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Autore: Efthalia    26/04/2014    4 recensioni
{Pernico} {Forti accenni alla Percabeth}
È Pasqua, e Nico si sente più solo che mai. Passa le festività tra morti, Coca Cola e Happy Meal, ma un ragazzo di nostra conoscenza cambierà le sue tradizioni...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Detestavo le festività di tutte le religioni, ormai. Esse non facevano altro che sottolineare quanto fossi solo e indesiderato e okay, non che durante il resto dell’anno mi illudessi del contrario, ma... ma durante quelle feste sentivo l’estremo bisogno di compagnia, di qualcuno di vivo accanto a me. 
Passeggiavo lentamente tra i negozi le cui vetrine erano decorate da uova di Pasqua, pulcini, conigli, agnellini e idiozie varie e cercavo di non farmi investire dall’orda di gente di tutte le età che correva a fare acquisti. Registravo le facce di ognuno di loro: chi era felice, chi era nervoso, chi aveva premura. I bambini sembravano nati per fare capricci e piangere fino a farsi sentire dall’Olimpo e per un istante fui felice di non far parte di nessuna vera famiglia. Una piccola parte di me, però, sapeva perché avevo deciso di andare in quel posto caotico: mi piaceva vedere la gente felice. Cercavo di imitarli, di risucchiare un briciolo della loro gioia per aver ancora voglia di vivere. Desideravo ardentemente avere una vita come qualsiasi mio coetaneo: tenere per mano la persona che si ama, farle regali, litigare per poi dimenticare tutto con un bacio, pranzare insieme alla famiglia nella domenica di Pasqua e in qualsiasi altra domenica. In qualsiasi altro giorno. 
Cercai di non pensarci, di far finta di essere come qualsiasi altro ragazzo. Cancellai dalla mente il fatto di essere un semidio figlio di Ade, di essere disprezzato dalla mia “famiglia” e persino da quelli come me, di essere innamorato di...
NO.
NON. DOVEVO. NEMMENO. PENSARE. A. UNA. COSA. DEL. GENERE.
Ero così preso dal convincere me stesso che andai a sbattere contro un uomo di mezza età, facendogli cadere l’enorme coniglio di cioccolato che portava in mano. 
– M-mi scusi. Io... mi scusi – dissi frettolosamente. 
L’uomo barbuto mi fissò male e ringhiò. – Si è rotto, razza di idiota! 
Non sapevo cosa dire. La gente iniziava a fissarci e captai numerosi mormorii che non mi trasmettevano nulla di buono. Probabilmente mi etichettarono come il tipico ragazzino combina guai. E cavolo, se lo ero.
– Dovrei chiederti di pagarmelo! – disse duramente, attirando ancora di più l’attenzione.
Mi venne da piangere, ma cercai di non darlo a vedere. Per un attimo ebbi l’idea di scappare, ma c’erano troppe persone che mi avrebbero solo rallentato e giudicato come un delinquente. 
– Non ho soldi – ammisi con voce acuta, poi iniziai a vedere offuscato a causa delle lacrime. 
Il signore parve addolcirsi quando capì che dicevo la verità. – Va bene, ragazzino. Lascio perdere solo perché è Pasqua.
Mi diede una forte pacca sulla spalla e, sorprendendomi, mi porse il coniglio di cioccolato. 
– Hai bisogno di mangiare, teppistello. Prendilo pure, chi se ne importa – borbottò col cenno di un sorriso, poi se ne andò come se niente fosse.  
La gente continuava a circondami e alcune mamme mi fissarono disgustate. Riuscivo quasi a leggergli nei pensieri: “un ragazzino combinato in questo modo... che razza di genitori sono, i suoi? È una vergogna, un pericolo per i nostri figli viziati e capricciosi!”. 
Senza dire niente e senza attirare ulteriormente l’attenzione, mi strinsi il coniglio di cioccolato sul petto e continuai a camminare tenendo gli occhi bassi. 
Non seppi quanto camminai quando qualcosa attirò la mia attenzione. Ero davanti all’ennesima cioccolateria ed esposti nella vetrina c’erano una dozzina di statuine che raffiguravano gli dei dell’Olimpo. Zeus naturalmente stava al centro di tutti gli altri con la sua folgore in mano e accanto a lui c’era quella pazza di sua moglie Era, rappresentata con il suo potente bastone con la punta a forma di fiore di loto. Vidi anche gli altri: Poseidone, Efesto, Ares, Apollo, Artemide, Afrodite, Atena, Ermes, Dioniso, Demetra. E naturalmente mancava Ade, constatai con un sorriso amaro. Mi allontanai dalla vetrina e decisi di entrare nella cioccolateria. Volevo sapere i prezzi. 
Non lo feci mai. 
Stavo per salire due scalini dall’aria non poi tanto omicida quando una foto di loro invase il mio campo visivo insieme alla scritta I love you, Wise Girl e il naso mi si riempiva dell’odore meraviglioso del cioccolato bianco. 
Non mi sentii i piedi per terra e fu lì che capii di stare impazzendo. O magari era solo un incubo. 
Poi capii che in realtà ero caduto rovinosamente per terra e niente di meno che Percy Jackson mi sovrastava insieme a un enorme uovo di Pasqua personalizzato che sfortunatamente non si era spaccato. Fu proprio quello la prima cosa che studiai, perché era più bello persino di lui: era di cioccolato bianco e al centro era stampata una foto di Percy e Annabeth che si baciavano teneramente, incorniciata da una serie di stelle marine, alghe, piccoli cervelli e libri. Sopra la cornice di strani assortimenti c’era una scritta blu glassata che non avevo nuovamente voglia di leggere. 
Sentii un pugnale ghiacciato che penetrava dentro al cuore e quasi sussultai. Per non guardare un secondo di più quella maledetta meraviglia, alzai la testa al cielo e mi accasciai sul marciapiedi con un piccolo gemito. 
– Nico?! – esclamò Percy stupito. 
Serrai i pugni per non piangere e per non urlargli contro la prima cosa che mi passava per la testa e rimasi in silenzio, pregando mio padre Ade di uccidere o me o lui. Evidentemente Ade era troppo impegnato a occuparsi delle continue raccomandazioni di Demetra riguardo i suoi stupidissimi cereali oppure voleva semplicemente assistere alla distruzione del suo sfigatissimo figlio, perché non successe nulla. 
Sentii dei passi e poi vidi Percy inginocchiarsi vicino a me. I miei occhi non poterono fare a meno di posarsi sui suoi, verdi come il mare più intenso e puro. I suoi capelli lisci e scuri... ah, quanto avrei voluto passarci la mano e accarezzarli! I suoi lineamenti mascolini ma belli e il suo sorriso incerto e preoccupato... tutto in lui fece fare ventordici serie di flessioni al mio cuore. 
– Nico? – mi chiamò, accigliato. Probabilmente aveva notato che lo fissavo con fare sognante, così chiusi per un secondo gli occhi e mi imposi di avere un minimo di dignità.
A malincuore, mi alzai dal marciapiedi e Percy mi aiutò con il suo solito altruismo. 
– Stai bene? Non mi hai detto una parola! – esclamò. 
– Sto bene, sto bene! Tu, piuttosto... tu non stai bene di cervello! – esclamai. Ero troppo arrabbiato a causa di quell’uovo di cioccolato. Lui non doveva comprare uova di cioccolato a meno che non fossero destinate a me! – Come ti salta in mente di uscire da un negozio con una bomba nucleare come quella? – e indicai quell’ammasso di calorie. 
Lui mi fissò senza espressione, poi scoppiò a ridere. Mi imposi di non saltargli addosso quando gettò la testa indietro per ridere più forte, incurante della gente che ci fissava sinceramente turbata.  
Per un momento lo fissai nello stesso modo in cui ci fissava quella gente, poi presi il mio coniglio di cioccolato e me ne andai. Solo in quel modo Percy smise di ridere e mi inseguì e ci fermammo solamente quando fummo arrivati in un parco poco affollato. 
Mi sedetti su una panchina di pietra e aspettai che Percy dicesse qualcosa. Naturalmente, ero così estroverso da non sapere nemmeno come creare un discorso. 
– Allora, chi te l’ha regalato quel romantico coniglio di cioccolato? – chiese Percy, sorridendo maliziosamente.
Nella mia testa di affollarono una serie di efficaci scuse da poter raccontare: “oh, questo, dici? Mah, niente di che. È stata solo una modella di qualche anno in più di me che mi ama alla follia. Quaranta dollari buttati al vento, perché non me ne importa niente del genere femminile”. E naturalmente la parte finale era la pura verità, tanto che fui tentato di ammetterlo. 
– Un uomo sconosciuto e barbuto di mezz’età – dissi invece, facendo il broncio e mettendomi a braccia conserte. 
Capii che Percy si stava sforzando di non ridere e mi sentii preso in giro, ma non riuscii ad attaccarlo. 
– Che fai a Pasqua? – chiese allora, tanto per eliminare il silenzio creatosi.
Lo guardai stizzito e lui mi rivolse uno sguardo quasi impaurito che mi fece così tenerezza che decisi di dirglielo. – Avevo pensato a una festa in un parco abbandonato. Farò resuscitare qualche morto con un po’ di Happy Meal e Coca Cola. Tu?
Percy si schiarì la gola. Aveva ancora un’espressione impaurita. – Io sono a casa con mamma e lo Stoccafisso. E tu anche.
– Lo stocca... che? E perché io anche, poi? – chiesi sinceramente confuso. 
Percy ridacchiò. – Sei un po’ lento, eh? Ti ho invitato, scemo.
Mi sentii avvampare dalle punte secche dei miei capelli fino all’inutile mignolo. Perché dovevo essere così idiota? 
– Oh, sì... certo. Guarda che l’avevo capito, volevo solo esserne sicuro – mi difesi. 
Lui ridacchiò di nuovo e annuì. Giurai sullo Stige che se lo avesse fatto di nuovo lo avrei infilzato con la mia spada letale. 
Stavo per chiedere di nuovo cosa fosse lo stoccaqualcosa quando notai che stava fissando tristemente lo sdolcinato uovo. Okay, capivo che stare con una ragazza fosse qualcosa di triste, ma nel suo sguardo c’era qualcosa di strano. 
– Annabeth ci sarà? – indagai e nella mia testa pregai ogni dio di ogni religione che desse una risposta negativa. 
 – Non lo so. Cioè, no – rispose frettolosamente. 
Sentii il mio cuore ballare la hula, ma non lo diedi a vedere. Mi limitai ad annuire. Non sapevo cosa dire. Non ero molto bravo con le persone vive, ma sapevo che se avesse voluto parlarmene, lo avrebbe fatto senza che io glielo avessi chiesto. 
– Io e Annabeth abbiamo litigato – spiegò dopo un po’ di silenzio. – Non ci sentiamo da due giorni... mi manca. 
Da come lo disse fui quasi dispiaciuto per lui, poi ricordai che quello era il ragazzo che amavo. 
– Sono sicuro che farete pace. Insomma, siete Percy e Annabeth, la coppia più bella del Campo Mezzosangue – lo incoraggiai. Dicendo quelle parole mi sentii morire dentro, ma non riuscivo a sopportare la sua tristezza.
Fece una smorfia amareggiata. – Non esserne così sicuro, Nico. Io sto facendo di tutto per fare pace, ma lei non ne vuole sapere. Spero che questo uovo la addolcisca un po’. 
Cercai di trovarmi al posto di Annabeth. Per quanto potessi essere arrabbiato con lui, non sarei mai riuscito a resistere ai suoi occhioni tristi e all’uovo di cioccolato personalizzato in cui c’era scritto I love you, Ghost King. Annabeth era una ragazza senza cuore.
– Eh, lo spero anch’io. Non sopporto vederti in questo stato – dissi tra me e me.
Un secondo dopo capii che non lo dissi tra me e me. Lo avevo mormorato, e naturalmente Percy mi aveva sentito. Arrossii notevolmente e cercai di recuperare la situazione, ma non era facile con il suo sguardo incuriosito posato su di me. – Cioè, voglio dire... sei un mio amico. E non sopporto vedere tristi i miei amici. 
Percy parve crederci, infatti sorrise raggiante e mi mise un braccio attorno alle spalle. Iniziai a sudare. 
– Grazie... non ti facevo così affettuoso, Re degli Spettri – per un secondo l’immagine dell’uovo di Pasqua nato dalla mia fantasia con scritto I love you, Ghost King invase completamente la mia mente, e con uno slancio d’affetto mi avvicinai a Percy. Poi ovviamente mi maledissi. 
Restammo in quel modo per una mezz’ora piena e cercammo di allontanare Annabeth dalla conversazione. Ci concentrammo su Pasqua e sull’ipercalorico menu pasquale. Mi chiese una conferma e io gliela diedi senza esitazione. Mi disse allora di venire di mattina presto, così avremmo cucinato insieme, dato che sua mamma aveva delle cose da fare quella mattina. 
Io non avevo mai cucinato in tutta la mia misera vita, ma l’idea mi eccitava parecchio. Non vedevo l’ora di cucinare insieme a Percy. Avrei potuto buttargli la farina in faccia oppure fargli i baffi con la crema pasticcera. Avrei potuto toccarlo con la scusa di scrollargli via il cacao in polvere. 
Non vedevo l’ora, per Ade.
Finalmente mi sentivo felice come qualsiasi ragazzo della mia età: avrei passato la Pasqua insieme al ragazzo che amavo e probabilmente avremmo litigato. E chissà se avremmo dimenticato il litigio con un bacio!

Detestavo le festività di tutte le religioni, ormai. Esse non facevano altro che sottolineare quanto fossi solo e indesiderato e okay, non che durante il resto dell’anno mi illudessi del contrario, ma... ma durante quelle feste sentivo l’estremo bisogno di compagnia, di qualcuno di vivo accanto a me. 
Passeggiavo lentamente tra i negozi le cui vetrine erano decorate da uova di Pasqua, pulcini, conigli, agnellini e idiozie varie e cercavo di non farmi investire dall’orda di gente di tutte le età che correva a fare acquisti. Registravo le facce di ognuno di loro: chi era felice, chi era nervoso, chi aveva premura. I bambini sembravano nati per fare capricci e piangere fino a farsi sentire dall’Olimpo e per un istante fui felice di non far parte di nessuna vera famiglia. Una piccola parte di me, però, sapeva perché avevo deciso di andare in quel posto caotico: mi piaceva vedere la gente felice. Cercavo di imitarli, di risucchiare un briciolo della loro gioia per aver ancora voglia di vivere. Desideravo ardentemente avere una vita come qualsiasi mio coetaneo: tenere per mano la persona che si ama, farle regali, litigare per poi dimenticare tutto con un bacio, pranzare insieme alla famiglia nella domenica di Pasqua e in qualsiasi altra domenica. In qualsiasi altro giorno. 
Cercai di non pensarci, di far finta di essere come qualsiasi altro ragazzo. Cancellai dalla mente il fatto di essere un semidio figlio di Ade, di essere disprezzato dalla mia “famiglia” e persino da quelli come me, di essere innamorato di...
NO.
NON. DOVEVO. NEMMENO. PENSARE. A. UNA. COSA. DEL. GENERE.
Ero così preso dal convincere me stesso che andai a sbattere contro un uomo di mezza età, facendogli cadere l’enorme coniglio di cioccolato che portava in mano. 
– M-mi scusi. Io... mi scusi – dissi frettolosamente. 
L’uomo barbuto mi fissò male e ringhiò. – Si è rotto, razza di idiota! 
Non sapevo cosa dire. La gente iniziava a fissarci e captai numerosi mormorii che non mi trasmettevano nulla di buono. Probabilmente mi etichettarono come il tipico ragazzino combina guai. E cavolo, se lo ero.
– Dovrei chiederti di pagarmelo! – disse duramente, attirando ancora di più l’attenzione.
Mi venne da piangere, ma cercai di non darlo a vedere. Per un attimo ebbi l’idea di scappare, ma c’erano troppe persone che mi avrebbero solo rallentato e giudicato come un delinquente. 
– Non ho soldi – ammisi con voce acuta, poi iniziai a vedere offuscato a causa delle lacrime. 
Il signore parve addolcirsi quando capì che dicevo la verità. – Va bene, ragazzino. Lascio perdere solo perché è Pasqua.
Mi diede una forte pacca sulla spalla e, sorprendendomi, mi porse il coniglio di cioccolato. 
– Hai bisogno di mangiare, teppistello. Prendilo pure, chi se ne importa – borbottò col cenno di un sorriso, poi se ne andò come se niente fosse.  
La gente continuava a circondami e alcune mamme mi fissarono disgustate. Riuscivo quasi a leggergli nei pensieri: “un ragazzino combinato in questo modo... che razza di genitori sono, i suoi? È una vergogna, un pericolo per i nostri figli viziati e capricciosi!”. 
Senza dire niente e senza attirare ulteriormente l’attenzione, mi strinsi il coniglio di cioccolato sul petto e continuai a camminare tenendo gli occhi bassi. 
Non seppi quanto camminai quando qualcosa attirò la mia attenzione. Ero davanti all’ennesima cioccolateria ed esposti nella vetrina c’erano una dozzina di statuine che raffiguravano gli dei dell’Olimpo. Zeus naturalmente stava al centro di tutti gli altri con la sua folgore in mano e accanto a lui c’era quella pazza di sua moglie Era, rappresentata con il suo potente bastone con la punta a forma di fiore di loto. Vidi anche gli altri: Poseidone, Efesto, Ares, Apollo, Artemide, Afrodite, Atena, Ermes, Dioniso, Demetra. E naturalmente mancava Ade, constatai con un sorriso amaro. Mi allontanai dalla vetrina e decisi di entrare nella cioccolateria. Volevo sapere i prezzi. 
Non lo feci mai. 
Stavo per salire due scalini dall’aria non poi tanto omicida quando una foto di loro invase il mio campo visivo insieme alla scritta I love you, Wise Girl e il naso mi si riempiva dell’odore meraviglioso del cioccolato bianco. 
Non mi sentii i piedi per terra e fu lì che capii di stare impazzendo. O magari era solo un incubo. 
Poi capii che in realtà ero caduto rovinosamente per terra e niente di meno che Percy Jackson mi sovrastava insieme a un enorme uovo di Pasqua personalizzato che sfortunatamente non si era spaccato. Fu proprio quello la prima cosa che studiai, perché era più bello persino di lui: era di cioccolato bianco e al centro era stampata una foto di Percy e Annabeth che si baciavano teneramente, incorniciata da una serie di stelle marine, alghe, piccoli cervelli e libri. Sopra la cornice di strani assortimenti c’era una scritta blu glassata che non avevo nuovamente voglia di leggere. 
Sentii un pugnale ghiacciato che penetrava dentro al cuore e quasi sussultai. Per non guardare un secondo di più quella maledetta meraviglia, alzai la testa al cielo e mi accasciai sul marciapiedi con un piccolo gemito. 
– Nico?! – esclamò Percy stupito. 
Serrai i pugni per non piangere e per non urlargli contro la prima cosa che mi passava per la testa e rimasi in silenzio, pregando mio padre Ade di uccidere o me o lui. Evidentemente Ade era troppo impegnato a occuparsi delle continue raccomandazioni di Demetra riguardo i suoi stupidissimi cereali oppure voleva semplicemente assistere alla distruzione del suo sfigatissimo figlio, perché non successe nulla. 
Sentii dei passi e poi vidi Percy inginocchiarsi vicino a me. I miei occhi non poterono fare a meno di posarsi sui suoi, verdi come il mare più intenso e puro. I suoi capelli lisci e scuri... ah, quanto avrei voluto passarci la mano e accarezzarli! I suoi lineamenti mascolini ma belli e il suo sorriso incerto e preoccupato... tutto in lui fece fare ventordici serie di flessioni al mio cuore. 
– Nico? – mi chiamò, accigliato. Probabilmente aveva notato che lo fissavo con fare sognante, così chiusi per un secondo gli occhi e mi imposi di avere un minimo di dignità.
A malincuore, mi alzai dal marciapiedi e Percy mi aiutò con il suo solito altruismo. 
– Stai bene? Non mi hai detto una parola! – esclamò. 
– Sto bene, sto bene! Tu, piuttosto... tu non stai bene di cervello! – esclamai. Ero troppo arrabbiato a causa di quell’uovo di cioccolato. Lui non doveva comprare uova di cioccolato a meno che non fossero destinate a me! – Come ti salta in mente di uscire da un negozio con una bomba nucleare come quella? – e indicai quell’ammasso di calorie. 
Lui mi fissò senza espressione, poi scoppiò a ridere. Mi imposi di non saltargli addosso quando gettò la testa indietro per ridere più forte, incurante della gente che ci fissava sinceramente turbata.  
Per un momento lo fissai nello stesso modo in cui ci fissava quella gente, poi presi il mio coniglio di cioccolato e me ne andai. Solo in quel modo Percy smise di ridere e mi inseguì e ci fermammo solamente quando fummo arrivati in un parco poco affollato. 
Mi sedetti su una panchina di pietra e aspettai che Percy dicesse qualcosa. Naturalmente, ero così estroverso da non sapere nemmeno come creare un discorso. 
– Allora, chi te l’ha regalato quel romantico coniglio di cioccolato? – chiese Percy, sorridendo maliziosamente.
Nella mia testa di affollarono una serie di efficaci scuse da poter raccontare: “oh, questo, dici? Mah, niente di che. È stata solo una modella di qualche anno in più di me che mi ama alla follia. Quaranta dollari buttati al vento, perché non me ne importa niente del genere femminile”. E naturalmente la parte finale era la pura verità, tanto che fui tentato di ammetterlo. 
– Un uomo sconosciuto e barbuto di mezz’età – dissi invece, facendo il broncio e mettendomi a braccia conserte. 
Capii che Percy si stava sforzando di non ridere e mi sentii preso in giro, ma non riuscii ad attaccarlo. 
– Che fai a Pasqua? – chiese allora, tanto per eliminare il silenzio creatosi.
Lo guardai stizzito e lui mi rivolse uno sguardo quasi impaurito che mi fece così tenerezza che decisi di dirglielo. – Avevo pensato a una festa in un parco abbandonato. Farò resuscitare qualche morto con un po’ di Happy Meal e Coca Cola. Tu?
Percy si schiarì la gola. Aveva ancora un’espressione impaurita. – Io sono a casa con mamma e lo Stoccafisso. E tu anche.
– Lo stocca... che? E perché io anche, poi? – chiesi sinceramente confuso. 
Percy ridacchiò. – Sei un po’ lento, eh? Ti ho invitato, scemo.
Mi sentii avvampare dalle punte secche dei miei capelli fino all’inutile mignolo. Perché dovevo essere così idiota? 
– Oh, sì... certo. Guarda che l’avevo capito, volevo solo esserne sicuro – mi difesi. 
Lui ridacchiò di nuovo e annuì. Giurai sullo Stige che se lo avesse fatto di nuovo lo avrei infilzato con la mia spada letale. 
Stavo per chiedere di nuovo cosa fosse lo stoccaqualcosa quando notai che stava fissando tristemente lo sdolcinato uovo. Okay, capivo che stare con una ragazza fosse qualcosa di triste, ma nel suo sguardo c’era qualcosa di strano. 
– Annabeth ci sarà? – indagai e nella mia testa pregai ogni dio di ogni religione che desse una risposta negativa. 
 – Non lo so. Cioè, no – rispose frettolosamente. 
Sentii il mio cuore ballare la hula, ma non lo diedi a vedere. Mi limitai ad annuire. Non sapevo cosa dire. Non ero molto bravo con le persone vive, ma sapevo che se avesse voluto parlarmene, lo avrebbe fatto senza che io glielo avessi chiesto. 
– Io e Annabeth abbiamo litigato – spiegò dopo un po’ di silenzio. – Non ci sentiamo da due giorni... mi manca. 
Da come lo disse fui quasi dispiaciuto per lui, poi ricordai che quello era il ragazzo che amavo. 
– Sono sicuro che farete pace. Insomma, siete Percy e Annabeth, la coppia più bella del Campo Mezzosangue – lo incoraggiai. Dicendo quelle parole mi sentii morire dentro, ma non riuscivo a sopportare la sua tristezza.
Fece una smorfia amareggiata. – Non esserne così sicuro, Nico. Io sto facendo di tutto per fare pace, ma lei non ne vuole sapere. Spero che questo uovo la addolcisca un po’. 
Cercai di trovarmi al posto di Annabeth. Per quanto potessi essere arrabbiato con lui, non sarei mai riuscito a resistere ai suoi occhioni tristi e all’uovo di cioccolato personalizzato in cui c’era scritto I love you, Ghost King. Annabeth era una ragazza senza cuore.
– Eh, lo spero anch’io. Non sopporto vederti in questo stato – dissi tra me e me.
Un secondo dopo capii che non lo dissi tra me e me. Lo avevo mormorato, e naturalmente Percy mi aveva sentito. Arrossii notevolmente e cercai di recuperare la situazione, ma non era facile con il suo sguardo incuriosito posato su di me. – Cioè, voglio dire... sei un mio amico. E non sopporto vedere tristi i miei amici. 
Percy parve crederci, infatti sorrise raggiante e mi mise un braccio attorno alle spalle. Iniziai a sudare. 
– Grazie... non ti facevo così affettuoso, Re degli Spettri – per un secondo l’immagine dell’uovo di Pasqua nato dalla mia fantasia con scritto I love you, Ghost King invase completamente la mia mente, e con uno slancio d’affetto mi avvicinai a Percy. Poi ovviamente mi maledissi. 
Restammo in quel modo per una mezz’ora piena e cercammo di allontanare Annabeth dalla conversazione. Ci concentrammo su Pasqua e sull’ipercalorico menu pasquale. Mi chiese una conferma e io gliela diedi senza esitazione. Mi disse allora di venire di mattina presto, così avremmo cucinato insieme, dato che sua mamma aveva delle cose da fare quella mattina. 
Io non avevo mai cucinato in tutta la mia misera vita, ma l’idea mi eccitava parecchio. Non vedevo l’ora di cucinare insieme a Percy. Avrei potuto buttargli la farina in faccia oppure fargli i baffi con la crema pasticcera. Avrei potuto toccarlo con la scusa di scrollargli via il cacao in polvere. 
Non vedevo l’ora, per Ade.
Finalmente mi sentivo felice come qualsiasi ragazzo della mia età: avrei passato la Pasqua insieme al ragazzo che amavo e probabilmente avremmo litigato. E chissà se avremmo dimenticato il litigio con un bacio!

 

 

 

 

 

Noiose note d'autrice

Salve, semidei!

Ecco, finalmente sono tornata con l'ennesima Pernico. E visto che siamo ancora nel periodo di Pasqua, ho deciso di essere ancora in tempo per pubblicarla. Comunque, la ff non segue la trama della seconda serie, quindi scusate ma niente Bad Boy Supreme. :(

Prima di buttate pomodori e uova marce, calcolate che ho pubblicato la ff con li smartphone, quindi scusate se si vede male o roba simile. Il mio PC purtroppo è sprofondato negli abissi più oscuri del Tartaro. 

Un'ultima cosa! In principio, la ff è nata come OS, ma ho deciso di dividerla in tre parti perché sarebbe stata troppo lunga da leggere.

Che altro dire, spero solo che vi piaccia! :D

  
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