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Autore: MaryMatrix    23/07/2008    4 recensioni
Hai passato la tua vita come quella di una comune adolescente.
Ma sai che non sei una comune adolescente.
Il momento di dimostrare la pasta di cui sei fatta è giunto.
ANGELINA JOLIE.
BRAD PITT.
JOHNNY DEPP.
Sorridi... tra poco potresti non averne più il tempo.
Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Smile

Smile! - tutto può succedere

Il piano di mia madre non si dimostrò essere del tutto errato. Io e Angelina eravamo proprio nella sala iniziale, forse un po' troppo in vista, ma comunque ci mimetizzavamo bene nella folla.
Mi accorsi che lei mi stava guardando.

- Tu sei folle ragazzina. - mi disse.

- Mi chiamo Giulia. - specificai. - E comunque insomma, chi saranno mai quegli uomini? Paparazzi? -.

Lei scosse la testa, guardandosi intorno preoccupata. - Qualcosa di più pericoloso di paparazzi. Sono un'associazione che si fa chiamare SAC, società anti cinema. - vedendo che io non capivo (come avrei potuto?) mi spiegò meglio. - Sono pazzi che credono che gli attori siano troppo pagati rispetto a quello che fanno. -.

- E quindi li prendono e gli fanno qualche ramanzina? - domandai speranzosa.

- Li uccidono. - Angelina ruppe le mie speranze. Poi sorrise. - Mi sa che sei entrata in un gioco più duro di te. -.

Ricambiai il sorriso. - Ci sono poche cose più dure di me. -.

- E' pericoloso Giulia. Va' dalle tue amiche! -.

La guardai con speranza che traboccava dagli occhi. - Vinco un bacio da Brad se la salvo? -.

- Non ci sperare. - mi rispose secca. - E dammi del tu. -.

- Beh, io ci ho provato. Comunque ho spiegato prima il perché è necessario che stia con te. -.

Angelina stava fissando un punto alle nostre spalle. - Merda. - disse piano.

Mi voltai prima che lei potesse fermarmi. E vidi uno di quegli uomini afferrare una pistola. Automaticamente afferrai la mano di Angelina e la incitai a correre. Non poteva sparare in mezzo alla folla, quindi il trucco stava nel rimanere in mezzo alla folla.
Uscimmo dal museo cercando un posto affollato. Lo individuammo alla nostra sinistra.
E via, di nuovo a correre, sfrecciando attorno alla gente che nel frattempo si chiedeva se quella bella donna dai capelli neri intrecciati fosse la famosa attrice e urlavano il suo nome.
Questo servì solamente a farci inseguire da più persone. Fummo costrette a deviare la nostra corsa, che per precauzione non interrompemmo. Quando ci rendemmo conto che ormai non avevamo nessuno alle spalle rallentammo. Ero a dir poco senza fiato.

Lei mi guardò.

- Te l'avevo detto che sarebbe stato pericoloso. -.

Sorrisi. - Stai scherzando? Si sta realizzando un mio sogno! - esclamai.

Ed era vero. Mentre dicevo ad Angelina quanto diavolo mi mancasse un po' di avventura nella mia vita monotona il panorama cambiava intorno a noi e da uno sfondo di classiche case del centro storico di una cittadina, cominciarono a farsi colorate, in puro stile genovese se vogliamo definirlo così, finché non arrivammo al mare.
Respirai quell'aria a pieni polmoni. Eravamo su un sentiero scavato nella roccia sul mare, io ed Angelina Jolie, inseguite da uomini che volevamo morta lei e dal momento che mi avevano vista probabilmente anche me. Un po' di sano brivido. Che potevo desiderare di più in quel momento?

- Come fai ad essere così rilassata? - anche lei stava fissando il mare.

- Beh forse è il mio modo di esprimere la paura. Ma ne dubito. Non sento di aver paura. -.

- Dovresti averne. - replicò lei. - In ogni modo non dovremmo stare qui, siamo troppo in bella vista e siamo sole: non ci metteranno molto a capire chi siamo. -.

Dovetti ammettere che la sua era un giusta osservazione quindi cominciai a correre sulla strada in salita. Il suo acuto udito però percepì un rumore.

- Ferma! - il suo suonava più come un ordine che come un suggerimento.

Mi fermai, in cima alla salita. Lei era in fondo. E vidi che un motorino stava per raggiungermi con uno di quegli uomini.

- CORRI GIULIA! - urlò lei. - CORRI! -.

Io non sono mai stata un asso nella corsa, perché non ho una buona resistenza: in quel momento dimostrai a me stessa che la resistenza quadruplica quando si tratta di scappare da cattivi che ti inseguono.

Anche lei diede fiato ai polmoni e forza alle gambe, ricominciando quella buffa danza veloce che avevamo cominciato prima e da cui forse ancora non ci eravamo del tutto riprese. Raggiungemmo una piscina: era su una terrazza di quello che sembrava un centro commerciale. Il motorino era sempre più vicino a noi e dovevamo correre cercando di evitare i proiettili: questo significava correre pressoché a zig zag, come se non fosse stato già abbastanza faticoso.
Angelina si fermò dall'altro lato della piscina. E si mise in ginocchio. Mi urlò si fare altrettanto. Poi prese quella che mi sembrò essere una granata.
In un attimo la lanciò davanti a sé. Sembrava che sapesse quello che stesse facendo, ma non ne ero del tutto sicura. La afferrai per la vita, prima che la granata esplodesse e praticamente lanciai tutte e due nell'ascensore di vetro. Premetti un tasto a caso, anche se dovevamo uscire di lì e dovevo premere il sopra. Invece nella fretta premetti il tasto di sotto.

- No! - imprecai.

- Non importa! - fece lei. Sentimmo la granata esplodere appena in tempo. Tutto in quel piano scoppiò e l'ascensore fu colpito nella parte superiore. Ci buttamo per terra istintivamente, coprendoci la testa.
Poi ci rialzammo e un grande sorriso si dipinse sulla mia faccia. - Yeeee! - urlai. - Siamo vive! - e feci il gioioso gesto di suonare una chitarra elettrica invisibile.

A quel mio gesto Angelina scoppiò a ridere. L'ascensore ci lasciò in quello che aveva tutta l'aria di essere un bar. - E dire che avevi tanta paura di aver sbagliato a pigiare pulsante. -.

- In realtà avrei preferito uscire. - ammisi.

Scosse la testa. - Dovresti essere meno euforica. In ogni modo grazie per avermi trascinata via di lì: pensavo di essere abbastanza lontana. -.

- Figurati. - in quel momento eravamo entrambe serie. - Piuttosto hai notizie di Brad? - domandai.

- No. - mi rispose.

Ci stavamo guardando intorno. I tavoli di quel bar erano in metallo, le sedie erano rosse, come pure il bancone. Un rosso molto scuro, forse più simile alla tonalità del bordeaux. C'erano solamente 2 donne, il resto della clientela erano uomini.

- Ma mi sa che noi non siamo messe meglio di lui. - mi confidò, stando sugli attenti.

Condividevo i suoi dubbi. Non mi piaceva come ci guardava la gente e come bisbigliava. Uscimmo dalla sala principale di quel bar per entrare in un corridoio che dava su delle salette private, sempre del bar. Le mura erano in solido cemento, ma le porta erano di vetro, quindi potevamo veder chi c'era dentro. La situazione mi piaceva poco. C'era troppa calma, era un ambiente troppo privato forse, o più probabilmente troppo pericoloso.

- Dobbiamo uscire di qui. - dissi. - Non mi piace. -.

- Non piace nemmeno a me. Proprio per nulla. - non finì di dire quelle parole che si irrigidì per un istante, per poi voltare all'improvviso, sistemandosi la treccia sul viso. Mi immobilizzai e la seguii: aveva visto qualcosa.

- Che c'è? - mi preoccupai.

- Ho ho visto il pazzo capo della SAC. Spero che non mi abbia vista. -.

Capii a chi si riferiva. Avevo notato un uomo mezzo pelato, col fisico alla Vin Diesel che indossava una camicia in quella che pensai essere seta e un paio di pantaloni sobri, neri.
Quando lei si zittì sentimmo nitidamente dei passi provenire dal corridoio. Ci guardammo negli occhi: eravamo nella tana del lupo. A quel punto non aveva senso continuare a camminare tentando di essere disinvolte: con quelle strutture a vetri non sapevamo dove nasconderci: ancora una volta l'unica scelta disponibile per noi era la fuga. Riuscimmo a tornare indietro fino alla sala principale del bar. Non avevamo via di fuga. L'unica consisteva in una scala proprio accanto all'ascensore.

- Magnifico. - commentai ironicamente. - Scale. -.

- Risparmia il fiato. - le salivamo di corsa. Non ricordo di aver mai salito delle scale velocemente in quel modo. Anche il nemico aveva cominciato a salirle molto velocemente.
Quando vidi che quelle scale davano su un'unica stanza a vetri mi convinsi che non potevamo scappare per sempre, ma disarmate non avrei potuto fare molto altro.
- Angelina, passami un'arma! - le chiesi.

- Un'arma? - lei si frugò in quella giacca militare che indossava sopra un top bianco di pelle ed estrasse un oggetto, passandomelo. - Tieni! -.

Lì per lì pensai che si trattasse di una pistola o comunque di un'arma vera, non di una impropria. - Ma con tutte le armi che hai mi dovevi proprio dare delle forbici dalla punta arrotondata? - sbottai, arrabbiandomi. E tuttavia dentro di me c'era una strana adrenalina che poteva essere buttata fuori solamente attraverso il sorriso.
Mentre osservavo le forbici rosse che mi aveva dato alzai lo sguardo e vidi che Giulia, Erica e mia madre ci stavano guardando da un altro piano, da una vetrata, visibilmente spaventate. Non avevo tempo di far loro cenno che tutto andava bene, anche perché, diamine, non stava andando per niente tutto bene!
Capolinea! Una stanza divisa in due da un'altra maledettissima piscina. Non c'erano bordi quella volta: per arrivare dall'altro lato della stanza, che comunque consisteva solamente in una panchina bisognava arrivarci via acqua.

Non facemmo in tempo a sbarrare la porta di quel vicolo cieco. Entrò l'uomo che avevo visto prima con un altro che entrò per primo. Angelina lo colpì subito con un calcio là dove non batte il sole e poi gli mollò un cazzotto in testa, buttandolo per terra e riuscendolo a mettere fuori gioco. Peccato che fu afferrata per le spalle dal capo della SAC, e sbattuta al muro. Si vedeva negli occhi che per la prima volta aveva davvero paura.
Dovevo intervenire prima che la uccidesse. Che potevo fare?
Senza pensarci presi le forbici dalla punta arrotondata, le aprii e aggredii la sua preziosa camicia di seta senza troppi complimenti, forse anche un po' selvaggiamente. Ma avevo ottenuto quello che volevo. L'uomo aveva mollato Angelina.

- Tu! - mi puntò un dito contro. - Pagherai per quello che hai fatto! -.

Mi voltai velocemente e mi buttai in acqua, nuotando più veloce che potevo. Evidemente non era abbastanza, perché sentii la sua grossa mano tirarmi sott'acqua per un piede. Cercai di ferirlo con le forbici, almeno quel tanto che bastava per permettermi di arrivare dall'altro lato. Angelina non sparava. Non lo faceva perché avrebbe potuto colpire me. E io non volevo che colpisse me. Ripresi le forbici e gli feci un graffio sulla guancia. L'acqua intorno a lui si tinse di rosso e io mi trascinai su... se solo avessi avuto un coltello o un qualcosa di simile... e poi le vidi. Lì, davanti a me, in un portaombrelli, c'erano una decina di spade. Ne presi una... non ce l'avrei fatta a usarne due.
Sfortunatamente io no ma lui sì. Si tirò su, con gli occhi neri minacciosi che sprizzavano odio e vendetta, mentre le sue mani facevano roteare abilmente le due spade. Tentai di parare qualche fendente, ma ero destinata a perdere. La mia spada volò via di mano.
Lanciai uno sguardo ad Angelina per chiederle aiuto, ma lei era impegnata a lottare con l'altro uomo che si era ripreso, nel frattempo. Sbagliai. Mi ero distratta. Sentii arrivarmi una sberla in piena faccia, SBAM, e mi ritrovai a sbattere contro il muro sulla panca.

- Adesso non siamo più così spavaldi, eh? - mi minacciò lui brandendo la spada contro di me. - Non so chi tu sia ragazzina, ma da adesso non importerà più a nessuno. -.

Riuscii a scansare il primo colpo, ma di nuovo mi rimise all'angolo e quella volta non avevo possibilità. Mi rannicchiai e sperai che non facesse troppo male. Chiusi gli occhi. Sentii uno sparo. Che non colpì me. Riaprii gli occhi e mi scansai appena in tempo perché il corpo dell'uomo ormai morto non mi cadesse addosso. Guardai Angelina, dall'altro lato della piscina, che stava risistemando una pistola nella sua fodera.

- E' finita. - mi annunciò col tono di una che rende una cosa ufficiale.

- Io... grazie. - sorrisi riconoscente. Quella volta me l'ero vista proprio brutta: se non ci fosse stata lei non so come sarebbe finita. Anzi lo so. Sarebbe finita male.

Quindi mi ributtai in piscina e la raggiunsi dall'altra parte. Mi aiutò ad alzarmi. Avevo diversi lividi un po' ovunque sulla faccia e in seguito alla botta sul muro forse ne avevo anche in altre parti del corpo. Lei invece perdeva un po' di sangue dal naso, che si asciugò con la mano.

Rialzammo gli occhi e vedemmo che mia mamma e le mie amiche ci stavano ancora osservando. - Ti riaccompagno da loro. - mi disse lei.

- No... non ce n'è bisogno... - rifiutai. Le appoggiai la mano sulla spalla. - Stammi bene Angelina. Spero che un giorno ci rincontreremo. -.

Le nostre strade si divisero lì. Nessuna di noi due fece niente per prelevare il corpo, che chissà, forse è ancora lì. Angelina andò a cercare Brad e Johnny.

Erica e Giulia invece mi stavano aspettando in un bar normalissimo, senza tipi sospetti, con un bel bicchierone di Sprite davanti a me. Mi guardarono i lividi con fare apprensivo, ma io sorridevo mentre cercavo di minimizzare le preoccupazioni isteriche di mia madre.

- Il cinema come è andato? - domandai ad Erica e a Giulia.

- Bene. - mi rispose Erica.

- Mi dispiace di non essere venuta. - mi scusa per aver dato loro buca.

- Non importa. - mi interruppe Giulia, sorridendo. - Quello che hai fatto tu è stato molto più entusiasmante del cinema. -.

Ero contenta che capissero... in ogni modo pensai che fosse più semplice capire una persona quando questa aveva la faccia viola per i lividi e l'hai appena vista in una situazione dove devi ringraziarne un'altra se puoi riabbracciarla.

Sentimmo che calò il silenzio nel locale. Tutto insieme. Improvviso. Automaticamente portai la mano alle forbici dalla punta arrotondata che mi aveva dato Angelina. Giulia indicò un punto dietro le mie spalle e mi voltai con uno scatto, rischiando di cadere. Ma ci furono due braccia muscolose pronte a riprendermi. Avevano una stretta amichevole e alzai lo sguardo per vedere a chi appartenevano. E vidi un uomo, affascinante, con i capelli castani e un paio di occhiali.

Rimasi senza parole. - J... J... -.

- Johnny. - si presentò lui. - Johnny Depp. -.

- E Brad. - c'era un altro uomo accanto a lui. - Brad Pitt. -.

Mi venne a mancare il respiro. Johnny Depp, il mio attore preferito, e Brad Pitt, il mio secondo attore preferito, lì davanti a me, in carne ed ossa, che si stavano presentando. Johnny si accorse di quella mia reazione.

- Ehy, respira. Non vogliamo che muori proprio adesso che è finita. -.

- Io... sì... scusi... - possibile che non riuscissi a formulare una frase di senso compiuto.

- Angelina aveva ragione. Questa ragazzina ci dà del lei... Chiamami Brad, Giulia. E grazie per aver salvato mia moglie per ben 2 volte oggi. -.

In quel momento cominciai a parlare a raffica. - Sì, ecco, però alla fine è lei che ha salvato me, senza di lei non sarei qui, inoltre mi ha regalato un sabato pomeriggio diverso, quindi credo che siamo pari... -.

Fui zittita. Perché Brad Pitt si era chinato su di me e mi aveva scoccato un bacio sulla fronte. Fui vicino allo svenimento. Invece i miei occhi si illuminarono e sorrisi a 132 denti... sarebbe stato un sorriso perfetto per la pubblicità della Mentadent. Vidi all'entrata del bar Angelina, semi nascosta. che osservava la scena soddisfatta: mi tornò in mente quello che le avevo detto all'inizio dell'avventura, se avrei vinto un bacio da Brad nel caso l'avessi salvata. E lei lo aveva reso realtà.

Brad se ne andò, in silenzio, così com'era venuto. Johnny rimase, porgendomi un biglietto. Mi fece l'occhiolino. - Sabato prossimo do una festa... e visto che è anche merito tuo se la SAC non esiste più sarai la benvenuta: questo è il mio indirizzo insieme al mio numero. Mi hanno anche riferito che ti piacciono i pirati. -.

- Sì... - risposi.

- Allora conto di vederti alla mia festa, piratessa. - e se andò, seguendo Brad e Angiolina.

Era possibile quello che mi era successo: avevo conosciuto tutti i miei attori preferiti lo stesso giorno, di cui una mi aveva regalato l'avventura più grande della mia vita, un altro mi aveva dato un bacio in fronte e l'ultimo, ma non in ordine di importanza, mi aveva invitata ad una sua festa. Possibile che tutto questo fosse realmente vero. Il foglietto che guardavo sembrava la prova che tutto era realmente accaduto, la prova che anche in un pomeriggio come gli altri tutto può succedere.
E di nuovo un sorriso a quel pensiero si dipinse sulle mie labbra.

  
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