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Autore: Kary91    26/02/2014    13 recensioni
{Raccolta|Quattro Hawthorne, quattro nomi da quattro lettere}
• Gale; a very strong wind. [drabble, child!Gale/Mr. Hawthorne] ✓
• Vick; champion, victor. [one-shot, Vick/Mr. Hawthorne] ✓
• Posy; a flower or a bouquet of flowers. [one-shot, Posy/Hazelle/Gale] ✓
•Rory; red king. [one-shot, Rory/Mr. Hawthorne/Gale] ✓
Dal capitolo su Posy:
“Catnip mi ha dato un bacio, ieri” le confidò Gale, rimirando poi l’espressione sorpresa che illuminò il volto della sorellina.
“Un bacio vero?” chiese conferma la bambina, parlando a bassa voce, per non tradire il segreto del fratello. “Sulla bocca, come fa il principe con Biancaneve?” Le labbra Gale si arricciarono appena a formare un secondo, debole sorriso; il ragazzo annuì.
“Allora ti ha guarito lei,” mormorò la bambina, ricambiando allegra il sorriso, “Come nelle favole!”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Hawthorne, Gale Hawthorne, Posy Hawthorne, Rory Hawthorne, Vick Hawthorne
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Figli del Giacimento - The Hawthorne Family.'
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Four children. Four names. Four letters.

 

[Posy: flower, or a bouquet of flowers.]

posy ridim

 

 

A Flower that Blooms in Adversity

«Ricordo da bambino, mamma mi disse:

“Sii sempre forte amore, che il mondo fuori, è tutt’altro che rose e fiori.” »

Emis Killa – Nel Mondo Dei Grandi.

 

Le mani di Joel Hawthorne si strinsero a fasciare con ruvida delicatezza il pancione della moglie.

“Tutto bene là dentro, ragazza?”

Hazelle rise, sfiorando intenerita i capelli del marito.

“Ragazza? Non sappiamo nemmeno se sia maschio o femmina!”

“Questa signorina qui è femmina, te lo dico io” ribatté con sicurezza Joel, attirando a sé la moglie per i fianchi. “Darà del gran bel filo da torcere ai suoi fratelli.”

“Già ne sta dando a sua madre!” lo informò scherzosamente Hazelle, sentendo scalciare.  Appoggiò una mano sul pancione, come a voler rabbonire il futuro nascituro. Il marito sorrise fiero, tornando ad accarezzarle il ventre.

“Chiamiamola Posy” propose dopo qualche minuto, sorridendo enigmatico, come se la stesse rendendo complice di un qualche segreto.  “Significa fiore, ed è un nome da quattro lettere, come quello degli altri tre.”

Hazelle ricambiò il sorriso, chinando poi il capo ad analizzarsi il pancione.

“Mi piace Posy” approvò infine, tornando a guardare il marito. Gli occhi grigi di Joel si fecero più luminosi, mentre  la sua mano tornava a posarsi sul ventre di Hazelle.

“Nostra figlia sarà un fiore” dichiarò fiero, chinandosi in avanti per baciare la donna. “I fiori sono rari e preziosi, in mezzo a tutto questo grigio: sarà un fiore come sua madre.”

Hazelle si svegliò di soprassalto, aggrappandosi con forza al lenzuolo. Serrò subito le palpebre, nella speranza di riuscire a trattenere l’immagine che ancora le impregnava la mente. Pregò in silenzio che la realtà sfumasse in sogno e che, una volta aperti gli occhi, avrebbe trovato Joel addormentato di fianco a lei, ma l’altra metà del letto era fredda e quando trovò il coraggio di guardare in quella direzione riuscì a trattenere a stento un gemito soffocato. Si raggomitolò su se stessa, sforzandosi di chiudere fuori il dolore, ma un piagnucolio leggero la spinse a sgusciare fuori dal letto, ricacciando indietro la debolezza, come si era sforzata di fare ogni giorno e ogni notte, da quando era morto suo marito. Raggiunse la culla di legno che un tempo era appartenuta a Vick, e a Rory e Gale prima di lui. Ben avvolta in un fagotto di coperte una neonata contorceva i pugni, piangendo affamata. Hazelle la prese in braccio, cercando di seppellire in quel contatto la nostalgia dilaniante e il dolore che da tre settimane aveva messo radici dentro di lei; Posy era venuta al mondo undici giorni dopo l’incidente in miniera, piangendo e strepitando per reclamare le attenzioni di un padre che non avrebbe mai conosciuto. Era un bocciolo spuntato all’improvviso e il suo stelo era gracile e delicato, già strattonato dall’incertezza e dagli stenti.

Hazelle incominciò a cullare la bambina, lasciandosi accarezzare a sua volta dal ricordo della voce scherzosa del marito. Dal canto impacciato e stonato che sgorgava dalle sue labbra screpolate, quando eseguiva una ninnananna per uno dei suoi figli, facendola ridere. Non avrebbe potuto fare lo stesso per Posy, per la bambina che tanto aveva atteso – il bocciolo che avrebbe osservato fiorire in mezzo al carbone, colorando il grigio delle miniere.

In quel momento la neonata riprese ad agitarsi, piagnucolando più forte. Hazelle scoprì il seno per allattarla, ma sapeva bene che non sarebbe servito a nulla: non aveva più latte, né le forze sufficienti per trascorrere dodici ore in miniera, al fine di sfamare i suoi figli. Il pianto di Posy si fece più insistente ed Hazelle incominciò a muoversi per la stanza, continuando a cullare la figlia, sperando di non svegliare i tre più grandi. Due lacrime scesero a rigarle gli zigomi, ma la donna continuò a stringersi al petto la bambina, scaldandola con il suo corpo, accarezzandola per cercare di farle sentire quanto l’amasse. Quanto l’avrebbe protetta, a costo di rinunciare a fare lo stesso con se stessa.

“Sii sempre forte, amore” la pregò in un sussurro, sfiorandole il capo con le labbra. Sua figlia era un germoglio impaziente di sbocciare: lo diceva il suo nome. Ma il mondo fuori, per lei, sarebbe stato tutt’altro che rose e fiori. 

*

“Posy!”

Il grido spaventato di una donna stropicciò il silenzio, facendo sobbalzare la bambina. Posy singhiozzava con le ginocchia strette al petto, rannicchiata di fronte alla recinzione di filo spinato. Buttando all’aria ogni prudenza, Hazelle attraversò il Prato di corsa, stringendosi nel golfino. Era rientrata in casa quindici minuti prima per preparare qualcosa ai ragazzi, ma Posy non c’era e il suo cuore aveva minacciato di cedere per la seconda volta in una giornata, mentre la cercava sotto i letti e dentro l’unico mobile che adornava la cucina. Sua figlia di nemmeno cinque anni era scomparsa, lasciandosi dietro le espressioni preoccupate di Leevy, Rory e Vick, che  l’avevano cercata in lungo e in largo per la zona del Giacimento, senza successo. E fuori nevicava, nevicava di una neve fitta e gelida che avrebbe annientato in poco tempo il fisico gracile di una bambina così piccola.

Dopo un quarto d’ora buono di ricerca Hazelle aveva raggiunto il Prato quasi d’istinto, chiedendosi con terrore se la bambina non avesse deciso di andare a cercare suo fratello maggiore nei boschi; sollievo e paura avevano conteso la sua mente, nel momento in cui l’aveva scorta poco distante dalla recinzione. Si guardò attorno furtiva, allarmata al pensiero che qualcuno le avesse viste: non poteva permettere che loro toccassero un altro dei suoi figli. Raggiunse di corsa la bambina e la prese in braccio, ignorando i suoi strilli di protesta e i movimenti bruschi della piccola. Posy cercò di liberarsi dalla sua presa, mentre la donna camminava a passo sostenuto in direzione del Prato.

“Lasciami!” la intimò la bambina, lottando fino a quando la madre non allentò la presa, permettendole di scendere a terra. Hazelle la prese per mano e cercò di convincerla ad attraversare il Prato, dando uno strattone con il braccio.“Lasciami, devo tornare indietro, devo tornare indietro!”

“Gale non è nel bosco, Posy!”

L’esclamazione secca di Hazelle riuscì a smorzare le urla della bambina, che riprese a singhiozzare, continuando a divincolarsi dalla presa della madre. La donna sospirò, fermandosi a metà del Prato. La stretta attorno alla mano di Posy si fece più docile, mentre si accovacciava di fronte a lei, per avere gli occhi alla sua stessa altezza.

“Mi hai spaventato tantissimo, sparendo così” rivelò infine, abbassando il tono di voce. Posy tirò su con il naso, sfregandoselo poi con la mano libera, quella con cui teneva la sua bambola.  “Devi promettermi che non ti allontanerai mai più da casa senza di me o i tuoi fratelli. È pericoloso, specialmente in questi giorni, e se qualcuno ti avesse vista vicino alla recinzione ti saresti trovata in guai seri, Posy.”

La bambina smise di divincolarsi e tirò su col naso, annuendo in maniera appena percettibile. La madre si sfilò il golfino e lo appoggiò sulle spalle della piccola, avvolgendoglielo attorno al corpo.

“Non è tornato per dare il bacio della buonanotte a Lilo” mormorò improvvisamente Posy, lasciandosi sfuggire un nuovo singhiozzo, mostrando alla madre la bambola. “Glielo dà sempre: tutte le notti. Ma questa sera no, questa sera non è tornato e io lo dovevo andare a cercare per sgridarlo!”

“Gale non è nel bosco, Posy” ripeté con dolcezza Hazelle, accarezzando le guance della figlia. “Non sta bene, ma Prim e sua madre si stanno prendendo cura di lui: potrai andare a trovarlo nei prossimi giorni…”

“Rory ha detto che forse è morto!” le gridò contro la bambina, liberandosi dalla sua presa con uno strattone. “Ha detto che è forse è morto come papà e che non lo vedremo mai più!”

La ragazzina riprese a piangere, gettando a terra la sua bambola. Hazelle ammutolì per un istante, colta di sorpresa, prima di scuotere il capo e attirare a sé la figlia in un abbraccio.  La strinse al petto per calmarla, cullandola, come era solita fare quando Posy era più piccola.

“Tuo fratello non è morto, amore”  la rassicurò con dolcezza, sforzandosi di controllare un tremito nella propria voce. Sentì le guance inumidirsi ed il petto farsi ancora più pesante, come se respirare si fosse fatto tutto a un tratto difficile – come  le era accaduto già qualche ora prima, quando Leevy le aveva chiesto di uscire in strada, raccontandole, in lacrime, cosa fosse successo a suo figlio.  “Sono stata con lui tutto il pomeriggio e ti prometto che già domani starà meglio. Non perderemo anche lui, non lo permetterò.”

“Ma Rory ha detto che…”

“Rory ha detto una sciocchezza,”  la interruppe con fermezza la donna. “Era spaventato, e quando si ha paura spesso si dicono cose che non si pensano, ma si sbagliava. Gale tornerà a casa molto presto” la rassicurò ancora, stringendola più forte a sé. La bambina si lasciò cullare, affondando il volto nella maglia di Hazelle.

 

“Voglio vederlo” mormorò infine, dopo aver tirato su col naso. Hazelle scosse il capo, sfiorandole i capelli con le labbra.

“No, amore, non puoi.”


“Voglio vederlo!” si impuntò la bambina, sgusciando fuori dal suo abbraccio. La madre sospirò, specchiandosi nello sguardo sofferente e determinato della sua ultimogenita; Posy aveva ereditato la testardaggine di suo marito Joel e l’indole ribelle che caratterizzava Gale. Era ancora piccola, ma era già in grado di opporre resistenza a lungo, per difendere le sue decisioni: specialmente quando queste riguardavano i suoi fratelli.

“Lo vedrai domani” promise infine la donna, raccogliendo la bambola da terra; le spolverò con una mano il corpicino di lana e la porse alla figlia, che tornò a stringersela al petto. “Adesso deve riposare. E anche tu.”

Posy riprese a tirare su col naso, seppellendo il volto fra i capelli della sua bambola.

“Devono farlo guarire” dichiarò infine, tornando a rifugiarsi nell’abbraccio di Hazelle. “Io non voglio perdere un altro papà” aggiunse in un sussurro, stropicciandosi un occhio umido con una mano. Avvertì la stretta di sua madre farsi più intensa e il suo respiro spezzarsi, come se stesse trattenendo un singhiozzo.

“Sii forte, amore” le sussurrò in un orecchio Hazelle, tornando a cullarla. Una lacrima scese a rigarle una guancia, ma la donna non se ne curò. “Sii sempre forte.”

*

Posy strinse convulsamente la mano della madre, prima di avvicinarsi intimorita al tavolo sul quale era adagiato Gale. Rimase immobile a fissarlo per qualche istante, nascondendo il volto nel corpicino lanoso della sua bambola. Ci vollero cinque minuti buoni, prima che il fratello aprisse gli occhi,  accorgendosi della sua presenza.

“Ehi” mormorò a quel punto, abbozzando un lieve sorriso, “Ciao, sorellina.” 

Posy non rispose subito; spinse la bambola verso di lui e fece un passo indietro.

“Lilo è arrabbiata con te” rivelò infine, squadrandolo con aria di rimprovero. “Non le hai dato il bacio della buonanotte, ieri.”

Gale emise un suono a metà fra un sospiro e un leggero lamento, sforzandosi di restare immobile per cercare di non alimentare il dolore.

“Lilo ha ragione: mi dispiace di averla fatta arrabbiare.”

“Ti fa male la schiena?” domandò la bambina, fissando con diffidenza il telo bianco che copriva le ferite del fratello. Gale scosse  il capo, tornando a chiudere gli occhi per un istante. Li riaprì quando si accorse che la sorellina gli stava aprendo il pugno chiuso, così da potergli stringere la mano.

“Sto bene, Pos” mormorò per rassicurarla. Posy guardò ancora il telo, distogliendo poi intimorita lo sguardo; Gale ricambiò la stretta di mano, accompagnandola con un lieve sorriso. “Ti dico un segreto. Vuoi?”

L’espressione della bambina si rasserenò leggermente, trasformandosi da tesa a incuriosita. Posy annuì, arrampicandosi sul tavolo per poter avvicinare l’orecchio alle labbra del fratello.

Catnip mi ha dato un bacio, ieri” le confidò Gale, rimirando poi l’espressione sorpresa che illuminò il volto della sorellina.

“Un bacio vero?” chiese conferma la bambina, parlando a bassa voce, per non tradire il segreto del fratello. “Sulla bocca, come fa il principe con Biancaneve?” Le labbra Gale si arricciarono appena a formare un secondo, debole sorriso; il ragazzo annuì.

“Allora ti ha guarito lei,” mormorò la bambina, ricambiando allegra il sorriso, “Come nelle favole!”

“Come nelle favole, sì” confermò il fratello maggiore. Provò a ridere, ma la risata venne strozzata da un gemito di dolore. Strizzò gli occhi, appoggiando la fronte contro il legno del tavolo. Posy gli strinse più forte la mano, scoccando l’ennesima occhiata preoccupata al telo che gli copriva la schiena.

“Allora vuol dire che, piano piano, passerà anche il male alla schiena” commentò infine, accucciandosi al suo fianco. Gale annuì, tornando a chiudere gli occhi. Posy lo scrutò con attenzione, analizzandone il volto sudato e i lineamenti contratti.

“Davvero stai guarendo?”  chiese ancora, un po’ esitante.

Suo fratello annuì senza nemmeno schiudere le palpebre. La bambina decise che era vero: lui stava bene. Lo aveva capito dal suo sguardo di poco prima.  Gli occhi di Gale erano la chiave di Posy per interpretare il mondo. Se lui era felice significava che non doveva avere paura: tutto sarebbe andato per il meglio.

“Gale…” lo chiamò in quel momento, tornando ad acquattarsi sul tavolo, di fianco a lui.  “…Tu non te ne andrai mai, vero?”

Il fratello scosse il capo, continuando a tenere gli occhi chiusi.

La bambina sorrise, allungandosi poi per dargli un bacio sulla fronte, come aveva fatto qualche volta lui con lei. Balzò giù dal tavolo e guardò un’ultima volta il fratello, prima di decidersi ad abbandonare la stanza, raggiungendo Hazelle in quella adiacente.

Non aveva più paura, ormai: sapeva che le cose si sarebbero sistemate al più presto. Sii forte, le aveva detto la mamma il giorno prima, cullandola fino a farla addormentare. E Posy avrebbe continuato a essere forte, anche se il vento e la neve di quei giorni avevano scalfito la sua spensieratezza da bambina piccola; graffiandola come le intemperie, alle volte, fanno con la superficie dei boccioli che non si sono ancora schiusi. Ma la neve fa in fretta a sciogliersi e  le radici che sorreggono gli steli imparano presto a trarre sostegno dall’acqua per rinvigorirsi. Allo stesso modo la piccola Posy Hawthorne continuò a crescere, ignorando il grigio che le vorticava attorno: anche se il mondo fuori era tutt’altro che rose e fiori.

 

*

Posy attorcigliò un boccolo rosa sul dito, prima di lasciarlo ricadere morbido lungo il capo della bambola. Era un regalo di Gale per il suo sesto compleanno, il primo che il fratello le aveva spedito dal suo trasferimento nel Distretto 2. L’aveva da tre anni, ormai, eppure non si era ancora decisa a trovarle un nome: in fondo non se lo meritava. Non le era così affezionata come lo era stata in passato a Lilo: era senz’altro più bella, più alla moda e modellata a punto tale da sembrare quasi vera… però non era Lilo. Posy aveva perso la sua bambola preferita la sera dei bombardamenti ed era certa che nessun giocattolo avrebbe mai potuto rimpiazzarla.

Voleva comunque bene a quella bambola, perché era un regalo di Gale. Forse l’avrebbe amata un po’ di più, se lui gliel’avesse portata di persona – e non spedita – magari accompagnata da un sorriso e un abbraccio di quelli stretti, che sapeva dare solo lui. L’avrebbe amata un po’ di più, se solo Gale fosse rimasto lì con lei, Rory, Vick e la mamma al Distretto 12, per poter dare il bacio della buonanotte alla sua bambola – e a lei – ogni sera.

C’erano spesso dei momenti, specialmente la notte, in cui Posy rimuginava su questi pensieri con talmente tanta intensità che la tristezza la sorprendeva all’improvviso e un dolore sordo incominciava a bussarle all’altezza del petto. Era la stessa tristezza che Posy ritrovava, di tanto in tanto, quando ricordava le case in fiamme e il rumore assordante delle esplosioni del suo Distretto. Quando i brutti sogni la svegliavano nel cuore della notte e, per addormentarsi, lei metteva in fila, una per una, le cose che aveva perso nei suoi nove anni di vita: un padre, una casa, Lilo. Prim. Il bacio della buonanotte di Gale. E in quei momenti, quando la nostalgia del fratello era troppo forte o il ricordo delle bombe tornava a farsi più nitido, Posy stringeva a sé la sua bambola, anche se ormai sentiva di essere diventata troppo grande persino per quello. Incominciava a cullarla, accarezzandole i capelli e sfiorandole il capo con le labbra. “Sii sempre forte, amore” mormorava, forse al giocattolo, forse a se stessa Con quelle parole, si sforzava di scacciare via la tristezza, di sentirsi coraggiosa: perché ormai era grande e lo sapeva, che il mondo fuori era tutt’altro che rose e fiori.

Che i baci, anche quelli veri – dati sulla bocca come nelle favole, non facevano guarire le persone.

Che i papà morivano e che i fratelli se ne andavano.

Anche quelli che promettevano di restare.

 

*

 

Gale Hawthorne si affrettò a raggiungere la porta d’ingresso, irritato dallo scampanellio insistente del citofono. Da perplessa, la sua espressione mutò rapidamente in sorpresa, nel momento in cui riconobbe la ragazzina che lo attendeva sulla soglia. Aveva un sorriso vispo, i capelli neri sciolti sulle spalle e l’espressione sbarazzina di chi custodisce qualche segreto che non vede l’ora di lasciarsi sfuggire. Aveva quasi dodici anni, ormai; era bella, spettinata e dall’aria vivace, come i petali colorati di un fiore scosso dal vento.

 “Posy?” mormorò incredulo il giovane, increspando le labbra a formare un lieve sorriso. Sua sorella gli gettò le braccia al collo, ridendo divertita dello sbigottimento del maggiore.

“Mi ero stufata di aspettare che tornassi tu!” ammise, lasciandosi avvolgere dalla presa rassicurante di suo fratello. “Il viaggio in treno è stato una barba, non potevi andare a vivere un po’ più vicino?”

Gale si separò dall’abbraccio per guardare negli occhi la sorella. La scrutò con sospetto, sollevandole il mento con le dita per farle ricambiare il suo sguardo.

“Mi hanno accompagnato, non sono scappata!” lo rassicurò in fretta la ragazzina, mettendosi le mani sui fianchi. “Anche se un volta ci ho provato” rivelò infine, facendolo sorridere. Suo fratello sembrava ancora essere la persona che la conoscesse meglio di chiunque altro, nonostante  nel corso dell’ultimo anno si fossero visti sì e no una manciata di volte appena. Gale le diede un buffetto sulla guancia.

“Mi sei mancata, Pos” ammise.

“Tu a me di più” rispose la ragazzina, appoggiando la fronte contro al suo petto. Il fratello le sorrise.

“Dai, vieni dentro. Ti preparo qualcosa da mangiare” propose, arruffandole giocosamente i capelli.

 

*

Quella sera la ragazzina scivolò in fretta in un sonno senza sogni, né incubi, riposando serena come non le capitava da tempo. Non ebbe bisogno di stringere a sé una bambola, né di avere qualcuno che la cullasse, come quando era più piccola, per addormentarsi: le bastò il bacio della buonanotte di suo fratello. Si alzò dal letto solo quando udì Gale agitarsi nel sonno, e i suoi mormorii farsi più insistenti, simili a una supplica. Si avvicinò alla sua camera e prese posto di fianco a lui, osservando i suoi lineamenti contratti dal dolore. Una parola affiorò in un sussurro dalle sue labbra, e Posy se la sentì cadere dentro, simile a un macigno sullo stomaco: scusami.

La bambina scosse il capo, senza nemmeno sapere bene il perché. Si accoccolò di fianco a lui e incominciò ad accarezzargli con tenerezza i capelli, proprio come un tempo aveva fatto con la sua bambola. Proprio come sua madre faceva con lei, quando era triste o spaventata.

“Sii forte” gli mormorò in un orecchio per cercare di rasserenarlo, sicura che sarebbe riuscito a sentirla, anche se in quel momento era intrappolato in un incubo. “Sii sempre forte. Passerà tutto, te lo prometto.”

Continuò a sussurrargli parole di conforto, fino a quando non fu sicura che il suo sonno si fosse fatto meno agitato. A quel punto gli baciò la guancia e lasciò la stanza del fratello, per tornare al suo letto nella camera a fianco. L’abitazione tornò a farsi silenziosa  e questo la rasserenò, aiutandola ad addormentarsi una seconda volta; non era più preoccupata per Gale e nemmeno per se stessa.

Posy sapeva che il mondo fuori continuava a essere tutt’altro che rose e fiori. Ma crescendo  aveva anche imparato che quello dentro di lei, di mondo, somigliava più a una corolla di petali, che non a un pezzo di carbone. E fioriva, fioriva di continuo. Fioriva ogni volta che la mamma la cullava nel suo abbraccio, accarezzandole con dolcezza i capelli. Fioriva quando i suoi fratelli le facevano il solletico e quando le sue amiche la sceglievano per rivelarle un segreto particolarmente importante. Fioriva quando il ragazzino pel-di-carota del Distretto 13 le sorrideva e anche quando correva a perdifiato per i boschi, ora che potevano farlo tutti al 12, perché non era proibito: non più.

E sarebbe fiorito anche per Gale: gliel’avrebbe insegnato lei. Era il suo compito, lo diceva anche il suo nome. Crescendo, Posy aveva confermato le speranze di suo padre, quel padre che non aveva mai conosciuto: era diventata un fiore raro, sbocciato nel grigio degli stenti.

Anche se il mondo fuori continuava a non essere rose e fiori.

 

___________  

Questa storia partecipa al contest a turni “1 su 24 ce la fa” [Hunger Games Contest]di ManuFury.

 

Note dell’autrice.

Prima delle note ci tenevo a dire che mi sono finalmente ricordata di spostare l’album con i prestavolti degli Hawthorne dal mio profilo personale alla mia vecchia pagina Facebook,  perché sto cercando di riprenderla in mano.  E sono quindi ora visualizzabili da tutti. Ci sono i cinque Hawthorne (inclusi mamma e papà), Joel, Haley, Rowan e i fratelli d Johanna.

Passando poi alla storia, questa volta mi è venuta voglia di fare un papiro a punti, perché c’erano due o tre cose che volevo segnalare in merito alla one-shot!

1.    Non so se i bambini di Panem conoscano le fiabe tradizionali con cui siamo cresciuti noi, visto che sono passati tantissimi anni nella saga, ma ci tenevo a fare quel parallelismo con Biancaneve, perché mi sembrava molto adatto al mio modo di immaginare Posy.

 

2.    Il bambino dai capelli rossi che menziona Posy nell’ultima scena è Dru Callister, già comparso nella flash fiction “Raccontami il Verde”. Ho sempre pensato che Dru e Posy si fossero conosciuti al Distretto 13 e che Dru, assieme al nonno Jonathan e il resto della famiglia si fosse trasferito nel 12,  dopo la fine della rivolta.

 

3.    Lilo è la bambola che viene menzionata più volte nella flash fiction intitolata, appunto, “Posy aveva una bambola”. Poiché entrambe le storie partecipano allo stesso contest a turni ho pensato di cercare di collegarle, in qualche modo. La bambola si chiama Lilo principalmente per due motivi: intanto mi piaceva l’idea che avesse un nome di quattro lettere come i fratelli Hawthorne xD E poi a me Posy ricorda un sacco Lilo di Lilo&Stitch, per il carattere vivace e il suo essere solare e amichevole. E poi son piccine e belline tutte e due *_*

 

4.    Il titolo della one-shot si ispira a una delle frasi che più amo della Disney, tratta dal film Mulan (1998): 'The flower that blooms in adversity is the rarest and most beautiful of all.' (il fiore che sboccia nelle avversità è il più raro e il più bello di tutti). Mi è sempre sembrata perfetta per descrivere Posy, poiché il suo nome significa appunto fiore/mazzo di fiori e perche è nata proprio nel momento più avverso per la sua famiglia – poche settimane dopo la morte di Mr. Hawthorne.

 

Dopo questo simpatico sproloquio numerato vi abbandono, sperando di riuscire al più presto a scrivere anche il capitolo su Rory! Spero che questo capitolo possa esservi piaciuto e chiedo scusa per la lunghezza, visto che i precedenti erano decisamente più corti – purtroppo non mi smentisco mai >.<

Un abbraccio e grazie a chiunque sia passato a leggere <3

Laura

 

   
 
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