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Autore: _Vassilissa    25/05/2014    2 recensioni
- Primo, secondo, terzo e quarto capitolo ampliati -
Questo racconto non lo troverete nei libri di storia. È nascosto tra pagine di diario, intrappolato nella poesia e nel cuore di una donna che ha vissuto l'archetipo della storia d'amore.
Prima di Franz, prima del suo regno, c'era Riccardo.
" La sua educazione è più morbida, sono incapaci di contenerla e lei continua a sognare.
Il padre non la ferma, sembra quasi divertito da quanto lei gli assomigli, e non solo per i grandi occhi a mandorla.
È insofferente, alcuni osano dire selvaggia. Ma sebbene Ludovica ami i suoi figli non è lei di cui si interessa. Le troverà probabilmente un marito a tempo debito, un qualche duca o altro che potrà sopportare una moglie irruenta senza troppe difficoltà. La sua pupilla è la bella Nenè. È già graziosa nonostante non sia ancora sbocciata, fin troppo per sprecarla e non essere usata per ottenere quel futuro che Ludovica stessa aveva desiderato.
La moglie del duca Max non è sola, la sorella Sofia è da tempo insediata a corte aspettando di essere proclamata Imperatrice. Si scambiano lettere, scendono a patti per creare la donna perfetta che sposerà suo figlio.
Nenè è ambiziosa,
Genere: Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
Capitoli:
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E
lena guarda fuori dalla finestra, il duca Massimiliano era tornato quella mattina e ora è  intento in  una delle sue tipiche lezioni. Dietro di lui ci sono i suoi fratelli, curiosi e intenti a guardare un albero mentre il padre parla.
Parla molto il duca Max, sua madre dice anche troppo. Nenè non lo ascolta spesso, tutto quello che dice le sembra un illusione. Lui e la madre insegnano cose diverse, l’uno a sognare e l’altra a sopravvivere. Nenè da bambina era sempre stata portata da Sissi verso il primo, cercava di renderla partecipe a quei giochi di ruolo ma con il tempo lei si era distaccata per rifugiarsi sotto le gonne della madre che voleva mostrarle davvero il mondo. La curiosità di Elena è solo sul piano reale, non le interessa quello che non le servirà in futuro. Sapere come è fatto un albero? Inutile se non sei un contadino. Eppure… eppure avrebbe voluto ascoltarlo per una volta, perdersi come tutti.
Per lei non esistono lezioni all’aria aperta ma mattine e pomeriggi passati sui libri e a migliore la grafia. Dovrebbe studiare francese ora ma non le piace, si sente un estranea in famiglia e confinata in quel corpo ormai reso un oggetto. A volte vorrebbe essere brutta come quelle fanciulle che vede in città, pensa alle volte che darebbe tutti i suoi averi per un naso storto. Ma poi si siede davanti alla specchiera, si spazzola i capelli per cento volte come ogni sera e intravede la madre con i suoi occhi pieni di speranza. Come poterla deludere e buttare via ogni suo sforzo?
Nenè guarda Sissi che rincorre un cane da pastore mentre il padre ride. I suoi fratelli le si arrampicano addosso di tanto in tanto conferendole quell’aria materna che tanto manca a lei stretta nel suo corpetto. Non indossa mai abiti leggeri, sformati ma solo di una fattura tale che le sue forme risaltino abbastanza da far risultare il seno abbondante e il corpo sinuoso. Non è sicura di voler diventare imperatrice, Nenè, almeno non più. Guarda fuori dalla finestra e vuole tornare la bambina libera e spensierata di prima. Vuole scappare con Sissi, correre a piedi nudi per i campi e buttarsi su un prato fiorito per osservare il cielo unirsi alle alpi bavaresi. Sospira, niente piedi sporchi per lei.
Sua madre entra nella sua stanza, le si avvicina sbirciando quello che lei sta spiando con così tanta insistenza. Commenta sgradevolmente il marito, non è quello che lei aveva sognato da ragazza. Il destino di una donna è lo stesso di un oggetto: essere venduto. E Ludovica era stata ceduta per un prezzo davvero misero, quasi fosse merce scaduta. La conduce al suo tavolo, si siede vicino a lei ed ecco che la lezione di francese riprende. Perché i nobili devono parlare francese? È troppo cantilenante e nasale.
Elena si sforza di sorridere, sebbene molti pensino che lei stia pagando gli insuccessi della madre lei sa bene che quello che Ludovica sta facendo è un dono.
Il caldo dell’estate rende difficili gli studi, il sudore e il corpetto che la soffoca di certo non l’aiutano a concentrarsi. Quando Ludovica è intenta a leggere, lei guarda il soffitto. Vorrebbe vedere il cielo, azzardare a chiederle se possono spostarsi sull’erba ma rimane in silenzio. Nenè non chiede mai, cerca sempre di sopire qualsiasi moto interno perché sa che in un futuro dovrà comunque accettare ogni imposizione del marito.
A Nenè Passenhofen non piace. Le estati sono troppe lunghe e lei si rabbuia. La casa le sembra troppo austera, trasandata, nulla in confronto con quella che l’aspetta a Monaco. Le piace la città, il fatto che non sia mai monotona e che i suoi giorni passano da un salottino all’altro. A Monaco può coltivare anche la sua passione per la musica, è quasi la padrona di casa mentre Passenhofen è il regno di sua sorella. I cittadini qui sono tutti contadinotti rumorosi, quando cammina per strada la squadrano da testa e piedi se non parlano, o meglio urlano, con Sissi.
Corrono, fanno capriole, si sbracciano e Sissi non è da meno. Sembra a suo agio con la gente, come il duca. Loro sono fatti per la campagna, per l’assenza di regole che di certo non possono trovare a Monaco. Lei invece è completamente diversa, senza si sentirebbe persa. È in un continuo stato di voglio ma non posso e non fa nulla per cambiarlo. Elena è una foglia che viene trascinata dalla madre, un vento che da anni ormai l’ha staccata da quel ramo della famiglia giudicata “instabile”.
Nemmeno a Ludovica Passenhofen piace, ma per lo meno non è costretta ad arrossire ad ogni comportamento dei figli. Lì possono fare quello che desiderano: sfogarsi per poi ricaricarsi di tensione in inverno.
Nenè studia molto, troppo e quando non studia deve allenarsi nell’arte della seduzione. Sua madre considera quest’ultima parte integrante della buona educazione di una giovinetta, capace di tenere il marito tra le mani senza sembrare troppo pericolosa. Ludovica usa spesso l’esempio della “Spagnola” per mostrare come una donna può ottenere tutto quello che desidera grazie a un bel corpo.
A Nenè la Spagnola* non piace, non vuole diventare una donna simile. A dirla tutta nemmeno a sua madre piace ma è un esempio lampante di una donna ambiziosa e consapevole di sé. Ludovica vuole che Elena diventi così: consapevole di sé. Almeno quel tanto per cancellare la sua pudicizia che sebbene sia una buona qualità non deve trasbordare.
La Spagnola ha avuto molti amanti, troppi e tutti l’hanno aiutata nella carriera da artista- nonostante non avesse talento- e a scalare le classi sociali fino a trovare come protettore il re di Monaco: Luigi.
Lo stesso Luigi a cui loro sono legate per linea di sangue, lo stesso che condivide con il padre i deliri da poeta mediocre che lo portano a sostenere ogni artista. Quale appoggio migliore per Lola Montez se non chi giocava a fare Guglielmo il Trovatore e la nipote Aliénor d’Aquitania?
Aliénor, quanto vorrebbe essere come lei ma non ne ha il coraggio. Le sembra più vicina alla sorella come figura. È così rigida, Nenè, nei suoi corpetti che ormai ha dimenticato cosa significa sognare e volere. Aliénor di certo non avrebbe mai chiuso le labbra per accontentare quelli che la premevano. Lei non era solo un bel corpo, era una regina. E se Nenè non fosse davvero pronta per esserlo? Sembra perfetta al di fuori con i suoi occhi bassi e i suoi sorrisi falsi eppure non ha mai avuto il coraggio di ribattere un affermazione. Abbassa semplicemente il capo, si raccoglie le mani in grembo e rimane in silenzio.
 
Sissi gioca con il suo solito sorriso, saluta disordinatamente la madre e la sorella dalla finestra. Loro ricambiano con solenni cenni del capo. Nonostante a volte Sissi senta Ludovica lontana, non significa che lo sia davvero. Anzi, la donna le ha risparmiato un’infanzia solitaria e frettolosa, regalandole anni felici da conservare per sempre nei suoi ricordi.
 Scappa dal grosso cane che cerca di azzuffarsi con lei e i fratelli mentre il duca Max li osserva, pronto per catturare quei sorrisi e quei giochi nella carta. Gli piace passare tempo con i suoi figli quando le donne che gli scaldano il letto non provocano nessuna emozione nel suo petto, sono loro l’altra sua fonte di ispirazione. Ne uscirà la solita poesia scadente eppure ogni volta che Max rilegge quelle nate per la famiglia il cuore gli si riempie di orgoglio. Non sono semplici mezzi per lui, vuole bene ad ognuno di loro anche se fatica a dimostrarglielo visto che è il più delle volte distante. Sono tutti così indipendenti e vivaci che per Max è già una vittoria. Esprimono le loro idee, cantano, ballano, cercano di anelare ogni conoscenza o almeno quasi tutti.
Lui li riempie di libri, di racconti, di regali. Un anno aveva portato persino con sé delle negrette per tener loro compagnia e raccontagli le favole del loro paese. Si erano divertiti, più del solito, con quelle nuove e bizzarre compagne di giochi. Ma non Sissi, lei voleva sentire lui. Le si era semplicemente accoccolata in grembo, ignorando le ospiti, per la sua dose di cavalieri e principesse. Quel giorno le aveva letto qualcosa di Shakespeare e lei gli aveva fatto ripetere più e più volte alcune battute di Tatiana. Ne era rimasta rapita, si era trovata un posto speciale nel suo cuore scacciando Ginevra.
Poi, una volta finito, era corsa su per le scale per prendere qualcosa: i suoi racconti.
All’età di dieci anni aveva già una fervida immaginazione e nonostante lo stile fosse infantile e ricco di coordinate gli era piaciuto. Gli era quasi venuto da piangere, Elisabetta era di certo quella che più gli somigliava e il suo amore per la scrittura la rendevano ancor più irresistibile per lui che voleva sempre più frequentemente sapere cosa pensasse.
Così quello era diventato un loro rito: una storia a lui e una storia a lei.
 
                                             


Riccardo cammina spesso intorno alle tenute dei Wittelsbach, spera di incontrare Elisabetta. Sa che lei cammina e cavalca spesso e per di più lo fa sempre sola. A volte alla ragazza piace nascondersi, solo così Ispirazione le parla e la natura si fa in quattro per mostrarle un avvincente storia ambientata nei boschi.
Riccardo sospira, non sa se deve scusarsi per il suo azzardo. Veramente non sa molte cose, troppe e non può competere con l’immagine dell’uomo ideale a cui Sissi aspira. Lei vuole un altro duca Max, lui è solo Riccardo invece. Forse è meglio lasciar cadere la cosa, dice a se stesso mentre cerca di convincersi che quello che era successo non era andato proprio così. In fondo il mondo è fatto di impressioni, lui poteva averne avute alcune errate no? Lasciar cadere… Come può? Anche solo il pensiero della mano di Sissi gli imporpora le guance sbarbate. Per non parlare della strana sensazione al ventre, quello strano gorgoglio insistente!
Forse ora sta subendo la sua punizione per aver toccato gli eletti di Dio. Si stringe nelle spalle, ogni volta che pensava che i Wittelsbach vengono definiti in quel modo sente ancora più forte il divario tra lui e l’amata. Amata, l’ha finalmente ammesso a se stesso. La sua non è una di quelle cottarelle che il padre una volta gli aveva descritto, è amore. Il puro amore che prende possesso dei cuori dei giovani, se Elisabetta potesse leggere questi pensieri commenterebbe con un “come Giulietta e Romeo”. Oh, ma lui non è affatto Romeo. Non è un uomo ricco e di certo non ha nessun amico o alleato fidato. È solo, solo contro una potenza che ha steso così tanti grandi da essere immortalata nella poesia. Alcuni l’hanno descritto con benevolenza e lode mentre altri come un essere crudele che distrugge. Ora Riccardo subisce la faccia più crudele di Amore.
Sospira, di nuovo. Nemmeno gli errori commessi da Luigi, il fatto che avesse dovuto-in parte a causa di una donna- nel 1848 lasciare il trono, aveva cancellato quella credenza: il loro potere veniva comunque da Dio.
Gli viene quasi voglia di bestemmiare, non poteva far nascere Elisabetta in una famiglia come la sua? Il suo amore così sarebbe stato possibile e facile. Però… tutto è a rischio, la restaurazione non sembra funzionare e i cittadini sono sempre più malcontenti. Il 1848 è passato ma si sente ancora nell’aria il suo suono. Suo padre lo dice sempre: "un nuovo quarantotto è alle porte."
E in cuor suo Riccardo lo spera solo per rendere Sissi più simile a lui.
Il giovane ha ormai imparato i nascondigli di Elisabetta: le radure, gli alberi dove ama arrampicarsi, la sponda del lago Starnberg che più preferisce. Ce ne è una porzione più malinconica delle altre dove lei osserva i riflessi del sole sull’acqua tra una parola e l’altra. È la sua fonte di ispirazione quella distesa che in inverno si ghiaccia, ma a lui l’inverno non interessa. Sissi in quella stagione è lontana e ìsembra durare anni. Ama solo l’estate, il cielo non gli sembra ridere se non quando Sissi corre sotto di esso.
La vede, il cuore rimbalza come sempre nel petto. Prende un grosso respiro, sotto allo sterno qualcosa si ferma e lui continua a deglutire. Cerca di cacciarlo senza riuscirci, quella sensazione gli attanaglia il corpo.
Si avvicina, lentamente come un qualsiasi codardo per poi sedersi al suo fianco in silenzio. Elisabetta non sembra accorgersi di lui per qualche minuto, il tempo necessario per fargli sbirciare quello che sta scarabocchiando. Riccardo sorride, si sente un girasole che segue la luce di Sissi. Quando lei è assente gli sembra di appassire ma ora che vede che in parte ricambia le sue sensazioni per lui sarà un eterna estate, o almeno in questo momento lo pensa.
Le parole lo celebrano, lo lodano proprio come i poeti del dolce stil novo hanno descritto le loro donne angelo. Stava scrivendo di lui prima che chiudesse di colpo il suo cuore e lo sistemasse in grembo.
Ora Elisabetta alza di tanto in tanto lo sguardo, sorride appena, insicura come il giorno prima. È tutto così strano, il suo cuore batte ancora forte e Riccardo sente le fitte allo stomaco.
Non sanno che dirsi, lui alza puntualmente una mano per poi riabbassarla di colpo preso dall’indecisione. A Elisabetta sembra che conti ogni volta fino a dieci, come se stesse valutando la cosa. I loro occhi si cercano, sfuggono, si ricercano incapaci di non fare quel gioco.
Rimangono però in silenzio, solo i loro corpi parlano. Riccardo ormai lascia la mano a terra anche se con il mignolo riesce a sfiorare quello di lei. L’uno vicino all’altra con le braccia nude si toccano e l’elettricità sale dalla pelle per spargersi in tutto il corpo.
Guardano il lago, cercano una soluzione nel suo specchio ma non la trovano: il mondo desidera che se la cavino da soli.
Riccardo finalmente si alza, ormai le fitte sono passate e riesce a respirare normalmente senza autoimporsi regolarità. Le porge la mano, le dà del “lei” e le chiede se può riaccompagnarla a casa. Si fa così no? Si maledice per non aver chiesto informazioni in più al padre. Forse ora sarebbe stato più preparato, meno…meno sciocco.
Lei l’afferra, un nuova ondata di calore li fa fremere. Sta succedendo, Elisabetta non ci può credere. L’amore che tanto aveva desiderato era sempre stata sotto ai suoi occhi e ora lo sentiva nascere per la prima volta. Ricambia la sua domanda con parole altrettanto cortesi ma non dura molto. Il carattere selvaggio di lei prende il sopravvento, comincia a correre trascinandolo e continuando a ripetere il suo nome al mondo « Riccardo, Riccardo, Riccardo! ». Non le sembra esserci un nome migliore, lui ride soltanto e a volte la punzecchia con le solite battute. Che risata meravigliosa, e lei non se ne era mai resa conto!
Corrono, danzano, chiacchierano come prima… se non si guardassero così insistentemente e non cercassero di toccarsi probabilmente nessuno si accorgerebbe del cambiamento che i loro cuori hanno subito.
 
 
 
 
 
 
 
 
*Si tratta di Maria Dolores Elisabeth Rosanna che assunse il nome d’arte di Lola Montez. ( 1821-1861)
 




                                                                     

 

 
  
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