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Autore: Lifaen    29/04/2014    1 recensioni
Salve a tutti! Come si può evincere dal titolo, la trama ruota attorno ad un gruppo di avventurieri che affrontano i demoni che infestano il loro mondo, nel tentativo di liberarlo. Spero vi divertiate a leggere questa storia come io mi diverto a scriverla! Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quello che trovò nella cella riservatale quella sera, tornando dalla cerimonia di iniziazione, il rito che l’aveva confermata a pieno titolo Cultrice Seldarine, la spaventò a morte. Subito dopo, tentò di impalarla sulla punta di una lancia, cosa che Keyleth riuscì ad evitare scattando indietro con prontezza.
Mentre attorno a lei sentiva risuonare le grida terrorizzate delle altre sacerdotesse, l’elfa tentò di riconoscere l’essere dalla testa caprina e alto almeno due volte lei che tentava di sfondare la porta, che ora recava un buco grosso almeno quanto la sua testa, che aveva prontamente richiuso.
In primo luogo, mentre diverse sacerdotesse fuggivano incoraggiandola a fare lo stesso, Keyleth si chiese chi mai avesse potuto evocare un demone all’interno di un tempio come quello di Silverbell, che, le aveva rivelato la Gran Sacerdotessa Mialee, era stato dotato delle più alte protezioni contro quelle specifiche creature.
Poi, un dubbio ancora più atroce le attraversò la mente.
E se l’evocatore fosse qui, dentro il tempio?
D’istinto, estrasse l’arco. Non era proprio il momento per domande del genere: non sarebbe servito a nulla giungere intuitivamente alla conclusione, se poi fosse morta contro quell’essere immondo.
Però, non poté fare a meno di notare che si trovava in svantaggio. Il corridoio era stretto, e, non potendosi nascondere da nessuna parte per tentare almeno di disorientarlo e provare un’imboscata, il demone non avrebbe avuto problemi a localizzarla ed ucciderla. Con ogni probabilità, nel suo gruppo era la migliore nelle tattiche mordi e fuggi; sapeva per esperienza, anche grazie all’addestramento passato di combattimento con l’arco che ad ogni elfo era impartito, che, se non avesse trovato il modo di attirarlo su un tipo di terreno a lei più congeniale, non sarebbe sopravvissuta per i due minuti seguenti.
Si sforzò di pensare, sebbene la porta in legno che chiudeva la sua cella avesse ormai ceduto e la forma del demone stesse cominciando ad occupare il corridoio con la propria mole; e mentre pensava indietreggiando per mettere della distanza fra sé ed il mostro, si ritrovò all’angolo, con il corridoio che correva alla sua sinistra, ed il demone a qualche metro da lei.
Strano che non mi abbia già caricata pensò. Poi vide le spalle del demone tremare lievemente, e sentì uscire dalla bestia un rumore gutturale.
Sta ridendo? pensò. Istintivamente, cercò la fonte del divertimento, scoprendola quasi immediatamente: stava tendendo un arco senza avere una faretra, anzi senza nemmeno una freccia. Ecco cosa il mostro trovava divertente.
Fu il suo turno di sorridere, portando la confusione sul volto del demone, che ancora non era riuscita ad identificare con certezza. Quell’essere avrebbe avuto una brutta sorpresa, quando avesse scoperto la peculiarità dei combattenti Seldarine.
Spostò rapidamente un occhio sul corridoio alla propria sinistra. Soltanto ad una ventina di metri oltre lei, da una delle poche finestre ogni due svolte del corridoio, riusciva ad intravedere una sorta di giardinetto, un luogo dove le sacerdotesse si mettevano a meditare a contatto con la natura, come anche lei aveva spesso fatto nelle settimane precedenti; e, se non ricordava male, quel giardinetto era attorniato da un piccolo bosco. Poco oltre quello, cominciava il lato occidentale della foresta, il “Verde dietro il sacro”, come lo chiamavano…
Seppe quasi subito cosa fare. Per provocare il demone, intonò una breve preghiera, tendendo l’arco e scagliando un dardo di pura energia divina contro il mostro, che arretrò sorpreso. Sorrise alla bestia, poi si mise a correre lungo il corridoio, inseguita dai suoi passi tonanti e muggiti infuriati.
Spero che abbia compreso con chi hai a che fare pensò soddisfatta Keyleth mentre correva. Era quella l’abilità principale dei Cultori Seldarine: incanalare i propri poteri divini attraverso l’arco, anziché un simbolo delle proprie divinità. Così come Corellon, il Primo dei Seldarine, era rappresentato come un arciere provetto, anche i Cultori elfici sfoggiavano la propria abilità intonando preghiere e scagliandole dal proprio arco.
Raggiunta la seconda svolta del corridoio, si voltò a fronteggiare il demone. Questo, ululando furioso e proferendo maledizioni che l’elfa non capiva, la caricò con le proprie corna caprine; Keyleth scartò di lato, e ringraziò i propri riflessi, perché la carica del demone era stata talmente violenta da sfondare il muro del corridoio, facendogli terminare la corsa nella piccola radura. Proprio come Keyleth aveva pianificato.
Mentre il mostro, ancora stordito, tentava di capire dove si trovasse, Keyleth scivolò silenziosamente alle sue spalle, inoltrandosi nella boscaglia circostante e salendo su un albero; da lì, lo osservò meglio, giungendo alla conclusione che potesse essere solo un genere di creatura.
Un buleazu.
Probabilmente Lifaen l’avrebbe capito immediatamente dall’aspetto del demone. I buleazu erano demoni di alto livello, appositamente creati da Baphomet, il Re Cornuto, il demone che richiedeva il rispetto di tutti i minotauri selvaggi, dai cadaveri di pure donne mortali tramite un rito blasfemo, solo per uno scorno fattogli da Yeenoghu, il demoniaco signore degli gnoll. Se non l’avesse fermato in quella radura, avrebbe creato parecchi problemi, questo Keyleth lo riteneva indubbio: per quanto le sacerdotesse avessero centinaia di metodi per sigillare i demoni minori, questo era di livello probabilmente troppo alto per chiunque nel tempio tranne la Gran Sacerdotessa Mialee.
Il demone scosse un paio di volte la testa, tentando di scacciare gli ultimi residui di stordimento. Keyleth prese accuratamente la mira, pronunciò una breve preghiera alla Vergine d’Argento, e scoccò il proprio incantesimo divino, che colpì il demone il quale muggì nuovamente di dolore, mentre del ghiaccio gli appesantiva le zampe impedendogli di muoversi con la consueta agilità.
Il mostro voltò la testa freneticamente, la propria resistenza variabile annullata dalla magia divina, tentando di individuare la fonte dell’attacco, ma Keyleth aveva già cambiato posizione. Per chiunque altro sarebbe stato straordinariamente difficile muoversi attraverso l’intrico di radici così silenziosamente. La natura elfica aiuta in maniera straordinaria, in questi frangenti pensò la sacerdotessa mentre scagliava un nuovo colpo, che andò nuovamente a segno, sottolineato dal muggito di dolore del buleazu. Un sorriso le aleggiò sulle labbra, mentre sentiva avvicinarsi i rinforzi, ossia uno squadrone di spadaccini elfici ed umani.
Corellon, guida il mio cuore. Sehanine, guida la mia freccia.
  
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