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Autore: LilyLunaWhite    15/05/2014    1 recensioni
Nuova generazione. Stessi luoghi. Stesse Gilde in lotta tra loro. Però, il Regno di Fiore, non è più lo stesso da quando a governare vi è un nuovo Concilio della Magia. Nuovi complotti. Un mistero da svelare e la continua caccia ai Dragon Slayer. A muovere i fili di questa avventura è il Destino, mentre il Passato non fa che tornare, facendo riaffiorare ricordi perduti nel tempo.
-Dalla Storia.-
"Sentivo qualcosa nella mia mente che voleva liberarsi, che lottava per spezzare le catene che la tenevano imprigionata, stessa sensazione che provai la prima volta che vidi Yami.
Però lui, ora, non era lì con me. Ero sola.
Ormai avevo capito che quello che cercava di riaffiorare era un ricordo lontano, un ricordo che aveva dormito per molto tempo e che ora, una volta risvegliatosi, si era trovato incatenato e si dimenava cercando di liberarsi, ma senza riuscirci.
Liberati!
Dannazione liberati!"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo storia: Sora - Il Gioco del Destino e del Passato
Titolo Capitolo: La Ragazza Dagli Occhi Viola.
Autrice: Lily
Beta: Lucia


Quella mattina, di malavoglia, mi stavo preparando per andare a scuola, continuando a pensare allo strano sogno che avevo fatto quella notte. Mi sembrava così reale che facevo fatica a credere che quello fosse solo un semplice sogno. Mi ero svegliata nel cuore della notte, ansimante  e bagnata a causa del sudore freddo che ricopriva il mio corpo e continuavo a ripetermi che quello era stato solo fantasia notturna, nel vano tentativo di calmare il mio cuore che batteva troppo rapidamente. Inutile dire che ero riuscita ad addormentarmi solo due ore dopo e ora ero stanca e avevo un forte mal di testa. Poi, pensandoci bene, quel sogno non poteva essere reale perché, affermando ciò, avrei ammesso che i draghi esistono, cosa assolutamente non vera. I draghi erano creature nate dalle fantasia umana, non erano creature reali.
Comunque, decisi di accantonare quei pensieri e di uscire dalla mia abitazione per dirigermi verso la scuola che, per quanto noiosa e orribile, mi attendeva.
Odiavo la scuola, ma alle volte la preferivo alla solitudine che regnava in casa. Soltanto due anni fa, quando avevo nove anni, avevo perso i miei genitori in un misterioso incidente stradale e, da quel giorno, avevo vissuto in diversi orfanotrofi e in diverse famiglie. Un anno fa, però, sono stata affidata ad una signora che a causa del suo lavoro non vedevo quasi mai e, quando riuscivo a vederla, non faceva che trattarmi come un essere inferiore. Dato il suo atteggiamento, mi ero chiesta come mai allora mi aveva voluta in casa sua e, dopo una settimana di permanenza in quella casa, ebbi la risposta a questa domanda: aveva bisogno di qualcuno che le tenesse in ordine la casa perché, date le sue numerose assenze, non poteva farlo lei e, visto che non voleva pagare nessuno, chi meglio di una figlia poteva svolgere queste mansioni gratuitamente? Però, non mi ci ribellavo. Avevo fatto l'abitudine e, nonostante lei non mostrasse affetto nei miei confronti, mi teneva con sé, dandomi così la possibilità di avere una casa, un letto caldo in cui dormire e pasti regolari tutti i giorni.
Mentre mi incamminavo verso la scuola, mi sfuggì un sorriso un po' triste. Erano trascorsi solo due anni e io non ricordavo più i volti dei miei genitori. Non avevo nemmeno una loro foto, nulla. Sapevo solo che erano morti in un incidente stradale e avevo qualche piccolo ricordo sul mio passato, sui giorni prima di quell'incidente che però erano come avvolti dalla nebbia. Ricordavo che ero una bambina allegra, spensierata e solare. Ricordavo il dolce e caldo sorriso di mia madre, ma se mi sforzavo di ricordare i tratti del suo viso, mi veniva un forte mal di testa e non ci riuscivo. Secondo lo psicologo del primo orfanotrofio, la mia mente, per difendersi, aveva eliminato ogni ricordo, ma io, senza di essi, invece di sentirmi più sollevata, mi sentivo priva di difese. Cosa ancora più strana, era il fatto di aver completamente dimenticato mio padre. Se di mia madre ricordavo qualcosa, come il suo sorriso o la sua voce, però di mio padre nulla, vuoto totale.
Anche per queste ragioni ero cambiata e avevo perso completamente il sorriso, perché mi sentivo sola e lo ero davvero: non avevo una famiglia, degli amici e nessun'altra persona per la quale continuare a lottare e sorridere.
Appena varcai il cancello della scuola e misi piede in cortile, allontanai completamente i pensieri che, come ogni mattina, affollavano la mia mente.
Non appena giunsi in classe, Izumi mi si parò davanti, facendomi sospirare leggermente per l'esasperazione.
«Mi hai svolto i compiti per oggi?»
«Si Izumi.», le risposi incamminandomi verso il mio banco in fondo all'aula, vicino alla finestra.
Non appena poggiai la cartella sul banco, presi dal suo interno alcuni quaderni e li restituii ai loro rispettivi proprietari, notando i loro visi soddisfatti nel constatare che avevo svolto i loro compiti in maniera eccellente.
Certo che la giornata scolastica cominciava bene.
Con mio grande sollievo, poco dopo, cominciarono le lezioni e cominciai a prendere i miei consueti appunti. Odiavo la scuola, ma almeno rappresentava una buona distrazione ed evitava che i miei pensieri prendessero il sopravvento della mia mente.
Le ore scolastiche trascorsero rapidamente e arrivò la tanto attesa pausa pranzo. Cominciai a sistemare il mio materiale all'interno della cartella quando una voce irritante mi bloccò.
«Ehi tu, Luna.», cominciò Izumi, «Idiota dico a te.»
Continuai ad ignorarla, nonostante quel nomignolo, "idiota", mi avesse infastidita non poco. Proprio lei, che non sapeva nemmeno fare uno più uno, non poteva e non doveva permettersi di chiamarmi in quella maniera. Quel giorno Izumi aveva deciso proprio di rovinarmi la giornata.
«Trovatella, ti sto chiamando.», cominciò lei, ridendo divertita per come mi aveva chiamata.
Che risata falsa e fastidiosa.
Compresi che se non fossi uscita immediatamente dalla classe, mi sarei innervosita e avrei sfogato tutta la rabbia trattenuta negli ultimi anni su quella principessina che si credeva chissà chi, solo perché era la più corteggiata in tutta la scuola.
«Idiota, vedi di rispondermi o sarà peggio per te.»
Quella frase fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Mi avvicinai con cautela a Izumi, piena di rabbia, e le rifilai un'occhiata gelida.
Ora, avrebbe capito chi era la vera Luna.
Poteva accettare di fare i suoi compiti a casa e farli anche al resto della classe. Potevo aiutarla durante le interrogazioni o durante i compiti in classe. Tutto pur di non avere problemi. Però ora stava passando il limite. Sentivo la rabbia invadere il mio corpo. Cercai di calmarmi, ma era tutto inutile: il solo vederla mi irritava. Era come se ad un tratto tutta la rabbia trattenuta in quegli anni, volesse fuoriuscire. Mi sentivo come un vulcano pronto ad eruttare.
«Vedi di stare calma con le parole, Izumi.», le parlai con un tono di voce basso e distaccato.
«Ti meriti ogni nome con il quale ti ho chiamata. Sei inferiore a noi, a me, quindi vedi di portare rispetto.»
Avevo le mani che tremavano e, quando ella pronunciò quelle parole, la mia mano si mosse da sola, come se fosse animata di vita propria: la schiaffeggiai in pieno viso.
Il silenzio cadde nella nostra classe e tutti mi fissavano sconcertati.
«Non sono inferiore a nessuno, men che meno a te.», le sussurrai con rabbia, per poi voltarmi e dirigermi verso la porta scorrevole dell’aula.
«Questa me la pagherai, trovatella!», esclamò con rabbia Izumi, quasi urlando.
Mi fermai sulla soglia della porta, leggermente aperta e, prima di varcarla, mi voltai verso di lei: «Vedremo.», sussurrai per poi chiudermi la porta alle spalle e dirigermi verso i bagni della scuola.
Erano tutti in cortile o nella sala mensa per la pausa pranzo, così trovai i corridoi deserti e con tranquillità potei dirigermi verso la mia meta.
Non appena mi trovai davanti allo specchio a parete presente in bagno, sopra i lavandini, fissai il mio aspetto.
Avevo i capelli lunghi, lisci e raccolti in una treccia laterale, biondo cenere, mentre il mio viso era piccolo e tondo e quando sorridevo si intravedevano delle fossette sulle guance. Nell’ultimo anno ero dimagrita ancora, cosa a cui avrei dovuto rimediare un giorno ricordandomi di mangiare con più regolarità e in modo abbondante. La mia statura si aggirava intorno al metro e cinquanta e avevo la pelle pallida e bianca come la luna. Infine, decisi di soffermarmi sui miei occhi. Erano quelli a rendermi strana davanti agli sguardi degli altri. Avevano una forma a mandorla, grandi e di un colore particolare, senza eguali: erano di un intenso viola. In quel momento scuri a causa della poca luce che filtrava in bagno quel giorno.
Mi sciacquai il viso e feci più volte dei lunghi respiri per calmare la rabbia.
Puntai nuovamente lo sguardo sul mio riflesso, notando che pian piano il rossore sulle guance dovuto alla rabbia stava sparendo.
Quando riuscii a calmarmi, i miei pensieri ritornarono a mia madre. A lei piacevano i miei occhi, non li trovava strani, anzi li trovava unici.
Sorrisi a quel vago ricordo, per poi vederlo sparire non appena un urlo agghiacciante echeggiò nella scuola.
Chi era?
Poco dopo, un altro urlo, seguii il primo, spaventandomi leggermente.
Successivamente, mentre mi avvicinavo alla porta, sentii tutta la scuola andare nel panico e le urla degli studenti che si riversavano nei corridoi rompere il silenzio che fino a qualche minuto prima regnava.
Cosa stava succedendo?
 
~Angolo Autrice.~
Eccomi qui come promesso. Puntuale come non mai.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Forse lo troverete un po' noioso perché è solo introduttivo e presenta la protagonista di questa mia storia ma vi assicuro che dal prossimo capitolo avrete anche un po' d'azione e di rivelazioni.
A parte questo, vorrei ringraziare tutti i lettori silenziosi del prologo e soprattutto un ringraziamento speciale va a 97_Levy_97 che ha recensito il prologo. Grazie di cuore. ♥
Inoltre, non mi stancherò mai di ringraziare Lucia, che come sempre corregge ogni mio singolo capitolo. Grazie amica mia. ♥
Fatti i ringraziamenti, spero ch il capitolo vi sia piaciuto e spero che mi lasciate qualche vostro commento, che vi assicuro mi aiutano ad andare avanti.
Per ora vi saluto e vi lascio. ♥
A giovedì.
Con affetto,
Lily.
   
 
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