Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: millyray    12/04/2014    2 recensioni
Ariel Martinez arriva ad Hogwarts per frequentare il quarto anno. Ma sembra nascondere un segreto, oltre al fatto che deve aiutare Harry Potter a sconfiggere il Signore Oscuro. Chi è in realtà? Da dove viene? Chi è la sua famiglia? (Storia ispirata a Came back to the hell di Ino Chan).
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO QUARANTASEI

“E dai su, non fare il difficile!”

Jolie alzò gli occhi al cielo sospirando pesantemente e lasciò cadere il cucchiaio nel piatto facendo schizzare un po’ di minestra sulle lenzuola bianche. Se non fosse stato in punto di morte, l’avrebbe preso a pugni molto volentieri. E invece le toccava sorbirsi un JamesRemus capriccioso senza opporre resistenza e che, oltretutto, la guardava con un sorrisetto sfrontato come per dire “Ahaha, questa volta ho vinto io”. Nemmeno quando stava male se lo poteva togliere. Ma cosa avevano mangiato i suoi genitori quando l’avevano concepito? Conoscendo Martha e Sirius qualcosa di pesante, sicuramente.

“Ma sono ferito!”

La ragazza brontolò qualcosa di incomprensibile e, riempito il cucchiaio di minestra, lo infilò in bocca al ragazzo che quasi si strozzò. “Ehi, vacci piano!” si lamentò questi.

“Hai chiesto di farti imboccare, adesso non ti lamentare”.

“Sì, ma non essere violenta. Anche se so che ti è difficile”.

“Non mi provocare. Sono armata”.

“Non vedo la tua bacchetta”.

“Non mi serve una bacchetta. Ho un cucchiaio. E un piatto. E della minestra calda”.

James decise che era meglio non continuare a controbattere e si lasciò imboccare senza più aprire bocca, eccetto che per accogliere il cibo. Era ben consapevole che l’amica sarebbe stata in grado di mettere in atto le sue minacce. Non minacciava mai a caso.
Jolie, seduta sul bordo del letto, si chiedeva intanto come fosse capitata in quella situazione. Emmie l’aveva fatto apposta, a mandarla lì a portare la minestra al ragazzo. Sembrava tanto innocente e santarellina, ma in realtà ne pensava una più del diavolo. A volte era persino peggio di James e John messi insieme.

“Chi l’ha fatta?” chiese ad un tratto il moro. “La minestra, intendo”.

“La Signora Weasley”, gli rispose inespressiva la ragazza, dandogli un altro sorso di minestra. James lo trangugiò a fatica. Jolie poteva anche non credergli, ma davvero non se la sentiva di mangiare da solo. Gli tremavano le braccia se solo le alzava e reggere un piatto caldo non gli sembrava una buona idea. Oltretutto gli costava fatica persino stare seduto con la schiena appoggiata ai cuscini.

“Devo vomitare”.

“Cosa?”

“Devo vomit…”. Il moro non fece in tempo a concludere la frase che un rigurgito gli risalì dalla bocca dello stomaco e tutta la minestra che aveva mandato giù fino a quel momento  ritornò nel piatto. Jolie infine gli passò un fazzoletto perché si ripulisse. “Scusa”, sospirò lui lanciandole un’occhiata mortificata.
Lei gli sorrise rassicurante. “Non importa”. Poggiò il piatto pieno di vomito sul comodino e lo aiutò a ridistendersi sui cuscini. Infine gli spostò i capelli sudati dalla fronte mentre lui la guardava pieno di gratitudine e col petto che si alzava e si abbassava freneticamente nel tentativo di incamerare più aria possibile.

Martha, che passava proprio in quel momento in corridoio davanti alla stanza, lanciò un’occhiata attraverso la porta spalancata e restò a osservarli curiosa. “Tutto a posto?” chiese.

“Sì”, rispose velocemente Jolie con voce roca. Poi si alzò dal letto e prese il piatto. “Vado a portare questo in cucina”. E senza voltarsi indietro uscì dalla stanza. Martha, invece, entrò subito dopo che l’altra se ne fu andata e, con passo silenzioso, si avvicinò al letto del malato e si sedette sul bordo dove poco prima c’era la rossa.

“Come stai?” chiese al ragazzo gentilmente.

“Una merda”, ridacchiò lui debolmente, scivolando sui cuscini, gli occhi mezzi chiusi.

“Guarirai presto. Sirius e gli altri torneranno presto e porteranno la pianta”, cercò di rassicurarlo.

“Basta che tornino”.

La donna, non sapendo che altro aggiungere per essere di conforto, per quanto si può essere di conforto a qualcuno che sta morendo, iniziò a guardarsi attorno come per esplorare la stanza. Notò una chitarra poggiata contro il muro.

“Suoni la chitarra?”

“Sì. Si chiama Roxy”.

“Le hai pure dato un nome! Anche io alla mia”.

“Lo so”.

Martha restò a osservarlo curiosa. Quel ragazzo la incuriosiva, molto. Somigliava un po’ troppo a Sirius e aveva certi atteggiamenti che… e poi c’era questa strana sensazione che non sapeva descrivere ma era forte. Senza quasi rendersene conto gli prese una mano tra le proprie notando che la sua era molto fredda.

“Mi nascondete un segreto. Tu e gli altri, intendo”, disse ad un tratto fissandolo, in tono quasi freddo. Ma pensava che si fosse addormentato e che non l’avesse sentita, così sobbalzò quando lo sentì risponderle. “Può darsi”. Allora lo sentì stringerle la mano ancora di più e lei ricambiò la stretta. “Chi è tua madre?”

Il ragazzo si umettò le labbra prima di risponderle, sempre con gli occhi chiusi. “Una donna bellissima e piena di talento. Mi cantava le ninna nanne prima di addormentarmi”.

“Le somigli?”

James piegò le labbra in un sorriso sghembo. “Dicono che somiglio a mio padre”.

E allora fu pervasa dal senso di consapevolezza. Martha aveva finalmente avuto la risposta che cercava e, come in automatico, la mano libera da quella di James corse alla sua pancia e a quella piccola sporgenza che ancora non c’era.

“Dovresti dargli un’altra possibilità. A papà”, mormorò il ragazzo ormai mezzo addormentato.

 

“Joeeeeeeel!”

John era rimasto praticamente paralizzato sul posto quando aveva visto l’amico sprofondare di sotto e non era riuscito a fare niente per evitarlo.
Sirius, rimasto con gli altri all’inizio del ponte, era corso immediatamente nella sua direzione, senza preoccuparsi dell’instabilità del ponte. Harry fece per seguirlo, ma il padre glielo impedì trattenendolo per una spalla.

Solo quando l’uomo lo ebbe raggiunto, Paciock sembrò risvegliarsi e subito si inginocchiò per guardare attraverso le assi crollate.

“Joel!” esclamò John. Il ragazzo, penzoloni, si reggeva con entrambe le mani a un’asse di ferro che era rimasta attaccata ad un chiodo.

“Grazie a Merlino!” esclamò Sirius, le guance tutto d’un colpo tornate del loro colore normale. Ora però bisognava tirarlo su perché quell’asse non avrebbe retto ancora a lungo e, se fosse caduto nel fiume turbinoso e gelido, non si sarebbe di certo salvato. “Dammi la mano”, gli gridò allungandogli il braccio destro.
Il ragazzo staccò la propria, pregando di riuscire a reggersi con una mano sola, e la allungò verso il padre. Solo che questi era troppo in alto e non ci arrivava. L’uomo provò ad allungarsi oltre il bordo ma anche lui rischiava di cadere.

“Prendiamo la corda!” esclamò John mettendo a terra lo zaino.

Joel, però, trattenendo il respiro e raccogliendo il coraggio, usò la trave di ferro come leva e si diede una spinta verso sinistra per riuscire a raggiungere la mano del padre. L’afferrò al volo e lasciò cadere l’unico appiglio che aveva e che si staccò sprofondando di sotto.
Allora anche John si protese per prendergli l’altra mano e, lui e Sirius, riuscirono a tirarlo su non senza fatica.
Si ritrovarono tutti e tre stesi sul ponte col fiato grosso e i corpi che tremavano, un po’ per la fatica e un po’ per la paura.

“Andiamocene”, concluse infine Joel, rialzandosi. Fecero segno agli altri di muoversi e, con molta più cautela di prima, raggiunsero l’altra parte del ponte.

 

Ted camminava avanti e indietro per la stanza, preoccupato e nervoso come forse non lo era mai stato. Emmie, seduta sulla poltrona, lo guardava quasi ipnotizzata.

“E se non tornassero in tempo?  E se non tornassero affatto?”

Victoire sospirò per l’ennesima volta. L’amico non aveva fatto altro che esprimere quelle ipotesi per tutto il giorno e aveva cominciato a diventare noioso. Oltretutto non sopportava sentirlo parlare così. Non lo sopportava nessuno.
Potevano capire che il ragazzo era un po’ pessimista e che vedeva sempre il bicchiere mezzo vuoto, però ora iniziava a superare il limite. Teddy, dal canto suo, invece, se la prendeva con gli altri perché credeva che stessero sottovalutando la cosa e che non la stessero affrontando nella maniera giusta.
Però, accidenti… si trattava di James, del suo migliore amico, di… della persona a cui voleva più bene al mondo insieme alla sua famiglia. Praticamente per lui era quel fratello che non aveva mai avuto.

“Ti vuoi dare una calmata, Teddy? Stai scavando un buco nel pavimento”, gli fece notare Vicky, spostandosi una ciocca di capelli biondi sfuggita alla treccia.

Il ragazzo però continuò la sua passeggiata come se da ciò dipendesse la sua vita.

“Sapete dov’è Ariel?” chiese la bionda.

“Non lo so. Forse dai Weasley”, le rispose Emmie, incrociando le gambe sulla poltrona.

“Uff… sparisce sempre quando c’è qualche problema”.

“E’ fatta così”.

Ted in quel momento la capiva benissimo, anche lui avrebbe voluto sparire, da un lato. Dall’altro, però, sentiva la necessità di stare lì, vicino a James. E poi, lui non era uno che scappava di fronte ai problemi.

Vicky, ad un tratto, si allontanò dalla sua posizione vicino al camino, si avvicinò al ragazzo e, presolo per le spalle, lo spinse verso la sedia più vicina. Non lo mollò finché non ebbe annegato i propri occhi in quelli dorati di lui. “Datti una calmata. Mi stai facendo venire mal di testa”. Ted restò a guardarla come un cucciolo ferito. “Gli altri torneranno presto e James starà bene”. Gli sorrise dolcemente e il ragazzo si sentì subito più confortato e le sue spalle si rilassarono. Victoire gli faceva sempre quell’effetto, il suo sorriso, le fossette sulle guance che le comparivano… quella ragazza aveva un potere su di lui che nessun altro aveva. “E adesso resta seduto lì che ti faccio una bella tazza di tè”.
La bionda si allontanò ancheggiando per raggiungere il fornello, mentre lo sguardo di Ted la seguiva come attratto.
Vicky era bellissima, innegabilmente bellissima.

E tu sei un fottuto licantropo, Ted.

 

“Hai fame?”

Joel quasi sobbalzò sentendo la voce del padre che gli si era avvicinato da dietro. Doveva stare più attento, non poteva distrarsi così.

“No, sono a posto”.

Sirius gli si affiancò e rimase accanto a lui a guardare le stelle che splendevano in cielo. “Quella è la costellazione di Orione”, indicò a un certo punto, puntando l’indice verso un gruppo di stelle.

“Lo so. Me l’hai insegnato quando ancora non sapevo parlare”.

“Oh, allora ho fatto qualcosa di utile”.

Joel gli lanciò una strana occhiata e poi scoppiò a ridere, seguito dal padre. “Sì, l’hai fatto”.

“E che altro ti ho insegnato?”

“Be’… mi hai insegnato a volare. Sono più bravo di James. E di Ariel. Ma lei soffre di vertigini per cui non vale”.

Sirius rimase in silenzio. Chissà come era stato per loro, com’era stata la loro vita, com’era stato come padre. Non vedeva l’ora di scoprirlo e non vedeva l’ora di crescere quei ragazzi che, certo, ne avevano viste tante, però erano così… così speciali.
Se una volta gli avessero detto che avrebbe avuto dei figli e che ne sarebbe stato felice… non ci avrebbe mai creduto e avrebbe preso per pazza questa persona.

“E a loro cos’ho insegnato”.

Joel si girò verso il padre e lo guardò con espressione seria. “Non sono bravo coi sentimentalismi. A quello ci pensa James”.

L’uomo sorrise e gli pose una mano sulla spalla. “D’accordo. Come vuoi. Meglio se ora dormiamo. Domani abbiamo ancora strada da fare”.

 

 

MILLY’S SPACE

Sicuramente vi siete chiesti che fine ha fatto Milly. Non sono morta, tranquilli. Solo sono stata sommersa dai libri, dalla scuola e da tutte le altre cose che mi hanno tenuta parecchio impegnata. Chiedo scusa.
Spero vi ricordiate ancora di questa storia.

Va be’, non vi trattengo molto. Lasciatemi qualche recensione e venitemi a visitare sulla mia pagina Face.

Un bacione,

M.

PUFFOLA_LILY: ehehe, piaciuta la scenetta tra JamesRemus e Jolie? Comunque, come hai potuto vedere, Joel si è salvato. Eh, mica potevo ucciderlo. Comunque, scusami per il ritardo, cercherò di non farlo più succedere. Spero di risentirti ancora, chissà se ti ricordi di me e di questa storia ^^ ahaha, un bacione. M.

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: millyray