Caro Viktor,
non so come scusarmi ancora del deplorevole atteggiamento di Ron, me ne assumo
tutta la responsabilità e me ne scuso sentitamente.
Crederai,+ con ragione,che sono stata scortese, a lasciare che tutto ciò
accadesse, ma posso giurarti che ero all'oscuro delle sue intenzioni, in caso
contrario posso darti la mia parola che avrei fatto di tutto per evitare quella
scena patetica, oltre che pericolosa.
Sto pensando seriamente alla tua proposta, credo di poterti dare una risposta al
più presto.
Spero che il viaggio sia stato veloce e comodo, tua,
Hermione.
"Harry, secondo te cosa
dovrei fare per alleviare il rossore?" chiese Ron guardandosi allo specchio
e tastandosi ripetutamente con diverso tatto, la guancia dove era stato
colpito.
L'amico, dal suo letto, lo osservava incuriosito "Dovresti metterci del
ghiaccio, è l'unica soluzione".
Il rosso alzò le spalle noncurante e smise di ammirare il frutto della sua
stupidaggine per prepararsi a dormire. Harry continuò ad osservarlo come se
solo aspettasse un minimo accenno agli avvenimenti della giornata, a quanto
pareva finiti male.
L'unica cosa che aveva constatato era che Ron ad un certo punto era scomparso,
idem Hermione e Viktor Krum (che poteva benissimo essere andato via, ma dato che
aveva promesso ad Hermione di parlarle, era da escludere come ipotesi). Poi Ron
era irrotto nel dormitorio maschile, con l'aria più arrabiata che potesse avere
ed una guancia rossa come un peperone e gonfia il doppio del normale.
I sospetti di Harry incrementarono quando, ad un suo commento sulla splendida
prestazione di Krum, Ron aveva risposto con una parola molto volgare seguita dal
tonfo della porta del bagno e dallo scatto della chiave.
Seamus e Dean, impegnati in una combattuta partita a carte, accolsero la
reazione del ragazzo con un sorriso malizioso.
"Secondo me si sono scazzottati..." esclamò soddisfatto Seamus, dopo
aver calato la sua carta e vinto gloriosamente la mano "...però la dama
pare aver scelto quello ricco e famoso" sorrise Dean, abbassando la voce ad
un sussurro, evitando a Ron questa frecciatina poco delicata.
Harry li osservò entrambi e riflettè a lungo sulle loro supposizioni. L'amico
non accennava ad uscire dal gabinetto, cosa che destò una vaga ansia nel cuore
già frustrato del povero Harry, sballottato nel mezzo, che si sentì totalmente
impotente e incapace di risolvere i problemi affettivi del compagno.
Gli altri due ripresero a giocare con rinnovato zelo e lui si alzò dirigendosi
sicuro verso la porta in legno del bagno della loro camera.
"Ron dovrei parlarti" disse bussando energicamente "apri prima
che lo faccia io con la forza".
Forse per paura che l'amico dicesse sul serio, forse perchè non aspettava altro
che una cavia con cui sfogarsi, Ron girò immediatamente la chiave permettendo
ad Harry l'accesso alla stanza.
Il ragazzo entrò velocemente e chiuse nuovamente a chiave.
Ron era poggiato sul bordo del lavandino umido e freddo, i capelli, a detta
della signora Weasley degni successori di quelli di Bill, tirati all'indietro da
qualcosa che somigliava spaventosamente ad un cerchietto femminile,
probabilmente un prestito di Ginny per facilitargli l'atto di lavarsi il viso
senza farsi lo shampoo involontario. Aveva gli occhi puntati sulle quadrettature
del pavimento e indosso solo una canotta intima e i suoi boxer preferiti,
reliquia di un giro illecito ad Hogsmeade con Harry, con sopra stampate delle
frasi di dubbio gusto.
Harry gli si avvicinò comprensivo e gli diede una pacca amichevole sulla spalla
"Che ti succede, amico? Di là fanno illazioni assurde su una tua teorica
scazzottata col tuo *amico* bulgaro, devo crederci?"
Ron lo guardò sconsolato, la spavalderia e la rabbia di poco prima evaporate
completamente.
"Macchè..." iniziò con voce roca il rosso "...se lui avesse
risposto, almeno non sarei l'unico dalla parte del torto"
"Cosa è successo di preciso?" insistè Harry, deciso a cavargli da
bocca il più possibile. Lui lo guardò, con un velo di colpevolezza negli occhi
"L'ho colpito alla testa..." disse a voce bassa, come se ciò
alleviasse le sue colpe "...con un sasso...bello grosso. Lo hanno dovuto
medicare, perdeva sangue"
Gli occhi di Harry si spalancarono da sotto le lenti e, prima di riuscire a
pronunciare una parola per intera, balbettò qualche articolo sconnesso,
incredulo di quello che aveva appena ascoltato.
"Hai ferito Krum? Ma sei pazzo o cosa?!"
All'esclamazione di Harry non fu data risposta. Ron si limitò ad aggrottare le
sopracciglia sentendo il peso sullo stomaco sempre più evidente. Ad un tratto
tutti gli avvenimenti della giornata gli tornarono alla mente con forza e,
vivida come se gli fosse apparsa agli occhi neanche pochi minuti prima, gli si
parò davanti l'espressione di disgusto di Hermione e all'impatto delle cinque
dita contro la sua guancia.
Certo, anche a mente fredda, le ragioni che lo avevano spinto ad un gesto così
sconsiderato, gli parvero più che giuste, ma in cuor suo si rendeva conto che
il regolamento di conti tra lui ed il bulgaro poteva essere svolto diversamente,
e si pentì amaramente di essersi messo così in cattiva luce in quella
situazione.
Harry non sapeva come consolare l'amico, nè tantomeno cosa consigliargli. Si
limitò a dagli un'altra pacca, più energica, e assicurargli che Hermione lo
avrebbe perdonato come al solito, anche se ne era sempre meno convinto.
Ron volle credere alle parole dell'amico ed abozzò un sorrisino speranzoso.
*
Le previsioni di Harry sul perdono
di Hermione si rivelarono, come prevedibile, sbagliatissime.
La ragazza a colazione sedette all'altra estremità della tavolata, seguita da
Ginny e con una compagnia ben diversa del solito: Colin Canon e suo fratello.
Ron la guardò per un attimo sconsolato, poi prese a consumare il pasto
meccanicamente e con lentezza inusuale.
Ogni tanto tendeva l'orecchio per cogliere stalci di conversazione tra la
ragazza e i compagni, ma i loro argomenti erano tutto fuorchè interessanti:
lezioni, fotografia ed elfi domestici. A volte poteva sentire distintamente la
voce di Hermione esclamare di quanto fosse stata pessima la gita del giorno
prima. Naturalmente il motivo di tanto scarso divertimento non veniva spiegato,
ma Ron sapeva perfettamente che le frecciatine erano precisamente mirate alla
sue persona, e subì silenziosamente quella tortura, come punizione per aver
tanto ardito.
Osservò per tutta la giornata le tattiche brillantemente messe in atto
dall'amica per sfuggirli e per un attimo si sentì lusingato di tanto impegno
mentale dedicato a lui.
Cercò di avvicinare la sorella ma ogni tentativo fu vano. Le uniche parole che
gli rivolse Ginny furono un freddo "Lasciala stare" durante l'ora di
pranzo. Evidentemente era rimasta molto delusa dall'atteggiamento del fratello
e, forse ancor di più, mortificata perchè lo stesso aveva snobbato alla grande
i suoi consigli.
Ron ebbe tutta la giornata per farsi coraggio e prendersi la responsabilità
delle sue azioni.
Sapeva, o perlomeno aveva saputo, che Hermione era sola in biblioteca e che ci
sarebbe rimasta fino alla chiusura, situazione ottimale per avvicinarla senza
dover subire l'umiliazione di testimoni diretti.
Era ormai pomeriggio inoltrato quando, convinto più che mai, lasciò la Sala
Comune a passo spedito con in testa stampate le parole da dirle.
Harry lo guardò soddisfatto della sua determinazione e si immerse nuovamente
nei compiti col cuore più leggero.
Ron attraversò il corridoio semideserto con assoluta calma, con la certezza che
Hermione lo avrebbe ascoltato e perdonato nel giro di pochi minuti.
Scese le scale sempre più convinto di ciò e in un baleno si trovò davanti la
biblioteca, anch'essa semivuota, illuminata dagli ultimi bagliori pomeridiani.
Hermione appariva come una figura eterea, con lo sguardo corrucciato dalla
concentrazione, e la luce solare che le appariva alle spalle.
Il ragazzo, dopo un'ultima titubanza motivata dalla sua incapacità di
esprimersi decentemente dinanzi a lei, le si parò davanti e poggiò una mano
sul tavolo per attirare la sua attenzione.
Hermione non alzò neanche la testa e continuò a leggere un libro che aveva
l'aria di non essere toccato da secoli.
"Mi fai ombra" disse in tono glaciale dopo qualche minuto, al che Ron
si sedette. La osservò ancora un pò tamburellando le dita impazientemente sul
tavolo poi decise di parlare
"Hermio..."
"Zitto. Non voglio sentire una sola parola" lo zittì lei, ancora più
freddamente. Il ragazzo continuò ad osservarla, cosa che la fece spazientire
più di un'intero discorso poco gradito.
Non le restò che arrendersi. Così alzò il capo, guardandolo dritto negli
occhi, con aria di sfida e stizza perfettamente miscelate. Ron si sentì
incoraggiato da quel gesto ma tutto il discorso pieno di buoni propositi di poco
prima era rimasto da qualche parte nel corridoio del terzo piano.
Addio discorso sensato, si disse, era arrivato il momento di improvvisare.
"Ecco...si...dicevo..." farfugliò imbarazzato, interrompendo il
contatto visivo "...riguardo a ieri. Si ieri..." lei lo guardò come
se fosse un povero pazzo e lui si sentì tutto il peso di quello sguardo
gravargli sulla lingua, che ostentava ad andare per fatti suoi "...io
quella cosa l'ho fatta per un motivo, già"
Hermione sorrise, con sarcasmo crescente "un motivo? Ah! Certo! E di grazia
potrei sapere quale?" disse chiudendo il libro e poggiandovi i gomiti
sopra, impaziente della risposta dell'amico.
Lui indugiò lungo, poi parve illumarsi di genio "Io sono fermamente
convinto che Viktor voglia portarti a letto. Magari anche più di una volta, fin
quando non è soddisfatto. E poi scaricarti...già."
Ecco. L'aveva detto. Gli tornò in mente il discorso fatto con Harry appena due
giorni prima riguardo la questione. Sapeva che parlarne con Harry era un conto,
ma dirlo alla diretta interessata, ne era un'altro.
Senza contare il fatto che lui per primo non era convintissimo di questa cosa.
Viktor aveva avuto ben altre occasioni di allungare le mani addosso alla
ragazza, ma non ci aveva mai neppure provato. Ciò stava a significare due cose:
o era irrimediabilmente imbranato, o semplicemente i suoi sentimenti erano
sinceri.
Ma l'orgoglio di Ron non gli permetteva di ammetterlo, così la scusa delle
perversioni sessuali di Krum su Hermione gli parve così ovvia, che pensò non
ci fosse nulla di male a renderla nota.
Ma la reazione di lei fu quanto di peggiore potesse capitare.
Prima lo guardò con odio che non aveva mai e poi mai visto dipinto nei suoi
occhi, poi subentrò l'indignazione e il disgusto. Tutto questo accadde in
pochissimo tempo, come in pochi secondi lei scomparì, buttando la sedia per
aria e lasciando lì tutte le sue cose.
Ron, senza neanche starci a pensare, si alzò altrettanto velocemente correndo
come un'ossesso verso la figurina che sfrecciava appena avanti a lui. Ma
stavolta non ci fu bisogno di forza per fermarla.
Poco dopo Hermione si trovò davanti ad un vicolo cieco. La sua figura di spalle
sprizzava odio e rancore dei più neri ma il ragazzo, come se guidato da una
forza estranea, non esitò ad afferrarle il polso e a strattonarglielo per
costringerla a girarsi.
Dopo qualche tentativo le tirò con forza bruta il braccio costringendola di
fronte a se, ed ignorando il mugolio acuto di dolore che aveva lanciato.
I loro occhi per un attimo si incrociarono. Hermione non piangeva, ma tremava.
Per la prima volta aveva paura di una delle persone che le erano state più
vicine in tutta la sua vita.
Aveva paura di Ron.
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CONTINUA
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I Pg della saga non sono miei,
ma appartengono a JK Rowling!
Volevo taaaaanto ringraziarvi per avermi invogliata a continuare questa ficchina
che, non lo nascondo, per questi capitoli di preludio al finale, mi ha portato
un pò di grane.
Non mi dilungo perchè ho un sonno terribile e non sono conscia delle mie azioni
ç_ç ma voglio mandare un grosso abbraccio a tutti voi per il supporto, non so
davvero come farei senza ;_;.