“If you’ve ever feel like
you’re nothing,
you are fuckin’ perfect to me”.
(Fuckin’ perfect, Pink)
Ok,
forse doveva mettersi a studiare seriamente,
questa volta. Di sicuro non le avrebbe fatto male. Ma proprio non le
andava di
alzarsi dal suo letto, era così caldo e comodo e lei non
desiderava altro che
sprofondarci dentro.
Ma che importava a lei dei libri? C’erano altre cose ben
più importanti. In
fondo, aveva quindici anni. Se non si godeva la vita adesso, quando
avrebbe
potuto farlo?
Sbuffò
frustrata. Certo, da un lato c’era la sua
parte ribelle, ma dall’altro c’era quella maledetta
e fastidiosa vocina della
coscienza che le doveva sempre rompere le palle nei momenti meno
opportuni.
Forse non sarebbe morta se avesse dato un’occhiata al libro
di Storia della
Magia.
Lo afferrò quasi violentemente dal comodino e lo
aprì alla pagina dell’ultimo
argomento che avevano affrontato. Ma quanto noiosa era quella materia?
E il
professor Ruf non la rendevo certo più emozionante.
Riuscì
a studiare solo per una ventina di minuti,
quando la porta della sua stanza si spalancò come colpita da
una detonazione.
Alex fece un mezzo salto sul letto, ma si rassicurò subito
nel vedere che era
solo la sua compagna di stanza Karen e non un terrorista venuto a
rapirla. A
quanto pare qualcuno doveva averla fatta innervosire, vista la
condizione dei
suoi capelli e l’espressione furiosa che le ornava il viso.
Mancava solo il
fumo dalle orecchie e la scena sarebbe stata perfetta.
La mora la osservò camminare avanti e indietro per la
stanza, mettere in ordine
le sue magliette sparsi sul letto e poi lanciarle contro il muro,
riprenderle
dal pavimento e rimetterle in ordine, buttare qualche oggetto alla
rinfusa nel
baule, sbatterlo violentemente e infine sedersi sul letto con le gambe
incrociate
e le mani sul volto.
“Ma
ti rendi conto?!” sbottò Karen. “Ha dato
della
puttana a me! Capisci? A me!”
Alex
si chiese se stesse parlando a lei o solo con
se stessa ma nel dubbio rimase zitta. Forse avrebbe dovuto chiedere
spiegazioni
e offrirsi per consolarla, ma a dire il vero non le importava un fico
secco di
chi avesse dato della puttana a Karen e di certo non le interessava
consolarla.
In ogni caso, non dovette pensarci troppo. La ragazza si
lanciò in una sequela
di improperi contro quello che doveva essere il suo ragazzo, o meglio,
ex
ragazzo, e raccontò l’accaduto che
l’aveva fatta imbestialire almeno cinque
volte, ogni volta aggiungendoci un dettaglio in più. Inutile
dire che Alex non
l’ascoltò nemmeno con mezzo orecchio. Si
limitò ad annuire e a sospirare quando
la situazione pareva richiederlo.
Ma almeno aveva una buona scusa per non studiare. Altrimenti le avrebbe
già
tirato una ciabatta per farla stare zitta.
Sally,
seduta comodamente sul letto del suo
dormitorio, leggeva il nuovo libro di Dickens che si era comprata
durante
l’ultima gita ad Hogsmeade. O almeno, ci provava, visto che
quelle oche delle
sue compagne di stanza non avevano intenzione di starsene un attimo
zitte e
continuavano a ridacchiare e a spettegolare su persone e argomenti che
lei non
conosceva.
E nel frattempo, si provavano i loro nuovissimi e costosissimi
vestitini pieni
di strass e luccicchini che sembravano usciti da una palla da
discoteca. Ma
forse la cosa che la sconvolgeva di più di quei vestiti era
l’aderenza, nonché
la lunghezza decisamente… ridotta.
Ma cosa avevano le ragazze della sua età? Troppi grilli per
la testa,
probabilmente. Si preoccupavano solo dell’aspetto fisico e
tralasciavano lo
studio. Ma forse era lei che non si sapeva rilassare e che prendeva
tutti gli
impegni troppo sul serio.
“Oh,
Sally!” esclamò Jessica, ammirandosi allo
specchio. Si rigirò un paio di volte su se stessa per
guardarsi da ogni
angolazione e passò le dita sul bordo del nuovo vestito
almeno dieci volte. Più
liscio di così non poteva essere. Ma quanto era attillato
poi? Lei non ci
sarebbe entrata neanche volendo. “Da quanto tempo sei
lì? Non ti avevo nemmeno
notata”.
Era
lì da prima che loro entrassero. Sally avrebbe
potuto dirle qualsiasi cosa ma rimase zitta, a fissare la siluette di
Jessica
senza in verità vederla.
“Ehi,
Jessy! Ti va di provare il mio nuovo
lucidalabbra?” si udì la voce di Annie dal bagno.
“Oh
sì! Fa’ vedere!” Jessica la raggiunse
immediatamente in bagno, sculettando sui tacchi.
Sally sospirò frustrata. Che razza di
compagne di stanza le erano capitate? Non capiva se c’era
qualcosa che non
andava in lei o in loro.
Inizialmente aveva provato a stringere amicizia, ma quelle
l’avevano trattata
fin da subito come se avesse la peste e così ci aveva
rinunciato. Meglio soli
che male accompagnati, no?
Annie
uscì dal bagno, anche lei avvolta nel suo
nuovo vestito rosso, e cominciò a piegare i vestiti che lei
e l’amica avevano
sparso dappertutto.
“Oh,
guarda!” esclamò ad un tratto, sollevando un
paio di pantaloni marroni decisamente fuori moda. “Questi li
indossavo anni fa
quando non ero così magra. Magari a te stanno bene,
Sally”, aggiunse,
lanciandoli alla rossa seduta sul letto. Sally se li ritrovò
sui piedi e rimase
a fissarli come fossero un oggetto strano. Non capiva se quello della
ragazza
era un tentativo per essere gentile oppure una celata presa in giro?
Certo, non era magra come loro, ma non era nemmeno grassa. O almeno lei
non
pensava di esserlo.
Ma
chi se ne importava? Perché dava ascolto a quelle
oche di Karen e Annie?
Lasciando
il libro e i pantaloni sul letto, si
diresse a passo spedito fuori dalla stanza senza salutare nessuno.
James
era annoiato quel giorno. Nico era sparito da
qualche parte, non aveva idea di dove fosse andato. E non
c’era nessun altro
con cui passare il tempo.
Così, se ne stava appoggiato al muro del corridoio del terzo
piano a osservare
la gente che passava. C’era parecchio via vai di studenti e
insegnanti che
cercavano qualcuno o chiacchieravano tra loro. Improvvisamente si
trovò davanti
un gruppetto di ragazze tra le quali riconobbe Sophie, una delle
ragazze più
popolari della scuola, dopo Stacey. Era il sogno della maggior parte
della
popolazione maschile di Hogwarts portarsela a letto o quantomeno
uscirci. Ma
lui non capiva che cosa ci trovassero in lei. Non era niente di che.
Certo,
aveva delle belle gambe lunghe, i capelli biondi e gli occhi verdi
ma… a lui
non diceva niente. Forse era per il suo atteggiamento che si era
guadagnata
tutta quella popolarità, per il suo essere sempre allegra e
civettuola. Ma non
gli dava l’idea di essere una molto simpatica.
Ma, dopotutto, lui non ci aveva mai parlato. Forse si sbagliava.
Si
staccò dal muro e si avviava ad andarsene da lì,
quando una voce lo fermò.
“Signor
Black!” si voltò verso la persona che lo
aveva chiamato, trovandosi di fronte la preside che si dirigeva verso
di lui in
tutta la sua imponente altezza. James deglutì ansioso. La
McGranitt gli metteva
sempre una strana ansia, benché fosse sempre gentile e
disponibile. “Che cosa
fa qui?”
“Ehm…
niente”, rispose il ragazzo guardandosi
attorno. “Stavo solo… riflettevo”.
“Oh,
spero allora che frutti qualcosa di utile”.
James
le sorrise cordiale e cercò di svignarsela, ma
quella a quanto pareva voleva assolutamente parlare con lui.
“Ha notizie dei
suoi genitori? Come stanno?”
Il
moro rimase un po’ perplesso. “Bene. Come al
solito”.
“Oh,
mi fa piacere. Vorrei avere più tempo per
venirli a trovare, ma questa scuola mi tiene così
impegnata”.
Certo,
essere imparentato con persone famose che
avevano combattuto una guerra magica comportava anche che tutti ti
conoscessero
e che ti facessero delle domande. Lui era conosciuto ad Hogwarts solo
per
questo e a volte gli dava fastidio. Anzi, spesso. Fortuna
però che la gente
dopo un po’ si era abituata a sentire il suo nome, ma
c’erano sempre quelli più
ostinati che ci provavano e ti sorridevano ogni volta che ti vedevano.
La
professoressa McGranitt non lo trattenne ancora a
lungo. Gli fece un altro paio di domande sulla famiglia, gli
raccomandò di
studiare per gli esami e poi lo lasciò andare.
Al che James fu più che felice.
“Ehi,
Vicky!” chiamò Teddy, trovando l’amica
seduta
sotto un albero del cortile più grande che circondava il
castello. “Questo
sabato si va ad Hogsmeade”.
“Già.
Non vedo l’ora”.
“Ti
va se… sì, insomma. Se andiamo insieme?”
A
quella richiesta, gli occhi azzurri della ragazza
si illuminarono subito. “Sì, mi
piacerebbe”,
“Voglio
farti vedere un posto”.
“Che
posto?”
“E’
una sorpresa. Ti piacerà”.
“Ne
sono sicura”.
Qualsiasi
posto le sarebbe piaciuto se ci andava con
Ted. Le piaceva la compagnia di quel ragazzo, era sempre
così gentile e
disponibile con lei. Be’, lo era con tutti, ma con lei
soprattutto. E poi era
così dolce e… aveva un bellissimo sorriso.
Il
ragazzo si sdraiò accanto a lei, rimanendo a
fissare le fronde verdi dell’albero che li copriva.
C’era una bel venticello
fresco quel giorno, così non faceva nemmeno tanto caldo. Il
sole illuminava la
giornata e si respirava un bel profumo di primavera.
Giornate così mettevano sempre Ted di buonumore, anche se il
polline ogni tanto
lo faceva starnutire.
Vicky
cominciò invece a raccogliere delle margherite
e a intrecciarle per fare una ghirlanda. Se veniva bene
l’avrebbe regalata
all’amico.
Quando
scese al piano terra, James si scontrò con la
cugina che andò a sbattergli addosso sovra pensiero.
“Oh,
Sally! Scusa!” esclamò il ragazzo sorpreso.
“Non ti avevo vista!”
Bene,
la seconda volta in una giornata. Non le
serviva il mantello dell’invisibilità di suo
fratello per non farsi notare.
“Non
ti preoccupare. Sono stata io a venirti
addosso”, rispose lei in tono gentile. Dopotutto con James
non riusciva mai a
prendersela e non era nel suo carattere arrabbiarsi per cose
così stupide.
“Dove stavi andando?”
“In
Sala Grande. Magari trovo Nico”.
“Oh…
non è che ti andrebbe”, Sally abbassò
lo
sguardo e si portò i capelli spettinati dietro
l’orecchio, leggermente in
imbarazzo. “Non è che ti andrebbe di fare
una… passeggiata… con me?”
Cercò di
osservare l’espressione del ragazzo con la coda
dell’occhio, temendo di aver
appena fatto una figuraccia.
“Ecco…
non ho molta voglia adesso. Magari un’altra
volta, eh”.
“Sì,
sì. Va bene”.
James
la salutò frettolosamente e poi scappò verso
la Sala Grande.
Non
importa, ha detto la prossima volta.
Si disse la ragazza.
Tuttavia non riusciva a togliersi di dosso quella spiacevole sensazione
che
sentiva, quella sensazione di essere appena stata rifiutata. Ma che le
importava? Era solo James, suo cugino. Gli aveva chiesto di venire a
fare una
passeggiata perché si annoiava e non c’era
nessun’altro con cui potesse farlo.
Le piaceva la sua compagnia, tutto qua…
Tutto
qua…
MILLY’S
SPACE
Lo
so, è una vergogna che io mi presenti dopo tutto
questo tempo.
Cosa
posso dire in mia discolpa? Niente… il fatto è
che
per questa storia attualmente non ho molta ispirazione. Le idee ci sono
e mi
piacciono anche, ma… sapete com’è, a
volte non basta nemmeno quello. Poi la
scuola mi sta succhiando tutte le energie e ora come ora è
tutto un po’
difficile.
Ma
va be’, non voglio tediarvi coi miei discorsi.
Spero vi ricordiate ancora di questa storia.
Chiedo scusa a tutti per il ritardo ma non prometto che non ce ne
saranno più
^^. Dopotutto le cose migliori si fanno sempre attendere.
Venitemi
a trovare anche sulla mia pagina facebook
(Milly’ Space) e se avete voglia date un’occhiata
anche alle mie altre storie.
Bacioni,
M.
POTTER_92:
ma
certo, ti sopporto molto volentieri ^^ comunque, rispondendo alla tua
domanda:
ho scritto vent’anni credo per arrotondare. Sam comunque
è stata in viaggio un
po’ più di dieci anni, adesso non mi ricordo
precisamente. Non mi sono mai
messa a fare i conti, anche perché odio la matematica e i
numeri ^^ spero che
questo dettaglio non ti scombussoli troppo le cose.. ahaha xD un
bacione e
perdona il ritardo. M
FEDE15498:
mi
sa che questa volta i broccoli me li tiri eccome ^^ ahaha, spero ti sia
piaciuto
questo capitolo e spero ti ricordi ancora di me. Lol XD un bacione. M.
PUFFOLA_LILY:
eh
già, la scuola è terribile
-.-‘’ purtroppo non c’è solo
quella a rompere. Mi dispiace
di non aver aggiornato prima, davvero, ma diciamo che questa storia
è un po’
ostica. Spero di risentirti. Un bacione. M.