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Autore: Eloise_Hawkins    10/04/2014    10 recensioni
La guerra non si è ancora conclusa: mentre Harry Potter cerca disperatamente gli ultimi Horcrux, Voldemort conquista Hogwarts, ora sua roccaforte. La popolazione magica vive nel terrore, nascondendosi in piccoli gruppi e cercando di sopravvivere nonostante le continue incursioni dei Mangiamorte.
In questo clima di terrore e violenza, l’Ordine della Fenice, o almeno ciò che ne rimane, come la creatura da cui prende il nome tenta di risorgere dalle sue ceneri, accogliendo sotto la sua ala protettiva chiunque ne abbia bisogno ma, soprattutto, chiunque sia disposto a combattere.
Hermione Granger milita tra le fila del Bene, prima combattente in ogni battaglia. La sua concentrazione, però, vacilla quando Draco Malfoy, pur avendola riconosciuta nonostante il suo travestimento, la lascia libera di scappare. Perchè? E cosa nasconde lo sguardo grigio di quel ragazzo?
La guerra è ormai alle porte: un'ultima possibilità, una sola speranza, per chi nella vita ha fatto solo scelte sbagliate. E, forse, per chi ha ancora la possibilità di commetterle.
Ispirato a "Espiazione", di Ian McEwan
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Luna Lovegood, Neville Paciock, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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12.



Easily torn

 

 

 

 

Un pigro sole faceva capolino da dietro nuvole grevi di pioggia. L’aria fredda del primo pomeriggio portava con sé profumo di temporale, ma quei raggi delicati, che lottavano per farsi strada tra la coltre pesante di nuvole cineree, lasciavano sperare un possibile miglioramento.

Il centro di Londra era come sempre frenetico, e risuonava di un brusio delicato, accompagnato dal cinguettare di alcuni passeri ritardatari e dello sfrecciare delle auto. Il ticchettio costante e rapido delle sue falcate era quasi muto, invisibile in mezzo al rumore di una città in movimento.

Camminava a testa alta, il giovane, eppure la linea sottile delle labbra era increspata in una smorfia che di sicuro non aveva nulla, se non il dolore che si intravedeva nelle iridi azzurre, scintillanti d’incertezza e malinconia. Camminava a testa alta, Ronald Weasley, ma aveva i pugni chiusi, le nocche sbiancate dalla tensione e il cuore sporco di colpa.

L’appartamento verso cui si dirigeva si trovava in un piccolo quartiere pacifico e sereno, tanto anonimo che gli era stato difficile individuarlo nel dedalo di strade della grande metropoli. Il portiere dello stabile era un anziano dal sorriso bonario che non gli fece domande quando lo vide varcare la soglia del portone, spalancato – ma forse, dipendeva dal fatto che gli aveva lanciato un silenzioso Incantesimo Confundus. Mentre saliva i gradini a uno a uno, lentamente, modulando il respiro su ritmi tenui, il ticchettio dei suoi passi risuonò tetramente nella tromba delle scale. Quando giunse al secondo piano si fermò davanti la porta con sguardo assente. Il numero ricamato sulla porta, in ottone ossidato, riluceva alla luce che filtrava dalla grande vetrata alla sua destra. La sua mano tremò appena mentre si alzava per bussare: sotto le dita, crepitava un nervosismo quasi tangibile. Il suono sordo e secco che si levò nell’aria quando le sue nocche toccarono due volte, con decisione, la superficie lignea della porta, somigliava molto a quello del suo cuore.

Quando la porta si aprì, tutto il suo corpo ebbe un sussulto. Per un istante, fu accecato dalla fortissima luce proveniente dalla finestra di fronte a lui: chiunque avesse aperto la porta, al momento era solo una sagoma, esile e minuta, bagnata d’oro dai raggi del sole. Ron socchiuse gli occhi, feriti dall’intensa e improvvisa luminosità, per cui non riuscì a vedere il sorriso tenue e sereno che scivolava via dal viso della donna, improvvisamente pallido e posseduto da un’espressione sorpresa, ma dura. Quando riuscì a riaprire le palpebre, il fremito che attraversò la sua schiena gli sfuggì dalle labbra sotto forma di un singulto.

« Che ci fai, tu, qui? » La voce di Hermione aveva la stessa morbida tonalità di quando lei aveva diciannove anni. Dietro alla severità di quella domanda, oltre l’occhiata inquieta che lei lanciò alle sue spalle, Ron vide la ragazzina che aveva amato e che, nonostante gli anni di lontananza e assenza, continuava ancora ad amare.

« Ho provato a scriverti, ma non hai risposto » Scoprì con sorpresa che la sua voce era ferma: il tremolio delle sue mani sembrava essersi fermato alle sole dita. « Devo parlarti » aggiunse in un soffio. Aveva la gola secca, ogni sillaba gli bruciava l’esofago e graffiava la trachea, dolorosa, difficile.

Hermione serrò la mascella. Le sue dita, piccole e affusolate, appoggiate allo stipite della porta, ebbero un fremito lieve che, tuttavia, a lui non sfuggì. Il suo corpo, per quanto piccolo e minuto, sembrava una barriera impenetrabile: schermava tutto l’appartamento impedendogli di guardare dentro. La donna gettò un’altra occhiata alle sue spalle e poi, dopo aver emesso un lunghissimo sospiro, fece un passo indietro per lasciarlo entrare. I suoi occhi non si staccarono mai dal viso di Ron.

L’uomo si guardò intorno, facendo il suo ingresso nel piccolo appartamento. Era caldo e accogliente proprio come l’aveva immaginato. La finestra alle loro spalle gettava una luce dorata nel salottino ordinato, arredato in modo semplice ma elegante. Tutto, lì dentro, profumava di pesca, come la pelle di Hermione, e mentre lui la guardava, per un istante, gli sembrò di tornare indietro di dieci anni. Ma era passato tanto tempo, troppo per poter anche solo pensare di tornare indietro: lo testimoniavano piccole bombe che esplodevano al tocco lieve dei suoi occhi, frantumandogli il cuore.

L’orologio maschile poggiato sulla cassettiera alla sua sinistra.

I due bicchieri di vino adagiati sul tavolino del salotto.

La giacca da uomo appesa all’ingresso.

Le lenzuola disfatte che si intravedevano oltre la porta della camera da letto.

Segni silenziosi di una vita che lei passava serenamente con un altro, quell’altro che non era lui.

Hermione era ferma, immobile, al centro del salotto. Le braccia conserte e lo sguardo fisso su di lui, lasciava trapelare un certo nervosismo dallo sguardo. Batteva ritmicamente il piede destro contro il pavimento, in attesa che lui parlasse. La fronte, increspata in una smorfia ansiosa, pareva lasciar trapelare un sentimenti indefinibile di piacere e dolore insieme.

Ron la guardò a lungo, prima di parlare, godendosi quei particolari del suo viso che gli erano sfuggiti durante quegli anni di lontananza. Intorno agli occhi, le si erano formate rughe sottili, appena visibili al di sotto dei riccioli scuri che le incorniciavano l’ovale del volto. La sua pelle sembrava morbida come sempre, al tatto, e lui dovette fare un enorme sforzo di volontà per non protendere la mano verso di lei e toccarla.

« So che quello che ho fatto è stato terribile, non mi aspetto che mi perdoni » esordì l’uomo, guardandolo negli occhi con intensità, quasi volesse trasmetterle una sicurezza e una calma che lui, in fondo, non aveva.

« Non ti preoccupare, non lo farò » La naturalità con cui lei rispose, fu un pugno nello stomaco. Hermione aveva lo sguardo fermo su di lui e la voce dura, eppure la sua espressione tradiva in un certo senso l’idea di rigidità che la sua posa, invece, donava, e quella, più dolorosa, di inflessibilità che la sua voce gli comunicava. Forse, fu proprio il baluginio vivo degli occhi a convincerlo a restare.

Ron aprì la bocca per ribattere, ma un’altra voce, maschile e roca, che lui conosceva fin troppo bene, gli fece morire le parole sulle labbra. Prima ancora di poter vedere la luce di una possibile redenzione, quell’unica domanda fece sprofondare il suo cuore in un’agonia di dolore senza fine.

« Che ci fa lui qui? » L’acredine con cui Draco Malfoy marcò quel pronome rispecchiava perfettamente la smorfia d’astio puro del suo viso. Era più pallido di come lo ricordava, e cominciava a stempiarsi, ma in fondo, era assolutamente simile al ragazzino arrogante che aveva visto per l’ultima volta dieci anni prima al funerale del suo migliore amico. I capelli biondissimi erano incollati sulla testa, e dalle ciocche sulla nuca scivolava ancora qualche goccia d’acqua, segno che era appena uscito dalla doccia. Indosso, aveva solo un paio di pantaloni dal taglio elegante e l’aria costosa, quel genere di abbigliamento che lui non si sarebbe mai potuto permettere.

« Voleva parlarmi » Dato che lui era ammutolito, Hermione rispose al posto suo. Mentre i suoi occhi scuri si posavano sul biondo, scorrendo con una certa disinvoltura sul suo corpo liscio e mezzo nudo, ancora inumidito dalla doccia, la sua espressione si ammorbidì in maniera così evidente che Ron fu costretto a chinare il capo, ferito e colpito dalla spiacevole sensazione di essere di troppo, in quella casa. Si sentì un estraneo, colto in flagrante mentre spia una scena intima, e personale. Quello sguardo era intimo e personale, e lui non potè fare a meno di pensare che un tempo quei occhi erano solo suoi, e che lo sarebbero potuto essere per sempre, se solo non fosse stato così stupido e avventato.

« Parlarti di che? » Lo sguardo di Draco si spostava da lui a Hermione, in un alternarsi d’emozioni e sentimenti incredibilmente  percepibili.

« Del terribile errore che ho fatto » Ron piantò due enormi occhi azzurri sul volto di Malfoy, con una decisione che sorprese prima di tutto se stesso. Sostenne il suo sguardo con fierezza, tentando di scacciare la spiacevole sensazione d’essere in torto e di non avere alcun diritto di guardarlo in quel modo.

« Voglio essere sincero con te. Sono indeciso se strozzarti a mani nude oppure prendere la bacchetta e lanciarti una Maledizione Senza Perdono » La voce di Draco era pacata e bassa, un sibilo strisciante che pareva distillato nell’odio.

« Ero giovane, non sapevo cosa stavo facendo » cercò di giustificarsi Ron, cercando con lo sguardo Hermione, come sperando di trovare un appiglio, in lei. Ma quella ragazzina che lui aveva amato non esisteva più: il volto della donna che ora lui guardava era scivoloso e sfuggente. Dietro il movimento di ciglia con cui lei abbassò lo sguardo, c’era tutta l’intenzione di non schierarsi da nessuna parte, per non ferire nessuno dei due.

Quanto era cambiata? Quanto lui l’aveva cambiata?

« Giovane? Quanti anni bisogna avere per capire la differenza tra giusto e sbagliato? » Draco fece un passo verso Ron e si fermò ad appena un metro da lui. Il suo corpo era proteso verso di lui, e sembrava sul punto di picchiarlo davvero: tremava e sussultava, trattenendo l’ira tra i denti come un animale dentro una gabbia, che lotta e scalpita per uscire. Si calmò solo quando Hermione poggiò sulla sua spalla una mano, tiepida e piccola, minuta e rassicurante. Allora, con un ultimo sguardo feroce, lui sbuffò e gli voltò le spalle, sparendo a grandi passi dietro una porta.

Hermione seguì quella ritirata con lo sguardo, poi emise un sospiro e tornò a guardare Ron.

« Adesso è meglio che tu vada » Dentro i suoi occhi, l’uomo riuscì a leggere un barlume di tenerezza, come un briciolo di freddezza sfaldata e crollata sul pavimento. Un pezzo della sua armatura aveva ceduto il passo a una lama di luce che lui accolse senza nessuna speranza, consapevole che quell’incontro era stato sterile quanto la guerra che l’aveva provocato.

Mentre voltava le spalle al suo primo e unico amore, Ron non poté fare a meno di pensare alla misteriosa circostanza per cui le cose del nostro passato continuano ad esistere anche quando escono dal raggio della nostra vita, e anzi maturano, portando frutti nuovi ad ogni stagione, per un raccolto di cui non sappiamo più nulla. Non potè fare a meno di pensare alla persistenza illogica della vita.

 

***

 

Marzo del 2000

 

Era un’alba vuota, quella della vittoria. Nessuno esultava, perché ognuno era chino su un cadavere. Fratelli, genitori, amici: tutti avevano perduto qualcuno, in quella guerra senza clemenza e senza giustizia. E persino la sconfitta del più malvagio mago di tutti i tempi aveva avuto un prezzo troppo alto per poterlo sopportare.

Quando Hermione aveva guardato Ron negli occhi aveva capito subito che la verità delle sue parole le avrebbe fatto troppo male per poterla accettare, ma non avrebbe mai creduto di diventare incapace di provare sentimenti. Ma era successo, e dal giorno di quella battaglia maledetta non era passata una sola ora senza che lei piangesse, dentro di sé, lacrime amare. Per non esserci stata nel momento del bisogno. Per aver abbandonato, ancora una volta, il suo migliore amico. Piangeva in silenzio, Hermione, senza che un solo muscolo del suo volto si muovesse, senza che una sola lacrima bagnasse il suo viso. La sua punizione era un’apatia invisibile, nascosta sotto strati di sentimenti e buone intenzioni che erano tutte false.

Fino al suo arrivo.

 

Draco avrebbe riconosciuto il suo profilo tra mille. Illuminata dolcemente dalla luce metallica di un ospedale asettico e troppo colmo di gente, la linea dritta del naso piccolo e la curva morbida delle labbra erano un invito a cui lui non poteva rinunciare. Si avvicinò a lei con passi che non avevano tempo, e accostò il suo volto affilato e pallido, ancora provato dalla recente operazione subita, alla chioma ribelle. I ricci sparsi e disordinati della ragazza gli solleticarono gli zigomi nivei. Profumava di pesca, e lui si sorprese nel rendersi conto di conoscere già quell’odore.

Hermione non si mosse quando avvertì quel corpo solido contro di lei. La sua schiena si tese e le sue spalle si irrigidirono con un fremito, ma non diede segno di essere disturbata da quel contatto, come se lo conoscesse, o aspettasse, da tempo.

« Ti amo da quando ho undici anni » La voce di Draco era un sussurro sottile, appena udibile nonostante la distanza esigua che intercorreva tra di loro. Le labbra del fu Serpeverde sfioravano l’orecchio di Hermione, lambendolo dolcemente con quelle parole di miele che aveva trovato il coraggio di dire solo allora. Era una fortuna che non fosse già troppo tardi. « Non sono mai riuscito ad ammetterlo, perché tu sei… » sospirò, e il suo fiato caldo solleticò il collo della giovane, che però rimase in silenzio. Strinse appena le labbra, consapevole che la stoccata che stava per giungere l’avrebbe ferita, ma che lei avrebbe reagito con il fiero distacco di sempre «… troppo, per me »

Il sospiro con cui Hermione rilassò le spalle sembrò convincere Draco che poteva continuare.

« Ho cercato di sopprimere il mio sentimento fin quando ho potuto, ma alla fine è diventato così forte che ho rischiato di impazzire » Un’altra pausa, più lunga delle precedenti. Hermione sentiva la bocca di Draco sul suo orecchio, aprirsi e chiudersi senza emettere alcun suono. Il suo corpo, solido e sottile, contro la sua schiena, tremava appena, scosso da un fremito d’emozione che cominciava a pervadere anche lei. « Io non ti chiedo niente » Il sussurro del giovane sembrava provenire da una distanza inarrivabile, percorsa fino all’ultimo metro, e giunta con una sconfitta esausta e stanca. « Tutto quello che di bello ho avuto dalla vita è stato il mio amore per te. Lo so che è troppo-»

Non riuscì mai a finire. La bocca di Hermione era già premuta sulla sua.

Questa volta, Ron non ebbe nulla da obiettare mentre guardava il suo unico amore sfuggirgli dalle dita. Strinse convulsamente il pugno, consapevole che Hermione era già lontana.

 

 

 

 

 

 

Eloise.

 

   
 
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