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Autore: TheSecondMe    27/02/2014    6 recensioni
Emilia arretrò di un passo, fissando il cavallo dei pantaloni di Sebastiano.
“Cosa...?”
Qualcosa non andava in quella zona. C’era un che di troppo, che non doveva esserci.
“Sei eccitato.” disse lei, l’espressione di chi ha appena visto un alieno “Non puoi essere eccitato. Cos’è, ti si è confuso il birillo?”
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L’ Ingranaggio Mancante

 

 

 

 

 

Tre note. 
Sebastiano aprì il portone, sentì quelle tre dannatissime note e sospirò. 
Salì il primo scalino mentre una sfilza di imprecazioni gli si bloccavano sulla punta della lingua. 
Aveva finito la terza rampa di scale quando la canzone cominciò di nuovo, dall’inizio. 
E quelle note lo avvolsero, diffondendosi soffuse nell’aria. Sempre più vicine. 
Arrivò all’ultimo piano nel bel mezzo del ritornello. Lanciò un’occhiata veloce alla porta del suo appartamento e soppesò la possibilità di ignorare la musica: avrebbe potuto far finta di niente. 
Avrebbe potuto fregarsene e rifugiarsi in casa, sul suo divano. Il suo televisore, la sua birra (anche più di una, perché no), la sua coperta, i suoi... La canzone ricominciò. 
Sebastiano chiuse gli occhi e batté il pugno contro quell’orribile porta azzurra.
“Cos’è successo, Puffetta?” domandò non appena l’uscio si schiuse.
“E’ successo che sei un bastardo, ecco cos’è successo.”
Sebastiano non si scompose: annuì come se quella fosse una verità universale e si intrufolò suo malgrado in un appartamento non suo. 
“Chi era questa volta?” chiese per sondare il terreno mentre cautamente si avvicinava allo stereo.
“Non ti azzardare.” lo bloccò subito lei senza nemmeno guardarlo.
“Ti prego.” la supplicò “Ti scongiuro, fammi almeno togliere il ripeti uno.
“No.”
“Non ce la faccio più con questa canzone.”
“E’ una grande canzone.”
“Sì.” si arrese privo di forze “E’ una grande canzone.”
“Una canzone magnifica. Una canzone unica. E mi serve, okay? Mi serve ad affrontare il mondo, a sopportare una rottura, a farmi passare la voglia impellente di far fuori tutti voi bastardi!”
La voce di Emilia era andata salendo, facendosi sempre più acuta. Alla fine, le guance rigate dalle lacrime, si avvicinò con passo malfermo al frigorifero. 
“Non ho birre.” mormorò piano “Ti va del liquore al cocco?”
Sebastiano reclinò il capo all’indietro, una smorfia disgustata a piegargli le labbra. 
“Vieni qua.”
“No. Non ho bisogno di essere consolata.”
“Vieni qua, ho detto.”
“Non me ne importa un bel niente di quello che hai detto. Se vuoi il liquore al cocco, bene.” tirò su col naso, nuove lacrime a bagnarle il viso “Se non vuoi il liquore, invece...”
“Che ha combinato?” la interruppe Sebastiano, avvicinandosi di qualche passo.
“Aveva già la ragazza.”
“Oh.” cercò di fare mente locale ma non riuscì a ricordare di chi stessero parlando “Alessandro, giusto?” azzardò, pentendosene non appena lei lo incenerì con lo sguardo.
“Pietro.” sibilò “Pietro. Quel grandissimo bastardo.”
“Aveva già la ragazza.” ripeté Sebastiano, avvertendo una confusione crescente.
“Sì. E non si è degnato di farne parola in tre settimane, capisci?! Ho il diritto e il dovere di rigargli la macchina, domani, vero? E squarciargli le gomme. E...”
“Non siete stati assieme.”
Sebastiano si massaggiò la mascella, guardandola senza capire. 
“Come?”
“Non avete fatto sesso.”
“No.” rispose tentennante lei “No, non abbiamo fatto sesso.”
Conosceva quel tentennamento, Sebastiano. Oh, sì. Era una provocazione. Lo stava sfidando a continuare, già pronta a saltargli alla gola. 
Erano le nove di sera, però. Ed era tanto, tanto stanco. 
Così, semplicemente, continuò. 
“Se non siete andati a letto assieme non è tradimento. Non ha tradito la sua ragazza, non ha tradito te. Non ha fatto...”
“Mi ha mentito.” sillabò Emilia, i pugni chiusi sui fianchi “Quel bastardo...”
“Non ti ha mentito. Avete parlato di limiti? Approfondito lo stato della relazione?”
“Stai parlando da uomo.” 
Sebastiano allargò le braccia, muovendo ancora un passo verso di lei.
“Un modo come un altro per dire che...”
“... che stai sparando stronzate.” sbraitò la ragazza afferrando un cuscino per colpirlo “Perché sei un uomo e non sai fare altrimenti!” 
“Posa quel cuscino.”
“Non ci penso proprio.”
“Puffetta, non farmelo ripetere.”
Emilia aveva già sollevato il cuscino oltre la testa, pronta a tutto, quando lui la strinse saldamente tra le braccia. 
“Che stai facendo?” gli domandò con un filo di voce, in bilico fra la rabbia e la tristezza.
“Mi sembra abbastanza evidente, sai?”
“Perché fai sempre così?”
“Cosa faccio?”
“Cominci con qualcosa di dolce, poi mi fai infuriare come una bestia, poi mi abbracci e... e io non so come comportarmi! Voglio dire, già normalmente sono in stato confusionale, lo sai; se ti ci metti anche tu, mi ritroverò in una casa di cura molto presto.”
“Se per casa di cura intendi un istituto psichiatrico, sì, mi trovi d’accordo.”
Emilia lasciò cadere il cuscino nel tentativo di allontanarlo, ma lui si limitò ad aumentare la stretta.
“Smettila, puffetta.” mormorò “Dammi un po’ di tregua, dai. Sono stanco morto.”
“Non abbastanza.” borbottò lei smettendo di agitarsi “Riesci comunque a rompere i coglioni.”
Sebastiano ridacchiò, il mento poggiato sulla testa di lei, le braccia a circondarle i fianchi. 
“Ora posso spegnere lo stereo?”
“No. Lasciamela sentire ancora una volta o due, dai.”
“Se arrivi alla terza ti rubo il cd.”
“Mi sembra giusto.” mugugnò Emilia, dandogli una pacca sulla schiena “Non ti preoccupare.”
Sospirarono entrambi, godendosi quel breve momento di pace. 
“Oh, e grazie.” sussurrò poi lei “Per... lo sai. Per bussare ogni volta che senti quelle tre note. Sei molto dolce, sai? Non so come farei se non...”
La frase restò a metà. 
Di colpo. 
E tutte le buone intenzioni andarono a farsi benedire. 
Emilia arretrò di un passo, fissando il cavallo dei pantaloni di Sebastiano. 
“Cosa...?”
Qualcosa non andava in quella zona. C’era un che di troppo, che non doveva esserci. 
Si forzò a sollevare lo sguardo per cercare quello di lui, incredula. 
“Scusami.” balbettò Sebastiano, le mani a coprirsi il volto “E’ la stanchezza, credo. Non volevo.”
“Sei eccitato.” disse lei, l’espressione di chi ha appena visto un alieno “Sei davvero eccitato.”
“Puffetta, ascolta.”
“Non puoi essere eccitato. Cos’è, ti si è confuso il birillo?”
“Che cosa?” trasecolò Sebastiano, perdendo il filo del discorso “Birillo?”
“Come puoi esserti eccitato?”
“Ti ho chiesto scusa.” sbuffò esasperato “Guarda che è una normalissima reazione fisiologica e...”
“Non se sei gay!” sbottò Emilia, gli occhi spalancati e sempre puntati sui suoi pantaloni.
“Che cosa?! E chi è gay?”
“Tu! Tu sei gay!”
“Io non sono gay!”
“Sì che sei gay! Tu sei il mio vicino di casa gay! Tu sei Sebastiano il gay!”
“Smettila di ripetere gay! Non sono gay!”
“Oh, signore.”
Emilia cominciò ad arretrare, basita. “Oh, signore. Signore. Signore. Porco mondo.”
“Attenta al cuscino.” provò a metterla in guardia Sebastiano, troppo tardi. Lei fece ancora un passo all’indietro e inciampò nel cuscino, crollando sul divano. 
“Tutto bene?” le domandò lui, facendo per avvicinarsi. 
“Non ti azzardare.” lo fulminò “Non ti avvicinare.”
“Ho l’impressione di un déjà vu.”
“Oh, signore.”
“Okay, smettila. Ragioniamo un attimo, sì?”
“Non posso ragionare con un birillo impazzito!” sbottò Emilia.
“Smettila di chiamarlo birillo!”
“No che non la smetto. Sei tu che devi smetterla!”
“Non ha senso quello che dici, te ne rendi conto?”
“Perché non sei gay? Quand’è che hai cambiato di nuovo sponda? Perché io non ne sapevo niente, eh? Perché non sei più gay?!”
“Non sono mai stato gay! Non ho cambiato sponda, per l’amor del cielo!”
“Non mi urlare contro!”
“Sei tu che hai cominciato!”
“Il tuo birillo ha cominciato!”
“Okay, ora ho bisogno di quel liquore al cocco.”
“Non avrai nessun liquore al cocco!”
“Perché?”
“Perché non mi hai detto di non essere più gay!”
Sebastiano guaì, puntandole il dito contro e sbattendo il piede sulla moquette. 
“Ora basta. Chiariamoci velocemente.” grugnì “Sono etero, sono sempre stato etero. Non ti ho mai detto di essere gay e non ho la più pallida idea di come tu sia arrivata a quella conclusione. Avevi bisogno di un abbraccio e sono entrato, ma sono stanco morto. Perciò...” prese fiato “... perciò ora me ne vado nel mio appartamento. Mi farò una bella doccia fredda e me ne andrò a dormire.”
Era già quasi arrivato alla porta quando sembrò ricordarsi di qualcosa: si avvicinò rapidamente allo stereo e ne estrasse il cd, mostrandolo alla ragazza con fare minaccioso. 
“Questo lo porto con me.” ringhiò, avviandosi nuovamente all’uscita. 
Salutò, sbattendo la porta. 

 

 

 

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