L’Incubo Torna
Il
giorno dopo mi sentii peggio di quello prima: avevo
avuto sogni e ricordi poco piacevoli. Avevo anche iniziato a ricordare
qualcosa
del mio passato: qualche flash di casa e della mia scuola passata, ma
ancora
non ricordavo nulla di rilevante, nemmeno nomi o qualcosa di utile a
identificarmi. Ero ancora Annabeth, la fidanzata di Percy Jackson, il
ragazzo
che mi teneva tra le braccia.
La
sera prima eravamo tornati a casa devastati per quel
che era successo. Io non riuscivo a staccarmi dalla sua mano e ci
eravamo
buttati nel letto abbracciati, con la sola consolazione l’uno
dell’altra. Io mi
sentivo uno straccio per quello che avevo raccontato e lui si sentiva
in colpa
per averlo aiutato. Ma io sapevo che lui non c’entrava:
all’epoca era in una
situazione difficile e aveva fatto quello che doveva. Non aveva ferito
ne
ucciso nessuno. Nessuno si era fatto male.
Lui,
però, ne soffriva, perché era onesto e non
avrebbe
voluto.
“Buongiorno
Annie.” Mi sussurrò, appena fu sveglio,
stringendomi un po’ di più.
“Buongiorno
a te, Perce… come ti senti?” Chiesi,
aggrappandomi alla sua canottiera.
“Così
e così… sono preoccupato.”
“Per
cosa?”
“Per
Piper… in mano a quell’animale che ti ha quasi
violentata… e a te. Non voglio che ti succeda qualcosa. Non
me lo perdonerei.”
Spiegò, dolcemente, dandomi un bacio sulla guancia.
Mi
accoccolai teneramente a lui, ordinando al mio
cervello di spegnersi. Volevo solo assaporare il suo calore, sapendo
che lo
amavo e lui amava me.
Ci
alzammo, insieme, e sentii le sue braccia intorno alla
mia vita e mi dette un bacio sul collo. Erano baci dolci e misurati,
quasi
volesse farmi un massaggio per farmi stare meglio. E dovetti ammettere
che
funzionava alla grande.
“Andiamo…
dobbiamo alzarci e vedere se c’è qualche
novità.” Mi disse il ragazzo, sorridendo triste.
La
mattina procedette nell’apatia più totale. Ci
aggiravamo entrambi come zombie, nella casa. Ci lanciammo qualche
occhiate e mi
ritrovai a pensare che avrei preferito non ricordare nulla, pur di
rimanere
accanto a lui. La mia memoria aveva ferito tutti: io dal dolore di quel
che
avevo passato, lui facendolo sentire in colpa per il suo precedente
errore.
Perché non potevo tornare indietro.
Sembrava che mi capitasse di tutto per farmi star male.
L’espressione
addolorata di Percy mi fece sentire come se avessi un incudine al posto
dello
stomaco, impedendomi di mangiare.
Andammo
a lavoro senza il solito entusiasmo, ma
cercammo entrambi di sembrare normali. Feci giocare Lucy come se non mi
stesse
accadendo nulla e non feci parola con nessuno di quello che avevamo
scoperto.
Il
pomeriggio la situazione si sciolse.
“Annabeth…
Leo sta venendo qui, ha qualcosa per noi.”
Mi informò il ragazzo, stringendomi al ritorno.
Cinsi
la sua vita e lo strinsi. Era l’unica cosa che mi
permetteva di non impazzire, in quel momento. Ci sedemmo insieme sul
divano, in
attesa di Leo che, presto, entrò con l’ara un
po’ ansiosa.
“Ehi,
Jackson. Come vi trovate, piccioncini?” Chiese,
con un sorriso sghembo e mooolto, forse troppo allusivo.
“Stiamo
bene, Leo, e puoi chiamarmi per nome, sai?” Gli
fece notare il ragazzo, incrociando le braccia. “Allora?
Novità?”
Il
giovane meccanico sembrò
irritato: “Oggi Nakamura è venuto da
noi,
così ne ho approfittato per chiedere qualcosa su Luke,
dicendo che volevi
parlargli. Lui… diciamo che è diventato subito
sospettoso. Alla fine, però, mi
ha detto che andrò in un locale: il Lotus, sta’
sera. Forse da ubriaco sarà più
sciolto.”
“Meglio
di niente… hai informato gli altri?”
“Certo…
che intendi fare?” Chiesi Leo, guardando Percy,
come se potesse leggergli nel pensiero.
“Mi
pare ovvio: andrò a parlare con lui. So dove si
trova il locale, più che altro, informa Jason, prima che
decida di uccidere
Ethan, mi serve vivo, se vuoi che parli.” Lo
avvertì Percy, cercando di
controllarsi. Era, evidentemente, avvinto da brutti ricordi, ma faceva
ogni
cosa per controllarli.
“D’accordo.
Allora a sta’ sera.” Sussurrò Leo,
dandogli
un’amichevole pacca sulla spalla, per una volta per niente
desideroso di fare
battute.
Appena
fummo soli, Percy si passò una mano sulla fronte
e sembrò sul punto di piangere.
“Perce…
dai, non fare così. Non è colpa tua.”
Dissi,
accarezzandogli la guancia. Non volevo che soffrisse.
“Lo
so… ma se avessi saputo cosa sarebbe successo… mi
sento in colpa per quello che ti ha fatto.”
Borbottò, allontanandosi da me.
No,
questo non doveva dirlo.
“Non
è vero!” Lo abbracciai di corsa, tenendolo
stretto. “Sai… ho avuto molta paura per quello che
mi ha fatto, ma io non avrei
mai conosciuto te. Percy, so perché l’hai fatto:
tu non c’entri. Io ti amo lo
stesso.”
Sentii
le sue braccia intorno alla mia vita, mi strinse
forte e sentii le sue lacrime che uscivano, ma lui fu veloce ad
asciugarsele.
“Grazie,
amore mio.” Sussurrò, dandomi un bacio veloce.
Quella
sera eravamo insieme davanti al Lotus, con Nico
e Talia che ci coprivano, come aveva detto lei. Il moro le teneva la
mano, cosa
che mi sembrò strana, dato che Talia era una tipa forte, ma
a lei non sembrò
darle fastidio.
“Dov’è
Jason?” Chiese Percy, guardandosi intorno.
“Ehi,
non potevamo portarci dietro tutta la banda.
Avremmo dovuto portare tutta la banda? Saremmo stati troppi e di
sicuro, quel
tipo Nakamura si sarebbe insospettito. Meglio, inoltre, che sia tu a
parlargli.” Spiegò Nico, tirandogli un affettuoso
pugno sulla spalla.
Percy
no sembrò entusiasta, ma quando gli strinsi la
mano lui sembrò incoraggiato ed entrammo tutti insieme.
Il
locale aveva un aria fumosa e pesante, come se tutti
stessero fumando. Avevo il naso invaso da forti odori di alcol e
qualcosa che
non volli identificare (Probabilmente vomito). La musica era sparata a
tutto
volume, tanto che facevo fatica a sentire me stessa parlare, mentre una
strana
sfera emetteva luci ad intermittenza sparandola a mitra nei miei occhi,
dandomi
un gran fastidio. Molti ragazzi che intravedevo appena, mi guardavano
in modo
lascivo e un paio di volte sentii delle mani poggiarsi sul mio sedere,
cosa che
mi fece sobbalzare e mi avvicinai ancora di più a Percy. Una
volta uno provò a
mettermi le braccia intorno al collo, ma io lo scansai, veloce.
Non
mi piaceva quel posto, per niente.
Mi
sentivo soffocare e avrei preferito trovarmi
ovunque, ma la mia determinazione nel trovare Piper mi fece resistere e
continuai il percorso insieme ai miei amici, fino al bancone, dove Nico
si
separò da noi.
“Io
e Talia andiamo a sederci poco lontano. Vi teniamo
d’occhio, in caso succeda qualcosa, chiamo la
polizia.”Sussurrò, lanciandoci un
occhiata complice, mentre metteva il braccio sulla spalla della ragazza
come un
perfetto fidanzato protettivo.
“Andiamo?”
Chiese Percy, guardandomi, senza lasciare la
mia mano.
Mi
limitai ad annuire.
Al
bancone trovammo un ragazzo, intento a bere un
cocktail di non so cosa e non volevo nemmeno saperlo. Era moro, sui
ventun’anni, magro e alto. Teneva i capelli scarmigliati,
sparsi sulla testa,
dandomi l’idea che si fosse pettinato con i petardi, ma aveva
un’aria sciatta e
cattiva, come se volesse pugnalare alle spalle il primo che gli
capitava a
tiro. (Cose che probabilmente faceva dato che teneva un coltello a
serramanico
alla cintura). Aveva una benda sull’occhio sinistro e questo
gli dava un aria
ancor più pericolosa.
Ci
sedemmo accanto a lui, ma mi assicurai che tra me e
Ethan ci fosse Percy: non volevo stare vicina a quel viscido essere. Mi
faceva
ribrezzo.
“Nakamura…
sono un paio di anni che non ci vediamo.”
Iniziò Percy, senza prendere nulla da bere. Anche io non
presi nulla. Ogni
tanto avevo provato a prendere una birra, ma dopo la seconda nausea,
decisi che
non ne valeva la pena di sentirsi male per quella porcheria. Avevo la
sensazione, inoltre, che i cocktail fossero anche più forti.
“Jackson…
sembra che tu abbia bisogno di soldi.”
Borbottò l’altro con voce quasi cantilenante. A
vederlo, in effetti, mi sembrò
chiaro che fosse ubriaco: il suo unico occhio era lucido, in faccia
aveva
stampato un sorriso ebete e ciondolava un po’ la testa, quasi
non riuscisse a
reggersela sul collo.
“No…
sono qui per riscuotere il favore.” Rispose
subito, il mio ragazzo dagli occhi verdi deciso. Sembrava sul punto di
tirare
un pugno all’altro per fargli riacquisire un po’ di
lucidità, ma si trattenne.
“Ah…
d’accordo. Cosa vuoi?”
“Diciamo
che… ho sentito delle voci su Luke… sai, il
nostro amico comune.”
Disse come se
stesse sputando ogni singola sillaba. “So che sta facendo un
po’ di soldi…”
Era
stato molto vago, al punto giusto da far vuotare il
sacco ad Ethan che, nelle sue condizioni, sembrò cascarci in
pieno.
“Credimi…
Jackson… non potrai mai entrare nel suo giro.
Luke lavora in alto, adesso. Sonorc è un tipo pericoloso, ma
sta facendo
guadagnare un mucchio di soldi, sì. Aaaaaah, hanno chiesto
anche a me di
partecipare, ho accettato, ma mi hanno solo detto di fare il
palo… bella la tua
amica, te la sbatti?”
Mi
sentii arrossire fino alla punta dei capelli, ma
cercai di non darlo a vedere, nascondendomi dietro un finto sorriso
perso, come
se anche io fossi ubriaca. Percy, invece, avvampò, ma non
commentò, lasciando
correre.
“Dimmi
di più, ti va’?” Chiese, cercando di
apparire
naturale.
Ethan
probabilmente, era troppo ubriaco per poter
reagire e continuò: “Oh, certo… ma
sappi che non sì partecipa facilmente… non
si fidano di nessuno. So solo che Luke, ultimamente, va sempre al
porto… credo
in un magazzino, ma non so quale di preciso.”
Abbastanza,
come inizio. Percy gli pagò da bere e ci
defilammo. Eppure avevo la sensazione che Ethan Nakamura mi stesse
osservando,
mentre correvo dietro al mio ragazzo, quasi fossi un pezzo di carne
molto
interessante.
No…
Non
poteva avermi riconosciuta in quello stato.
All’esterno,
Talia e Nico ci raggiunsero. Sembravano un
po’ su di giri e notai che sulle labbra di lui
c’erano delle tracce di rossetto
rosso scuro, proprio come quello di Talia.
“Ehm…
scusate, ma siete venuti qui per limonare o per
tenerci d’occhio?” Chiese Percy, con un sorriso
sghembo, facendo arrossire
entrambi.
“N-non…
non è come pensi…” Provò a
protestare il
ragazzo, palesemente a disagio.
Talia,
però, nonostante fosse rossa riuscì a rispondere
per le rime: “Dovevamo trovare una copertura, un tipo mi
importunava così ho
dovuto… prendere in prestito le labbra di Nico. Ora diteci
cos’avete scoperto.”
Dovetti
trattenermi dallo scoppiare a ridere perché
avevo la sensazione che ha nessuno dei due fosse dispiaciuto prendere in prestito le labbra e avevo
la sensazione che si fossero spinto un po’ più in
là di esse. Percy, però, fu
più netto e raccontò tutto, nonostante, anche a
lui gli scintillassero gli
occhi dal divertimento.
“Ti
rendi conto che il porto della città è
immenso!?!? Ci
vorrebbero giorni per setacciarlo. In quel tempo…
be’, non sappiano cosa
potrebbero fare a Piper.” Sentenziò la mora,
sconsolata.
Questa
volta fui io a parlare: “Non potevamo spingerci
oltre! Se l’avessimo fatto avrebbe capito e si sarebbe
insospettito. Meglio questo
che niente. Chiamate Jason e gli altri, inizieremo a setacciare
l’area
portuale. Se abbiamo fortuna e la troviamo, chiamiamo la
polizia.”
“Io
inizio subito. Io e Jason potremo farlo, lui è
tutto il giorno che è nervoso, si sente inutile e potrebbe
fargli bene un
uscita serale.” Propose Nico, scoccando un occhiata
ammiccante a Talia.
“Perché
ho la sensazione che ci sarà anche Talia e che,
probabilmente non vi limiterete a
cercarla?” Chiesi, sorprendendo me stessa con quella battuta.
Che mi stessi
trasformando in Leo.
“Stupida,
certo che no!” Disse la mora, tirandomi una
patta amichevole sulla fronte.
Quella
sera, a casa, Percy crollò a letto forse più per
i suoi problemi che per la stanchezza. Sembrava triste e, nonostante
avesse
parlato con me, intuii che aveva bisogno di un po’ di tempo
per rifletterci su.
Io, invece, non riuscii a chiudere occhio.
Mi
rigiravo nel letto, come se fossi sporca. Sentivo
come un sesto senso che mi diceva che qualcosa non andava. Nemmeno la
vicinanza
di Percy mi fu di conforto. Non erano i ricordi a colpirmi: ma la
strana
sensazione che lo sguardo di Ethan mi aveva lanciato, quasi mi avesse
riconosciuta
o intravista.
Alla
fine mi alzai, sospirando.
Guardai
la sveglia e mi resi conto che era ancora l’una
di notte.
Sbuffai
e, silenziosa, per non disturbare il ragazzo
che dormiva accanto a me, scansai le coperte per andare in bagno. Avevo
bisogno
di rinfrescarmi. Aprii il rubinetto dell’acqua, facendola
scorrere un po’ per
farla diventare tiepida ed iniziai a sciacquarmi le braccia e il viso.
Mi parve
di sentire uno scricchiolio, mentre mi versavo l’acqua sul
collo, ma non ci
feci caso.
Mossa
sbagliata.
Infatti,
appena chiusi l’acqua l’aria mi parve
stranamente silenziosa. Tornai nel salotto e mi accorsi che la luce era
spenta,
anche se ero sicura di averla lasciata accesa.
Mi
accigliai.
Camminai
verso la porta della camera, ma non la
raggiunsi.
Due
mani forti, dure e fredde mi afferrarono per la
gola, tirandomi indietro.
Un
rantolo terrorizzato mi sfuggì, ma subito, qualcosa
mi chiuse la bocca, impedendomi di chiedere aiuto.
“Guarda
un po’, per una volta non è l’erba
cattiva a
non morire.” Sussurrò una viscida voce, molto
vicina al mio collo.
Era
Luke.
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[Angolo
autore]
MUAHAHAHAHAHAHARGH!!!!
*Risata malvagissima*
Ok,
no, scusate il ritardo. Come va, lettori?
Aspettavate questo capitolo? Sono stato sufficientemente cattivo?
Ebbene
sì, vi lascio con un finale a sorpresa per
farvi aspettare ancor più trepidanti il prossimo :P
Comunque,
scusate il ritardo, davvero, è arrivato un
periodo davvero negativo in casa mia, poi ho ricominciato con la saga
principale i Venti del Nord sono arrivati pronti a fare a pezzi Crono e
i suoi
alleati nella serie Cronache del Nord.
Tuttavia
sono riuscito a scrivere questo capitolo.
Vi
informo che siamo arrivati alla fine e mi scuso,
se delle volte non rispondo alle recensioni, dato che ho avuto, come
già
spiegato un periodo un po’ complesso.
A
presto!
AxXx