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Autore: LilyLunaWhite    29/04/2014    1 recensioni
Due ragazzi apparentemente diversi, ma con un lato in comune: entrambi, indossano una maschera.
Due famiglie diverse.
L'odio di entrambi verso l'amore.
Però, cosa accadrebbe se i loro cuori cominciassero a battere?
Riusciranno, i due protagonisti, a imparare ad amare?
-Dalla storia.-
"Come ogni volta, quando incontravo il suo sguardo, notavo che erano privi di luce, spenti e questo mi metteva addosso un’inspiegabile tristezza.
Agii d’impulso, mi chinai e posai le mie labbra sulle sue. Constatai che erano fredde ma, allo stesso tempo, dolci.
Fu a quel contatto che riuscii a rispondere alla maggior parte delle mie domande.
"
Storia in fase di modifiche e sistemazioni.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo due: Mare e... Maschere.
 
P.O.V. Jenny
 
Anche se eravamo agli inizi di dicembre, il mare restava bellissimo. A causa del sole pallido e del cielo leggermente annuvolato e grigio, il mare era di un colore scuro, ma era calmo e increspato di tanto in tanto da qualche onda. Tenni lo sguardo sempre fisso su di esso, senza mai distoglierlo: sentivo il suo sguardo puntato su di me ed evitai di voltarmi per non incrociare i suoi occhi grigi.
«A cosa pensi?», mi domandò Raffaele in un sussurro, quasi a non voler spezzare l’armonia di quel luogo.
«A nulla.», borbottai di rimando. Non potevo dirgli che pensavo a tante cose e che finalmente mi sentivo in pace con me stessa.
«Dico seriamente.», continuò lui.
«Pensavo a come ucciderti.», volevo essere minacciosa, ma il tono della mia voce era rilassato e flebile e lui parve accorgersene perché, con la coda dell’occhio, lo vidi sorridere compiaciuto.
Tre a zero per lui.
Bene, stavo cominciando a perdere colpi e, tra tutte le persone al mondo, li stavo perdendo proprio con lui. Di bene in meglio. Purtroppo per me, quel luogo mi impediva di mentire e metteva a nudo le mie reali emozioni. Per questo preferivo restare in silenzio, per questo preferivo non guardarlo negli occhi. Perché non volevo che Raffaele si avvicinasse a me. Preferivo creare una certa distanza tra me e le persone e impedivo a chiunque di oltrepassare quel limite che imponevo. Ecco perché, da un anno circa, avevo sempre rifiutato gli inviti di mio padre a passeggiare sul mare, perché sapevo che, così facendo, non sarei riuscita a tenere tutti lontani da me.
«Voglio tornare a casa.», sussurrai, abbassando il viso.
«Non se ne parla nemmeno. Siamo appena arrivati e voglio restare qui un bel po’. Se ti do fastidio, fa' come se io non esistessi.», mentre parlò, si stese sul telo che aveva portato con sé e chiuse gli occhi.
Sospirai. Era davvero insopportabile e sapevo che senza di lui, però, non sarei potuta tornare a casa, visto che non avevo portato con me i soldi e non potevo comprarmi il biglietto per il bus, per non parlare del fatto che gli avevo promesso che non sarei scappata. Sì, mi aveva incastrata proprio bene.
Volsi lo sguardo verso di lui, trovandolo apparentemente addormentato. Lo mossi leggermente, ma non aprì gli occhi. Poggiai il mio zainetto sul telo, mi tolsi le scarpe, arrotolai leggermente i pantaloni, scoprendo le caviglie, e, con cautela, guardandomi di tanto in tanto alle spalle, mi avvicinai alla riva, lasciando che l’acqua fredda di dicembre mi bagnasse i piedi. Era davvero gelida, però mi piaceva quella sensazione. Sorrisi divertita, respirando l’aria di quel luogo, serena.
«Finalmente hai sorriso.», mi sussurrò una voce alle mie spalle, spaventandomi.
Raffaele era al mio fianco, con lo sguardo puntato verso di me, mentre io ero diventata di marmo.
«Ehi, tutto bene?», mi domandò preoccupato, allungando una mano verso di me.
Allontanai con uno schiaffo la sua mano e indietreggiai. Non stava andando affatto bene. Abbassai il viso e dopo lunghi respiri ripresi il controllo di me stessa.
«Mi spieghi che vuoi da me?», alzai lo sguardo puntando i miei occhi su di lui, ritornando fredda e scontrosa.
«Farti sorridere, proprio come hai fatto prima. Come vedo, ne sei ancora capace.»
«Forse ti sfugge il fatto che io non voglio sorridere. Che io sto bene così. Poi, tra l’altro, chi ti ha detto di fare tutto ciò? Non io. Non puoi intrometterti nella mia vita e fare quello che ti pare, non hai alcun…», non riuscii a terminare perché Raffaele mi mise una mano sulla bocca tappandola.
«Lo voglio fare perché a te ci tengo e non provare a obiettare ancora. Ho visto, anche se solo per pochi attimi, chi sei realmente e sappi che farò di tutto per toglierti quella maschera di freddezza che ti sei costruita. Sono stato chiaro?», mentre mi parlava, teneva lo sguardo incatenato al mio e parlava con voce bassa e seria, priva di allegria. Non l’avevo mai sentito parlare in quel modo e non avevo mai visto il suo sguardo bruciare in quel modo.
Abbassai lo sguardo. Non sapevo come controbattere e poi, cosa avrei dovuto dirgli? Mi ero fatta fregare per bene. L’unica mia consolazione era che, dopo gli esami di maturità, mi sarei trasferita a Milano e avrei continuato lì i miei studi, lontano da lui. Dovevo solo trovare un modo per restargli distante fino a luglio, poi sarei sparita.
Mi tirò a sé, distogliendomi dai miei pensieri e abbracciandomi: «Ricordati che mi hai promesso che non saresti scappata da me e la promessa era generale, non relativa ad oggi.»
 
«Promettimi che non scapperai.»
«Promesso.»
 
Ripensai alla promessa e constatai che aveva ragione. Mi aveva fregata un’altra volta.
«Quello che io voglio, a te non interessa proprio?», borbottai allontanandolo con forza.
«Non hai voce in capitolo. Decido io.», ridacchiò Raffaele, riprendendo a sorridere.
«Vedi di alimentare di meno il tuo ego, mi infastidisce.»
«E tu vedi di non essere scontrosa, “mi infastidisce”.», mi fece il verso.
Sbuffai innervosita e cominciai a schizzarlo.
«Giuro che se non la finisci, ti affogo.», lo guardai in cagnesco continuando a schizzarlo.
«Tanto non ci riesci.», e per confermare le sue parole, mi prese per i fianchi e mi caricò in spalla.
«Mettimi giù, idiota.»
Anche se restavo scontrosa, dovevo ammettere che mi stavo divertendo. Forse, per una volta, potevo anche lasciarmi andare alle emozioni, proprio come facevo una volta. Una volta non distruggerà di certo il muro che mi ero costruita l'anno precedente.
«Raffaele, mettimi giù.», dissi lasciandomi andare alle risate.
«E perché dovrei, piccola Jenny?»
«Perché te lo ordino.»
Stavo ridendo dopo tanto tempo e lo stavo facendo assieme a quel ragazzo che ritenevo insopportabile, troppo sicuro di sé e troppo sfacciato.
Passai così il mio pomeriggio al mare, tra risate e dispetti, in compagnia di un ragazzo che odiavo.
 
Era sera e stavamo mangiando un gelato seduti su una panchina. Raffaele mi aveva obbligata a prenderne uno prima di riaccompagnarmi a casa.
«Perché non mostri mai il sorriso che avevi oggi?», mi domandò ad un certo punto, «Sai, avresti molti ragazzi che ti fanno la corte.»
Lo guardai scioccata: «Forse non mi interessano i ragazzi?»
«Menti.»
«No.»
«Secondo me, sì.»
«Se non la finisci ti sporco con il gelato. Non contraddirmi.»
«Va bene, basta che eviti di fare la scontrosa.», borbottò, gonfiando le guance e facendomi ridere: sembrava un bambino piccolo.
«Vedi che io ho ragione? Non hai per niente ventidue anni, ne hai cinque.»
«Ehi, così distruggi il mio ego.»
«Quanto mi dispiace.», dissi ironica.
«Sei odiosa quando fai così.»
«Grazie per il complimento.»
Continuammo così per altri lunghi minuti, proseguendo a mangiare il gelato con calma. Forse alla fin fine, non era poi un ragazzo odioso, forse.
Stavamo camminando vicini e in silenzio, ma non in uno carico di tensione, anzi era piacevole.
Giunti alla sua moto, mi passò il casco e, prima di infilarmelo, posai lo sguardo nuovamente verso il mare. Mi era proprio mancato anche se, a causa sua, mi aveva fatto perdere molti punti contro quel ragazzo odioso di Raffaele.
«Krieger1, ti troviamo ovunque. Cos’è, hai trovato una nuova preda?»
Nel sentire quella voce, mi voltai e mi trovai quattro ragazzi in sella a delle moto di grossa cilindrata, senza casco e con dei ghigni che non promettevano nulla di buono. Il ragazzo che aveva parlato era in testa al gruppo e indossava una giacca di pelle nera e dei jeans strappati. Aveva i capelli tirati in su con il gel a formare una cresta e aveva dei piercing. È vero che l’apparenza inganna, ma il suo sguardo non ti aiutava di certo a cambiare idea.
Raffaele li ignorò, prendendomi un polso e tirandomi gentilmente a sé, senza mai dar loro le spalle e mettendomi lui il casco. Aveva lo sguardo privo di emozioni e i tratti del viso erano rigidi e marcati, così decisi di non allontanarmi e di lasciarmi aiutare.
«Krieger, cos’è, il gatto ti ha mangiato la lingua?», continuò il ragazzo di prima, facendo ridere i suoi amici.
Mi stavano facendo innervosire così, senza pensare alle conseguenze, mi tolsi il casco e li guardai uno ad uno.
«Vedete di sparire e di non importunarci.», urlai con rabbia.
«Tanto userà anche te e poi ti getterà come un giocattolo usato. Lo ha sempre fatto. Vero Krieger?»
Stavo per controbattere, ma Raffaele mi chiuse la bocca con una mano, avvicinandosi al mio orecchio e cominciando a sussurrare poche parole: «Mettiti il casco e non fiatare più.»
La sua voce era fredda e atona, priva di alcuna emozione, così come lo sguardo. Annuii lentamente e, senza farmelo ripetere due volte, rimisi il casco, lasciando che lui, nuovamente, me lo sistemasse.
«Giuseppe, da qui fino all’inizio dell’autostrada. Solo io e te. Se vinco, ci lascerai in pace.», Raffaele puntò il suo sguardo gelido sul ragazzo in testa al gruppo, parlando con calma e scandendo bene ogni parola.
«Se vinco io, lei sarà mia, sappilo.», rispose Giuseppe con un ghigno, «E lei sarà in sella con te.»
«Te lo scordi.»
«Detto io le regole.»
Osservai Raffaele. Aveva il viso, se possibile, ancora più contratto e stava decidendo. Avevo capito che stavano parlando di una gara motociclistica e anche molto pericolosa, dato che si sarebbe svolta tra le strade della città, e il fatto che ero io la posta in gioco mi faceva rabbrividire. Come al solito mi cacciavo nei guai. Posai nuovamente lo sguardo su Raffaele: stava ancora valutando la proposta di Giuseppe.
Non so il perché, ma presi io la decisione che Raffaele non riusciva a prendere.
«Va bene.», urlai con voce ferma e sicura, ignorando lo sguardo di Raffaele nel sentire quelle due parole.
«Bene, la ragazza è saggia.», ghignò Giuseppe, cominciando a scommettere con i suoi amici.
«Ti rendi conto di quello che hai appena detto?», mi sussurrò Raffaele, avvicinandosi a me, «Quale parte del “non fiatare più”, non ti era chiara? Accidenti a te. Gareggiare in due sulla stessa moto è più difficile, soprattutto con una persona inesperta.», lo vidi scompigliarsi i capelli dalla preoccupazione.
«Scusa.», mormorai.
«Ormai il danno è fatto. Ascoltami bene. Su quella moto, stringiti forte a me e cerca di assecondare ogni mio movimento, così mi renderai le cose più semplici. Non voglio perdere e, soprattutto, non posso perdere.», puntò il suo sguardo freddo su di me e per la prima volta ebbi timore di lui.
«Ok.», sussurrai.
Addolcì lo sguardo e mi diede una pacca sulla spalla: «Andrà tutto bene, vedrai. Non avere mai paura e fidati di me, soprattutto in sella alla moto.»
Annuii piano, incapace di parlare. Avevo paura, ma se Raffaele era nei casini era anche a causa mia e della mia incapacità di tenere la bocca chiusa. Dunque, decisi di avere fiducia in lui e di non avere paura.
Quando lui ebbe indossato il casco ed era salito in moto, mi fece cenno di salire e io obbedii, stringendomi immediatamente a lui.
Fu questione di un attimo e la gara cominciò. La velocità era talmente elevata che mi toglieva il respiro e, al contempo, non faceva che aumentare l’adrenalina nel mio corpo. Avevo una paura folle, eppure quella paura mi piaceva, mi faceva sentire viva. Sentii una mano di lui sulle mie e io lo strinsi più forte per rassicurarlo, anche perché avevo paura nel sapere che stava guidando a quella velocità con una sola mano. A metà strada, la moto di Giuseppe era leggermente più avanti della nostra e, in quel tratto, cominciarono le curve, il che rese tutto più difficile. Avevo visto molte gare di moto GP e sapevo quali erano i movimenti, il difficile era coordinarli assieme a Raffaele, perché bastava poco e avremmo perso l’equilibrio. In quel tratto, Giuseppe riuscì a distanziarci di un po’ e io sentii Raffaele imprecare. Volevo chiudere gli occhi e stavo cominciando ad avere paura, ma cercai di resistere e di fidarmi del ragazzo che stavo stringendo in quel momento. Quando il tratto pieno di curve terminò, la strada si fece nuovamente rettilinea e, per nostra fortuna, era anche poco trafficata. Raffaele accelerò ancora di più e in qualche minuto raggiungemmo Giuseppe, il quale aveva cominciato a rallentare a causa delle macchine davanti a sé, mentre Raffaele, inserendosi tra le due file della corsia, riuscì a superare l'avversario. Lentamente, voltai il capo alle mie spalle e vidi la moto di Giuseppe a pochi metri da noi e, ritornando a guardare davanti, l’entrata dell’autostrada che si avvicinava sempre di più. Il mio cuore cominciò a battere così forte che temevo sarei morta di infarto lì, su quella moto e in quell’istante. Solo dopo aver constatato che Raffaele, con un po’ d'astuzia, era riuscito a vincere, tirai un sospiro di sollievo.
Girai nuovamente la testa verso Giuseppe e notai che si era fermato ed aveva una postura rigida. Molto probabilmente era arrabbiato per aver perso quella gara.
Dal canto suo, Raffaele, cominciò a rallentare e, non appena sul nostro cammino trovammo un autogrill, si fermò.
Mi tolsi il casco stupita, scendendo assieme al ragazzo che avevo davanti.
«Perché ci siamo fermati qui?», domandai.
Lui, senza darmi alcuna risposta, si tolse il casco e mi abbracciò con forza. Lo lasciai fare, senza però comprendere la ragione del suo gesto.
«Raffaele, tutto bene?», domandai preoccupata, sciogliendo l’abbraccio. Gli abbracci mi mettevano a disagio e cercavo sempre di evitarli o di farli durare poco, per questo mi allontanai di qualche passo da lui. E poi, restava pur sempre il ragazzo che odiavo di più al mondo.
«Scusa per averti cacciata in questo casino e per averti messa in pericolo.», sussurrò lui a bassa voce.
«Non preoccuparti e poi è colpa mia. Se fossi stata zitta come tu mi avevi detto, non sarebbe successo nulla. Comunque, alla fin fine, mi sono divertita.», parlai con il mio solito tono distaccato, senza però guardarlo negli occhi.
«Divertita? E non hai avuto paura?», sentendo l’ironia nella sua voce, alzai lo sguardo e lo ritrovai a sorridere divertito.
Ecco, era ritornato il solito ragazzo: tregua terminata.
«Sappi che la tregua è terminata, ora ti conviene riportarmi a casa, altrimenti giuro che non mi trattengo dal denunciarti. Oltre al sequestro di persona, dovrei aggiungere anche guida pericolosa.»
«Ed ecco la solita ragazza scontrosa. Sai, ti preferivo come prima.», sbuffò lui, accendendo la moto e salendo in sella.
«Mi dispiace per te, ma quella ragazza l’hai vista solo nella nostra temporanea tregua. E adesso, vedi di guidare.», dissi raggiungendolo e allacciando nuovamente il casco.
Tregua terminata o no, mi ero divertita e alla fine si era risolto tutto per il meglio. Mi chiedevo solo chi fossero quei ragazzi e come mai conoscessero Raffaele. Loro e il ragazzo dagli occhi grigi sembravano completamente opposti, eppure si conoscevano. Decisi di smettere di pensare.
In fondo, che importanza aveva? Tanto non li avrei mai più rivisti visto che mi sarei tenuta a debita distanza da Raffaele e sarei stata molto più attenta nello stargli vicino, qualora non sarei riuscita a stargli lontana.
 
1 Krieger: (ˈkʀiːɡɐ) Parola tedesca che significa “Guerriero”.

~Angolo autrice.~
Salve ragazzi, eccomi qua, puntuale come un orologio. Vi assicuro, che se arrivo ad essere puntuale e ad ignorare la scuola, questa storia è realmente importante per la sottoscritta. Per quest'ultima ragione, ringrazio tutti i lettori silenziosi che invito a farsi avanti e a lasciarmi qualche piccola recensione ma, soprattutto, ringrazio le due ragazze che hanno recensito il capitolo precedente. Inoltre, un sentito grazie va ai lettori che silenziosamente mi seguono da facebook e a quelli che mancano di farmi sapere cosa pensano delle mie storie. Infine, un grazie va come sempre alla mia Lucia che ha letto e corretto anche questo ennesimo capitolo.
Che altro dire. Vi è piaciuto questo secondo capitolo? Fatemelo sapere, se vi va, con una piccola recensione. ♥
Alla prossima settimana.
Lily. ♥
   
 
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