista e petulante, credi di essere il centro del mondo, ma devi capire che n-»
Non faccio in tempo a finire la frase che mi ritrovo zittita in un modo più che inusuale. Almeno, inusuale per me. Per quanto mi costi ammetterlo, però, devo dire che una parte di me - una parte piuttosto malata - non è affatto dispiaciuta di trovarsi in quella situazione. Poi c'è la parte razionale, che insiste perché allontani Robert e, possibilmente, gli dia anche un calcio dove non batte il sole, cosa che sono abbastanza tentata di fare. Solo che non lo faccio e, onestamente, non so nemmeno io perché.
«Io credo che, uhm, ti... ti stia squillando il cellulare» sussurro, trovando la scusa perfetta per interrompere quello che non sarebbe nemmeno dovuto accadere.
«Eh? No, non penso» risponde lui, riavvicinandosi, evidentemente per riprendere quello che stava facendo.
«Come no? Non senti?»
Mi fingo sorpresa, sperando seriamente che il suo cellulare inizi a squillare da un momento all'altro, ma, ovviamente, non succede. Perché dovrebbe, è lunedì. Come ho già detto, di lunedì accade sempre qualcosa che non dovrebbe accadere.
«Ho il silenzioso, Natalie»
Ecco.
Figura da completa idiota: fatta.
Arrossisco e mi copro il viso con le mani, decidendo di passare al lato B. Piano, piano B. Non che ci sia un piano B, non ancora, almeno. E se...? Sì, sono ufficialmente un genio.
Fingo di singhiozzare una, due, tre volte, fino a quando non sono assolutamente sicura di essere riuscita nel mio intento. Adesso Robert pensa che io stia piangendo. Per colpa sua.
«Natalie? Ehi, Natalie. Mills, che ti prende?»
Perfetto, è preoccupato.
Singhiozzo ancora, sforzandomi di fare uscire qualche lacrima per rendere il tutto più credibile.
«Natalie, cazzo!»
Non so se l'avete già notato, ma, a quanto pare, questo ragazzo è leggermente fissato con questa parola. La mette un po' ovunque, come il prezzemolo. Però devo ammetterlo, in bocca a lui non sembra nemmeno lontanamente volgare. Sì, so perfettamente che questa frase è leggermente ambigua, ma non importa.
«Ehi, ehi, tranquilla» sussurra Robert, spostandomi le mani dal volto e stringendole tra le sue.
«Scu-scusa, è solo che...»
"Solo che" cosa? Dovevo pensarci prima. Ti prego, fa che non me lo chieda. Fa che sia distratto dalle lacrime che sono riuscita a far uscire dai miei occhi. Probabilmente, in una vita precedente, ero un'attrice, e anche piuttosto brava.
«No, Natalie, non piangere» sussurra, e io mi sento leggermente in colpa per la mia messinscena. Voglio dire, mi fa un po' di tenerezza, a vederlo così preoccupato. Però se lo merita, visto quello che fatto e cercato di fare.
«Devo andare» mormoro, cercando di dare l'impressione di una persona che cerca di darsi un po' di contegno. Ovviamente, ci riesco. Come ho già detto, in una vita precedente ero un'attrice. Potrei farlo anche in questa vita, magari.
Robert mi lascia andare, ma, ovviamente, non mi dice che ha chiuso a chiave la porta. Non mi lascia il tempo di dire nulla, appoggia la mano sulla mia, che tenta inutilmente di aprire la porta, e mi costringe a toglierla. In meno di cinque minuti, mi ritrovo intrappolata tra il muro e il suo corpo, l'uno troppo freddo, l'altro troppo vicino. Cerco di protestare, ma riesce a farmi desistere con un solo sguardo.
«Non accadrà mai più, se non vuoi. Te lo giuro» sussurra, prima di suggellare il nostro, uhm, accordo, con un bacio. Uno di quelli da togliere il fiato, a dirla tutta. Poi, come se niente fosse, torna a sedersi dietro la scrivania e mi guarda uscire. Quando mi chiudo la porta alle spalle, sento ancora i suoi occhi fissi sulla mia schiena.
Sospiro, cercando di reprimere un sorriso ebete che minaccia di comparire sul mio volto. Non posso gioire di una cosa simile, devo impedirlo. Sì, Natalie, impediscilo. Tu lo detesti, lo detesti per quello che ha fatto e non vorresti mai e poi mai che tra voi due ci fosse qualcosa. Mai.
Sbuffando, decido che, per oggi, ho lavorato abbastanza. Non che consideri quello che è successo una sorta di lavoro, certo. Quello che intendevo dire è che ne ho avuto abbastanza di questo posto, motivo per cui sono più che felice di andarmene. Mando un messaggio a Kyle per avvisarlo che ho intenzione di andare a scocciarlo sul posto di lavoro, aspettandomi qualche protesta in risposta, ma invece mi risponde con un'emoticon, una faccina sorridente. Evidentemente, non lo disturbo.
Per mia fortuna, il night club in cui lavora Kyle non è molto lontano da dove lavoro io, perciò impiego davvero pochissimo ad arrivare - grazie anche a un taxista alquanto di fretta, devo dire. Ovviamente, a quest'ora, il locale è chiuso, ma, per fortuna, il mio fratellone mi sta aspettando esattamente davanti all'entrata.
«Natalie! Sei venuta a goderti lo spettacolo?» mi domanda, non appena sono abbastanza vicina da poterlo sentire senza bisogno che urli, ovvero quando sono praticamente a dieci centimetri di distanza da lui.
«Veramente sono venuta a darti fastidio.» ribatto, facendogli la linguaccia e guadagnandomi un pizzicotto lì dove non avrebbe mai dovuto mettere le mani. «Tra l'altro, ci sei solo tu?» aggiungo poi, sperando vivamente che la risposta sia un "sì".
«Uhm, no. Ci sono anche Don, James e Martin.» risponde lui, passandosi una mano tra i capelli.
«Chi?» ribatto, sperando di aver frainteso tutto. Conosco Don, ma James e Martin non li ho mai sentiti. A meno che non siano chi penso che siano, e allora li conoscerei di sicuro.
«Sì, ecco, dobbiamo parlare...» borbotta Kyle, precedendomi nella spaziosa sala in cui si esibisce, se così si può dire.
Su un divanetto piuttosto sgualcito, intravedo Don, pigramente sdraiato, con un basco con la fantasia scozzese a coprirgli il volto. Mormora un "ciao" senza né mettersi a sedere né alzare lo sguardo. Non che me lo aspettassi, certo. Voglio dire, Don è il tipo di persona che ha la capacità di ignorare tutto e tutti in qualsivoglia situazione.
Poco più in là, su uno degli sgabelli del bar, vedo, come temevo, Martin, impegnato a leggere dei fogli che, a mio parere, potrebbero essere un contratto. Be', se così fosse, potrei anche ucciderlo. E poi ucciderei Kyle, perché l'idea dev'essere arrivata sicuramente da lui.
«Devi dirmi qualcosa?» domando, sedendomi di fronte a lui e strappandogli i fogli dalle mani, facendolo sussultare.
«Dai, Nat, non è il caso» si lamenta, cercando di riprendere i fogli che, ovviamente, vanno a finire nella mia borsa. Sarà strano, ma non permetterò in alcun modo a mio fratello di seguire le orme dell'altro perditempo e fare lo spogliarellista.
«Sei impazzito?» domando, con un tono a metà tra il deluso e l'arrabbiato.
«Mi servono soldi, ergo mi serve un lavoro» si giustifica lui, facendo spallucce.
«Hai tre figli!» gli ricordo, piuttosto irritata dal gesto che ha fatto nemmeno dieci secondi prima.
«Appunto, motivo in più per cercare un lavoro» continua, imperterrito.
Sbuffando, mi alzo e raggiungo Kyle con una mezza intenzione di schiaffeggiarlo un paio di volte – oggi è la giornata degli schiaffi, sì – ma cambio idea non appena vedo dov'è, ma soprattutto con chi. Non avete la più pallida idea di quanto io shippi mio fratello e Don. Ovviamente, nessuno dei due lo sa, anche se credo che Kyle sospetti qualcosa. Però, insomma, sono perfetti insieme. Cioè, dico davvero, sono la tenerezza fatta coppia. Non che siano una coppia, non ancora, almeno. Purtroppo per me, temo che non lo saranno mai, anche perché, se non mi ricordo male, Don ha una ragazza. O la aveva. Insomma, di sicuro non è dell'altra sponda, e non lo è nemmeno Kyle.
«Di chi è l'idea?» dico, interrompendo quello che stavano facendo.
«Di Martin.»
Oh, sì, certo. Magari si aspetta anche che gli creda. L'idea è sicuramente sua, solo che non lo ammetterebbe mai, visto cosa lo aspetterebbe.
«Martin non lo farebbe mai» ribatto, incrociando le braccia e mettendo il broncio.
Mi siedo sullo stesso divanetto su cui era sdraiato Don, tra lui e mio fratello, per nulla intenzionata ad andarmene fino a quando Kyle non mi avrà spiegato per filo e per segno in che modo abbia avuto quell'idea. Ovviamente, però, vengo tranquillamente ignorata da entrambi e, dopo un paio di minuti, costretta ad andarmene. Sbuffo sonoramente, allontanandomi per andare a fare un bel discorsetto a Martin, se non fosse che l'interessato è scomparso. Scomparso per modo di dire, certo, so perfettamente dov'è andato a finire, ovvero negli spogliatoi, se così si possono chiamare.
Sto quasi per entrare urlandogli di trovarsi un vero lavoro, ma cambio idea non appena sento una voce dall'interno, e di sicuro non è quella di Martin. Scuoto la testa, pensando che è impossibile che sia lui, anche se la voce è praticamente identica. Mi affaccio appena dalla porta e riconosco immediatamente il cespuglio biondo platino che Isabel si è portata a casa venerdì. Fortunatamente, è di spalle, quindi non mi vede. Be', adesso ho qualcosa con cui ricattarlo, anche perché sono davvero curiosa di sapere con chi stia parlando e per quale motivo abbia messo nella stessa frase le parole Natalie e scommessa.

 
   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Aqua_