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Autore: Polaris_Nicole    16/04/2014    3 recensioni
Ciao a tutti, questa è la mia prima fanfiction.
Ero un po' diffidente dal pubblicarla, ma mi sono lasciata convincere da un'amica.
Ho sempre ritenuto Nico e Leo come due sfaccettature del mio carattere: Nico rappresenta la parte ribelle, che ha sofferto e simboleggia il mio desiderio di rivalsa; Leo invece rappresenta la voglia di vivere, il non voler mai far soffrire i propri amici, anche se dentro si nasconde un dolore ancora più grande ...
Ho sempre immaginato il contrasto che si sarebbe creato tra queste due parti che, pur essendo così diverse, sono capaci di completarsi.
Spero che la storia vi piaccia, non dimenticate di recensire!
[Valdangelo] [accenni alla Pernico]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Leo Valdez, Nico di Angelo
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Non riuscivo a sopportarlo, non riuscivo neanche a guardarlo negli occhi. Come potevo? Con tutto quel suo buon umore, la sua ironia e tutto il resto? Mi sarebbe venuto da vomitare ancor prima di scorgere i suoi occhi color nocciola, il suo sorriso rassicurante e i riccioli che gli ricadevano perfettamente scomposti sui contorni del viso dalla carnagione ambrata. Lo trovavo così … innaturale. Come se stesse nascondendo un segreto, una sua debolezza molto probabilmente, ma gli altri sono troppo ciechi per accorgersene, illudendosi che il sorriso impresso sul volto del Ragazzo di Fuoco fosse reale, e non che rappresentasse per lui una maschera. Anche adesso che lo osservo in lontananza, nascosto dalla cupa ombra di un albero, riesco a scorgere la falsità nei suoi occhi. Mi sono dimenticato di presentarmi, mi chiamo Nico di Angelo, figlio di Ade, dio dei morti. Penso sia questo il motivo principale per cui nessuno sopporta di avermi vicino, è il mio aspetto macabro, la mia insofferenza nei confronti della luce del sole, la mia aura mortifera … insomma, la compagnia ideale. Ad ogni modo, me ne stavo rannicchiato contro la corteccia di un albero per combattere il caldo soffocante di quella giornata di luglio. "Leo smettila! … Così mi fai morire!" esclamò Grover tra una risata e l’altra. "non è colpa mia se la maglietta è difettosa!" rispose Leo offeso senza nascondere una risata. Perfetto, quando si parla del diavolo … Non riuscivo a capire da dove venissero le voci, fino a quando non scorsi l’orrendo e sbiadito color arancione delle magliette del Campo Mezzosangue. C’erano Percy, Annabeth, Grover e – poiché l’universo mi odia – Leo incastrato nella sua maglietta del Campo mentre tentava di togliersela. Gettai la testa all’indietro facendola entrare in collisione con il tronco dell’albero: pessima idea. Appena la mia testa toccò l’albero, lo fece con tanta violenza che gemetti di dolore e gli altri notarono la mia presenza. "hey Nico! Che fai lì tutto solo?" chiese Leo avvicinandosi con quel sorriso smielato che mi faceva diventare matto dalla rabbia, notai che era ancora incastrato nella maglietta dalla quale si scorgevano i suoi pettorali, ma lui non sembrava farci caso – oppure non voleva – . Mi alzai di scatto. "Gira a largo, Valdez" dissi lanciandogli un’occhiata minacciosa, Lui mi guardò confuso, in effetti, era la prima volta che mi comportavo in quel modo nei suoi confronti. "ma che hai? Qualcosa non va?" mi chiese sistemandosi di nuovo la maglietta e passandosi una mano trai ricci ribelli. Fu così che per la prima volta nella sua vita, Leo perse il sorriso per far spazio ad uno sguardo serio, sapevo di non poter sopportare la sua allegria, ma mi dava fastidio anche che utilizzasse quello sguardo solo in mia presenza, è un controsenso, ma non sopporto di essere reputato … diverso. Certo, due terzi del Campo Mezzosangue mi reputa “diverso”, ma ciò non significa che mi piaccia. "Nico? Ci sei? Sicuro che non ci sia nessun problema?" chiese ancora. esclamai con un impeto di rabbia dimezzando la distanza tra noi due, quando gli fui abbastanza vicino, lo spinsi con forza, per fargli recepire al meglio il messaggio. Leo era un figlio di Efesto e, sebbene non fosse molto robusto, di certo non era scheletrico come me, quindi, con la mia spinta riuscii semplicemente a farlo barcollare all’indietro, ma non mi importava. "Nico, cosa stai …?" era stata la voce di Percy a parlare, ma era stata messa a tacere da un mio sguardo di fuoco … no, non di fuoco, uno sguardo di ghiaccio. "sta tranquillo Percy, non fa niente" disse Leo con il suo immancabile sorriso, stavo per esplodere, ormai non riuscivo più a contenere la rabbia. Mi avvicinai a Leo, abbastanza da poterlo guardare dritto negli occhi, lui mi sorrise con fare insicuro, gli stavo regalando uno dei miei sguardi più letali, eppure lui sorrideva ancora. "non mi provocare Valdez, non ti conviene" dissi con tono calmo, un tono tanto in contrapposizione con il mio sguardo omicida che non mi stupii nel vederlo irrigidirsi all’improvviso. Rivolsi un ultimo sguardo ai quattro, rimasti ammutoliti dal sottoscritto, e me ne andai verso la cabina numero tredici, determinato a non voltarmi per nessun motivo, neanche se ci fosse stato un incendio improvviso e, se ci fosse veramente stato, di certo non avrei avuto dubbi su di chi fosse la colpa.
  
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