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Autore: yuzuki chan    10/05/2014    1 recensioni
Una ragazza normale viene improvvisamente a contatto con una realtà sconosciuta, magica, in cui dominano figure misteriose, dotate di ali bianche e nere. Il contatto con una civiltà perduta, la divisione della propria personalità, le illusioni, un amico, un nemico, un amore, un cuore spezzato, un pianto sconsolato, una sfida contro il mondo, la fine dei tempi.
-"Dolce Luna", così ti chiamerai, sarai oscura e luminosa nello stesso tempo, ma la tua dolcezza supererà i confini della tua dannazione-
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo era limpido e terso, dell’azzurro tipico delle serene giornate invernali. Nonostante ciò l’aria era tiepida ed impregnata di una particolare fragranza dolciastra. Il paesaggio era idilliaco. Ero al centro di una radura, circondata da alcuni ciliegi in fiore. L’erba sotto di me risplendeva al sole, rivelando il suo color verde smeraldo in tutto la sua magnificenza. In lontananza si udiva inoltre lo sciabordio di un ruscello. Il tutto mi sembrava molto famigliare. Mentre sedevo sull’erba fresca cercai di ricordare ma i miei sforzi erano inutili. Rimasi allora con gli occhi chiusi ad assaporare la pace e la tranquillità dei quel luogo. Il vento che mi accarezzava dolcemente i capelli, il contatto con l’erba fresca, il profumo dell’aria, tutto mi dava l’impressione di appartenere a quel luogo.
Aprii lentamente gli occhi, assaporando nuovamente il paesaggio che mi circondava. Le tinte predominanti erano l’azzurro, il rosa e il verde, ma all’interno di quest’ultimo vi era qualcosa che stonava. Un punto più scuro, nero.
Mi alzai e mi incamminai verso la macchia, percorrendo il perimetro del bosco. Improvvisamente qualcosa mi si parò davanti agli occhi e mi cinse la vita, trascinandomi con forza dietro i ciliegi. Provai a divincolarmi, ma la presa era troppo forte.
“È ancora troppo presto perché tu veda ciò che è la tua vita. Prima devi conoscere altre cose.”
Era una voce maschile, calda ma allo stesso tempo lontana, antica, imponente. L’uomo fece scivolare la sua mano sul mio naso e sulla mia bocca, facendomi respirare un profumo fresco, simile al muschio. Provai a morderlo e a voltarmi verso di lui per vederlo in viso ma improvvisamente il mio corpo cedette e la mia volontà venne sopraffatta da qualcosa di superiore.
Persi conoscenza, ma questa volta le calde braccia di Luigi non erano lì pronte ad accogliermi.
 

 
***
 

Mi ritrovai di fianco ad un ruscello, probabilmente quello che prima udivo in lontananza. Mi misi a sedere e mi accorsi di non essere più sull’erba ma su ciottoli.
Mi guardai intorno alla ricerca dell’uomo che mi aveva rapita, ma non vidi nessuno. Di fronte a me era adagiata sul terreno una piccola bisaccia. Provai ad alzarmi ma delle catene bluastre comparvero ai miei polsi e alle mie caviglie e mi bloccarono. Mi rimisi a sedere di colpo, urtando la ghiaia con il braccio e ferendolo superficialmente. Mi guardai i polsi ma in quel momento non vidi nulla. Provai allora ad alzare il braccio e poco prima di raggiungere la massima estensione il mio piccolo carceriere fece nuovamente capolino. Provai a toccarlo ed ebbi la sensazione di sfiorare catene vere, fredde e metalliche, ma non appena abbassai l’arto facendole scomparire non trovai più resistenza.
Credevo di impazzire. Prima arriva mio cugino e scopro che è una sottospecie di angelo, poi vengo imprigionata da qualcuno in un mondo strano con delle manette che sembrano magiche.
Cosa diamine stava succedendo?
Rimasi a riflettere su quella sequenza di eventi cercando una spiegazione logica a tutto ciò, mentre un senso di terrore mi pervadeva. Mi sentivo bloccata al suolo da una forza maggiore, non rappresentata dalle catene ma dalla paura, la paura verso l’ignoto. Avevo osservato cose che non tutti potevano vantare di aver visto, che avrebbero sconvolto la vita mia e di tutto il mondo. Già, sconvolto… Per me non c’era speranza ormai, e anche se ci fosse stata la possibilità di dimenticare tutto mi sarei rifiutata di farlo, ma gli altri non sapevano ancora niente, e niente avrebbero dovuto sapere, almeno per il momento. Una scoperta del genere metterebbe in crisi molte istituzioni, ma in particolare la mentalità e la morale comune. Avrebbe inoltre causato l’inizio di una nuova epoca. Ma in fondo se anche avessi parlato chi mi avrebbe creduto? Sarei finita in un manicomio molto probabilmente. In fondo la “casa dei matti” è semplicemente l’abitazione dei diversi, di coloro che vedono il nostro bellissimo e malefico mondo da un’angolatura particolare. Cosa ci induce a pensare che le nostre credenze siano quelle giuste? Lo crediamo unicamente perché siamo in tanti, ma in fondo non sono state le persone diverse a cambiare il mondo in meglio? Chi si adatta alle regole stabilite dagli altri è succube della natura e della vita, non la domina e si lascia sopraffare. Era quindi meglio essere diverso e non accettato o una copia della mentalità altrui?
La mia domanda non ebbe risposta poiché sentii un rumore provenire dal piccolo corso d’acqua, il che mi distrasse dai miei pensieri. Guardai il corso del ruscello e ad un certo punto scorsi una figura che risaliva scioltamente e leggiadramente il flusso acquatico. Continuai ad osservala, iniziando a distinguerne i caratteri. Quando infine si trovò alla mia altezza si fermò, si aggrappò con le mani agli argini e fissò il suo sguardo nel mio. Aveva gli occhi azzurri come il cielo e lunghissimi capelli biondi raccolti in una treccia in parte immersa in acqua. Al collo portava una collana a forma di goccia, che luccicava alla luce del sole. Mi studiò per qualche istante, per poi adagiare il capo sulle braccia incrociate al suolo, sorridendo. Notai solo allora la particolare configurazione delle sue orecchie. Erano senza lobi e leggermente a punta.
“Iris, mi fa piacere che tu sia già arrivata” La ragazza sollevò la testa annuendo e iniziò a gesticolare rivolgendosi ad una persona alle mie spalle. La figura si accucciò a fianco a me e con la stessa voce di colui che mi aveva addormentata dichiarò:
“Era ansiosa di vederti” volse il viso verso il mio e sorridendo aggiunse “Iris questa è Yuzuki, Yuzuki questa è Iris. Purtroppo lei non può parlare quindi potrai comunicare con lei unicamente tramite il linguaggio dei segni”
Mi voltai verso Iris che mi salutò agitando la mano. Le sorrisi e mossi appena la mia di rimando. Il suo volto rispecchiava un’anima dolce, premurosa e pura, in totale armonia con la natura.
Mi volsi allora verso l’uomo. Aveva la pelle olivastra, lineamenti delicati, i capelli neri tagliati corti e gli occhi scuri. Assomigliava molto a Luigi.
“Ora lei la conosco, ma di te non so neanche il nome”
“Questo non è importante, anzi preferirei che tu lo ignorassi per il momento. Quando avrai bisogno di me chiamami semplicemente maestro”
Lo guardai con aria dubbiosa. “Almeno toglimi le catene. Sono opera tua,vero?”
Senza dire niente aggrottò le sopracciglia per un attimo, per poi farmi segno di alzarmi. Seguii la sua istruzione e mi accorsi che le catene erano sparite.
“Iris, precedici in città. Lì compiremo il nostro compito” la ragazza annuì e salutò entrambi per poi girarsi e scomparire tra le onde. Solo a quel punto mi accorsi di un dettaglio non del tutto insignificante. Al posto delle gambe aveva una rossastra coda squamosa.
“Non si finisce mai di imparare” pensai.
L’uomo mi prese il braccio e mi fece affiancare a lui. Lo guardai con aria interrogativa ma egli iniziò a camminare a passo svelto senza preoccuparsi di me. Mi sciolsi allora dalla sua presa e mi fermai di colpo. A quel punto anche lui si bloccò.
“C’è qualche problema?” chiese leggermente stizzito
“Non saprei, maestro” risposi marcando particolarmente quell’ultima parola “Mi trovo in un posto che non conosco ma trovo familiare, abitato da creature mitologiche. Inoltre un uomo, che non osa neanche dirmi il suo nome, mi trascina verso un luogo sconosciuto… E io sono arrivata qui inviata da un angelo. Si direi che non vi alcun tipo di problema” continuai ironica.
“Stiamo andando verso la capitale, la città circolare ed acquatica, la città costruita sul nulla. Una volta arrivati lì io e Iris ti spiegheremo tutto” disse senza battere ciglio.
“È un vizio particolare di voi esseri magici il voler spiegare le cose in luoghi speciali?” chiesi più a me stessa che a lui, in un sussurro.
“Non ho sentito. Cosa hai detto?”
“Niente, niente. Stavo solo pensando a voce alta.”
Così lo seguii in mezzo alla foresta, fino a quando essa non si interruppe di colpo per lasciare il posto ad un’immensa città.
“Siamo arrivati. Questa è Atlantide”
 
 
 
 
 
 
 


 
Nota dell’autore: Scusate il ritardo^^” Comunque eccomi con un nuovo capitolo :) Spero che la storia vi stia avvincendo almeno un goccio ^^ Comunque ringrazio tutti coloro che hanno deciso di leggerla fino a questo punto e in particolare AlexaStyles che l’ha inserita tra le preferite :)
Ora vi lascio, sperando di riuscire a pubblicare presto nonostante la scuola^^
A presto :)
~yuzuki
P.S. Lasciatemi qualche piccola recensione se vi va, mi farebbe molto piacere ^^
  
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