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Autore: RoseScorpius    09/04/2014    28 recensioni
"Draco Malfoy, nonostante avesse quarant'anni suonati e fosse indubitabilmente un Purosangue ossigenato, non era poi così male. Insomma, per essere un noiosissimo adulto che aveva sposato mia madre, avrebbe potuto andargli peggio.
Almeno, questo era quello che pensavo da quando era entrato a far parte ufficialmente della mia incasinatissima famiglia. Pensavo, in effetti, che Draco Malfoy fosse l'ultima persona sulla faccia della terra a cui sarebbe venuto in mente di farmi quel discorso. Così come, d'altronde, pensavo che tra me e Scorpius non ci sarebbero più stati malintesi e che a Hogwarts non sarebbe mai successo nulla di più pericoloso di una lezione del professor Rüf.
Me illusa.
È scientificamente provato che a Hogwarts deve per forza succedere qualcosa di oscuro e misterioso, almeno una volta ogni cinque anni. Quanto al discorso... sì, beh, quello magari si sarebbe potuto evitare..."
SEQUEL DI "PERCHE' SUL CAMPANELLO DI CASA MIA C'E' SCRITTO WEASLEY-MALFOY?!"
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, James Sirius/Dominique, Rose/Scorpius
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Triangolo | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita è un biscotto ma se piove si scioglie'
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Questo capitolo non è stato betato da Zuzallove perché Zuz non mi caga. Feeling abandoned ç_ç
Per il resto, tenete acceso il radar per gli indizi, seguite i ragni o come vi pare. *Mette su un'aria da James Bond* Ora si comincia a fare sul serio.


 

Capitolo 10
Di Quidditch, Quabbish e partite perse in partenza


Comincio a capire perché Al si sente in dovere di andarsene in giro ad organizzare gli altrui matrimoni. Da un lato è preoccupante che anche io mi stia trasformando in un'agenzia matrimoniale – principalmente perché, se penso così tanto alle altrui vite sentimentali, significa che la mia sta andando a quel paese – ma d'altro canto, in effetti, è ancora più preoccupante che al mondo esistano persone così palesemente cotte una dell'altra che non sono mai riuscite a chiarirsi.
Non credo che dovrei avere voce in capitolo, visti i miei tragicomici antecedenti con Scorpius, però è innegabile che certe coppie, a volte, abbiano bisogno di una spintarella. O proprio di un bel calcio nel sedere. Prendete James e Dominique, per esempio: non c'è verso che riescano a combinare qualcosa prima della prossima era glaciale, lasciati a se stessi. E non sono nemmeno gli unici. So che Albus mi ucciderebbe se mai lo venisse a sapere, ma sto cominciando a convincermi che anche la tensione sessuale irrisolta tra lui e Calvin abbia bisogno di un piccolo aiuto dall'esterno.
Non ho ancora ben capito se a mio cugino piacciano i maschi, o se sappia che gli piacciono, ma una cosa mi è ben chiara: nessun crimine resta impunito, tantomeno quelli della mia agenzia matrimoniale.


 
***


Dopo l'incidente con l'Idra, la prognosi per Carly Alcott furono tre sconfortanti settimane di riposo, il che naturalmente includeva il categorico divieto di giocare la prossima partita di campionato, che si sarebbe tenuta tra due settimane. La qual cosa, a sua volta, significava con matematica certezza che Serpeverde ci avrebbe ridotti a polpette. Da cui era anche logico aspettarsi che James avrebbe dato di matto, come in effetti fece, e in modo parecchio plateale.
La mattina dopo l'incidente ebbi appena il tempo di mettere piede in Sala Grande prima che James mi agguantasse per un braccio e mi trascinasse in infermeria, imprecando in modo così sentito che Pix, al nostro passaggio, si tolse il cappello con aria ammirata.
« A una settimana dalla partita più importante del campionato! » ringhiò, lanciando uno Schiantesimo al gradino evanescente quando dimenticò di saltarlo e ci finì impantanato dentro.
Sospirai e lo aiutai a liberare il piede.
« Lo so, è una congiura. Ci mancava solo questa, dopo il Cercatore più inetto degli ultimi tre secoli ».
« Non mi parlare di quell'individuo, ti prego » ringhiò James. « Ogni volta che lo vedo mi chiedo perché non l'ho ancora ucciso ».
In effetti, ce lo chiedevamo un po' tutti. Soprattutto, ci eravamo spesso chiesti come accidenti avesse fatto ad entrare in squadra. Lo avremmo sbattuto fuori senza il minimo rimpianto, dopo il primo allenamento, ma poi avremmo dovuto portare sulla coscienza il peso del suo suicidio e dell'odio imperituro di Carly. Austin Alcott voleva piuttosto bene ed era un fan sfegatato del Quidditch – a livelli di fissazione maniacale che nemmeno James era mai riuscito a raggiungere – ragion per cui ai provini ci eravamo ingenuamente convinti che fosse un buon acquisto per la squadra; il lato negativo era che durante le partite era troppo impegnato a seguire il gioco per ricordarsi di cercare il Boccino. Nella partita contro Tassorosso lo aveva catturato per puro caso, solo per toglierselo da davanti agli occhi mentre cercava di seguire i movimenti della Pluffa. Per quanto ci avessimo provato, non eravamo ancora riusciti a fargli capire di quale palla si dovesse preoccupare.
« Credi che abbiamo qualche speranza di sbattere Austin fuori dalla squadra, ora che Carly è in infermeria? » chiese James, speranzoso.
« Se anche fosse, sarà già un'impresa trovare un sostituto Cacciatore » risposi cupamente. « Non faremmo mai in tempo a rimpiazzare due giocatori ».
James espresse tutto il proprio disappunto con un grugnito gutturale.
« Al diavolo, l'Idra non poteva azzannare Severus? »
In effetti, quella non sarebbe stata una cattiva idea. Niente di personale – volevo bene ad Albus, quando non mi assillava con i suoi progetti matrimoniali e/o con le sue fissazioni complottiste alla zio Harry – ma si trattava di Quidditch. E, nella scala gerarchica delle priorità del Quidditch, l'integrità fisica dei propri cari stava una decina di posizioni più in basso rispetto alla conquista del Boccino.
Ci fermammo davanti alla porta chiusa dell'infermeria e lanciai un'occhiata dubbiosa a James.
« Quindi ora cosa facciamo? » chiesi.
Per un attimo James parve dubbioso quanto me, ma poi sollevò il mento e dichiarò: « Lascia fare a me » con l'aria di chi si accinge a sconfiggere la fame nel mondo.
Evitai di fargli notare che di solito non era neanche capace di scriversi i temi di Trasfigurazione da solo.
« Bene » disse James, preparandosi ad aprire la porta come se dietro ci fosse un branco di Schiopodi Sparacoda pronti a lanciarsi alla carica, ed impugnò saldamente la bacchetta.
James aveva sempre avuto una radicata fobia degli ospedali, supponevo perché da bambino era troppo stupido per non mettere le mani su tutto quanto di più pericoloso ci fosse in giro per la casa, ed aveva passato una buona metà della propria infanzia al San Mungo. La sua fobia, poi, era peggiorata fino a rasentare i limiti della paranoia dopo che si era rotto il piede, al terzo anno. Non sapevo cosa gli avessero fatto al San Mungo (probabilmente solo una ramanzina con i fiocchi perché era un idiota sconsiderato), ma da quel momento James si era convinto che le infermiere erano delle megere malevole, mentre nelle sua visione del mondo i medici rasentavano la definizione canonica del male assoluto. L'ultima volta che si era fatto male sul serio giocando a Quidditch aveva tentato di fuggire nella Foresta Proibita con una spalla lussata pur di non venir portato in infermeria.
« Allora? » lo incitai, quando starsene impalati davanti alla porta chiusa dell'infermeria, sotto gli sguardi perplessi degli studenti di passaggio, cominciò ad essere piuttosto imbarazzante.
James annuì e prese un profondo respiro. Poi, con un orrendo accento americano che doveva aver sentito in qualche film Babbano, aggiunse: « Andiamo a riprenderci quello che ci spetta ».
Prima che potesse venirmi in mente di dirgli che, no, forse fare irruzione in infermeria come facevano i poliziotti Babbani alla tivù non era una grande idea, James aveva già spalancato la porta con un incantesimo e si stava facendo strada tra i letti camminando di fianco e tenendo la bacchetta sollevata davanti al volto con entrambe le mani, come si trattasse di una pistola.
« Nessuno si muova! » abbaiò, facendo sobbalzare i due Corvonero del secondo anno che lo fissavano con gli occhi sgranati dai propri letti. « Siamo qui per recuperare un ostaggio » aggiunse, accostandosi con circospezione alla tendina tirata di un letto e poi aprendola con uno strattone.
Naturalmente, la tenda gli rimase in mano e la ragazza con delle orrende pustole verdi che ci stava dietro (e che non assomigliava nemmeno lontanamente a Carly) lanciò un grido terrorizzato.
« Oh, uhm... non tu... » borbottò James, restituendole la tenda strappata con aria schifata. Poi si voltò verso i due Corvonero ed abbaiò: « Dov'è l'infermiera? »
« Potter! Cosa credi di fare?! »
James si voltò di scatto e urlò: « Mani in alto! »
Gli ci vollero un paio di secondi per realizzare che ad urlare il suo nome era stata proprio l'infermiera, Miss Hudson, che ora lo stava fissando con un'espressione di puro terrore dipinta sul volto.
« P-Potter... » balbettò.
« Oh, è lei... » constatò James, abbassando la bacchetta. Si schiarì la gola, mi lanciò un veloce sguardo come a dire “guarda e impara” e quindi declamò: « Miss Hudson! In quanto Capitano della Squadra di Grifondoro, che lei sta deliberatamente sabotando, esigo che la mia giocatrice Carly Alcott sia dimessa al più prest... »
A quella parole, Miss Hudson sembrò tranquillizzarsi un po'. Sospirò e si asciugò la fronte sudata con il grembiule.
« Oh, allora si tratta di Quidditch » disse, sollevata.
« Certo che si tratta di Quidditch! » esclamò James, incredulo. « Le pare che sarei venuto in questo luogo infernale per qualcosa di meno importante? »
Miss Hudson alzò gli occhi al cielo.
« La McGranitt mi aveva detto che sarebbe successo. Non posso dimettere a signorina Alcott, Potter. È stata ferita gravemente ad una gamba e per guarire correttamente... »
« A me non interessa che la sua gamba guarisca! » sbottò James, oltraggiato. « Non le servono le gambe per giocare a Quidditch! Alla peggio la inchiodiamo alla scopa con un incantesimo di Adesione Permanente! »
Immagino non ci sia bisogno di dire che dopo quella brillante uscita fummo sbattuti fuori senza tante cerimonie.


 
***


« Io odio quella donna » grugnì James qualche giorno più tardi, ai provini per rimpiazzare Carly.
Eravamo seduti sugli spalti del campo di Quidditch, mentre sotto di noi una piccola folla di candidati si preparava alla selezione.
« Quindi? » chiesi, lanciando uno sguardo eloquente alla pergamena srotolata sulle mie ginocchia. « Hai intenzione di provarli tutti o possiamo escludere Sarah Varley a priori? »
Ci voltammo entrambi a guardare la ragazza del terzo anno con le dita palmate e una maglietta rossa su cui era scritto a grandi lettere verdi “Diverso è Meglio”. Al momento, la suddetta stava avendo dei problemi non indifferenti nello staccare le mani a ventosa dal braccio di una Meredith Bulstrode più che mai schifata.
« Non che non sia per la parità dei diritti nello sport » aggiunsi, ironica. « Ma non credo che le mani attaccatutto di Sarah Varley ci faranno vincere la partita contro Serpeverde ».
James ci pensò per qualche istante, grattandosi i capelli in quello stile Potteriano a metà tra lo scimmiesco e l'incasinato, poi annuì.
« Hai ragione, spuntala dalla lista prima che si appiccichi alla Pluffa e nessuno riesca più a staccargliela di dosso ».
Estrassi la bacchetta dalla tasca della divisa e feci come mi aveva detto.
« Andrà dalla McGranitt ad accusarci di razzismo in ogni caso » dissi. « Ma cerca di scaricarla in modo carino ».
Non che me ne importasse qualcosa – non conoscevo nessuno che Sarah Varley non avesse accusato di razzismo almeno una volta, inclusi Hagrid ed il professor Paciock – ma avrei preferito evitare che la Sala Comune di Grifondoro venisse tappezzata di volantini che inneggiavano al razzismo contro di me. Sarah Varley aveva un'idea del tutto particolare del fare propaganda contro il razzismo, a metà tra la persecuzione religiosa e la filosofia di vita dei Mangiamorte. Non a caso, l'unico risultato apparente dei suoi sforzi era che metà della scuola la evitava come la Spruzzolosi e l'altra metà la odiava a morte.
Scossi la testa e tornai a scrutare la pergamena con aria torva: gli iscritti al provino per rimpiazzare Carly erano una trentina, il che con ogni probabilità non significava che tra di loro ci fosse un Cacciatore vagamente decente, ma di sicuro garantiva che avremmo passato un pomeriggio orribile a selezionarli. Io in primis, in quanto attualmente mestruata, nonché (tristemente) portiere della squadra, ovvero giocatore rigorosamente più bersagliato e odiato durante qualsivoglia provino.
James controllò l'orologio, quindi si alzò, imbraccio la scopa e mi fece cenno di seguirlo.
« Meglio cominciare presto » suggerì.
« Mpf ».
Incantai la pergamena perché continuasse a prendere appunti in mia assenza (o almeno mi convinsi di averlo fatto, anche se qualche minuto più tardi mi parve di vedere la penna svolazzare allegramente in giro e disegnare graffiti sui sedili) e seguii mio cugino verso il campo, trascinandomi dietro scopa e guanti da portiere.
« Quanto odio i provini » grugnii, lanciando occhiate di odio profondo al branco di mocciosi inetti che presto mi avrebbero bombardata di Pluffe.
Ogni anno, c'era sempre qualche imbecille che tentava la strategia del “ehi, guarda là!” subito prima di tirare la Pluffa (generalmente centrandomi in faccia con invidiabile maestria e non riuscendo comunque a segnare). All'inizio di quell'anno un idiota del quarto anno aveva addirittura tentato di pagarmi in Cioccorane perché non gli pagassi i tiri. Per sua sfortuna, mi trovavo in quell'oscuro periodo iniziale di ogni relazione, in cui si è sempre pieni di buoni propositi di farsi la ceretta ogni due settimane e smettere di mangiare schifezze, quindi non gli era andata molto bene. E con ciò intendo che, sì, potevo avergli tirato dietro le Cioccorane augurandogli di morire solo ed obeso.
Per non parlare del fatto che, a provino finito, chiunque non fosse entrato in squadra riteneva di doversi vendicare sul portiere con vari atti di terrorismo psicologico (e talvolta anche fisico, ma per fortuna mi era capitato solo una volta di venir bersagliata da un attacco di Caccabombe nella Sala d'Ingresso. Al portiere di Serpeverde era andata molto peggio, quando Vincent Goyle era stato escluso dalla squadra). La cosa peggiore erano le scenate di isteria mista a pianto in Sala Comune, durante le quali il tredicenne brufoloso di turno enumerava i vari motivi per cui non era possibile che i tutti suoi tiri fossero stati parati quando quell'idiota di Goldstein aveva segnato ben otto goal. Naturalmente, l'idea che la colpa potesse non essere del portiere non sfiorava mai nessuno.
James ed io ci fermammo sotto agli anelli, dove nel frattempo si era raccolto il resto della squadra. Meredith, che aveva metà della divisa imbrattata dal muco delle mani di Sarah Varley, era impegnata a battersi la mazza su una mano con un'espressione che trovai sinceramente terrificante. Al suo fianco mio cugino Fred sembrava altrettanto furibondo, per motivi a me ignoti. In ogni caso, nessuno dei due sembrava intenzionato ad andarci leggero con i Bolidi.
Sorrisi sotto i baffi, per nulla dispiaciuta all'idea che nell'universo ci fosse un po' di giustizia: avevo la netta impressione che quella sera qualcuno dei candidati sarebbe tornato al castello caricato sopra una barella. In effetti, speravo con tutta me stessa che l'idiota delle Caccabombe fosse tra loro. Non era molto etico, magari, ma che senso avrebbe avuto tenere in squadra i due Battitori migliori della scuola, se non si poteva godere di quelle piccole soddisfazioni?
« Ci siamo tutti? » chiese James, contando i giocatori.
« Manca ancora Goldstein » rispose Austin Alcott, ricevendo in risposta uno sguardo assassino.
« Ti ho già detto che non mi devi parlare a meno che tu non abbia un Boccino in mano e la prova scritta che sei diventato un Cercatore decente » sibilò James.
Austin incurvò le spalle e incrociò le braccia al petto, offeso.
« Ma te l'ho detto, non è stata colpa mia se ho perso il boccino all'allenamento di ieri sera. Stavo solo dicendo a Rose che avrebbe dovuto lanciare la Pluffa a... »
James lo mise a tacere con un gesto sdegnoso. In effetti, potevo capire che l'avesse presa piuttosto male, visto che gli era toccato setacciare i terreni della scuola fino alle due di notte per ripescare il Boccino disperso.
« Non una parola di più, Austin. Abbiamo un sacco di candidati che sarebbero ben felici di entrare in squadra come Cercatori: non mi tentare ».
Austin aprì la bocca per replicare, ma qualcosa nello sguardo di James (probabilmente quel barlume di follia assassina che lo animava quando si parlava di Quidditch, ed in particolare di Austin e di Quidditch nella stessa frase) lo convinse a tacere. Austin sbuffò e si allontanò dal resto della squadra di qualche passo, continuando a borbottare tra sé e sé gli innumerevoli motivi per cui aveva ritenuto indispensabile lasciar perdere il Boccino e dare consigli tattici alla squadra.
« Dov'è Goldstein, comunque? » chiese James, lanciando uno sguardo sconfortato in direzione di Austin e dei candidati. « E qualcuno dovrà dire a Sarah Varley di tornare al castello » aggiunse.
« Lo faccio io » si offrì Meredith, roteando la mazza con aria per nulla amichevole. « Posso mandarla a cagare, se si rifiuta? »
James considerò a proposta per alcuni istanti. Alla fine dovette decidere che comunque fosse era meglio che dover affrontare la Varley di persona, perché disse: « D'accordo, ma se la McGranitt te lo chiede io non ti ho dato il permesso di farlo ».
« Se la McGranitt lo chiede io non l'ho fatto » lo corresse Meredith, prima di avviarsi a passi pesanti verso l'attivista dalle dita palmate.
Fred emise un fischio ammirato e sussurrò: « Ricordatemi di non farla mai arrabbiare ».
« Scommetto due Falci che entro trenta secondi la Varley comincerà a lanciarle dietro Maledizioni Senza Perdono » risposi, appoggiandomi alla scopa per godermi lo spettacolo.
« Tre Falci, venti secondi » rilanciò Fred.
James fece per unirsi alla scommessa, ma in quel momento fummo interrotti da Andrew Goldstein, che ci raggiunse mano nella mano con Domi.
« Ehi, ragazzi, scusate per il ritardo ».
« Tranquillo, non abbiamo ancora inizia... » cominciai a dire, ma fui interrotta dalla risposta ben meno gentile di James.
« Sì, beh, la prossima volta vedi di essere puntuale o ti sbatto fuori ».
Mi voltai verso mio cugino, scandalizzata. Un conto era il ben risaputo fatto che James desiderasse la morte di Austin Alcott più di ogni altra cosa al mondo, ma non lo avevo mai visto trattare così male un giocatore decente.
« Ciao, Rose » mi salutò Domi.
Oh, giusto, Domi...
Feci correre uno sguardo dalle dita intrecciate di Domi e Andrew all'espressione omicida di James, e di colpo tutto ebbe un senso. Perlomeno, tutto a parte il fatto che fossero palesemente cotti uno dell'altra e che non fossero nemmeno in grado di parlarsi come due persone normali.
« Ehi, Domi... » la salutai, cauta.
Ultimamente, le poche volte in cui le parlavo, avevo l'impressione di rivolgermi ad un vaso di vetro estremamente fragile che avrebbe potuto cadere a terra e andare in frantumi al primo spiffero di vento, o alla prima parola sbagliata. Il fatto che ormai le sue gambe fossero quasi scomparse non faceva che aggiungere vividezza a quell'immagine.
Come ogni volta che la incrociavo di sfuggita nei corridoi o la vedevo china sui libri in un angolo della Sala Comune, fui sommersa dai sensi di colpa per tutte le volte che mi ero ripromessa di smettere di pensare solo ai miei drammi adolescenziali e passare più tempo con lei.
« Come va? » aggiunsi, tanto per fare conversazione.
« Tutto bene » rispose Domi, stampandosi sul volto un sorriso falso come l'oro di Lepricano. « Non sono venuta per i provini » precisò, evitando accuratamente di guardare nella direzione di James. « Stavo solo accompagnando Andrew... »
« Lo so » disse James, scoccando un'occhiata malevola a quest'ultimo.
« Giusto ».
Domi alzò gli occhi su di lui per un istante, poi tornò a studiare con interesse l'erba del campo da Quidditch.
« Fai schifo a Quidditch » aggiunse James, e per la prima volta da quando i due si erano uniti al gruppo il suo sguardo si spostò a Andrew a Domi ed il suo volto fu rischiarato da un sorriso vagamente divertito. E dolce, per la miseria, così disgustosamente dolce che mi chiesi come accidenti avessi fatto a non accorgermi di loro due per tutti quegli anni.
Ma come sempre Domi era troppo impegnata a fingere di ignorarlo per accorgersi del modo in cui gli occhi di James si accendevano ogni volta che la guardava.
« Già, grazie per avermelo ricordato » borbottò, irritata.
Assistetti con orrore ed incredulità mentre l'espressione di James si trasformava in una smorfia scontenta giusto in tempo perché Domi la vedesse, quando rialzò lo sguardo, e si convincesse che lui la stava davvero prendendo in giro.
Diavolo, è mai possibile che non riescano a capirsi nemmeno per sbaglio?
« Ora dovrei andare » concluse Domi. « Buon allenamento ».
Ma anche io e Scorpius sembriamo così stupidi visti dell'esterno? – mi chiesi.
Evitai di andare a sotterrarmi da qualche parte solo perché James sembrava seriamente intenzionato a picchiare Andrew con il manico della scopa, ora che Domi se n'era andata, e mi sentivo in dovere di proteggere i nostri unici Cacciatori superstiti da loro stessi.
« Allora! » esclamai, facendo del mio meglio per sembrare entusiasta alla prospettiva di un pomeriggio buttato alle ortiche. « Iniziamo? »


 
***


Il provino fu qualcosa di così orrendo da rasentare il livello di una doppia ora di Trasfigurazione con Ferguson, se non per il fatto che al posto di due ore ne durò quattro. Quando anche l'ultimo candidato se ne fu andato erano le sette e mezza, piovevano gatti, cani ed elefanti indiani1 e probabilmente mi ero appena presa una broncopolmonite. Oh, e ovviamente James era stato incazzoso per tutto il tempo e non si era deciso a prendere in squadra nessuno, con il risultato che, a otto giorni dalla partita, ci trovavamo punto e accapo con un Cacciatore in meno e nessuna speranza di battere Serpeverde.
Inclinai il manico verso il basso ed atterrai sul terreno costellato di pozzanghere, imprecando.
« Potter, accidenti a te! » sbottò Meredith, atterrando al mio fianco con un tonfo. « Ho capito che facevano uno più schifo dell'altro, ma non possiamo giocare in sei! Non possiamo prenderne uno a caso e tenerlo in campo tanto per fare numero? »
Per tutta risposta James, che stava prendendo a calci la Pluffa all'altra estremità del campo, urlò che Merlino era un maiale e se ne andò negli spogliatoi senza rilasciare ulteriori dichiarazioni. Supposi che significasse “no”.
Meredith tirò una mazzata nel vuoto, mancando il naso di Andrew per pochi centimetri, e sbuffò: « Perfetto, siamo fottuti ».
« Già » concordai con voce cupa.


 
***


« Siete fottuti proprio » infierì Albus il giorno dopo, senza impegnarsi minimamente per nascondere la propria soddisfazione.
La lezione di Difesa Contro le Arti Oscure stava per cominciare ed Albus aveva graziosamente pensato di venirsi a sedere accanto a me sfoggiando quella faccetta da culo che solo i veri Serpeverde sapevano fare. Da quando la notizia di Carly si era sparsa per la scuola, Albus aveva immediatamente smesso di tenermi il muso per la faccenda di Scorpius e non perdeva occasione per ronzarmi attorno e ricordarmi della partita imminente.
Gli scoccai un'occhiataccia e sibilai: « Ti auguro sinceramente di crepare, Albus Severus ».
« Credo che perdereste comunque, sai » rispose lui, rivolgendomi un ghigno canzonatorio.
Alzai gli occhi al cielo, soffocando un paio di risposte non troppo lusinghiere.
Godric, se ci sei, batti un colpo. Forte. Sulla testa di Albus.
Si potevano dubitare molte cose a proposito di Albus Potter, in primis la sua sanità mentale, ma di sicuro non si poteva dubitare che il Cappello Parlante lo avesse smistato nella casa giusta. Gli sventolai un meritatissimo dito medio sotto il naso proprio nel momento in cui Höhmann entrava in classe.
Ops.
Rivolsi un sorrisino di scuse al professore e mi affrettai a mettermi le mani in tasca, fingendo di non aver fatto niente.
« Comunque » sussurrò Albus, mentre Höhmann sistemava le proprie cose sulla cattedra. « Credo che Scorpius abbia finalmente capito cos'è che fanno le coppie in camera da letto. Pare che i tuoi tentativi di stupro siano andati a buon fine ».
Ecco, se c'era una cosa di cui volevo sentir parlare meno che della nostra imminente sconfitta a Quidditch, quella era esattamente la disastrosa svolta che aveva preso la mia vita sentimentale, e quella (altrettanto disastrosa) che non aveva preso la mia vita sessuale.
Mi raddrizzai sulla sedia, nella speranza di sembrare almeno un minimo dignitosa, e commentai freddamente: « Sai, se Scorpius avesse perso la verginità, dubito che te lo sarebbe venuto a dire ».
L'unica cosa che ricevetti in risposta, oltre a una librata sulle nocche, fu uno sguardo di profonda sufficienza.
« Ovviamente no » disse Albus. « Ma lo avrei capito ».
Nascosi le mani sotto il banco per massaggiarmi le nocche di nascosto.
« Tu dici? » chiesi, inarcando un sopracciglio.
La mia uscita fu considerata indegna di alcuna forma considerazione a parte una seconda librata, questa volta in testa.
« Spero che tu non ti stia riferendo a Tessa » sibilò Albus. « Sai, il problema non è che tu e Scorpius avete dei problemi di comunicazione, ma che non comunicate proprio ».
« Sì, beh... » cominciai a dire, indignata, ma fui interrotta dalla voce altrettanto indignata (e ben più minacciosa) di Höhmann.
« Potter, Weasley, qvesta è una lezione di Difeza Contro le Arti Oscure. Le lezioni di educazione zessuale le farete con l'infermiera ».
Oh, beh, ora sì che sembravo una persona che aveva una dignità. Avvampai in silenzio ed evitai meticolosamente di alzare lo sguardo sui miei compagni di classe.
« Ora » continuò Höhmann. « Ze non fi dispiace, forrei procedere con la lezione. Occi eseguiremo un incantezimo chiamato... »
Ma in quel momento un gufo entrò nell'aula planando dalla finestra aperta e depositò una lettera sulla cattedra. Höhmann sbiancò come se avesse appena visto la McGranitt ballare in un completino intimo di pizzo. Aprì la lettera in fretta, strappando la busta, e la lesse con la fronte corrugata e gli occhi ridotti a fessure. Quando finì, l'accartocciò e le diede fuoco con un colpo di bacchetta.
« Defo andare » disse solamente. « Foi aprite i libri a pacina trecentonovantaqvattro2 e studiate il capitolo ».
Poi si precipitò fuori dall'aula sbattendosi la porta alle spalle.
Era la prima volta che Höhmann ci diceva di tirare fuori i libri a lezione. L'aula fu invasa immediatamente da un brusio concitato: c'era chi si lamentava di aver lasciato il libro nel dormitorio, chi si lamentava della manifesta instabilità mentale di Höhmann e chi, ancora, non sapendo bene di cosa lamentarsi si limitava a prendersela genericamente con i maghi del passato.
Albus fece per alzarsi e vidi la sua mano scattare verso la borsa, dove teneva sempre nascosta la Mappa del Malandrino nel caso si presentasse l'occasione di stalkerare qualcuno, ma lo bloccai.
« Vuoi farti ammazzare? » sibilai.
Al si liberò dalla mia presa con uno strattone.
« Höhmann sta tramando qualcosa di losco, non è ovvio? E io devo scoprire... »
Lo costrinsi a sedersi con un calcio nelle ginocchia e gli sequestrai la Mappa prima che potesse usarla per farsi scoprire da Höhmann mentre lo spiava.
« A maggior ragione, ribadisco il concetto: vuoi farti ammazzare? »


 
***


Se una cosa era certa, comunque, era che – volenti o nolenti – noi Grifondoro ci saremmo fatti ammazzare alla prossima partita di Quidditch. A tre giorni dal giorno del giudizio non avevamo ancora trovato un sostituto Cacciatore e James era più incazzoso che mai. Era anche piuttosto sconvolto perché, dopo che Domi era svenuta per la terza volta in una settimana, mi ero munita di pazienza e lavagnetta e gli avevo spiegato i concetti basilari dell'anoressia. Era rimasto seriamente turbato quando aveva scoperto che esisteva una malattia che ti impediva di mangiare, e non si era tranquillizzato finché non gli avevo assicurato che non era contagiosa.
« Ma quindi » aveva chiesto James, una volta ripresosi dallo shock della scoperta che al mondo esistevano cose orribili come la gente che non mangiava per scelta. « Domi è anoressica? »
« Se non lo è ancora, lo diventerà presto. Non l'hai vista? » avevo risposto, scrollando le spalle.
James si era accigliato.
« Come fa a piacerle Goldstein e non il cibo? » aveva chiesto, indignato.
In effetti, non aveva tutti i torti. E non aveva tutti i torti nemmeno quando diceva che avremmo dovuto rapire Al e nasconderlo in uno sgabuzzino fino al giorno dopo la partita. Tra l'altro lo meritava pure.
Sospirai e posai la schiena sugli spalti umidi di pioggia. Sotto di noi il campo da Quidditch era buio e vuoto dopo l'allenamento, ad eccezione di qualche larga pozzanghera che rifletteva le luci dei fari attorno al campo. Mi asciugai il viso con una manica, riuscendo solo ad infangarlo di più.
« Quindi ora che si fa? » chiesi.
James scrollò le spalle. Era così depresso che non mi sarei stupita se avesse tentato di buttarsi dalla Torre di Astronomia entro le prossime ventiquattr'ore.
« Torniamo al castello e prendiamo in squadra il primo Grifondoro che ci troviamo davanti. Tanto non credo faccia molta differenza, a questo punto ».
Tristemente, dovetti dargli ragione. Finimmo di sistemare il campo e chiudemmo a chiave gli spogliatoi, poi tornammo al castello con le scope in spalla ed il morale sotto i tacchi. Albus ci avrebbe presi per il culo a vita, ormai dovevo cominciare a farmene una ragione.
Stavamo attraversando la Sala d'Ingresso, diretti verso le scale, quando Calvin sbucò fuori da un corridoio laterale guardandosi attorno con aria furtiva e non appena ci vide sobbalzò e tentò di cambiare strada.
« Ehi, Calvin! » lo chiamai, costringendolo a fermarsi. « Che stai facendo? »
« Oh, uhm... Io? Niente, perché? Ero a fare una... ehm... una ricerca in biblioteca... » rispose lui con aria colpevole.
Stavo per fargli notare che la biblioteca si trovava dalla parte opposta del castello, ma James mi precedette.
« Tu » disse, piantandogli l'indice sullo sterno. « Sai giocare a Quidditch? »
Calvin gli rivolse uno dei suoi tipici sorrisi perplessi alla “non ho idea di cosa tu stia parlando, ma il mio sorriso è molto sexy, non trovi?”.
« Io? Certo: ero nella squadra della mia scuola, in America » rispose, riuscendo in qualche modo a parlare senza che il suo sorriso si incrinasse di un millimetro. Dovevo ancora capire come funzionassero di preciso i muscoli facciali di quel ragazzo.
James, comunque, sembrò soddisfatto della risposta ottenuta; gli batté una pacca sulla spalla e dichiarò: « Ottimo, sei in squadra ».
Il sorriso di Calvin si allargò da trentadue a qualcosa come cinquecentoottanta denti.
« Figo » disse. Poi, scrutando con aria curiosa la Pluffa che James portava sottobraccio, chiese: « Cos'è quella palla? »
Io e James ci scambiammo uno sguardo preoccupato.
« Uhm... La Pluffa? » proposi.
Calvin continuò a sorridere e, con l'aria di chi sta piacevolmente conversando di frivolezze, commentò: « Ah. Ed è pesante? »
Ora James non sembrava più molto soddisfatto. In effetti, sembrava più che altro che stesse per scoppiare a piangere sulla mia spalla. Decisi che era venuto il momento di prendere in mano la situazione, prima che James potesse avere un collasso psicologico.
« Calvin... uhm... » borbottai, cercando un modo diplomatico per informarlo che persino i gorilla della foresta pluviale sapevano cos'era una Pluffa. Alla fine optai per un incerto: « Tu sei... ehm... sei sicuro di sapere come si gioca a Quidditch? »
« Certo » rispose Calvin, per nulla turbato. « Ero l'Ala migliore della mia scuola, e... Oh ». S'interruppe di colpo, ed il suo onnipresente sorriso svanì per lasciare il posto alla smorfia delusa di un bambino che ha appena visto il proprio uovo di Pasqua Evanescere. « Intendete quel Quidditch... »
« Perché, esiste un altro Quidditch? » chiese James, che ormai sembrava convinto di trovarsi all'interno di un incubo particolarmente orribile.
« Chiaro » confermò Calvin. « Il Quidditch Americano, quello vero ».
Fu a questo punto che James ebbe un attacco d'asma.
« Che cosa? » gracchiò. « Come sarebbe a dire? Cosa...? »
Prima che si sentisse in dovere di estrarre la bacchetta e difendere l'onore del Quidditch britannico a suon di Cruciatus, lo afferrai per un braccio e lo allontanai da Calvin, che sembrava non aver minimamente notato che un metro e ottanta di muscoli stava per piombargli addosso con intenzioni omicide.
« Aspetta, James, ho un'idea » sussurrai. « Lo hai detto tu che tanto non troveremo nessuno di decente, e almeno credo che Calvin sappia volare discretamente, qualunque sia il Quidditch di cui parla ».
James chiuse gli occhi e prese un paio di profondi respiri. Tra la scoperta dell'anoressia e del “Quidditch Americano, quello vero” supposi che la sua sanità mentale fosse stata messa dura prova, quel giorno.
« È un'idea suicida? » indagò.
« Ovviamente » risposi.
Soprattutto, lo sarebbe stata non appena Albus ne fosse venuto a conoscenza.
James sospirò. Sembrava così emotivamente distrutto da non avere nemmeno più la forza di obiettare.
« D'accordo. E c'è qualche possibilità che non finisca in un disastro totale? »
Mi strinsi nelle spalle.
« Forse ».
Molto forse.

 
***


La mattina seguente – in preda ai sensi di colpa per la strategia suicida che avevo proposto – decisi di seguire Molly in biblioteca alla ricerca di qualche traccia dell'esistenza del fantomatico “vero Quidditch” di cui Calvin continuava a parlare come se fosse lo sport più figo del mondo e tutti dovessero per forza conoscerlo – entrambe cose di cui dubitavo molto, nel secondo caso perché l'evidenza lo contraddiceva, e nel primo perché la maggior parte delle cose inventate dagli Americani erano delle porcate immonde ed era sempre saggio diffidarne.
Dopo aver spulciato un paio di scaffali dedicati allo sport trovai un libro che sembrava promettere bene e lo aprii al capitolo intitolato “Il Quidditch Americano”.


 
Il Quidditch Americano


Regole generali
Il Quidditch Americano, comunemente noto come Quabbish in Gran Bretagna (vedi paragrafo 4), fu creato nel 1632 ed è attualmente lo sport più praticato dalla comunità magica nordamericana. Si gioca su un campo di forma ellittica, sia in aria che a terra, con un'unica palla ovale. Durante il gioco a terra le scope sono usate per picchiare gli avversari, perciò hanno il manico rinforzato in bronzo. Per lo stesso motivo, dopo la Convenzione del 1923, i giocatori sono obbligati a indossare pesanti protezioni, tra cui un casco integrale. L'obiettivo del gioco è segnare una meta, che vale 15 punti, superando (con la palla in mano) la linea magica posta a trecento metri dal suolo. Ogni volta che una delle due squadre perde palla il gioco ricomincia dal terreno.


Squadre
Le squadre sono composte da dieci giocatori, così divisi:
1 Picchiatore – Il picchiatore resta sempre a terra durante il gioco; il suo compito è impedire al portatore di palla avversario di spiccare il volo. La regola originale stabiliva che i Picchiatori fossero intoccabili, ma visto che, non sapendo cosa fare durante il gioco aereo, i due Picchiatori avversari erano soliti picchiarsi tra di loro, si convenne di modificare il regolamento. Attualmente i Picchiatori non possono essere colpiti da nessun giocatore, fatta eccezione per il Picchiatore avversario.
2 Ali – Le due ali sono sempre in volo e hanno l'obiettivo di difendere il portatore di palla durante la fase aerea, evitando che venga placcato dai giocatori avversari. Sono equipaggiati con mazze chiodate.
1 Portatore – Generalmente è l'unico giocatore di corporatura minuta, poiché la principale caratteristica richiesta ai Portatori è l'agilità. Salvo eccezioni, la squadra cerca di passare la palla a lui durante la fase aerea del gioco. Dopo i Picchiatori, i Portatori sono i giocatori a più alto rischio di infortunio durante le partite.
6 Giocatori Ordinari – Sono giocatori polivalenti: giocano sia a terra che in volo e hanno lo scopo di supportare i compagni di squadra nelle altre funzioni del gioco.


Giocatori famosi:
Arnold il Picchiatore (1702-1745) – Soffriva terribilmente di vertigini e per questo motivo, durante il gioco, non spiccava mai il volo. La sua abilità nel gioco a terra, tuttavia, era tale che nemmeno i suoi avversari riuscivano a sollevarsi il volo. Morì in campo a 43 anni per un trauma cranico che si inflisse da solo, vittima di un Confundus scagliato da un avversario. È considerato il più grande giocatore di tutti i tempi e in suo onore, nel 1756, fu istituita la figura del Picchiatore. La sua scopa è conservata al Museo Nazionale del Quidditch di Philadelphia.
Betelgeuse la Baffuta (1827-1889) – Considerata una tra le migliori Ali di sempre, si finse un uomo per poter giocare nella squadra nazionale (all'epoca il gioco era vietato alle donne), portandola alla vittoria della prestigiosa Coppa Panamericana nel 1851. Quando rivelò di essere una donna nessuno le credette.
Geoffrey il Meschino (1954--) – Portatore titolare della nazionale americana dal 1973 al 1986, nonostante la corporatura minuta ai suoi tempi era il giocatore più cattivo e temuto in campo, grazie soprattutto alla sua abilità con le fatture e le Maledizioni Senza Perdono. Detentore del record di falli commessi ed espulsioni subite, nonché di citazioni in tribunale per danni fisici e psicologici inflitti agli avversari in campo, resta comunque uno dei giocatori più famosi e talentuosi della storia del Quidditch Americano.


Diatriba sul nome:
Nonostante la comunità nordamericana si ostini a chiamarlo “Quidditch”, definendo il Quidditch autentico come “Quidditch Britannico” o “Quidditch a Sette”, la Federazione Britannica del Quidditch (quello vero) ha spesso ribadito i propri diritti sul nome, in quanto l'autentico Quidditch Britannico nacque nel XIV secolo, con un anticipo di circa 200 anni rispetto alla sua imitazione americana di dubbio gusto. Laddove la Federazione non lo ignora del tutto, il Quidditch Americano viene spesso definito sul suolo britannico con il termine spregiativo di “Quabbish”, derivato dalla celebre affermazione del presidente della Federazione Adalbert Hopkins, che nel 1856, durante la settima Conferenza Internazionale sugli Sport Magici, disse: « Their Quidditch is rubbish. Quabbish, I would say »3 .




Chiusi il libro e sentenziai: « Decisamente, è una porcata immonda ».
E noi siamo fottuti.








Note:
  1. Considerando che Rose è britannica, vogliate permettermi questa patetica spiritosata basata sul modo di dire inglese “it's raining cats and dogs”.
  2. Oh, Severus :')
  3. « Il loro Quidditch è spazzatura. Quabbish, direi ». Vabbé, questo è il capitolo dei giochi di parole che non so tradurre in Italiano. Spero di non aver insultato la stupidità di nessuno inserendo queste note, erano solo per amor di pignoleria :)



Altre note:
Sono in ritardissimo come sempre, ormai non so nemmeno più se scusarmi. Forse vi siete rassegnati alla mia incostanza. La verità è che il progetto del mio libro sta prendendo forma e cerco di lavorare più a quello, per ovvi motivi, in più questa facoltà ti succhia via l'anima come i Dissennatori. Sto cominciando a nutrire una certa antipatia nei confronti dei medici LOL
Ciò detto, il prossimo capitolo è il secondo extra dal POV di Albus e sarà pieno di Calvin e cose che farebbero accapponare la pelle al buon vecchio Putin. Spero di sbrigarmi a scriverlo, perché sinceramente non vedo l'ora di mettere su carta alcune scene che ho in testa.


Volendovi molto bene anche se probabilmente voi ormai mi odiate a morte,
Marghe :)
   
 
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