Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: StarFighter    24/05/2014    13 recensioni
Tutto sembra procedere per il meglio ad Arendelle: Elsa ed Anna cercano di recuperare il tempo perso, ed intanto la principessa cerca di chiarire il suo rapporto con il suo-più-che-amico, Kristoff. Ma, durante il suo primo viaggio fuori dal regno, Anna è vittima di un incidente. Questo potrebbe mettere in pericolo il fragile equilibrio creatosi dopo il Grande Inverno? R&R!
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NB: ho paura che in questo capitolo la nostra tanto adorata regina di ghiaccio risulti un tantino ooc, questo perché ho cercato di portare all’esasperazione il suo stato di nervosismo. Spero non mi malediciate per quello che le farò dire e fare XD

Capitolo 14: Ad ogni azione corrisponde una reazione

 

Elsa sedeva composta alla sua scrivania, sfogliando dei resoconti stilati per lei dai suoi ministri, arricciando le labbra in disappunto, alle pessime notizie: una nave merci, che trasportava un prezioso carico di beni di prima necessità destinati ad Arendelle, aveva fatto naufragio, a causa di una tempesta scatenatasi lungo le coste del regno delle Isole del Sud. La notizia non poteva che aggravare il suo stato di nervosismo, che sembrava crescere minuto dopo minuto. Aveva riaccompagnato Anna nelle sue stanze già da un po’, lasciandola riposare. Il vederla in quello stato di serafica remissività, l’aveva lasciata interdetta: la sorella l’aveva salutata sul molo e poi aveva taciuto per la maggior parte del tempo, rispondendo alle sue domande con semplici monosillabi, sussurrati a fior di labbra, come se avesse paura di alzare la voce. Anzi, la sua impressione era stata proprio quella che Anna avesse paura di lei, che temesse anche il solo contatto visivo.

Quando aveva ricevuto la lettera di Rapunzel, l’aveva letta con mani tremanti, lasciando che la paura regnasse sovrana nel suo cuore: l’aveva accartocciata subito dopo, mentre un leggero strato di brina cominciava a crearsi sulle pareti e i suoi occhi si riempivano di lacrime; aveva appena ritrovato la sorella ed ora, a causa di uno stupido incidente, l’aveva persa di nuovo. Qualche ora più tardi aveva cercato di autoconvincersi che sarebbe potuta andare peggio, che Anna sarebbe potuta morire dopo aver battuto la testa; ma quel placebo mentale che aveva cercato di somministrarsi non aveva funzionato. Non sarebbe stata tranquilla finché non avesse riabbracciato la sorella. Erano stati i cinque giorni più lunghi della sua vita: nemmeno quando era rimasta rilegata nella sua stanza, il tempo era passato così lentamente: più cercava d’intrattenersi con sedute straordinarie del consiglio e la lettura di noiosissimi trattati di alleanze, più la sua mente le riproponeva l’immagine di Anna inerme tra le braccia di Kristoff.

Già, Kristoff. La colpa era la sua. Che idiota era stata ad affidargliela, che stupidaggine aveva fatto ad accordagli la sua fiducia, a trattarlo quasi come un suo pari. Ma non l’avrebbe passata liscia, lo avrebbe punito severamente, anzi l’avrebbe fatto giust…

I suoi piani di vendetta vennero interrotti da un bussare ritmico alla porta del suo studio: “Elsa, sono Olaf, posso entrare?”- la voce acuta e sempre solare del piccolo pupazzo di neve le giunse ovattata da fuori.

‘Olaf!’- pensò.

Si era proprio dimenticata di lui, in tutto quel trambusto di eventi: poverino, lui le era stato accanto in quelle due settimane, confortandola con il suo affetto e i suoi abbracci gelati, e lei l’aveva a malapena ringraziato, troppo concentrata sul suo dolore per prestare attenzione anche al dispiacere del suo piccolo amico: “Entra pure, Olaf.”- gli rispose con voce controllata.

Subito la porta si aprì e Olaf entrò, rivolgendole quel sorrisino contagioso che non abbandonava mai la sua bocca: “Ehi! Come va? Hai visto, Anna è tronata sana e salva, e tu che eri così preoccupata.”- ridacchiò divertito, all’oscuro di quella situazione tutt’altro che rosea.

Infatti non gli aveva detto che Anna aveva perso la memoria, ma semplicemente che era caduta da cavallo, che aveva battuto la testa e si era rotta un braccio: anche solo con quelle poche informazioni, l’umore del piccolo pupazzo di neve, si era rabbuiato; non voleva deprimerlo ulteriormente dicendogli che molto probabilmente Anna non si sarebbe ricordata di lui.

-“Già. Hai ragione.”- cercò di sorridere, ma le venne fuori una smorfia.

Olaf sembrò non accorgersene: “Dici che potrei andare a salutarla? Insomma mi è mancata e credo di essere mancato anch’io a lei!”- fece una smorfietta carina ridacchiando -“Non per vantarmi, ma sai, credo di essere il suo migliore amico, dopo te ovviamente e…Kristoff, ma lui non conta, lui è un più-che-amico.”- Elsa non gli rispondeva, quindi continuò-“ Okay, forse non sono proprio il suo migliore amico, ma sicuramente il suo miglior confidente e potrei…”-

Elsa lo interruppe, prima che potesse andare oltre: glielo doveva dire, non poteva nascondergli oltre la verità, lui meritava di sapere, ora faceva parte della famiglia.

-“Ascolta Olaf, ho una cosa molto importante da dirti.”- prese un respiro profondo, guardando negli occhietti neri del piccolo amico, cercando di trovare le parole adatte per non ferire i suoi sentimenti -“Ricordi che ti avevo detto che Anna era caduta da cavallo battendo la testa?”-

Olaf annuì convinto: “E che per fortuna o per sfortuna, non saprei ancora bene come definirla, si era rotta solo un braccio. Si, mi ricordo!”-

-“Bene, c’è una cosa che non ti ho raccontato, ma l’ho fatto solo per non farti rattristare. Non voglio vederti triste e depresso come me: una Elsa basta e avanza, che dici?”- cercò di smorzare la tensione con una battuta, peggiorando solo la situazione, perché Olaf la guardò in modo strano. Tacque per quello che le sembrò un tempo infinito, rimanendo immobile a fissare le sue dita intrecciate sulla scrivania, incapace di incrociare lo sguardo interrogativo dell’omino di neve.

-“Elsa, va avanti. Non c’è nulla che potresti dirmi di tanto spiacevole da farmi rattristare” - la esortò, gesticolando con i due rametti che aveva al posto delle braccia.

-“Olaf…Anna non si ricorda di te, né dei miei poteri, né del viaggio che avete fatto insieme per venire a cercarmi. Il colpo alla testa le ha cancellato i ricordi ed inoltre, credo abbia modificato anche il suo carattere: non è più la Anna che conoscevamo, purtroppo.” – fece silenzio, aspettando una reazione da parte di Olaf.

-“Oh…”- fu l’unico suono che uscì dalla sua fredda bocca. Abbassò mesto la testa, lasciando cadere le braccia ramose lungo i fianchi, mentre la nuvoletta sulla sua testa si rabbuiava come il suo umore.

-“Olaf, mi dispiace, ma dovevo dirtelo, non potevo rischiare che Anna ti vedesse e desse di matto. Insomma, hai capito, no?”- si affrettò a precisare.

-“Q-quindi, non potrò più vederla per un po’,giusto?”- chiese alzando i suoi occhietti tristi e lucidi su Elsa. Il dolore di quello sguardo, penetrò la giovane regina fin nelle ossa, lasciandole l’impressione che con il solo contatto visivo, Olaf le avesse scavato involontariamente una buca nel petto.

-“Si, mi dispiace.”-

-“Per quanto non potrò vederla, insomma prima o poi dovrà tornarle la memoria, no?”- chiese speranzoso, abbozzando un sorriso.

-“Non lo so Olaf. I medici di Corona hanno detto che potrebbe anche non tornarle mai più. Ma non preoccuparti: pian piano racconterò ad Anna tutto quello che ha dimenticato di questi ultimi mesi, cominciando dal mio potere, e ovviamente le parlerò anche di te, così potrete tornare ad essere amici come una volta. Ma credo che ci vorrà del tempo per farla abituare a tutto questo, capisci?”-

-“Capisco.”- rispose in un sospiro, facendo traballare la carota che aveva al posto del naso.

-“Dovrai avere un po’ di pazienza, e non dovrai perdere la speranza. Insomma questa è solo la peggiore delle ipotesi, potrebbe anche ricordare tutto nel giro di qualche settimana.”- cercò di consolarlo, tentando allo stesso tempo di convincere se stessa.

-“Questo significa che non posso andare a trovarla, allora.”- constatò malinconico.

-“No, mi dispiace.”- gli rispose Elsa: vedere il sempre felice e logorroico Olaf, diventare improvvisamente triste e silenzioso, le spezzò il cuore. Il piccolo pupazzo di neve, strizzava gli occhi, incapace di piangere, cercando un modo per esternare il suo dolore.

-“Olaf, vedrai che presto tutto si aggiusterà e torneremo ad essere felici come prima.”- gli sorrise mestamente.

-“Avrei tanto bisogno di un caldo abbraccio, ora.”- disse alzando lo sguardo lucido su Elsa.

La regina lo guardò per un millisecondo e poi, senza tanti preamboli, si alzò dal suo posto e gli si avvicinò. Si inginocchiò alla sua altezza e poi spalancò le braccia e il piccolo Olaf vi si tuffò dentro.

Gli carezzò la testolina bianca e fredda, consolandolo come una mamma fa con il suo bambino, mentre il piccolo pupazzo cercava di cingerle la vita con le sue braccine corte: “Non so se i miei abbracci siano caldi, ma spero ti basti anche questo abbraccio ‘congelato’.”- scherzò Elsa allontanandosi di poco.

-“Ma tu non sei fredda, almeno non per me. Questo è il migliore abbraccio caldo che io abbia mai ricevuto. Non che ne abbia ricevuti molti, in realtà, ma tra quei pochi che posso ricordare questo è certamente il migliore!”- gli disse con la sua vocetta acuta, tornando ad essere per un momento il solito sorridente Olaf.

-“Sono felice. Allora, quando vorrai un abbraccio non esitare, vieni a bussare alla mia porta, ce ne saranno sempre per te.”- gli promise con voce dolce.

Olaf annuì. Poi Elsa tornò seria: “Ascoltami bene Olaf, il palazzo è casa tua e tu puoi andare dove più ti aggrada, ma ti pregherei di non gironzolare dalle parti della camera di Anna. Se dovesse vederti non so come reagirebbe. Inoltre, mi raccomando: nel caso tu dovessi sentirla o scorgerla per i corridoi, non andarle in contro. So che è chiederti molto, ma fallo per lei. Più la terremo tranquilla, più probabilità ci saranno che le torni la memoria.”-

-“Afferrato, non mi farò vedere, sarò un’ombra silenziosa che striscia nell’oscurità.”- disse con tono cospiratorio, alzando un braccio legnoso all’altezza degli occhi, come se volesse nascondersi –“A proposito di agire nell’ombra, ma non è che per caso Arendelle ha un corpo speciale di spie che proteggono la regina e il palazzo ed evitano le congiure eccetera eccetera? No sai com’è, nel caso ve ne fosse uno potrei entrare a farne parte e potrei addirittura…”-

-“No, Olaf, non esiste niente di tutto questo. Basterà che tu non ti faccia vedere, promesso?”- ridacchiò la regina, difronte alla capacità di Olaf di fronteggiare il cattivo umore.

-“Promesso.”- confermò il piccoletto.

-“Ora dovresti andare, aspetto una persona e non sarà piacevole essere nei paraggi quando questa arriverà.”- constatò irritata.

-“Come vuoi.”- si avviò verso la porta bianca dietro di lui, lasciando delle piccole impronte bagnate sul pavimento ricoperto da un tappeto, ma si fermò-“ La persona che stai aspettando è per caso Kristoff?”- chiese alzando un sopracciglio.

Elsa si alzò, lisciandosi le pieghe del vestito: “Già.”- confermò con voce piatta, tornando alla sua scrivania e alle sue sudate carte, mentre la temperatura nelle stanza diminuiva impercettibilmente.

-“E non c’è la possibilità che io possa rimanere qui mentre parlate, così da evitare che tu faccia male a Kristoff? Sai, non credo che Anna sarebbe molto felice di sapere che il suo più-che-amico è diventato un ghiacciolo.”- ridacchiò a quell’ultima affermazione.

-“No, Olaf: devi andare. Ti assicuro che cercherò di trattenermi, di non fargli molto male, ma non posso prometterti nulla, sai che quando sono nervosa non riesco a controllarmi.”- gli rivolse un sorriso sghembo, un tantino inquietante, pregustando già la sfuriata che avrebbe fatto al ragazzo.

-“Mmm, d’accordo.”- acconsentì titubante Olaf, mentre apriva la porta –“A più tardi, allora.”- richiuse la porta dietro di sé.

Elsa tornò a fissare il resoconto del naufragio della nave merci, ma un istante dopo dei colpi lievi alla porta la interruppero: “Olaf, ti ho già detto che non puoi restare. Va a giocare in giardino.”-

Ma quando alzò la testa per fronteggiare l’insistenza del pupazzo di neve, trovò sull’uscio della porta Kristoff, ancora con la mano sulla maniglia: “P-posso tornare se ha da fare.”- le disse in un soffio, osservandola con lo sguardo di una preda inerme di fronte al predatore.

-“Entra.”- un ordine perentorio, una sola parola: fu lapidaria.

Lo osservò mentre chiudeva la porta, in silenzio. Il ragazzo si voltò tenendo lo sguardo basso, non osando incrociare i suoi occhi di ghiaccio, che sembravano trapassarlo da parte a parte, mozzandogli il respiro: doveva ammetterlo, aveva paura.

Elsa lo fissava intensamente, non sapendo da dove cominciare. Lui rimaneva immobile davanti alla sua scrivania, come qualche settimana prima, quando gli aveva dato la sua benedizione per stare con Anna. ‘Benedizione un corno!’- si ritrovò a pensare, mentre cercava di controllare le sue emozioni e di tenere a bada le maledizioni, che gli avrebbe volentieri urlato contro, che le premevano sulle labbra. Le sembrò che Kristoff tremasse per la paura e che alle sue orecchie   arrivasse addirittura il rumore sordo dei battiti aritmici del cuore spaventato del ragazzo. O forse era solo il rombo potente del suo cuore, che accelerava sotto l’influsso della rabbia crescente, che si stava lentamente e inesorabilmente impadronendo di lei.

La regina prese un respiro profondo: “Prima che tu ed Anna partiste per Corona mi ero raccomandata con lei, dicendole di non fare cose stupide, quel genere di cose che di solito la fanno mettere nei guai: lei mi ha tranquillizzata dicendomi che tutto era sotto controllo e che tu saresti stato con lei, e che quindi non c’era da preoccuparsi.”- fece un momento di silenzio per riprendere fiato,  ordinando le carte sulla scrivania, senza staccare gli occhi dalla figura intimorita di Kristoff    -“E io ho pensato: ‘ma si, Kristoff mi sembra un ragazzo assennato, di certo starà attento alla sua sicurezza.’ E ovviamente, non potevo essere più lontana di così dalla realtà!”- disse con voce strozzata, cercando di mantenere la calma -“Ti avevo esplicitamente chiesto di tenerla al sicuro”- chiuse un attimo gli occhi -“di non farla soffrire e di fare in modo che non le accadesse nulla…”- si portò le dita tremanti alle tempie, sospirando rumorosamente. Ormai era al limite, sapeva che in quell’occasione nemmeno la filastrocca che le aveva insegnato il padre- celare, domare, non mostrare- sarebbe riuscita ad arginare l’onda di rabbia che le stava salendo dal profondo, sommergendo ogni altra emozione, lasciandola per un momento incredula difronte a tanta potenza: “Allora mi spieghi cos’è andato storto a Corona?”- gli urlò contro, battendo le mani sul tavolo davanti a lei, spalancando gli occhi di ghiaccio, mentre la temperatura nella stanza calava bruscamente e un vento creatosi dal nulla faceva volare via alcuni oggetti.

Alla fine era esplosa.

Kristoff fece un passo indietro intimorito, riuscendo a scansare un piccolo soprammobile che altrimenti l’avrebbe colpito in piena faccia. Non riusciva a spiccicare parola: certo, aveva previsto una tale reazione da parte della regina, ma mai avrebbe pensato che si sarebbe lasciata andare così tanto. Inoltre, tutto il discorso di scuse, che si era preparato nell’attesa di essere ricevuto, sarebbe stato praticamente inutile contro le sue accuse.

-“Tu sai che ad ogni azione corrisponde una reazione, vero?”- gli chiese ritornando per un momento calma.

Kristoff annuì.

-“Allora saprai anche che tradire la mia fiducia in tal modo, non è certo cosa che passa impunita, quindi spero tu sia pronto a ricevere una degna punizione.”- lo vide inghiottire a vuoto –“Ma prima voglio che mi racconti per filo e per segno tutto quello che è successo a Corona. La lettera della principessa Rapunzel non è stata abbastanza esplicativa.”- lo guardò tornare al suo posto e prendere fiato.

Kristoff cominciò dapprincipio, prima con voce tremante e poi sempre più sicuro: le raccontò del loro arrivo nel regno di Corona; dell’accoglienza ricevuta dai sovrani; dei festeggiamenti per il matrimonio; della giornata passata tra le strade del regno e della proposta della principessa Rapunzel, di provvedere alla sua lunga assenza con una passeggiata a cavallo nella riserva di caccia del re.

Omise accuratamente di farle sapere che aveva dormito nello stesso letto di Anna, temendo ovviamente di peggiorare ancora di più la sua situazione: se la regina avesse saputo davvero tutto quello che era successo a Corona, lo avrebbe di certo messo alla forca.

-“…così abbiamo passato gran parte della giornata insieme alla principessa e al suo consorte, per le campagne del regno e al ritorno è successo…beh, l’incidente.”- concluse il suo racconto abbassando lo sguardo. Parlare di quella faccenda lo faceva star male, perché non riusciva a capacitarsi che Anna fosse in quelle condizioni anche per colpa sua: si era lasciato prendere dal momento senza prestare attenzione ai particolari, troppo concentrato su Anna e le sue parole.

Elsa assimilò tutte quelle informazioni in silenzio, concentrandosi sulle sue ultime parole: “So cosa è successo, ma io vorrei sapere come e perché. Perché Anna correva a scavezzacollo su un sentiero che non conosceva e come ha fatto a cadere?”- il tono di voce che abbandonò le sue labbra rispecchiava appieno la sua frustrazione. ‘Se fossi andata con lei, di sicuro questo non sarebbe successo.’- pensò, mentre osservava il ragazzo cercare una risposta alle sue domande.

-“S-stavamo facendo una gara e lei era voltata indietro e…e non lo so, davvero. È successo tutto così in fretta, credo abbia sbattuto contro un ramo basso e poi era a terra e…”- farfugliò.

-“Voi cosa?”- esclamò Elsa, scioccata, spalancando gli occhi.

-“Stavamo facendo una gara: al mattino mi aveva sfidato e avevo vinto io, così voleva la rivincita e quindi…era così felice che non avrei avuto il cuore di dirle di no.”- si scusò.

-“Mi stai dicendo che mia sorella è rinchiusa nella sua stanza con un braccio rotto e un vuoto di memoria grande quanto il fiordo, solo perché tu non hai avuto il coraggio di fermarla dal fare una stupidaggine?”- disse stupefatta, mentre una sottile lastra di ghiaccio si andava estendendo dai suoi piedi verso il ragazzo, che non vi prestò molta attenzione.

-“Io ho cercato di fermarla, ma lei non mi ha dato ascolto. Cosa avrei dovuto fare, ordinarle di fermarsi? Fino a prova contraria è lei la principessa, quella autorizzata a dare ordini.”- rispose spazientito, facendo un gesto con la mano-“ E poi una corsa a cavallo non mi sembrava tutto questo gran pericolo.”- concluse facendo spallucce.

-“Non ti sembrava tutto questo pericolo! Sai com’è morto il padre di mio padre?”- gli chiese Elsa.

Kristoff si fermò interdetto: non lo sapeva, ma sapeva perfettamente che di li a qualche secondo avrebbe fatto l’ennesima figuraccia.

-“Per una caduta da cavallo.”- sentenziò la regina.

‘Come volevasi dimostrare, sei un idiota!’- pensò tra sé.

-“Mi dispiace, se lo avessi saputo avrei cercato di farla desistere.”- si scusò abbassando il capo -“Ma avreste dovuto vederla”- disse tutto ad un tratto alzando lo sguardo sulla regina, che lo guardava con un’espressione interrogativa-“ era così felice e spensierata, si è divertita così tanto: credo di non averla mai vista ridere così. Mi sembrava giusto darle quello di cui aveva bisogno, di farle provare l’ebrezza della libertà, di farle gustare appieno un briciolo di felicità dopo tutto il tempo passato chiusa nel castello. Cosa si aspettava, che dopo più di dieci anni di isolamento e di inattività, rimanesse ferma a guardarsi intorno?”- abbassò la voce su quelle ultime parole, rendendosi conto solo dopo che erano uscite dalla sua bocca, che non aveva il diritto di rivolgersi alla sua regina in quel modo.

Ma Elsa non prestò attenzione tanto al tono sfacciato con cui le parlò, quanto al significato nascosto sotto quelle parole: “E da quand’è che conosci Anna così bene da arrogarti il diritto di scegliere cos’è meglio per lei, sentiamo?”- lo provocò, sicura di far cadere il suo muro di convinzioni con quella domanda.

-“Non vorrei essere arrogante, ma forse la conosco meglio io, di Sua Altezza.”- d’accordo, aveva passato il punto di non ritorno, ora l’avrebbe di certo fatto decapitare e avrebbe esposto la sua testa su una picca, sulle mura del castello: un brivido freddo gli scese lungo la schiena al solo pensiero.

-“Io sono sua sorella.”- constatò, come se quel semplice legame di sangue potesse farle conoscere ogni aspetto di Anna -“Come puoi dire di conoscerla meglio di me?”-

Il ghiaccio aveva cominciato a ramificarsi sui piedi di Kristoff, su per le sue gambe, bloccandolo lì sul posto, senza speranza di fuga. Il panico lo colse, ma solo per un attimo, poi continuò la sua difesa.

-“Si è mai fermata ad ascoltarla, si è mai seduta con lei da parte e le ha chiesto di raccontarle tutto quello cui era dovuta andare incontro, durante tutti gli anni che avete passato divise? Beh, io l’ho fatto e lei mi ha accordato così tanta fiducia da aprirsi totalmente, da confessarmi i suoi segreti e tutte le sue paure più profonde.”- tutto il timore che gli incuteva la regina era sparito, lasciando al suo posto una sorta di sicurezza, che lo spingeva a risponderle a tono.

-“Se la conosci bene come dici, dovresti anche sapere che se siamo rimaste divise per così tanto tempo, è perché volevo proteggerla da me stessa; ogni mia azione è in funzione di Anna, ogni mio singolo gesto è dettato dall’amore per lei. Non voglio vederla soffrire ancora, non voglio vederla piangere…voglio solo che sia felice.”- soffiò fuori quell’ultima parola, constatando che ancora una volta la sorella era ancora molto lontana dalla felicità.

-“Oh, ma me l’ha detto e sa una cosa? Anna è convinta che lei non le abbia voluto rivelare il suo segreto perché non ha fiducia in lei. Sa cosa la spaventa più di ogni altra cosa al mondo? Il non essere alla sua altezza.”- concluse, vedendo le spalle della regina che si abbassavano sotto il peso di quella rivelazione.

Elsa soppesò quelle parole: “Allora non ha capito nulla se pensa una tale idiozia. Semmai sono io a non essere degna di lei.”- si lamentò, abbassando lo sguardo. Era vero, lei non si sentiva degna del bene della sorella, né della sua incondizionata ed assoluta dedizione, e si chiedeva ancora come Anna potesse amarla dopo tutto quello che le aveva fatto.

-“E poi non credo che tenerla chiusa sotto una campana di vetro, possa renderla felice.”- constatò imperterrito Kristoff.

-“Ed è per questo che l’ho inviata a Corona insieme a te, e come vedi tutti i miei timori si sono avverati. Avrei dovuto tenerla qui con me.”- si lamentò la regina.

-“Ma anche se fosse rimasta qui non avrebbe fatto differenza: Anna non è fatta per stare ferma in una sala ad ascoltare noiosi discorsi su alleanze e piani economici; non sarebbe riuscita a trattenerla chiusa nella sua camera o nella biblioteca. Lei preferisce correre e saltare, gioire esultante per ogni minima cosa, facendo poca attenzione al suo tono di voce o a dove mette i piedi… Anna è una furia scatenata.”-

-“Una che?”- chiese alzando un sopracciglio chiaro, colta alla sprovvista.

-“Furia scatenata: è uno stupido soprannome che le ho dato io. A lei piace.”- spiegò in tono piatto, come se fosse normale che lui avesse appioppato un nomignolo del genere, ad una reale.

Elsa lo fissò con gli occhi ridotti a due fessure, meditando su tutto quel discorso assurdo, arrivando ad una conclusione: “D’ora in avanti per te sarà solo la principessa Anna, nulla di più. Tu continuerai ad essere il mastro consegnatore del ghiaccio di Arendelle, ma per lei non sarai niente.”- sapeva che quella sarebbe stata la peggiori delle punizioni che avrebbe potuto infliggergli, glielo leggeva negli occhi.

Kristoff, trattenne il fiato, incredulo: non poteva averlo fatto davvero: “Sta scherzando, non può dire sul serio.”

Elsa non gli rispose continuando a fissarlo imperturbabile.

-“Non può farlo.”- gli disse a voce alta Kristoff, con il fiato corto.

-“Ed invece si.”- stava facendo valere il suo status di regina, cosa che non aveva mai fatto fino ad allora- “Io ti ho dato la mia benedizione e posso anche revocarla. Questa è la mia decisione.”- disse ferma, convinta della sua scelta. Sapeva che Kristoff teneva particolarmente alla sorella e quale castigo migliore se non quello di allontanarlo da lei?

Lo vide stringere i pugni, mentre il ghiaccio si ritirava dai suoi piedi, incapace di accettare quella decisone, che alle sue orecchie suonava più come una condanna: come poteva allontanarlo da Anna. Lei era diventata…tutto. Il suo mondo ormai girava attorno a lei.

Se qualcuno, qualche mese addietro, gli avesse detto che si sarebbe legato così tanto ad una persona da sentirne la mancanza, gli avrebbe riso in faccia. Ed invece era proprio quella la sua situazione: lo stare lontano da Anna, anche solo per pochi giorni, lo faceva sentire stranamente incompleto. La sua lontananza lo pungolava come un dolore fisico. Non voleva nemmeno immaginarla la sua vita senza di lei!

-“Cosa ne penserà Anna?”- le chiese, sconvolto.

-“Non preoccuparti, Anna non ne risentirà. In fondo, non si ricorda di te.”- proferì atona, ma qualcosa in quelle parole stonava; le lasciarono addosso una strana sensazione.

Kristoff impallidì, rimanendo con la bocca semiaperta per la risposta ricevuta: quella donna era davvero di ghiaccio, dura e distaccata.

-“Ora se non ti dispiace, ho parecchio lavoro da fare, e anche i tuoi doveri di mastro del ghiaccio ti chiamano.”- gli disse ritornando a scrutare le carte sulla scrivania, mentre immergeva una piuma nel calamaio.

Il ragazzo rimase fermo per pochi istanti, indeciso sul da farsi, poi acceso da una scintilla di rabbia mista a coraggio, decise di colpire il suo fianco scoperto, centrandola nel suo punto debole: “Come prevedevo, ha risolto la situazione con quello che le riesce meglio.”

Elsa alzò lo sguardo dal foglio che stava firmando: “Cosa intendi?”- chiese alzando un sopracciglio chiaro.

-“Sbattere le porte in faccia.”- sputò fuori in tono aspro, ripetendole le esatte parole che gli aveva detto Anna, quando gli aveva parlato degli anni di isolamento della regina.

Elsa rimase pietrificata per un breve lasso di tempo, mentre la mano che reggeva la piuma tremava, facendo colare l’inchiostro sul foglio che reggeva con l’altra.

Kristoff la osservò per un secondo: aveva gli occhi chiari spalancati per la sorpresa e il respiro irregolare, che le faceva tremare le spalle, incurvate sotto il peso di quell’accusa. Forse aveva sbagliato, aveva osato troppo, rispondendole in tal modo. Lei era pur sempre la regina!

-‘sei doppiamente idiota!’- gli sussurrò una vocina.

-“Maestà io, non…”- cercò di scusarsi per il suo comportamento.

 -“Esci.”- sussurrò a denti stretti.

Kristoff tentennò per alcuni secondi, poi si avvicinò alla porta e appoggiò la mano alla maniglia. Il crepitare del ghiaccio che stava cominciando ad espandersi sulle pareti e la nuvoletta di condensa che gli sfuggì dalle labbra, lo convinsero a togliere presto il disturbo.

-“Va via!”- gli urlò dietro Elsa, mentre temporeggiava ancora sulla soglia della porta.

Un forte vento lo spinse fuori nel corridoio e richiuse la porta dello studio della regina dietro di lui.

‘Speriamo solo che non abbia un’altra delle sue crisi agghiaccianti. ’ -pensò tra sé. Sbuffò contrariato e si fece strada lungo i corridoi del castello, giù per lo scalone secondario, fino ad arrivare al cortile interno del palazzo, dove stavano le stalle. Sven aveva soggiornato lì per tutto il tempo che era stato lontano da Arendelle, rimpinzandosi di carote e zuccherini.

Quando lo vide, la renna si agitò nel suo box, dimenando le corna per la contentezza.

-“Ehi, calmo. Mi sei mancato anche tu.”- gli disse mentre gli accarezzava il muso.

Sven sporse di più la testa, cercando qualcuno alle spalle del ragazzo.

-“No, Anna non verrà.”- Kristoff aveva capito al volo, chi l’amico si aspettava di veder spuntare da un momento all’altro.

-“Dov’è?”- chiese per la renna.

-“La regina ha deciso che non devo più vederla. È… una lunga storia.”-

-“E sei pronto a rinunciare a lei così facilmente?”-

-“Cosa dovrei fare? Lei è la regina.”- sbottò.

 Sven notò la sua faccia triste e attirò la sua attenzione con un sonoro grugnito. Il ragazzo non aveva bisogno di esternare in parole quello che voleva dire il suo amico, la domanda la leggeva chiara nei suoi occhi grandi e scuri: cos’è successo?

-“Niente, ma…ora dobbiamo andare.”- disse aprendo la porta della stalla e facendolo uscire nel cortile deserto. Non aveva voglia di parlarne ancora.

Sven si guardava attorno, inquieto, mentre Kristoff gli infilava i finimenti e lo legava alla slitta: era successo assolutamente qualcosa di grave.

Quando salì sulla slitta, pronto ad andarsene, voltò per l’ultima volta lo sguardo alle finestre del terzo piano, dove sapeva esserci la stanza di Anna. Non avrebbe mai voluto che quel viaggio, che avrebbe dovuto segnare l’inizio di qualcosa, si concludesse con una prematura e tragica fine del loro rapporto.

Distolse velocemente lo sguardo: “Pronto Sven?”- fece per dargli l’ordine di partire, ma si sentì spiato. Sentiva distintamente gli occhi di qualcuno puntati su di lui. Alzò lo sguardo e la vide, lì, dietro i vetri della grande finestra, aggrappata alle tende, come se volesse nascondersi. Gli occhi fissi sul cortile, su di lui, con un’espressione imperscrutabile sul viso pallido.

Non riuscì a sostenere la sua vista e distolse lo sguardo, ma quando osò alzarlo di nuovo, lei non c’era più, al suo posto solo l’oscillare delle tende, che aveva tirato dietro di sé.

Sentì qualcosa rompersi nel profondo della sua anima e quando fece partire Sven, la sensazione di solitudine lo investì con tutta la sua familiare presenza.

 

 

 

 

 

AngoloAutore: salve! Non ho molto da dire su questo capitolo, anzi a dirla tutta non ho nulla da dire. Non perché lo reputi perfetto da non aver nulla da ridire, ma per il motivo contrario: mi fa SCHIFO! Il problema è che l’ho riscritto tipo cinque volte e a tutt’ora non mi soddisfa, inoltre ultimamente non ho molte idee e quelle poche che mi vengono fanno pena, quindi se avete idee vi incito a farmele conoscere, così da riabilitare un po’ questa storia :)

Quindi a voi le belle cose, se riterrete opportuno lasciarmi un vostro commentino, ne sarei immensamente felice.

Vorrei invitarvi a segnalarmi eventuali errori che potrebbero essermi sfuggiti.

Come sempre ringrazio tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, siete tantissimi e spero di non avervi deluso ulteriormente con l’attesa e qst pseudo capitolo. Se continuo a scrivere è anche merito vostro e del vostro sostegno :) Grazie.

Ci si legge in giro, baci ^.^

   
 
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