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Autore: j3nnif3r    10/07/2008    3 recensioni
Una yuffientine un po' particolare, ambientata subito dopo gli eventi di "Dirge of Cerberus". Le acque si sono ancora una volta calmate, il gruppo si è ancora una volta diviso, ma riuscirà Vincent ad allontanarsi da Shelke?
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11 - Un bel sogno

 

"Non ho voglia."

Shelke posò di scatto il quaderno sul tavolo, con un'espressione risoluta. Yuffie continuò a giocherellare con una penna, tentando di restarne fuori.

"Devi. E' importante." disse Vincent scandendo le parole. "Non sei mai stata a scuola. Vuoi rimanere un'ignorante?"
"Ho imparato dalla vita, io."
A Tifa, che aveva finto di non ascoltare seduta sul divano, scappò una risata.

"Certo, è vero. Ma ci sono altre cose da imparare." continuò Vincent con pazienza ammirevole. "La matematica, ad esempio. Quella non si impara dalla vita."
"Già, perchè non serve a niente!" sbufffò Shelke. "Tu conosci la matematica? Yuffie la conosce, forse?"
"Cosa c'entro io? E poi la conosco, se proprio vuoi saperlo!"

"Immagino!"

"Io conosco la matematica." disse Vincent lanciando ad entrambe un'occhiataccia. "Le basi, almeno. Sono cose necessarie, perchè ti aprono la mente e..."

"Guarda che la mia mente è aperta. Spalancata!" Shelke si alzò, con tanta enfasi da far cadere la sedia. La guardò un attimo e poi, forse per non perdere l'atmosfera, se ne andò sbattendo la porta.

"Non c'è verso, eh?" disse Yuffie dopo un silenzio teso. "Ma in fondo, proprio la matematica..."

"Dovrei mandarla a scuola." disse Vincent. "Si comporta così perchè non è abituata alle regole, alle buone maniere..."

"Ma tu non sei suo padre. Sai quanto la innervosisce essere trattata come una mocciosetta. Penso che, in fondo... potresti limitarti ad insegnarle le buone maniere senza matematica, ecco!"
Vincent posò i gomiti sul tavolo, sospirando. "Sì, forse è così. Vorrei solo fare la cosa giusta."

 

Non c'era niente, niente di giusto.

Shelke si sedette pesantemente sull'erba, ed iniziò ad arrotolare una ciocca di capelli con le dita. Aveva assunto quell'espressione, quella che faceva stringere gli occhi a Vincent e sospirare Yuffie. Quella da ragazzina viziata, che aveva riservato ai momenti di rabbia.

La faceva arrabbiare, vedersi riflessa nei suoi occhi e trovarsi inutilmente piccola.

Aveva indossato il vestito migliore, per quella lezione. Aveva sognato di posare i gomiti sul tavolo, con grazia e decisione. Di alzare gli occhi lenta, e fissarlo mentre lui sfogliava le pagine con quelle dita infinite.

Le dita che voleva sue.

Le dita che avrebbero potuto sfiorarla, renderla adulta. Solo da lui si sarebbe lasciata toccare. Le mancava il respiro al pensiero. Si sfiorò la gola con un sorriso. Era emozione, quella? Desiderio?

Un colpo di tosse. Shelke si sollevò un po', tossì ancora sull'erba, strinse i pugni nella terra umida. Non riusciva a respirare. Si colpì il petto, forte, più volte, mentre continuava a tossire. Non riusciva a respirare! Ad occhi spalancati vide una macchia rossa sul verde acido del prato.

Era normale, quello? Era un altro tipo di ciclo? Perchè non sapeva cos'era normale, maledizione?

Si alzò, barcollando. Doveva tornare in casa. Non respirare significava morire, questo lo sapeva anche lei. Si asciugò la bocca con il dorso di una mano sporca d'erba, camminando più in fretta che poteva. Aveva corso. Era lontana. Troppo. Accellerò ancora, le girava la testa, tossiva. Si guardò le mani ed erano verdi e rosse, e non sapeva perchè. Doveva cercare aiuto.

"Vin..." disse, ma la voce era troppo flebile per essere udita da qualcuno. "Vincent!" gridò, e nella gola sentì come se ci fosse fuoco, e tossì ancora cadendo. Si rialzò. Aveva strappato il vestito. Iniziò a correre, usando tutta la forza che aveva. Gli occhi sembravano volersi chiudere da soli, e dopo qualche passo aveva perso il controllo su tutto, su ogni cosa. Dov'era la casa? Dov'era? Stava correndo nella direzione giusta?

Sarebbe morta lì, così, senza un motivo?

Cadde di nuovo, e si arrese. Era troppo difficile correre senza respirare. Si sforzò di aprire gli occhi, e accanto al suo viso c'era un fiore rosa.

Era triste morire così all'improvviso.

Allungò una mano verso il fiore, e prendendolo lo sporcò d'erba e di sangue. Lo strinse fra le dita, chiuse gli occhi e perse i sensi.

Era a pochi metri dalle scale.

 

"E' il medico migliore che sono riuscita a trovare. Si è già occupato di casi da avvelenamento da Mako. Ce ne sono più di quanto si pensi, in questo periodo..."

Tifa gli aveva messo una mano sulla spalla, e Vincent aveva annuito nervoso come per dirle che non era necessario consolarlo.

"Le darà una cura, vedrai. E starà bene. E' una ragazzina, migliorerà." disse ancora, poi lo lasciò solo, perchè era meglio così.

Quando la casa era rimasta in silenzio, Vincent era entrato nella stanza dove avevano sistemato Shelke. Yuffie, nonostante le proteste, era finita a dormire sul pavimento di quella accanto, più piccola. Quasi uno stanzino. Perchè beh, le stanze non erano infinite.

Shelke dormiva.

C'era buio, ma Vincent era abituato al buio, gli era familiare. Riusciva a vederla.

Era già successo che stesse male all'improvviso. Che si appendesse a lui e implorasse un aiuto. Era debole. Aveva bisogno di lui. E forse sarebbe stato così, una coppia ridicola. L'immortale e l'eterna bambina. Si era illuso che tutto potesse cambiare, che stare in mezzo agli altri l'avrebbe aiutata a diventare una persona normale. Una di quelle che può rimanere da sola senza che accada niente di spiacevole.

Si era sbagliato.

Shelke dipendeva da lui, era una sua responsabilità.

E sarebbe stato così per sempre.

Non sapeva se poteva sopportarlo. Non sapeva se la vita di quella strana, piccola creatura bisognosa potesse trovare conforto in lui. Ma sapeva di non potersi allontanare.

A passi lenti, immerso nel buio come se fosse una protezione che lo rendeva sicuro, richiuse la porta e ne aprì un'altra.

L'unica che poteva illuderlo di trovare sollievo.

 

Yuffie dormiva nel suo solito modo, a pancia sotto con una gamba sollevata. L'avevano sempre presa in giro per quell'abitudine, come per i pigiamoni che adorava. Non le piaceva quella biancheria ridicola e incredibilmente scomoda che usavano le donne per sembrare attraenti. Se qualcuno l'avesse vista bella, cavolo, avrebbe dovuto farlo nonostante le posizioni strane o i pigiami in pile. Che c'era di sbagliato nel voler stare comoda? Che c'era di sbagliato nell'essere se stessa?

Tifa aveva liberato lo stanzino dalle scatole, ma l'aria puzzava un po' di polvere. Era comunque riuscita ad appisolarsi, maledicendo Shelke e i suoi malanni. Oh, che fragile bambina indifesa, ficchiamo Yuffie nello sgabuzzino per farle posto! Bah.

In fondo, una che vomitava l'anima su un qualsiasi mezzo di trasporto non poteva essere sensuale e femminile come Tifa, facendo svolazzare tette e capelli al vento in modo poetico.

Forse era solo nervosa.

Si grattò la testa, e mugugnando si mosse per stare più comoda.

La porta, vicino ai suoi piedi, si aprì cigolando. Pensò fosse parte del sogno, e abbracciò il cuscino in modo più saldo.

Vincent, come un serpente, come una stoffa di seta che scivola, le fu accanto.

Oh, almeno era un bel sogno.

Yuffie aprì gli occhi, nel buio completo. La coperta venne scostata, con lentezza. Se ne accorse perchè la sentiva venir via. I capelli di Vincent (era lui, era lui, lo poteva dire dall'odore) le fecero il solletico al naso, al collo, si posarono su di lei e le sembrò di esserne avvolta. Le sue mani (le sue! Quelle che non l'avevano mai toccata, mai in quel modo delicato e rispettoso) a contatto con la stoffa del pigiama (oddio il pigiama, non doveva vederlo, perchè non era andata a letto con qualcosa di decente?) e un corpo caldo (il suo! Ma era troppo, troppo per pensarci in un solo momento) che le si avvicinava.

"Che fai?" chiese. Se ne pentì. Sembrava un momento così magico, e se era un sogno poteva almeno sforzarsi di non rovinarlo.

"Chiedo aiuto."

Ed era la sua voce. La sua voce vera. Yuffie era sveglia e indossava un pigiama ingombrante pieno di maialini e Vincent si era infilato nel suo letto in piena notte senza che ci fosse un motivo razionale.

Non poteva chiudere gli occhi. Il buio entrava, la invadeva come se fosse solido, avrebbe disperatamente voluto vederlo quando aveva infilato le dita fra un bottone e l'altro della casacca e aveva spinto, forse perchè non sapeva come slacciare un bottone, forse perchè quel gesto, inaspettatamente, l'aveva portata a desiderare che li strappasse. Avrebbe voluto fargli mille domande, bombardarlo di domande, tutto era diventato una domanda, in un modo tale che dalla bocca le era uscito solo un punto interrogativo che non aveva suono.

Non era un sogno, perchè le mani di Vincent erano gelide e lei non poteva saperlo, non l'aveva mai toccata così. I pantaloni del pigiama le erano scivolati via, sembrava fosse per sbaglio, ma era stato lui a far leva e lei non l'aveva impedito. Non le era mai successo di essere sfiorata così, con quella dolcezza, da mani così fredde da sembrare morte ma animate da qualcosa di vivo. Sembrava che non volesse fare sesso con il suo corpo, ma cercarla e prendere lei. Ed era bello.

Tutto ciò che riusciva a pensare era questo.

Poi Vincent aveva accostato le labbra al suo collo, e si era perduta. Forse era davvero un vampiro come sembrava, voleva solo succhiarle via l'anima, e lasciarla morta su quel letto sfatto.

Forse ne sarebbe valsa la pena.

 

Al mattino, quando la luce sostituì il buio ancora timida, Yuffie spalancò gli occhi e saltò a sedere.

Le coperte erano sparse sul pavimento, il suo pigiama aperto e spiegazzato in un angolo, i capelli arruffati.

Si era portata una mano al collo, sfiorando dove lui l'aveva baciata, e si era chiesta se in fondo non fosse stato soltanto un bel sogno.


 

   
 
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