II
#Destino
“Harry!” esclamai, con
una punta di rimprovero.
“Cosa?” Mi rivolse uno
sguardo che non mi ingannò neanche per un secondo.
“Lo sai…” continuai.
“È colpa sua, non mia,” si giustificò, alzando pigramente le spalle.
“Sei un adulto di
ventinove anni, però.”
“Dettagli,” disse, prima di dare un’altra gomitata al sedile.
“Harry! Finiscila di
litigare con il bambino… cavolo, sembrate quasi coetanei.”
Mi ero girata verso la
piccola peste in questione: un bimbo di appena sette anni che per tutta la
durata del tragitto non aveva fatto altro che dare calci al sedile, al sedile
dove era seduto Harry per essere precisi. Se non fosse
stato per quella spruzzata di lentiggini sul naso, sarebbe stata la copia
identica di Harry.
La madre sembrava non
vedere il comportamento del figlio; appoggiata al finestrino
osservava le macchine nell’altra direzione, senza rimproverarlo per la
maleducazione dimostrata.
“Solo se la smette
anche lui.”
Improvvisamente provai
un impulso irresistibile e mi avvicinai verso di lui per baciarlo. Avevo
conosciuto Harry quando aveva scoperto il suo ruolo nel Mondo Magico e lui non era mai stato come gli altri ragazzi della nostra età. Non
era stato uno dei tanti adolescenti che preferiva le attività sportive o le
ragazze allo studio, lui era uno di quelli che nell’agenda degli appuntamenti
aveva anche la scritta ‘Sconfiggere Voldemort’.
Come poteva essere come gli altri? No, sarebbe stato sempre
diverso. Da me, da Ron, da tutti.
“Ehi!” proruppi in un
gridolino, quando sentii vibrare il sedile in cui ero seduta. Mi girai verso il
bambino seduto dietro, e dimenticai per un momento di essere io l’adulta,
mentre Harry cercava di soffocare una risata nell’incavo del mio collo.
“Hai ventinove anni
anche tu, Hermione.”
“Dettagli.”
“Hermione,
cara, ce la fai?”
Molly
Weasley non aveva mai smesso di trattarmi come una
figlia, anche dopo la fine della mia relazione con Ron. Non c’erano state urla
o porte sbattute, anzi era stata una separazione così tranquilla e pacifica che
Harry, per giorni, rimase nella convinzione che i suoi migliori amici sarebbe tornati insieme presto.
Dopotutto,
durante i nostri studi a Hogwarts, io e Ron avevamo
litigato tante volte, soprattutto per ragioni stupide e insignificanti. Poi,
era scoppiata la guerra e tutto era successo in fretta. Io. Lui. Un bacio veloce e pieno di passione, e poi una brusca frenata.
Ci trovammo in una situazione in cui ci era concesso
di procedere con calma, a piccoli passi, eppure volevamo correre, agire in modo
frenetico.
Mi
sembrava di voler impazzire di desiderio, volevo
vivere Ron, la nostra storia d’amore e dimenticare tutto. Il più presto
possibile.
Non
dovetti aspettare molto: in poco tempo riuscii a rovinare qualcosa che avevo
sempre desiderato. Mi bastarono sette mesi e una decina di giorni.
“Sei
sicura di non voler venire a cena da noi?”
“Sì, Molly. Sono troppo stanca e ho intenzione di
farmi una doccia e andare a dormire presto.” Sperai
con tutta me stessa che credesse alle mie parole, perché non avevo nessuna
intenzione di andare alla Tana e continuare la mia vita come se non fosse
successo nulla.
“Ho
capito, andrai da Harry come tutte le sere.”
“Ti
prego…” La implorai di capirmi. Come potevo chiacchierare tranquillamente con i
miei amici, quando non riuscivo ad allontanarmi da Harry nemmeno per un’ora?
“Vi
ho sempre considerato come miei figli, lo sai anche tu.
Quando sarai pronta, troverai la mia porta aperta e un piatto caldo.” Sapevo che continuava a preparare la tavola con i nostri
piatti, quello mio e di Harry, come se si aspettasse il nostro arrivo da un
momento all’altro. Non ero la sola a fingere di non
vedere.
“Grazie,” dissi. Dopodiché rimasi sola, come ormai succedeva da
parecchi mesi.
Percorsi
quei pochi passi che mi separavano dalla stanza dove ormai passavo la maggior
parte del tempo e vi entrai. La luce del comodino era accesa e il libro che
aveva iniziato a leggere il giorno prima era ancora accanto all’abat-jour.
Guardai
per un’ultima volta fuori dalla finestra e osservai le minuscole gocce
attaccate al vetro. Non aveva smesso di piovere nemmeno per un attimo, ormai
faceva così da due giorni e sembrava che il sole non volesse più comparire.
Odiavo Novembre, quel mese era capace di mettermi su ancora più angoscia di
quanto già ne avessi.
Presi
il libro e lo aprii là dove avevo piegato l’angolo
della pagina e cominciai a leggere ad alta voce.
Nessuno
interruppe la mia lettura, nessuno. Nemmeno Harry che odiava quel libro.
Quante
volte me l’aveva strappato di mano? Non capiva perché mi ostinassi a rileggerlo
con così tanta frequenza, dopotutto lo conoscevo a memoria.
Non
capiva il mio desiderio di perdermi dentro quel libro, tra le pagine ormai
ingiallite dal tempo, tra le avventure di quella ragazzina spaurita che si
trovava catapultata in un mondo che non era suo e che alla fine arrivava ad
amare più del proprio.
Lo
leggevo di proposito tutti i giorni, speravo che Harry aprisse gli occhi,
sbuffasse infastidito e mi rimproverasse di essere la solita sognatrice.
Eppure
nei miei sogni non c’era lui steso in un letto d’ospedale, immobile, pallido.
In coma. I miei sogni mi erano strati strappati da una donna che non si era
fermata ad un incrocio, che non aveva visto il rosso
del semaforo, distratta dal pianto di suo figlio e Harry si trovava lì per
caso, felice perché aveva finito prima le pratiche e poteva tornare a casa, da
me.
La
morte aveva cercato di prenderlo così tante volte
senza successo che, alla fine, si era arresa all’ineluttabilità degli eventi:
Harry Potter sarebbe morto di vecchiaia.
A
quel semaforo rosso non fu lei a spingere sulla leva dell’acceleratore, perché
non era nei suoi progetti e anche lei si era affezionata a Harry.
Forse
fu proprio Lui a farlo.
Quel
Lui che non avevo più smesso di pregare affinché lasciasse Harry e portasse via
me.
Prendi
me, gli dicevo.
Prendi
me, lascia Harry.
Il
libro cadde per terra. E io con lui.
NdA: Bbbene,
ecco che cominciamo a scoprire qualcosina
in più. Non credevate mica lasciassi vivo o completamente funzionante uno dei
due, vero? Suvvia Harry è in coma, quindi non è morto
e non sta parlando con Melinda Gordon! A parte gli
scherzi, non temete, perché questa storia è un mix di fluff (in ogni capitolo
troverete un flashback romantico) con un pizzico di ambientazione dark, ma è
soprattutto un viaggio dentro Hermione.
Il libro a cui faccio riferimento è in realtà un manga, Fushigi Yuugi, che narra appunto
le vicende di questa liceale che finisce dentro il libro che sta leggendo e per
il quale si troverà a combattere pur di salvare se stessa e le persone che ama.
Lo A-D-O-R-O! Nelle mie storie c’è sempre un po’ della
passione che nutro verso i manga.
Grazie,
grazie mille per tutto! Ci si legge la prossima settimana quando la suddetta “autrice”
tornerà più abbronzata e felice… saluti da Ibiza!