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Autore: Preussen Gloria    30/03/2014    9 recensioni
"Cresce. Assomiglia a te."
C'è ancora una storia che Odino non ha raccontato.
"A chi? Al principe delle illusioni o al re dei mostri?"
Riguarda il suo primogenito. Riguarda il figlio che ha adottato.
"Al giovane con gli occhi verdi e i capelli corvini che una volta conoscevo"
Riguarda i due principi che sono venuti prima di loro.
"Non è mai esistita quella persona, Odino."
Riguarda leggende che non sono mai state scritte.
"Non puoi dirmi questo! Non mentre mi guardi con gli stessi occhi di mio figlio"
E verità che sono sempre state taciute.
"Non è tuo figlio! Non lo è mai stato. È nato nell'inganno, vive nell'inganno, le bugie sono l'unica cosa che possiede..."
Thor e Loki hanno sempre saputo di essere nati sul finire di una guerra.
"... E un giorno, forse, ne diverrà il principe."
Ma nessuno ha mia raccontato loro l'inizio di quella storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Laufey, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Mpreg
Capitoli:
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XXIII

Confessione


[Vananheim, oggi.]


Dormiva su di un fianco, accanto a lui.
I capelli dorati sparsi sul cuscino, le labbra rosse appena dischiuse, una mano appoggiata sulla cruva del ventre appena rigonfio. Non era la sua forma quella, era solo un'illusione... Un gioco per ingannare i loro nemici,eppure era bellissima.
E lo sarebbe stata anche la creatura che sarebbe nata in pochi mesi, ne era certo.
In fondo al letto, l'occupante della culla si svegliò e lei aprì immeditamente gli occhi.
"Si è svegliata..."
Le accarezzò i capelli, "non è una tua preoccupazione, riposa."
"È mia figlia."
"È nostra figlia."
Lei si lasciò convincere dalla dolcezza di quella replica e lui scivolò in fondo al letto, poi sollevò tra e braccia il primo frutto del loro amore, l'opera d'arte di cui era orgoglioso di definirsi l'autore. 
Lei si alzò a sedere e prese la bambina tra le braccia baciandone la testolina convina, "la mia principessa..." Mormorò con voce innamorata.
"Pensi che ne avremo un'altra?"
"Come se io potessi saperlo, Loki."
"Sei tu a tenerlo dentro," la mano di lui si posò sulla pancia di lei, "io sapevo che Thrud sarebbe stata una bambina."
"Ma nei miei sogni non lo era... Nei miei sogni era come te."
"Sono felice che non lo sia," disse lui con tono grave, "spero non lo sarà nemmeno il prossimo."
"Loki..."
"Non sarebbe una cosa buona."
"Potrebbe scegliere chi amare, senza negare al regno un erede al trono. Non sarebbe costretto a scegliere tra dovere e cuore. La trovi una cosa negativa?"
"Se s'innamorerà della persona sbagliata, dovrà scegliere comunque."
Loki prese tra le braccia la sua bambina e si perse negli occhi verdi che aveva ereditato da lui: non era felice che gli assomigliasse ma sapeva che avrebbe tirato il collo a chiunque avesse osato mancarle di rispetto facendola sentire diversa, sbagliata. Sua figlia non avrebbe subito il suo stesso dolore.
"Sei perfetta così come sei."
Sarebbe stata la prima verità che le avrebbe insegnato.
"Proprio come te, mio principe."
Loki s'irrigidì: la voce della fanciulla alle sue spalle era cambiata.
"Un mostro perfetto."
Si voltò: i morbidi capelli biondi erano stati sostituiti da lunghe ciocche nere, il viso dolce da uno magro e spigoloso. Il suo sorriso innamorato, era divenuto un ghigno.
"Se avremo un'altra bambina..." Sibilò, "anche a lei darai il mio nome, come quella che hai ucciso?"



Loki si svegliò sudato, col respiro corto e gli occhi sgranati.
Si guardò intorno e ricordò immeditamente dove era e per quale motivo si trovava lì.
Thor.
Era scappato da lui, era scappato da Asgard.
Thor era a casa.
Thor stava bene e nessuno lo avrebbe toccato. Non era una sua responsabilità. Non era un suo problema.
Era stato solo un incubo... Un incubo...
Mentre se lo ripeteva, come se da questo dipendesse la sua stessa vita, si chiese se mai avrebbe potuto svegliarsi da quello in cui viveva.


"Vi trovate bene?" Domandò Freya afferrando il suo calice.
Loki rimase in silenzio fissando il proprio piatto senza toccare cibo.
"Il vostro regno è meraviglioso, mia regina," rispose Sleipnir educatamente, quando realizzò che il compagno di viaggio non avrebbe aperto bocca.
"Spero che la mia Sygin faccia un buon lavoro."
"È una fanciulla deliziosa."
Entrambi guardavano Loki ma il principe perduto di Asgard sembrava troppo perso nel suo mondo per concedere loro anche solo un briciolo della sua attenzione. Sleipnir gli lanciò una gomitata da sotto il tavolo.
Gli occhi verdi lo fissarono indignati.
"La regina è scesa nelle nostre stanza come avevi desiderato, il minimo che puoi fare è guardarla negli occhi."
Loki fece una smorfia, "non si scadalizzerà per così poco."
"Eppure, il tu amico ha ragione," replicò Freya dal lato opposto della tavola imbandita, "hai voluto vedermi qui, piuttosto che nei miei appartamenti privati. Deve esserci un motivo."
"Le camere delle regina sono sempre affollate da giovani pettegole dagli occhi curiosi," lo sguardo di Loki cadde sulla esile figura di Sygin, mentre si avvicinava per riempire il calice della sua signora. Lei se ne accorse ma decise d'ignorarlo.
"La mia Sygin, qui, ti trova d'accordo," disse Freya sorridendo alla sua dama di compagnia e indicandole una sedia accanto alla sua, "accomodati, tesoro."
"Vi ringrazio, mio signora," rispose la giovane col viso basso. Gli occhi del loro ospite le erano ancora incollati addosso e avrebbe fatto di tutto per non incontrarli.
"È una delle poche giovani della sua generazione ad avere la stoffa di una signora," Freya le prese tra le dita una lunga ciocca di capelli biondi. Sygin sentì uno scomodo calore salirle alle guance ma non disse nulla, nemmeno quando sentì il giovane uomo ridacchiare.
"Non ne dubito," commentò con sarcasmo.
"Vi ho forse mancato di rispetto, mio signore?"
Loki non si aspettava una replica a tono. Freya lo dedusse dalla manciata di secondi che passarono dalle parole di Sygin alla risposta di lui.
"Non abbiamo avuto occasione d'interagire al punto perchè tu potessi farlo," disse.
Solo allora, la fanciulla alzò gli occhi chiari per guardare in faccia quello strano ospite dai comportamenti, a suo giudizio, troppo arroganti. 
"Temo di no, mio signore."
"Lo dite come se non vedeste l'ora di arrecarmi dispiacere."
"Dato che mi giudicate negativamente senza conoscermi, non farei altro che assecondare i vostri pensieri. Non è quello che piace agli uomini, credere di avere sempre ragione?"
Freya sorrise soddisfatta.
Sleipnir fissò il giovane al suo fianco aspettando che facesse la sua prossima mossa ma Loki non fece nulla: non 
aveva tempo di offendersi per l'arroganza di una dama con la lingua lunga.
Guardò Freya, "dille di andarsene."
La regina sospirò, poi guardò la giovane come ad invitarla ad avere pazienza.
Sygin annuì e si alzò da tavola senza dire una parola.
"Allora," Freya rilassò la schiena contro l'alta sedia di legno decorato, "penso che sia arrivato il fatidico momento in cui sua altezza ci concede l'onore di parlare."
L'espressione di Loki s'indurì notevolmente. Si alzò in piedi e Sleipnir fece un respiro profondo per invitare se stesso a rimanere calmo, nel qual caso il suo compagno di viaggio non ci fosse riuscito.
"Odino ti sta cercando," lo informò la regina di Vananheim con tono casuale.
Lui la guardò divertito, "oh, sei complice di un criminale, ora?"
"Non mi risulta che tu ti sia macchiato di colpe peggiori dei tuoi predecessori."
"Di quali predecessori parliamo, Freya?" Domandò lui sarcastico, "quelli di Asgard, o quelli di Jotunheim?"
Lei annuì con espressione grave, "ho avuto modo di conoscere la storia di quel che è successo di recente."
"Non conosci la mia versione."
"Posso immaginarla," replicò lei, "ma non dovevi ucciderlo."
Loki si fermò di colpo sbattendo entrambe le mani sul tavolo, "il mio unico errore, quel giorno, è stato fermarlo prima che potesse trapassare il petto di Odino!"
Sleipnir fece per dire qualcosa ma un'occhiata raggelante del principe su sufficiente a farlo tacere.
"E tu sapevi tutto, Freya..."
La regina sorrise tristemente e, per un momento, gli ricordò sua madre, "che cosa avrei potuto dirti, Loki? Eri un bambino, quando ti hanno messo nelle mie mani e lo eri ancora, quando ti ho riconsegnato a Frigga dicendole che non avevo più nulla da insegnarti."
"No," Loki scosse la testa, "non parlo del segreto della mia vera natura... Parlo dei peccati del re dorato, parlo di quello che lui stesso non ha avuto il coraggio di confessarmi."
Freya non comprese.
Sleipnir abbassò lo sguardo, consapevole che non sarebbe potuto intervinire in alcun modo a quel punto.
"Uno di loro è stato il tuo servo..."
La regina trattenne il fiato per un istante, poi sospirò, "era un amico," lo corresse, "ho perso molto, quamdo me lo hanno portato via."
"Tu c'eri..." Loki guardò oltre le grandi finestre come se potesse vedere le scene di quel passato ormai perduto, "eri una ragazzina, ma c'eri quando Odino ha amato quello che sarebbe divenuto il suo nemico leggendario ed hanno concepito un figlio."
Freya sgranò gli occhi, "Loki..."
"Doveva chiamarsi Thor quel bambino, non è così?" 
"Loki," la regina si alzò in piedi, "che cosa sai di preciso? Chi te lo ha detto? Come... ?"
"L'ho scoperto attraverso le parole scritte da mio padre," sibilò il principe, "il padre che ha preferito dirmi che non ero suo, piuttosto che prendersi le sue responsabilità e dirmi tutta la verità."
Freya si premette una mano contro la bocca, poi guardò il principe dritto negli occhi, "non sono nessuno per darti quella verità."
"Invece lo farai!" 
"Loki, nessuno conosce quella storia!" Replicò Freya fermamente, "posso raccontarti del giorno in cui Ymir ha attaccato Asgard, ha assasinato Borr, ha strappato Laufey ad Odino ed ad ha ucciso quel bambino che, sì, avrebbe dovuto chiamarsi Thor..." Ricordare le faceva male, Loki poteva vederlo nei suoi occhi lucidi ma non la fermò, "tutti abbiamo perso qualcosa, quella maledetta notte. Io ho perso chi mi ha cresciuto. Odino ha perso un fratello, un compagno, un figlio e la sua umanità... Laufey... Laufey ha..."
Si lasciò ricadere sulla sedia lasciandosi andare ai singhiozzi. 
Loki sentì gli occhi accusatori di Sleipnir su di sè ma lo ignorò deliberatamente.
"Asgard era un inferno," continuò a raccontare Freya, "un vero inferno... Quando ho rivisto Laufey, del giovane Jotun che conoscevo non era rimasto niente."
Il viso di Loki non aveva espressione, "era voluto?"
"Cosa?"
"Il bambino," chiarì Loki, "quello che Odino e Laufey hanno perso quella notte."
Freya si morse il labbro inferiore ed annuì, "l'avevano cercato per molto tempo."
Il principe fece una smorfia ed annuì, "comprendo..."
"Loki..."
Lui la guardò.
"Mentirei, se ti dicessi che hanno cercato anche te."
Loki non voleva sapere quella parte di storia, non gli interessava. Voleva solo i fatti, non i dettagli sentimentali.
"Mentirei, se ti dicessi che furono felici di sapere che stavi per venire al mondo."
Si morse il labbro inferiore ed attese che quello spreco di parole avesse fine.
"Non so cosa sia accaduto in quei nove mesi, Loki. Non so cosa sia accaduto la notte in cui Jotunheim è stata piegata ma... Ti ho visto che eri appena nato. Ti ho visto mentre Laufey ti stringeva al petto per nutrirti e ti metteva tra le braccia di Odino per farti addormentare. Ti hanno hanno dato alla luce insieme! È da questo che dovresti partire per scoprire la tua verità."
Loki non rispose, non la guardò neppure.
Si ritirò nella sua stanza e non uscì fino al giorno seguente.


[Asgard, secoli fa.]



L'acqua non era poi così fredda, nonostante la stagione calda fosse finita da un po'.
Svadilfari era talmente bello da imbarazzarlo.
Loki non poteva fare a meno di fissarlo facendosi timidamente da parte ogni volta che l'altro tentava di stringerlo a sè. 
"Non mi permetti nemmeno di baciarti?" Era dolce il sorriso di Svadilfari mentre si sporgeva per sfiorargli le labbra, "siamo completamente nudi e un metro di distanza continua a separarci... Qualcosa non porta..."
Loki sorrise facendo vagare lo sguardo ovunque per non dover guardare il mutaforma in faccia, "non ho mai sperimentato questo livello d'intimità con nessuno."
Svadilfari non sembrò sorpreso.
"Non ricordo l'ultima volta che ho fatto il bagno con qualcun altro, se escludiamo Nàl ma ho il compito di prendermi cura di lui, quando mio fratello non c'è."
"Mi sento incredibilmente onorato," mormorò Svadilfari con sguardo quasi languido, "posso dire di essere il primo a toccarti così, allora?" Domandò passando un braccio intorno alla vita del giovane Jotun.
Loki s'irrigidì ma non fece nulla per ostacolarlo, mentre lo trascinava verso di sè e lo baciava con trasporto.
Gli appoggiò entrambe le mani contro il petto scolpito ma non per respingerlo, solo per assaggiare la consistenza della sua pelle e dei muscoli perfettamente delineati. Avrebbe potuto indossare un'armatura e sarebbe potuto passare per un giovane guerriero di Asgard senza problemi.
La sola idea di avere un simile esempio di virilità a sua disposizione fece contrarre piacevolmente lo stomaco di Loki, che si ritrovò a stringere le gambe per combattere una reazione che non aveva mai sperimentato con qualcosa di diverso da una sua personale fantasia. Fu allora che la mano di Svadilfari afferrò la sua gamba destra e lo invitò ad avvolgerla intorno ai suoi fianchi costringendo le loro intimità l'una contro l'altra.
Lo Jotun strinse gli occhi, aggrappandosi a quelle spalle forti mentre un suono a lui estraneo usciva dalle sue labbra. 
Il vecchio se stesso sarebbe scappato. Avrebbe spinto via quel meraviglioso giovane e sarebbe scoppiato a piangere per la vergogna. Ma non era più il ragazzo di pochi giorni prima.
Si poteva cambiare in così poco tempo?
Non lo sapeva. Non sapeva se fosse sano o se fosse completamente impazzito a causa di quell'improvviso calore dopo una vita di fredda solitudine. Di una cosa era certo, non sarebbe bastata la vergogna a spingerlo a lasciarlo andare.
"Baciami..." Mormorò Svadilfari contro le sue labbra. La sua voce era più profonda: era eccitato quanto lui e sentirlo... 
Ogni pensiero coerente sparì non appena le loro labbra s'incontrarono. Loki sentì quella mano grande, abituata a compiere lavori di forza, avvolgerlo in una morsa di piacere puro. Improvvisamente, tutto il suo essere non era fatto d'altro che carne e sangue e l'unica cosa che voleva era che il suo cuore battesse più forte, fino a scoppiare.
Non durò a lungo come aveva sperato.
L'acqua si tinse del loro piacere, mentre Svadilfari gli lasciava andare la gamba e lo stringeva contro il suo petto con entrambe le braccia. Loki non riusciva a parlare. L'unica cosa che era in grado di fare era starsene lì, con la fronte premuta contro la sua spalla, gli occhi chiusi, il repiro corto e l'incapacità di accettare che tutto quello fosse vero.
Svadilfari gli baciò la spalla, "stai bene?"
Loki sorrise, "è questo il piacere, dunque?"
"Non hai mai...?"
Lo Jotun prese la mano che l'aveva accarezzato e ne baciò il palmo, "da soli si creano meravigliosi illussioni," disse, "ma, alla fine, fa sempre più freddo che all'inizio."
"Hai freddo ora."
"No..." Loki appoggiò la guancia contro il petto del mutaforma, "è così assurdo che nasca una passione simile in così poco tempo?" Non era una materia di cui poteva dirsi esperto, quella. La sola passione che aveva mai provato era stata per il bambino dagli occhi color cielo che gli aveva regalato una vita degna di tale nome ma l'aveva coltivata in silenzio e con estrema ingenuità, chiudendo gli occhi e lasciando che le sue stesse mani facessero il resto. Ora, c'era un mondo del tutto nuovo da esplorare per lui.
Era il mondo segreto degli amanti.
"Serve poco alla passione per sbocciare," Svadilfari gli prese il viso tra le mani invitandolo a guardarlo negli occhi, "l'amore è un'altra cosa."
Gli occhi di Loki erano lucidi di pianto, "sarei un folle, se ti dicessi che ti amo?"
"Ti chiederei perchè, piccolo Jotun."
"Proprio per questo," sorrise, "perchè sono un piccolo Jotun e, quando mi guardi, mi sento come un principe... Non hai bisogno di parlare, mi basta guardarti negli occhi e..."
Svadilfari lo baciò dolcemente.
"Questa è solo una parte del piacere, piccolo mio," mormorò il mutaforma, "c'è molto... Molto più di questo."
Loki lo guardò come non aveva mia guardato nessun altro.
Quell'espressione non gli apparteneva, come il tono di voce con cui parlò.
"Me lo insegneresti?"
Il fratellino del re era divenuto un adulto.


Odino si era addormentato con la testa appoggiata sulle sue gambe.
Nàl non riusciva a rilassarsi e passava distrattamente una mano tra quei capelli biondi guardando il cielo trapunto di stelle oltre le alte colonne. Non aveva scoperto molto di più sul Costruttore in quei giorni, sebbene Borr continuasse a fargli pressioni per ottenere la sua fiducia.
Dove volesse arrivare gli era ancora poco chiaro.
Aveva condiviso con lui tutte le informazioni riguardanti quello strano personaggio, vero, tuttavia, non era affatto normale che mettesse al corrente lui di ogni cosa lasciando all'oscuro suo figlio. Il fascino e la seduzione non erano armi di cui Odino disponeva, certo, eppure c'era qualcosa nell'insistenza del re che non riusciva a comprendere.
E questo lo disturbava.
Qualcuno bussò alla porta e Odino mugognò qualcosa nel sonno trasferendosi sul cuscino.
Nàl si alzò ed andò ad aprire.
Il viso di Frigga era solo parzialmente illuminato dalla tenue luce del corridoio ma non era difficile vedere la preoccupazione che contraeva i suoi lineamenti. 
"Frigga..."
"Dorme?" Domandò tesa.
"Che cosa succede?" Inistette lui uscendo dalla camera e richiudendosi la porta alle spalle.
"Si tratta di Loki," disse lei con tono grave.
Il principe di Jotunheim non ebbe bisognondi sentirsi dire altro.


Loki era seduto sul suo letto dando le spalle alla porta della camera.
Nàl vide che Skaði era inginocchiato davanti a lui e gli rivolgeva un sorriso dolce e comprensivo, sebbene non riuscisse ad udire le parole che gli stava rivolgendo. 
"Loki," chiamò avvicinandosi. Frigga dietro di lui.
L'amico si voltò di trequarti per individuarlo nella penombra della camera.
Non appena incontrò i suoi occhi arrossì di colpo ed abbassò lo sguardo.
Skaði si alzò in piedi posandogli una veloce carezza tra i capelli, poi si avvicinò al suo principe, "vuole parlare solo con te, è molto imbarazzato."
Questo Nàl poteva vederlo benissimo da solo, era il motivo di tanta vergogna che non riusciva ad intuire.
"Vi lasciamo soli," disse Frigga alle sue spalle stringendogli appena una spalla, "ci vediamo domani. È meglio così."
Skaði fece un leggero inchino seguendo la fanciulla fuori dalla stanza.
Nàl non riusciva davvero a comprendere.
"Loki?"
Vide l'altro Jotun artigliarsi la tunica con entrambe le mani fissando qualcosa verso il basso.
"Loki, parlami, che cosa è successo?"
La risposta la trovò da solo, non appena arrivò di fronte all'amico e notò le goccioline di sangue sull'urlo della sua tunica. In un primo momento, non comprese il motivo di tanto trambusto: avevano superato la pubertà da diverse stagioni, cosa c'era di così assurdo se...
"Oh..." Fu questo tutto quello che riuscì a dire, mentre sentiva il sangue defluire dal volto e il reale significato di quelle macchioline scarlatte diveniva improvvisamente chiaro.
Non chiese nulla, il principe di Jotunheim. Non disse una parola.
Lo invitò a seguirlo in bagno e lo fece accomodare sul bordo della grande vasca.
Scrutò il volto dell'amico per qualche secondo, poi si alzò e prese tra le mani il telo più piccolo che trovò.
Glielo porse e Loki lo prese.
"Bagnalo e premilo tra le gambe," gli disse.
Loki si sedette in modo da immergere le gambe nell'acqua calda fino ai polpacci, poi fece quanto gli era stato detto.
Un sospiro gli sfuggì dalle labbra.
Nàl si sedette accanto a lui ma nemmeno allora parlò.
Loki sorrise quasi istericamente, "è strano," mormorò, "sono felice ma mi viene da piangere."
"È il caos emozionale, nulla di grave," rispose l'altro Jotun studiando la sua espressione a tratti sorpresa, a tratti smarrita. 
Loki si morse il labbro inferiore, "non sembri sorpreso."
"Non sai quanto lo sono."
"Allora perchè non mi chiedi nulla?"
"Perchè non so che cosa dire," ammise Nàl.
Una strana soddisfazione illuminò gli occhi scuri di Loki, "ti ho lasciato senza parole, dunque?" Scostò il panno umido da sè e fissò il liquido rosso e quello biancastro mescolarsi sulla stoffa umida. Quella era la prova che lui e Svadilfari si erano amati, che non era stato tutto solo un bellissimo sogno.
Dopo la passione, si era addormentato tra le sue braccia e, quando aveva aperto gli occhi, lo aveva trovato lì, accanto a lui ansioso di amarlo ancora, ancora, ancora. Lo aveva preso fino a che aveva smesso di fare male e non era rimasto altro che il piacere.
Loki si sentì avvampare ed incrociò le gambe per evitare che il ricordo di quell'esperienza, ancora vivo sulla sua pelle, potesse prenderlo di sorpresa davanti al principe di Jotunheim.
"L'hai voluto?" Domandò.
"Con tutto me stesso," fu la risposta di Loki, gli occhi fissi sulla superficie dell'acqua che riempiva la vasca.
"È stato gentile?"
Nàl non aveva mai visto il fratello di Odino sorridere così.
"È stato dolcissimo," rispose, "ha messo il mio piacere prima del suo. Mi ha amato... Non so in che altro modo dirlo, sul serio! Mi ha amato."
Un sospiro.
"Ed io ho amato lui."
Nàl prese un respiro profondo, "non vuoi dirmi il suo nome?"
Loki s'irrigidì e strinse le labbra.
Il principe di Jotunheim annuì e posò gli occhi sul telo macchiato della sua verginità perduta, "è un dono," disse con rispetto, "chiunque egli sia deve sentirsi onorato. Hai intenzione di conservarlo?"
"Dovrei?"
Nàl scrollò le spalle, "io ho fatto qualcosa di simile."
"Che vuoi dire?"
"Ho regalato ad Odino un fazzoletto con sopra la prova che era stato il primo ad amarmi," raccontò, "è una cosa stupida: non è stato il mio primo amante, dopotutto."
"Ma è il primo con cui hai fatto l'amore," puntualizzò Loki, poi ripiegò il telo con cura e lo strinse contro il petto, "io l'ho scelto e lui ha scelto me."
Nàl accennò un sorriso, "non dirò nulla a tuo fratello."
"Ti ringrazio."


[Vananheim, oggi.]


Le lenzuola era zuppe di sangue.
"Sta bene?"
Il viso di lei era pallido, madido di sudore. I capelli biondi appiccicati sulla fronte.
"Che cos'è?" Domandò ancora, "sta bene?"
Lui continuava a stringerle la mano incapace di dire o fare alcun che.
Il sangue continuava a scorrere.
Alzò gli occhi e cercò quelli di sua madre. 
Frigga piangeva. Tra le braccia stringeva un fagottino troppo silenzioso, troppo sporco di sangue.
"Sta benissimo," la peggiore bugia della sua vita, "è un maschio sano e forte."
Il sorriso che lei gli rivolse fu bellissimo, sebbene il suo viso continuasse a perdere colore.
"Un maschio..." Disse flebilmente.
"È bellissimo," insistette lui simulando un sorriso orgoglioso, "assomiglia a te."
Lei chiuse gli occhi e rise e pianse insieme, "Magni..."
"Sì, Magni."
"Gli insegnerai la magia, quando crescerà?" Chiese lei cercando di nascondere la disperazione. Non aveva più bisogno di farlo col dolore, non lo sentiva più e, presto, avrebbe smesso di sentire anche la vita.
"Se lo vorrà."
"Certo che lo vorrà!" 
Lui avrebbe solo voluto mettersi a piangere ma non poteva, non nei suoi ultimi momenti.
"Sarai un ottimo maestro, lo so," commentò.
Sentiva che sarebbe impazzito, non appena quegli occhi azzurri si sarebbe chiusi.
"Proprio come lo sei come padre."
"Ti prego, aspetta..."
"Mi fido di te, Loki," non glielo aveva mai detto prima, "lascio tutto nelle tue mani... Mi fido di te..."
La sua ultima espressione fu un sorriso
.


"Loki!" 
Qualcuno chiamava il suo nome.
"Loki!"
Qualcun altro stava urlando.
Lui stava urlando.
Gli occhi verdi si spalancarono ed il suo corpo si bloccò di colpo, come congelato. Sleipnir era sopra di lui e gli stringeva le spalle. "Stai bene?" Domandò in pena.
Non rispose, era troppo occupato a cercare di respirare.
"Loki?" Il mutaforma cercò di toccargli il viso, lui lo scansò con violenza ritirandosi contro mla tastiera del letto.
"Calmo!" Esclamò Sleipnir scivolando in fondo al materasso, "Loki, stai calmo!"
"Che cosa ci fai nelle mie stanze?" Sibilò lui.
"Urlavi!" Si giustificò l'altro, "credevo che fosse entrato qualcuno, invece era un incubo... Sembravi aver bisogno di aiuto."
"Non ho bisogno di nessuno!" Ringhiò Loki in risposta, "e adesso vattene!"
Appoggiò la tempia contro la tastiera del letgo, aspettando che l'altro ubbidisse al suo ordine ma Sleipnir non si mosse.
"Sei ancora qui?"
"Vuoi parlarne?" Chiese gentilmente lui.
"Non c'è nulla di cui parlare!"
"Continuavi a chiamare il nome di Thor."
Loki trattenne il respiro, poi si voltò verso il suo compagno di fuga.
"È la verità!" Esclamò Sleipnir, "era lui che sognavi, non è vero?"
"No..."
Non era una bugia. Nel suo sogno vi era una fanciulla.
Con gli stessi splendidi occhi color cielo che aveva trovato su un solo viso in tutta la sua vita, vero, ma nulla di quel delirio riguardava Thor. Nulla.
Thor era ad Asgard con la sua vita da principe dorato.
Con le sue sfide da vincere. Le sue donne da montare. La sua gloria da ottenere.
Thor viveva ancora alla luce del sole e respirava l'aria di un'estate dorata che nulla aveva a che fare con la vita che aspettava lui. Thor era passato e, come tale, era alle sue spalle, ben nascosto dalla sua vista.
Se solo avesse avuto un ougnale abbastanza affilato con cui strapparsi il cuore e gettare alle sue spalle anche quello.
Sleipnir fece per alzarsi ma un pensiero improvviso lo trattenne e lo costrinse a guardare il principe oscuro del regno doratyo negli occhi, "Freya non ha mentito."
Loki si passò una mano tra i capelli: erano di nuovo lunghi. Thor non aveva voluto che li tagliasse più, dopo che avevano lasciato la Norvegia. Forse, avrebbe dovuto rimediare anche a quello.
"C'ero anche io, quando sei nato, sai?"
Ancora sciocchi romanticismi.
"Odino e Laufey ti hanno veramente messo al mondo insieme."
"Gran bella novità, Sleipnir!" Rispose sarcastico, "per un concepimento servono ancora due individui, lo sai?"
"Non mi riferivo a quello. Parlavo del modo in cui ti hanno amato in quei nove mesi, dell'adorazione con cui ti hanno stretto tra le braccia durante i tuoi primi istanti di vita."
"Eri con loro durante quei nove mesi?"
"Sì."
Loki lo fissò: non si aspettava una risposta simile.
"Non me lo hai mai detto."
Sleipnir scrollò le spalle, "non lo hai mai chiesto. In ogni caso, la penso come la regina: non è una storia che devo raccontarti io."
"Allora la lista dei testimoni si è esaurita."
"Loki..."
"Chi ti ha parlato di Svadilfari?" Domandò con voce incolore, "chi ti ha parlato del genitore che non hai mai conosciuto? Tuo padre? Lo Jotun da cui ho ereditato il nome?"
Sleipnir trattenne il fiato, poi prese un respiro profomdo, "no..." Ammise.
"Perchè?"
"Perchè gli faceva male ricordare."
Loki annuì con una smorfia, "sì, fa male ricordare di aver amato," commentò, "pensi che gli facesse male guardarti?"
"Non lo so."
"C'erano giorni in cui Odino non riusciva a guardarmi negli occhi," raccontò il principe alzandosi lentamente in piedi e portandosi davanti allo specchio, "quando ho scoperto la verità, mi sono guardato allo specchio e ho cercato di vedere quel che vedeva lui. Non l'ho sopportato."
"Se pensi che non riuscisse a guardarti perchè in te vedeva uno Jotun, ti sbagli di grosso."
"Oh, lo so," Loki gli rvolse uno di quei falsi sorrisi che tanto lo inquietavano, "non vedeva lo Jotun in me. Forse, alle volte, riusciva anche a dimenticare che lo fossi."
Una smorfia.
"Ma non poteva dimenticare di chi erano questi occhi verdi... No, non poteva..." Gli venne da ridere, "Laufey voleva uccidermi, invece sono stato la sua silenziosa maledizione per Odino per tutta la mia vita. Il re di Asgard non avrebbe mai pagato per i suoi crimini, non avrebbe mai rimediato ai suoi errori ma, fin tanto che i suoi occhi si sarebbero posati sul mio viso, non gli avrebbe mai dimenticati."


L'indomani, quando Sygin bussò alla loro porta, fu lui ad aprirle.
La cosa la fece irrigidire per un istante: non lo faceva mai, era sempre stato Sleipnir quello pronto a rivolgerle la parola. Suo malgrado, arrossì ma lui non disse nulla, si fece da parte e la lasciò entrare.
"Hai un messaggio da parte della regina?" Domandò senza guardarla, mentre tornava accanto al camino acceso.
Lei annuì, "mi ha detto che è in pena per la vostra conversazione dell'altra sera."
Loki la fissò, "ti ha parlato di quello che ci siamo detti?"
Sygin avrebbe voluto dirgli di non essere sciocco ma si sforzò di mantenere un tono rispettoso, "non è mia abitudine indagare le ragioni dietro ad un ordine della mia signora."
Lui sorrise, "questo significa due cose," commentò, "o che hai particolarmente rispetto per la persona della tua signora ed è una grande fortuna. Oppure, non sei abituata ad avere un pensiero critico, come la maggior parte delle giovani del tuo rango, dopotutto."
"Se volete che vi mostri il mio spirito critico, mio signore, non avete che da chiedere," rispose lei con una nota di arroganza che fece piegare all'insù gli angoli della bocca del principe.
"Non provi molta simpatia per me, vero?"
Sygin scrollò le spalle, "non è necessario per svolgere il mio lavoro."
"Ottima replica ma vorrei una risposta sincera, ora."
"No," ammise, infine, "non provo una grande simpatia per voi."
Loki ne sembrò divertito, "ora capisco perchè Freya ti ha affidato questo compito: non sei la tipicia fanciulla che perde tempo a cercare di conquistarsi l'attenzione di un giovane signore venuto da lontano."
"Non perdo tempo con gli uomini, mio signore."
Lui fu interessato da quella risposta. Si sedette sulla poltrona accanto al fuoco ed incrociò le gambe, "l'unica dama che ho conosciuto che mi ha dichiarato di non avere alcun interesse per gli uomini si è poi rivelata una povera disperata che non riusciva ad ottenere quello che voleva."
Pensò a Sif.
Pensò a quanto aveva voluto essere diversa da tutte le altre perchè Thor guardasse lei e solo lei.
Ci era riuscita. Probabilmente, era l'unica giovane donna di Asgard per cui suo fratello provava un affatto sincero ed un rispetto profondo ma lei aveva sempre desiderato un'altra cosa.
L'amore era un'altra cosa.
Anche Sygin era diversa, poteva dirlo con certezza, anche se le volte che si erano parlati poteva contarle sulla punta delle dita di una sola mano. Quello che lo incuriosiva era il motivo che la spingeva a comportarsi in quel modo.
Non stava cercando di attirare l'attenzione di nessuno.
Probabilmente, non aveva preteso nemmeno che Freya l'accogliesse sotto la sua ala protettrice.
Eppure, vedeva nei suoi occhi la disperata lotta di qualcuno che non vuole essere come tutti gli altri.
La capiva ma non intuiva le sue ragioni.
"Ho riferito il mio messaggio," disse lei, dopo un intero minuto di silenzio, "posso fare qualcosa per voi?"
"Mi annoio..."
"Volete che vi porti un libro, mio signore?"
Lui le sorrise sarcastico, "sei una dama, non sei capace d'intrattenere un uomo?"
Se si fosse trattata dell'ennesima ochetta da corte, non ci sarebbe stato alcun divertimento.
Ma l'orgoglio di quella giovane era tanto intatto che era impossibile resistere alla tentatzione di spezzarlo.
Lo stuzzicava l'idea di riuscire ad umiliare qualcuno che non fosse l'ennesimo sempliciotto di Asgard. Sarebbe stata un'ottima distrazione per mettere a tacere, almeno un poco, quel cuore furioso che galoppava nel suo petto e, pur sanguinando, si ostinava ancora a battere.
Aveva bisogno di sentirsi potente, Loki, anche nel modo più viscido ed insulso che conosceva.
Aveva bisogno di convincersi che quella fuga era stata per la libertà e non per la paura di perdere qualcosa che, in ogni caso, non era mai stata sua. 
Aveva bisogno di credere che era l'unico re di se stesso e che non era stato costretto ad amputare la parte migliore di sè a causa di qualcun altro. Di un padre bugiardo e codardo, di un'antica regina di cui non sapeva prevedere le mosse, di una creatura dall'odore di morte che non poteva combattere.
Sygin, però, ignorava tutto il caos che si portava dentro e, probabilmente, se ne fosse stata a conoscenza lo avrebbe deliberatamente calpestato. Non rispose alla sua provocazione.
Non gli diede nulla di quello che aveva bisogno di avere.
Se ne andò con lo sguardo alto, come se fosse un volgarissimo uomo di taverna dalla lingua troppo lunga, senza alcun potere, se non quello di creare magnifiche illusioni solo per se stesso.


Freya sorrise al giovane di fronte a lei, "non mi aspettavo una tua visita."
Sleipnir abbassò lo sguardo, "pensavo che fosse doveroso scusarsi per il comportamento di Loki dell'altra sera."
"Non sei responsabile per le sue azioni."
"Lo so ma qualcuno deve pur scusarsi e lui temo non lo farà."
Freya gli rivolse un sorriso materno, "non temere, non sono in collera con lui... Era un adolescente quando me lo hanno messo tra le mani chiedendomi di tirare fuori qualcosa di buono e non ha mai avutoun carattere facile. Ora, semplicemente, non ha più paura di dimostrarlo."
Sleipnir annuì, "vorrei solo che sapeste che... Non so cosa vi abbiano raccontato di quel che è accaduto a Loki negli ultimi anni ma posso rassicurarvi che non ha nessuna mira particolare nei confronti vostri o del vostro regno."
L'espressione della regina s'indurì appena, "se non ne fossi stata certa, lo avrei denunciato ad Odino il giorno stesso del vostro arrivo."
Sleipnir arrossì, "perdonatemi, mia signora, sono stato uno stolto a non pensarci."
Freya sospirò, "non crucciarti, vedo che la tua preoccupazione per la sua incolumità è sincera."
Il giovane mutaforma scrollò le spalle, "ho vissuto parte di quel che ha vissuto lui, alcune nostre ferite sono identiche. Solo, credo, che alcune delle sue siano più profonde delle mie."
"Ti riferisci ad Odino?" Domandò la regina invitandolo a sedersi di fronte a lei con un cenno della mano.
Sleipnir si accomodò, "mio zio non era tenuto a proteggermi," disse con un filo di vergogna, non per le azioni del re di Asgard ma per essere scappato via senza nemmeno una parola di gratitudine, "questo io non posso dimenticarlo."
"Pensi che Loki abbia dimenticato tutte le ragioni per cui dovrebbe amare suo padre?"
"No, mia regina. Penso che Odino sia stato molto più bravo a farsi odiare come padre che farsi amare, tutto qui. Forse non sarebbe cambiato nulla, non posso dirlo ma, spesso, anche oggi, trovo conforto nel sapere che sono nato da un atto d'amore... Anche se la mia vita non è addolcita da particolari affetti o arrichita da grandi gesta gloriose."
Freya sorrise, "tutti parlano del cavallo di Odino come il migliore di tutti i cavalli."
"Ma io sono molto più di quello," Sleipnir sorrise tristemente, "mi spiace solo che, aggrappandosi all'idea di fare il mio bene, mio zio non mi abbia permesso di sbocciare come uomo."
La regina lo guardò intenerita, "mi ricordi tuo padre, lo sai? Loki... Il primo Loki, il piccolo Jotun che Odino salvò sotto le mura di Utgard da fine certa."
Sleipnir arrossì ed accennò un sorriso, "ricordo mio padre come un ragazzo gracile, delicato quasi come una fanciulla... Mi hanno sempre che, oltre al suo talento, ho ereditato la forte struttura fisica di Svadilfari."
"Devo dar ragione a chiunque te lo abbia detto," Freya annuì, "ricordo poco del tuo secondo genitore ma aveva la prestanza fisica sufficiente a non sfigurare di fronte ad Odino... Nessuno di noi si stupiva che Loki avesse completamente perso la testa per lui."
"Lo zio non la pensava in questo modo..."
Freya sbuffò, "Odino è vissuto per anni nell'illusione che tuo padre, quello di Loki e la madre di Thor potessero essere suoi senza particolari controindicazioni... Temo che, succevvisamente, abbia fatto lo stesso sbaglio con i propri figli... Non ha saputo accettare che quei bambini fossero divenuti uomini capaci di contraddirlo e, in estremo, anche di ribellarsi alla sua volontà."
Sleipnir fissò il pavimento per alcuni istanti, "lo sta cercando anche qui, vero?"
Freya sospirò fissando il fuoco scoppiettante nel camino, "ti confesserò che non vedevo così tanti soldati Aesir nella mia terra dal tempo della guerra contro Jotunheim."
Il mutaforma s'irrigidì, "siamo in pericolo?"
La regina scosse la testa, "No. Odino è furbo ma è pur sempre un uomo. Le sue risorse sono finite, quelle di una donna non si possono elencare."
Sleipnir sorrise, "ora comprendo perchè il vostro popolo vi ama e gli altri sovrani vi rispettano. Persino Loki si fida di voi."
"No, Loki non si fida di nessuno."
"Mi piace credere che non sia così."
"Sei coraggioso a volerti conquistare la sua fiducia ma, credimi, potrà confessarti il peggiore dei suoi peccati ma non ti aprirà mai il suo cuore. Penso che, tra le poche persone che gli sono state vicine, solo Frigga sia riuscita a sfiorarlo."
Sleipnir si morse il labbro inferiore, "non avete fatto domande sul motivo della fuga di Loki."
"Ha scontato la sua pena, secondo la legge dei Nove..."
"Per quello che ha fatto su Midgard e Jotunheim, sì."
Freya lo fissò sospettosa, "sai qualcosa di cui io sono all'oscuro?"
Il mutaforma prese un respiro profondo e la guardò dritto negli occhi, "Loki dice che questa è una fuga per la libertà, per la verità. Eppure, è ancora incatenato ad Asgard e rifiuta ogni forma di verità."
La regina sembrò pensarci ma non aggiunse altro, era curiosa di sapere dove quel discorso sarebbe andato a parare.
"Mio zio potrebbe venire qui di persona... Siete vecchi amici, conoscete i suoi segreti e potrebbe rivelarvene ancora uno."
"Riguarda quella parte di storia con Laufey che nessuno di noi conosce?"
"No, riguarda Thor..."


[Asgard, secoli fa.]


In seguito, si amarono per molte notti.
Lo facevano tra le lenzuola del letto di Loki incuranti degli occhi curiosi che avrebbero potuto vedere Svadilfari lasciare le scuderie per recarsi nelle stanze del fratello Jotun del principe. In principio, Loki aveva temuto che Odino sapesse, ora non gliene importava più.
Amava Svadilfari.
Era il compagno che si era scelto per sè, come il principe dorato aveva scelto l'erede al trono dell'Eterno Inverno.
Non aveva bisogno di nascondersi, non voleva... Perchè, se lo avesse fatto, avrebbe significato che provava vergogna per quello splendido uomo che lo prendeva ogni notte con passione e devozione. Invece, a stento si tratteneva dal voler gridare a tutti i regni il caos che infuriava nel suo petto facendolo sentire vivo come non mai.
Tutti dovevano vederlo.
Tutti doveva sapere.
Quella splendida creatura era sua, l'aveva conquistata e se la sarebbe tenuta stretta a costo della sua stessa vita.
Tuttavia, nessuno aveva occhi per il piccolo cagnolino Jotun senza valore del principe e nessuno s'interessava a quali fossero le reali attività che svolgeva nel suo letto. Le dicerie erano molto più interessanti della semplice verità, così nessuno si disturbò ad indagare sul perchè Loki, il trovatello di Utgard, avesse preso a sorridere di più, a non seguire più Odino come un'ombra e a restare ore intere chiuso tra le quattro mura della sua camera da letto.
L'erotismo era qualcosa che Loki non aveva mai toccato con mano.
Ora, gli sembrava un potere senza lati oscuri che aveva sempre stetto in pugno.
Se aveva visto se stesso come un amante impacciato e riluttante,negli anni della sua solitudine, ora non lo ricordava più. Non c'era bisogno di aggrapparsi ad uno scomodo pudore senza fondamenta: l'unica cosa che chiedeva a Svadilfari era d'insegnargli a provare piacere ed il mutaforma era un ottimo maestro in materia.
Comprendeva, infine, tutto ciò che Laufey, anche col stretto legame che si era andato a creare tra loro, non poteva confidargli di Odino. Non gli aveva mai nascosto che la loro attività da amanti fosse sublime ma non gli aveva concesso nessuno dettaglio che potesse stuzzicare la sua fantasia.
All'inizio, aveva pensato che fosse per rispetto nei suoi confronti o per la sua ben nota natura introversa.
Ora, Loki comprendeva che sarebbe stato impossibile descrivere a parole cosa rendeva un amplesso perfetto.
Perchè, se avesse dovuto farlo, si sarebbe messo a delirare del modo delizioso in cui Svadilfari entrava in lui con dolcezza, per poi possederlo con passione impetuosa. Avrebbe dovuto parlare del modo perfetto in cui le loro dita si trovavano e s'intrecciavano. Avrebbe dovuto trovare una defizione per la sua espressione quando lo sentiva raggiungere il piacere dentro di lui.
Non era possibile fare nulla di tutto questo.
Gli sarebbe servito un linguaggio che nessun altro, a parte loro due, sarebbe stato in grado di comprendere.
Il bisogno d'amore e la fame di sesso, perchè di questo si trattava, coincidevano perfettamente in entrambi e questo permetteva loro di amarsi come mai avevano amato prima e come mai sarebbero riusciti ad amare poi.
Loki chiuse gli occhi beandosi del calore del corpo dell'amante premuto contro il suo.
Se si fosse allontanato troppo, sarebbe impazzito, ne era certo.
"Ancora..."
Era la terza volta che lo ripeteva.
Svadilfari rise contro la sua spalla, "devo cominciare a dubitare delle mie capacità di saziarti?" Domandò sollevandosi sui gomiti.
Loki piegò le gambe in modo che la pelle morbida delle sue cosce accarezzasse i fianchi di lui, "sei un illuso, se speri di potermi saziare," replicò con una malizia di cui, pochi giorni prima, non si sarebbe mai creduto capace.
"Posso rilassarmi dunque. Non devo più temere che questo tuo desiderio sia un fuoco che si consuma in fretta, come molte passioni."
Loki si rilassò contro i cuscini: la voglia di fare l'amore ancora una volta sfumò sotto il peso di quel dubbio insensato. "Ti amo," dichiarò, "non può passarmi, non passerà mai."
Svadilfari gli sorrise, "è la prima volta che assaggi la passione sulle tue labbra, come puoi saperla distinguere dal vero amore?"
"Tu mi ami?
Nemmeno parlare in modo così diretto era mai stato da lui, prima di allora.
"Con tutto me stesso," confessò Svadilfari senza esitazioni.
"Come fai a sapere che è vero amore?" Loki gli riconsegnò il dubbio. "Sono un giovane senza esperienze precedenti a te, ti ho dato la possibilità di giocare con me, come nessun amante consapevole del fatto suo avrebbe mai fatto. Come faccio ad essere certo che anche il tuo è vero amore e non una passione folgorante per una creatura vergine e maledetta?"
Svadilfari sorrise e lo baciò, "se per maledetta intendi che mi hai stregato l'anima..."
"Non voglio stregarti," Loki gli prese il viso tra le mani, "voglio farti mio, voglio conquistarti."
"Queste lenzuola umide del nostro amore non sono, forse, il campo di battaglia su cui hai trionfato, mio principe?"
"Non sono un principe."
"Possiedi la mia anima, non trovo un altro nome con cui chiamarti."
"Chiamami amore," mormorò Loki contro la sua bocca, "se mi ami, chiamami amore."
E Svadilfari lo fece.
E continuo a farlo fino a che i loro corpi non riuscirono più a reggere la passione e caddero addormentati l'uno tra le braccia dell'altro.


[Vananheim, oggi.]


Loki si era assopito contro i cuscini del suo letto, un libro aperto in grembo, quando Freya irruppe nella stanza sbattendo la porta.
"Mia regina, vi prego."
Udì la voce di Sleipnir per prima cosa. Solo dopo, vide l'espressione esterrefatta di lei, mentre lo fissava dall'alto al basso.
Il principe non comprese. Guardò il suo compagno di viaggio ma il giovane mutaforma stava evitando il suo sguardo di proposito.
"Che cosa hai fatto?" Mormorò Freya come se non avesse abbastanza fiato per parlare, eppure il suo petto si alzava ed abbassava regolarmente.
"Non credo di comprendere," rispose lui con tono incolore.
"Sei venuto da me chiedendo riparo," disse lei con voce tremante, "sei venuto da me con una verità terribile ad opprimere il tuo cuore ed una incerta volontà nel voler dissipare le ombre gettate sulla tua nascita per sempre."
"È così..."
La regina si avvicinò e gli tirò uno schiaffo.
Sleipnir trasalì.
"Odino non ti cerca per un suo capriccio," sibilò, "manipolazione della mente, stupro..."
Loki sgranò gli occhi e fissò il mutaforma rimasto sulla porta, "che cosa le hai raccontato?"
Sleipnir scosse la testa.
Il principe si alzò in piedi con fare minaccioso, "che cosa le hai raccontato, bastardo?!"
"La verità!" Rispose Freya.
"Allora non dovete averlo ascoltato attentamente, mia regina, perchè nessuna delle accuse per cui mi puntate il dito contro è opera mia!" Esclamò Loki con rabbia, "che cosa vi ha detto questo sempliciotto di un mutaforma? Eh?!" Guardò Sleipnir, "le hai raccontato la mia confessione o ti sei limitato a ripetere la versione che preferisce il tuo adorato re?!"
"Io non ho mai parlato di stupro,"si giustificò Sleipnir con voce flebile, "le ho parlato di Thor... Di te... Del fatto che sarebbe dovuto venire con noi ma, quando sei venuto a prendermi, non era con te."
"Perchè l'incantesimo di manipolazione di cui era prigioniero era svanito, non è così?" Ipotizzò Freya con disgusto.
Loki la fissò, poi scoppiò a ridere... Una risata crudele ed isterica.
"E questa, dunque? È questa l'immagine che le persone che mi hanno visto crescere hanno di me?"
La regina non sembrò impietosirsi affatto, "che cosa hai fatto, Loki?"
"Ho compromesso il principe dorato di Asgard!" Confessò urlando, "ho macchiato mio fratello. L'ho rovinato. Non ha importanza con quanta forza Odino proverà a lucidare l'immagine del suo erede, Thor non risplenderà mai più come prima."
Freya sgranò gli occhi ancor di più, se possibile, "è la verità?" Non voleva crederci. 
Il viso di Loki si contorse e quel che ne venne fuori fu l'espressione disperata che aveva visto tante volte durante gli anni della sua acolescenza, quando era stato suo allievo. D'un tratto, il principe oscuro cresciuto all'ombra del trono dorato, non fu altro che un bambino ferito.
"No," scosse la testa e cominciò a piangere, "la verità è che ho fatto l'amore con Thor... Ho fatto l'amore con lui sia come Aesir che come Jotun. Ci ho fatto l'amore con nessun altro desiderio che non fosse sentirlo mio... Renderlo mio ma non in un'illusione, non con la forza di fredde catene ma per sua concessione!"
Tiro su col naso.
"Ho commesso un crimine d'incesto," confessò senza vergogna, "un incesto che Thor crede solo apparente perchè, a differenza mia, non sa che siamo stati concepiti dallo stesso seme. Nel profondo, temo che ciò che l'abbia definitivamente spinto ad abbandonarsi tra le mia braccia fosse proprio la consapevolezza che, in fin dei conti, non ci scorreva nelle vene lo stesso sangue."
C'era più forza negli occhi lucidi di Loki in quel momento, di quanta ce ne fosse nelle iridi gelide del ragazzino che Freya aveva conosciuto.
"Ho fatto di Thor il mio amante, il mio compagno... Ho fatto di Thor tutto quello che una persona può essere per un'altra, nel bene o nel male. Sì, sono colpevole, ma non del legame che ha preso vita tra di noi... Sono colpevole del cuore rotto che ora batte nel suo petto. Non cerco assoluzione. Ti basti sapere che è un prezzo che abbiamo pagato entrambi ma era necessario perchè Thor fosse libero dall'incantesimo che imprigionava la sua mente e da tante altre cose... Compreso me."
Freya si premette una mano contro la bocca.
"Questa è la mia confessione, mia regina. Quando mi denuncerete ad Odino, vi chiedo solo di condividerla con lui... Dalla mia bocca non avrebbe alcun valore."
Loki guardò Sleipnir ma non c'era più rabbia nei suoi occhi.
"Gli hai detto la verità per paura che Odino le raccontasse la sua versione e decidesse che era una buona ragione per tradirci."
Il mutaforma annuì.
Il principe sorrise, "comico, no? Le hai raccontato la storia di due fratelli divenuti amanti e lei, come il nostro re, ne ha sentita una su di un mostro ed un pricipe buono e valoroso corrotto dalla sua oscurità."
Freya singhiozzò consapevole di non poter porre rimedio a quell'errore.
"È buffo, no?" Il viso di Loki era di un dolcezza orribile, come quella di un condannato a morte che accetta la sua fine serenamente, "un grande re distrugge un popolo e diviene un eroe. Un principe disprezzato compie lo stesso gesto e diviene un criminale. Quello stesso principe, forse, si è innamorato della sola persona che non avrebbe mai potuto avere e, nel momento in cui questa gli concede il suo cuore e lo rende vivo, umano... Ecco, è allora che gli occhi di tutti lo vedono come un mostro."
Un fulmine squarciò il cielo e Loki si voltò verso le alte finestre della stanza appena in tempo per vedere le prime gocce di pioggia solcarne il vetro.
"È una condanna senza appello," mormorò distrattamente, "ma non temete, mia regina, ben presto quel principe diverrà il mostro che tutti voi fremete per conoscere. Poichè non pssiede più nulla che lo renda umano."


[Asgard, secoli fa.]


Odino se ne accorse, sarebbe stato impossibile non notarlo.
Eppure, non una parola uscì dalle sue labbra.
Il principe dorato non avrebbe saputo cosa dire.
Passò i giorni in silenzio ad osservare un cambiamento che la sua mente non aveva mai considerato possibile. Cominciò a voltarsi e a non trovare Loki alle sue spalle. Prese a cercare il suo viso tra i membri della corte senza trovarlo. Non aveva mai avuto bisogno di farlo prima.
Loki non era mai stato troppo lontano da non poter essere toccato con una mano.
Ora, capitava che si coricasse pensando che, quel giorno, non aveva visto suo fratello neanche una volta. 
Qualcosa era cambiato.
Qualcosa stava ancora cambiando.
Laufey aveva le risposte che lui desiderava ma che non aveva il coraggio di conoscere, ne era certo. Era impossibile che non avesse notato quello che stava accadendo intorno a loro, eppure non mostrava nemmeno la metà della curiosità che aveva lui. Persino Frigga doveva vantare delle informazioni a riguardo.
Lo vedeva. Lo capiva.
Eppure, Odino non si azzardava a chiedere, a parlare.
Restava in disparte, all'ombra di una luce nuova, appena nata.
La luce riflessa negli occhi scuri di Loki, così intensa da farli sembrare due stelle.
Non ceracava più il suo sorriso, il suo fratellino.
Non correva più da lui per qualche semplice rassicurazione.
Non sedeva più sotto la sua ala protettrice perchè, per un motivo che non riusciva a comprendere, Loki non aveva più bisogno di essere protetto, come non aveva più bisogno di lui.
Alla fine di una stagione calda senza eventi particolari, mentre la natura di Asgard moriva sotto il freddo mantello di un inverno imminente, qualcosa di nuovo sbocciava all'interno del palazzo dorato. Lo faceva con discrezione, quasi timidamente ma, dal modo in cui Loki aveva imparato a sorridere, sapeva che, alla fine, ne sarebbe uscito un fiore meraviglioso.
Peccato che quel fiore non sarebbe stato mai più suo.







  
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