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Autore: Outlast_Amnesia    18/03/2014    9 recensioni
Spero accorrerete in molti!
Quest'introduzione sarà un po' banale, ma sarà in grado di spiegarvi il gioco.
Non vi dico altro, capirete da soli.
Tanti saluti ;))
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri tributi
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Geralt svolta un'altra volta. Queste fogne sono immense.
Ad un certo punto, un'ombra (e, ovviamente, non la sua) gli appare davanti, mozzandogli il fiato. Scompare in un attimo, ma Geralt rimane immobile per qualche altro minuto, prima di essere certo che la strada sia libera.
Si tasta le tasche, e un malizioso sorriso si apre sul suo viso. I rifornimenti di Sophie che ha rubato poco fa sono ancora lì, intatti.
-Povera sciocca,- è il suo commento sarcastico, prima di svoltare nuovamente. Poi, comincia a mordicchiare un biscotto al caffé mentre vari ricordi gli riaffiorano alla mente.
Qualche anno fa, mentre una bora possente investiva il Distretto e annebbiava la vista dei passanti, Geralt girovagava alla ricerca di un nuovo bottino da saccheggiare, al fianco dei suoi più fidati tagliaborse. Non che fossero persone che lui sopportava (o che sopporti tuttora), ma erano le uniche persone che lo aiutavano a trovare un senso alla sua, oramai, miserabile vita. Di fatto, poiché il padre lo aveva ripudiato dopo l'incidente avvenuto alla madre, non ha mai avuto una figura più grande che potesse tenergli compagnia, o che potesse condurlo sulla retta via. Non era del tutto sicuro che stare al fianco di quei ragazzi lo avrebbe aiutato a migliorare, ma non poteva fare altrimenti. Rubare e borseggiare erano diventate le sue passioni più grandi. E quella giornata, i suoi amici avevano organizzato il piano "Uncharted". In poche parole, dovevano entrare nella casa del sindaco per privarlo del suo artefatto più prezioso, un candelabro alquanto macabro. La missione venne conclusa e portata a termine con successo, ma in quel momento Geralt capì che fidarsi delle persone non porta mai a buoni risultati. Infatti, lo abbandonarono subito, pestandolo anche. Lui cercò di reagire, ma la sua rabbia si era concentrata solo in qualche piccolo e inutile punto del suo corpo. Da quel momento in poi, ha scelto di non fidarsi mai più di qualcuno, specialmente in situazioni gravose. Come questa, d'altronde.
Ed è per questo motivo che ha abbandonato Sophie al suo destino. Certo, non gli era nemmeno poi così simpatica, ma aveva programmato di restare solo sin dall'inizio.
-Ma da dove posso ritornare in superficie?- si domanda, con un punto interrogativo che fluttua nel vuoto, in cerca di una risposta. E, puntualmente, una scala discendente da un'enorme grata spalancata gli si presenta davanti agli occhi.
-Ottimo,- sussurra, afferrando i primi pioli. Le sue scarpe riecheggiano, passo dopo passo. Quando poi, improvvisamente, una figura si affaccia dall'alto, fissandolo. Poi si allontana, come se non fosse successo nulla.
-Ehi, torna indietro! Ti ho visto!- urla il ragazzo, scalando ancora più rapidamente di prima. Ma quando raggiunge la superficie, non c'è più nessuno.


Crystal e Coralyn stanno camminando dall'alba dei tempi.
-Crystal, quanto tempo ancora dovremo girovagare a vuoto?- comincia a lamentarsi Coralyn, stiracchiandosi. Crystal la fulmina con lo sguardo.
-Non ti ho costretta io a seguirmi.
-Sì, però...
-Allora sta muta e seguimi.
Dopo qualche minuto, un pezzo di legno sbarra loro la strada, e sono costrette ad arrampicarsi e a gettarsi dall'altra parte per superarlo.
-Stupidi Strateghi. Se vogliono ucciderci, perché non lo fanno adesso?- si infuria Crystal, osservando il cielo inesistente.
-Siamo le Favorite. Faranno di tutto per farci vincere, lo sai,- replica Coralyn, massaggiandosi la spalla.
-Sì, ma mi sono decisamente annoiata di camminare così a lungo senza una dannata meta.
-Queste stupide torce non servono più a nulla ormai.
-Non la buttare. Potremmo imbatterci nuovamente in quel mostro gigante, e personalmente vorrei vederlo mentre lo squarto vivo.
-Certo, come no.
-Dubiti della mia forza?
-No, ma credo che potrebbe ucciderti con un solo dito.
-Nessuno osa sfidare Crystal Mills, d'accordo? E se lo incontreremo, ti farò vedere come coloro che mi affrontano crepano, e anche in malo modo.
-Non vedo l'ora,- sorride ironicamente Coralyn, beccandosi un'altra occhiataccia.
Non passa nemmeno mezz'ora che la ragazza del 2 intraprende un'altra conversazione, decisamente più breve.
-Ho fame. Cosa ci è rimasto?
-Vediamo... Qui dentro ci sono un paio di liquirizie, un pacco di biscotti e due bottiglie d'acqua.
-Passami i biscotti.
-Ok,- annuisce Crystal, passandoglielo. Il suo primo atto gentile, incredibile.
Mentre quest'ultima si rimette lo zaino in spalla, qualcuno ansima davanti a loro, nel buio. 
-Spegni la torcia subito, Coralyn!- grida Crystal, accovacciandosi. Ma quell'altra persona non è così tonta, e ha già capito. I suoi passi, lontani, riecheggiano nel corridoio.
-Sbrigati, raggiungiamola!- esclama Coralyn, aiutando Crystal a rialzarsi, mentre il rumore dei biscotti che si sfrantumano sul pavimento attira l'attenzione di qualcun altro, leggermente più distante.


Micheal e Amy camminano mano nella mano, come se volessero far finta di non aver sentito.
-Micheal, secondo te cos'era?- domanda Amy, palesemente preoccupata.
-Non so, ma non mi piace. Continuiamo a camminare, per favore,- la esorta il ragazzo, riuscendo nel suo intento.
Il corridoio che stanno percorrendo è completamente illuminato, per cui non necessitano delle proprie torce. Tuttavia, l'ansia non sembra affievolirsi per nulla.
-Ehi, Mike,- inizia Amy.
-Ferma, ferma, ferma, cos'è questo soprannome, eh?- sorride Micheal, fermandosi.
-Suvvia, non offenderti,- replica la sedicenne, abbracciandolo, e lui la respinge, divertito.
-Oh, Mrs. Kensel.
-Non chiamarmi con il mio cognome!
-Altrimenti?
-Ti uccido.
-Voglio proprio vedere,- continua a sorridere Micheal, prendendola in braccio e facendola urlare.
-Sai, non credevo fossi così chiacchierona,- annuncia il ragazzo, dopo averla rimessa con i piedi per terra.
-Infatti non lo sono,- mormora la giovane, prendendo la mano del ragazzo e continuando a camminare senza una meta. 
-Comunque, volevo chiederti... Secondo te, quando incontreremo gli altri? Voglio dire, prima o poi dovremo ucciderli, no?- ricomincia Amy. Il giovane la fissa per un attimo, ma poi annuisce.
-Saranno qui intorno, suppongo. 
-Un'altra cosa...- mormora la ragazza, come fosse intimorita.
-Sì, dimmi.
-Tu sei originario del 12, vero?- domanda tutto d'un fiato. Un silenzio palpabile si estende per tutta la stanza, facendo salire la pressione sanguigna di Amy alle stelle. "Che stupida che sono", si autocritica. Ma il ragazzo non sembra essere disposto a rompere l'alleanza, per questa domanda.
-Sì. Come mai questo quesito?
-Non... Non lo so, è solo che al Distretto vedevo che gli altri ti trattavano un po' male e allora... Volevo farti sentire un po' apprezzato.
-Non credere che io abbia bisogno del supporto delle persone. Vivo bene anche senza. Sono felice che tu sia qui al mio fianco, ma gradirei di parlare di altro. Oh, guarda, un'altra stanza. Non facciamo altro da giorni, ormai,- conclude Micheal, aprendo di scatto la porta che li separa da un'altra scoperta.
Una grossa scritta, dipinta con il sangue, è inscritta sul muro, con sotto delle candele molto luminose. Questo crittogramma cita "Walrider". Termine completamente sconosciuto ai due ragazzi. Eppure, nella stanza vi sono altri respiri. In particolare, altre due persone in questo momento sono sbucate fuori dal buio, armate. Un ragazzo e una ragazza. 
Amy subito nota i numeri stampati sulle loro tute. 7 e 3. Dannazione.


-Damon, chi sono quelli?
-Scusami, quelli lo dici ai tuoi genitori.
-Ehi, ehi, calmatevi tutti.
Haylee e Damon diventano tutt'uno sotto la luminescenza delle fiamme delle candele, ancora allegre.
Di fronte a loro, gli occhi aperti e seri, seppur nascondano un po' di timore, dei due ragazzi del Distretto del mare brillano.
-Ascoltatemi, possiamo risolvere questa cosa pacificamente,- cerca di convincere Damon entrambi gli schieramenti, ma Haylee ed Amy già si stanno guardando con sguardi di fuoco, mentre il ragazzo non mostra alcun interessamento a voler fuggire via.
-Questa ragazza non ha rispetto,- inizia Amy.
-Ma sentila,- la interrompe Haylee, disgustata da quell'essere presuntuoso. -Mi ricordi tanto gli Strateghi del mio Distretto. Mi facevano tutti vomitare.
-Io ti ammazzo.
-Ehi, ragazzo del 4, fa' qualcosa!- interviene Damon, interrotto.
-Non posso. Mea culpa.
Per qualche minuto, sguardi assassini volano per la stanza, per poi soffermarsi su ognuna delle altre figure.
Amy, tutt'un tratto, con la massima foga concentrata nel suo piccolo corpo, si lancia su Haylee, gettandola per terra, mentre Micheal parte all'assalto di Damon. 
Ovviamente, quest'ultimo è svantaggiato, dato che una delle sue mani è completamente stata esportata.
Haylee invece riesce a mantenere testa alla giovane del 4, catapultandola dall'altra parte della stanza. Il suo rialzo è improvviso e spaventa per un attimo la quindicenne del 3, che non riesce a parare il pugno di Amy. 
-Ahi!- Grida, inginocchiandosi sul pavimento ed osservando le gocce di sangue che lasciano il suo corpo per cadere sul parquet.
Damon cerca di liberarsi dalla pesante morsa di Micheal, che nel frattempo lo sta strangolando con entrambe le mani. Il suo volto si fa più rosso, a seguito della sua più completa impotenza. Il suo ardore di un tempo dove l'ha lasciato? Che la morte stia sopraggiungendo anche per lui?
Ma, ad un certo punto, qualcosa di peggiore riempie l'aria. Un suono particolare, penetrante. Un suono altezzoso, un suono già sentito. Già sentito, almeno altre undici volte. Prima di questa.
Un altro colpo di cannone è stato sparato.
E Damon crede di sapere benissimo a chi appartenga questo suono.
Quando di fatto riesce a divincolarsi dalla presa del ragazzo in seguito alla sua distrazione, si volta per confermare i suoi sospetti.
Il corpo esanime di Haylee è sul pavimento, con un'enorme pozza di sangue sotto di sé.


-Haylee, non anche tu!- urla una voce a lei familiare.
Le sue mani sono più pallide del solito. A cosa è dovuto questo cambiamento?
Una ragazza dai capelli castani, con due occhioni neri come la pece e un po' paffuta le si avvicina, stringendola in un triste abbraccio. Eppure, Haylee non sembra percepirla del tutto.
-Harper... Ma tu non eri...?-
-Morta?
-Già.
-E quindi dove mi trovo, esattamente?
-Io davvero non volevo che arrivassi anche tu qui. Io avrei voluto che avessi vinto, che avessi portato a casa la vittoria e che avessi vissuto la tua vita come meglio credevi. Perché anche tu?
-Io credo di non capire...
-Haylee, non mi stai vedendo perché sei pazza o cose del genere.
-Sono morta anche io, quindi?
Proprio mentre formula questa domanda, qualcun altro si avvicina, anch'essi con il volto pallido. Il bambino del 6. Haylee crede che il suo nome sia Willy, ma non ne è sicura. Anche il ragazzo del 2, e quello del 5, e la ragazza del 10 e dell'11... Ormai la risposta è palese.
-Mi dispiace così tanto, Haylee. Tu non saresti dovuta morire.
-Ma ormai è successo. Io... Io volevo vivere,- annuncia, scoppiando in un pianto liberatorio.
-Credi che noi non avremmo voluto vivere? Credi che ci siamo lasciati prendere dalla morte?- domanda sarcastico il ragazzo del 2, ancora più bello di quanto non lo fosse già da vivo.
-Ehi, Haylee,- attira la sua attenzione nuovamente Harper.
-Sì?
-Almeno adesso non sentirai mai più dolore.


Leaf mordicchia un pezzo di liquirizia, mentre esplora gli altri numerosissimi corridoi del manicomio.
E' sola da troppo tempo, ormai. Gli Strateghi staranno già cercando il modo di attirarla in una nuova e programmata trappola. E invece, quando i suoi piedi hanno raggiungo il culmine della sopportazione il suo sangue ha deciso di smettere di coagulare normalmente, l'uscita le si prospetta di fronte. La salvezza per uscire da questa struttura maledetta.
"Oh, ma certo, io partecipo ancora agli Hunger Games", si ricorda, cominciando a mordicchiarsi le unghie. Tuttavia, nulla è più allettante di vedere ciò che c'è fuori da qui.
In alto, incise su una parete in legno, ci sono tre parole. "Mount Massive Asylum".
-Be', addio,- recita la ragazzina, dirigendosi verso la prorompente porta.
Appena uscita, la pioggia le bagna il viso. Le mani poco dopo sono come due spugne, ma lei non ci fa tanto caso. L'unica cosa a cui ha fatto davvero caso è l'oscurità presente lì fuori. E' notte fonda, e in più i temporali non fanno altro che peggiorare la situazione. Accende la torcia dopo averla colpita più volte, e poi esplora il cortile. I suoi occhi si sgranano quando la cosa più inquietante che abbia mai visto le si prospetta davanti.
Una fontana, molto architettonica e con delle decorazioni medievali poste attorno ad essa, sul bordo, contiene dell'acqua leggermente particolare e diversa dal solito. Di fatto, quello risulta essere sangue. 
-E'... Disgustoso,- dice, mentre le vengono i conati di vomito. Appena si volta, un ruggito lontano la fa rinvenire. 
-Ehi, porcellino, sto venendo a prenderti. Percepisco il tuo respiro ansioso...- mormora quello, che si avvicina con passi pesanti.
Leaf cerca proprio in quel momento di illuminare un buon nascondiglio, un buon posto dove occultarsi, e proprio allora la torcia si scarica, lasciando che la ragazza venga presa dal panico.
-Mannaggia... Non fatemi bestemmiare,- sussurra, correndo a destra e a manca. Non c'è nulla di utile, se non alberi che non riescono a nascondere nemmeno una foglia.
D'un tratto, intravede un piccolo pezzo metallico con un'apertura interna. Si infila dentro, e si stringe le gambe al petto con le braccia, trattenendo il respiro.
Passano secondi, e non si sente nulla.
Il silenzio è un presagio.
Talvolta positivo.
Ma talvolta anche negativo.
-Aaah!- grida Leaf, quando qualcosa di molto grosso la afferra, mettendola a testa in giù.
-Ti ho trovato, porcellino- ridacchia il mostro, illuminato da un temporale. E questi sono i momenti nei quali si preferirebbe una morte veloce.


Sophie, al suo risveglio, ha gli occhi pieni di rabbia.
-Stupido Geralt! Quando ti troverò, giuro che i tuoi testicoli saranno appesi su un filo elettrico e la tua testa brucerà nell'acido!- strilla, non riuscendo a contenersi. Sebbene sia consapevole che potrebbe essere scoperta e quindi rivelare la sua posizione, non lascerà che un ragazzo come Geralt la faccia franca.
Dopotutto, quando passava le giornate nel suo Distretto, la rabbia e le persecuzioni erano all'ordine del giorno. Tutti gli abitanti, lei in primis, erano mal nutriti, e talvolta il cibo mancava completamente. La giovane ha sempre creduto che negli altri Distretti si vivesse meglio, eppure sa, nel profondo, che così non è. In ogni caso, ha imparato a vivere con il rimorso che nessuno, nella sua vita, le avrebbe mai fatto del bene. Perché, almeno questa è la sua convinzione, per lei non esistono persone buone. Esistono solo i malvagi, e quelli meno malvagi. Dopotutto, la gente sparlerà sempre degli altri, e troverà sempre i lati negativi in ogni individuo al di fuori di sé. Be', lei ha imparato a far parte della prima categoria. Perché solo essendo cattivi puoi sopravvivere. E se n'è convinta maggiormente quando prima ha sentito un altro colpo di cannone. Dopo tredici morti, lei è ancora viva e vegeta. Solo con qualche graffio.
Qualche schizzo d'acqua troppo violento la distoglie dai suoi pensieri. Qualcuno sta correndo, e anche nella sua direzione. Deve nascondersi prima che questa persona la scopra, anche perché Geralt l'ha privata delle sue armi. E se fosse, invece, proprio lui?
Be', non è questo il momento di scoprirlo.
Si gira di scatto e percorre le fogne all'inverso, e cioè da dove è venuta. L'orientamento non è mai stata una sua preziosa abilità.
E poi, mette un piede in fallo. O meglio, lo mette in una trappola.
Un dolore lancinante la fa strepitare come non mai, mentre un contenitore leggerissimo con delle spine piantate su di esso si alza per trafiggerle il torace. Per fortuna, non le sono andate molto in profondità. 
-Ehi, Roxas, qualcuno è caduto nella mia trappola!
-Ottimo lavoro, Shelk!
Le due voci sono sempre più vicine, e lei deve allontanarsi. Quanto più possibile, prima che sia troppo tardi. Con entrambe le mani a coprire le dolorosissime ferite, svolta a sinistra, sperando di seminare gli inseguitori, che potranno comunque usare il sangue come orientamento.
-Porca di quella...- cerca di dire, ma poi si trattiene. Adesso non è il momento di essere cattivi. C'è spazio solo per il coraggio.
Mentre cerca di darsi forza, le sembra di sentire la voce lontana di Damon che la incita.
Abbozza un piccolo sorriso, che però subito muta in una smorfia di dolore.


-Diamine, ci è scappata la preda!- si maledice Roxas, infilando una mano fra i suoi mori capelli. 
-Dai, non buttarti giù. Non andrà molto lontano,- lo incoraggia la ragazza dell'8, avvicinandosi a lui e mettendogli un braccio attorno al collo.
-Aspetta! Guarda! L'acqua è macchiata con il sangue, da quella parte. Forse potremmo...
-No, non ci pensare. Ho disseminato l'intera zona con trappole anti-uomo o anti-qualunque altra cosa. Non vorrei morire con un suicidio.
-Ok, probabilmente hai ragione. Lasciamo allora che le tue trappole continuino il lavoro. Allora torniamo indietro, che dici?
-D'accordo.
Si avviano nella precedente direzione, stando l'un l'altro ad una distanza un po' troppo minima. Poi Shelk ricomincia a parlare.
-Ehi, Roxas. Che mi dici della tua vita?
-Mah, nulla di che. Non è poi così movimentata.
-Dai, qualcosina pur dovevi fare dalla mattina alla sera, no?
-Be', diciamo che... Sì, ecco, ho un campo di grano e poi... Ecco, non vorrei dirlo...
-Dai, non avere vergogna di me,- gli sorride Shelk, abbracciandolo e dimostrandosi incredibilmente affettuosa con lui. Ma quest'ultimo non cerca di respingerla, anzi, la stringe ancora di più a sé.
-Sì, ecco, mi sono affezionato in particolare alla mia zappa... Cioè, è un regalo che mi ha fatto mio padre prima che morisse e così è diventata una parte di me.
-Ah, adesso ricordo. Ti ho visto, sia all'addestramento sia alla sfilata, che abbracciavi questo arnese. Non lo trovo tanto assurdo, anzi, credo sia un bel modo di affezionarsi alle cose.
-Ti ringrazio davvero molto. E tu invece che mi racconti?
Nel frattempo la fogna si offusca sempre di più, e perciò sono costretti a riprendere le loro torce.
-Probabilmente suonerà un po' strambo all'inizio, ma ho dieci sorelle.
-Wow! 
-Eh già. Mia madre non ci ha pensato due volte a partorire tanti figli. Ehi, non ridere!- dice Shelk, riprendendo Roxas che è scoppiato in una sonora risata.
-Sì, hai ragione, scusami.
-Dai, ne parliamo un'altra volta.
-Eddai, non ti sarai mica offesa?
Ma Shelk ormai gli mantiene il broncio.


Per il corridoio riecheggiano solo i loro passi. E si sente quasi solo un fiato.
-Melissa, ti prego, di' qualcosa.
La piccoletta ha gli occhi persi nel vuoto, con le pupille incredibilmente dilatate e con la bocca serrata. Sembra quasi che non emetta alcun tipo di respiro. Potrebbe sembrare un morto vivente.
-Non ce la faccio più a vederti in questo stato! Sono ore che non dici una parola.
Ma ciò che Daniel ottiene è solo il silenzio più totale.
Poi la ragazzina parla, ma risponde come se si trovasse in un altro mondo.
-Ehi, perché non ti vesti? Con quel torso nudo sembra che tu stia al mare.
Daniel diventa rosso come un peperone, con il volto chiaramente incazzato. Ma Melissa non è affatto turbata da ciò che ha detto. Per lei, è tutto nella norma.
-Abbiamo scelto insieme questi costumi, lo hai dimenticato?
-A dire il vero li ha scelti Willy. Ancora non riesco a credere che tu lo abbia ucciso.
-Ma hai perso il senno? Lui si è sacrificato per salvare il culo a te!
-Ma sentitelo! Sentitelo! Tu non vedevi l'ora di dartela a gambe, stupida imitazione di Tarzan!
-Non rispondermi così, che hai solo dodici anni.
-Ne ho tredici! E sarò anche più piccola di te, ma almeno io so amare meglio!
-E con questo cosa vorresti dire?
-Io lo amavo! Tu me lo hai portato via! Hai lasciato che si sacrificasse, quando potevi morire tu!
-Parla piano, che qualcuno potrebbe sentirci.
-Non mi importa! Mi uccidano pure! L'unico su cui contavo se n'è andato per sempre...
-E io quindi cosa sono stato per te finora?
-Tu non hai fatto altro che pensare alla tua compagna!
-Haylee?
-Proprio lei!
-Io a te ci tengo veramente!
-Non mentirmi più! Ne ho abbastanza!
-Vuoi morire? Ecco a te un coltello allora!- sbraita Daniel, consegnandole il suo pugnale ferreo, mai utilizzato.
Melissa fissa lo strumento per un po', poi annuisce.
-Io... Non posso farlo
-Ecco! Tu evidentemente ancora devi capire chi è il vero nemico.
Il ragazzo si avvicina a Melissa per privarla dell'arma, ma viene improvvisamente colto di sorpresa.
-Mi dispiace, ma io credo di averlo già capito!- grida lei, conficcando il pugnale sul bicipite brachiale.
-Aaah! Come... Come...- cerca di parlare Daniel, raggomitolandosi sul pavimento e mugolando tristemente.
Melissa, ad un certo punto, ha le lacrime agli occhi.
-Io... Io... Non so cosa mi sia preso... Mi...
-Vattene via! Va' via prima che mi alzi e ti dia la caccia!
Ma prima che Daniel possa finire di parlare, la ragazzina si è già allontanata, e il diciassettenne osserva per l'ultima volta la luce della sua torcia, prima che i suoi occhi si chiudano per cadere in un sonno profondo.
Ma per lui non suona nessun cannone.



~Note autore
Buonasera (o buonanotte) miei cari lettori e/o recensori *--*
Non sono magnifici giorni questi?
Vabbè, forse solo per me. Non cagatemi ulteriormente.
Per non dilungarmi molto, volevo solamente chiedervi infinitamente scusa per eventuali errori grammaticali di battitura e/o gravi. Se ce ne sono, e se soprattutto sono gravi, vi prego di farmeli notare in una piccola recensione, cosicché io la prossima volta rileggerò meglio il capitolo.
I tributi di quest'oggi sono:

Haylee Pitfall, Distretto 3.

La sua morte mi ha distrutto psicologicamente, ma è stato, purtroppo, necessario. Spero non ci rimarrete male anche voi.
Un mille grazie alla creatrice che, pure se non si sta facendo più viva, ha creato uno splendido personaggio.
*alza tre dita*
Be', votate come sempre almeno due tributi, non di più.
Alla prossima (e se volete, lasciatemi una piccola recensione <3),
-Outlast_Amnesia

P.S.: scusate per l'immenso ritardo, ahaha. Cercherò di non farne più tali.

  
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