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Autore: OfeliaMontgomery    26/05/2014    1 recensioni
Agnes Lowery nel 1635 venne trasformata in un vampiro. Per quasi un anno devastò la piccola cittadina in cui viveva, uccidendo uomini e donne per poi bruciarne il corpo. In quel anno incontrò Henry Whitebroke - un vampiro - che la portò sulla retta via, insegnandole a non uccidere le persone.
Dopo otto anni di viaggi insieme ad Henry incontrò per puro caso Johanna, una neo vampira, spaventata da ogni cosa, persino di se stessa.
Agnes iniziò ad instaurare un'amicizia con Johanna fino a diventare come due sorelle. Ma ben presto la loro tranquillità venne spezzata dall'arrivo dei cacciatori di vampiri.
Cosa succederà a Agnes, Johanna e Henry? Riusciranno a scappare?
Genere: Dark, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1643
 
– Signorina Johanna, sua madre, madame de Burgh la desidera per la cena – parlò il valletto, entrando nella stanza della ragazza.
Johanna girò il capo verso il suo valletto e con un cenno della mano, lo fece uscire dalla sua stanza. La ragazza si diede un’ultima occhiata allo specchio, quando ebbe finito di contemplare la sua immagine, da lady perfetta, girò i tacchi e si diresse verso la porta della sua camera. I capelli castani ramato erano rigorosamente raccolti dietro, sulla nuca che lasciavano scendere due ciocche sul collo ed erano state arricchite con delle spille. I suoi grandi occhi color delle nocciole facevano risaltare la sua pelle chiarissima. Il vestito dalla scollatura quadrata incorniciava il suo seno prosperoso. Il bustino rigido le stringeva la vita in modo naturale e la grande e vistosa gonna nascondeva i suoi larghi fianchi. Il vestito era azzurro con qualche ricamo a fiori bianco, proprio come piaceva alla madre.
Quando uscì dalla sua stanza, trovò il suo valletto ad aspettarla; era in piedi in mezzo al corridoio, sembrava quasi una statua. Johanna dovette trattenersi dal ridere, portandosi velocemente la mano davanti alla bocca, coprendola.
– Signorina ad aspettarla c’è anche il duca Ratliff. E’ molto entusiasta di chiederle la mano – disse gentilmente il valletto, spostandosi di qualche passo indietro, facendo si che  Johanna stesse davanti a lui.
Johanna fece una smorfia – Non voglio diventare duchessa, ho solamente diciassette anni, diamine – esclamò incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio.
Il suo adorato valletto scosse la testa, facendo svolazzare qualche ciocca di capelli neri corvino nell’aria.
– Si faccia forza signorina Johanna, sua madre ha già accettato per voi – continuò il valletto, continuando a camminare dietro a Johanna.
– Diamine – esclamò arrabbiata la ragazza.
Johanna iniziò a correre velocemente per il corridoio, tenendo alzata la gonna per non cadere al suolo. Con un colpo di braccia, spalancò le porte a due battenti che portavano al salotto della villa, dove si trovavano la madre, il padre, le sue sorelle, il duca Ratliff e il padre di lui. Erano tutto sorridenti, tutti tranne lei.
– Madre come avete osato accettare senza il mio consenso? – chiese furiosa Johanna, mettendo entrambe le mani sui fianchi.
La madre si alzò dalla poltrona visibilmente imbarazzata per come le aveva parlato la figlia, si sventolò il ventaglio sul viso per nascondere il rossore delle guance – Ho accettato perché penso che sia una buona opportunità per renderti più addomesticata e meno selvaggia – parlò con voce bassa ma autoritaria, continuando a sventolarsi sul viso il ventaglio.
Johanna strinse i pugni mentre sentiva la madre parlarle – Ho solo diciassette anni. Non voglio sposarmi – esclamò la ragazza digrignando i denti.
– Smettila di fare così. Non sei una maschio e questo non è di sicuro un comportamento da fanciulla – la sgridò la madre poi prendendola per il polso, la fece sedere sulla poltrona.
– Duca Ratliff sono veramente desolata per il comportamento di mia figlia, spero vivamente che il matrimonio si farà – disse con voce mielosa la madre per persuadere il duca.
Il duca sorrise gentilmente – Madame de Burgh sposerò vostra figlia – disse con voce melodiosa.
Tutti in quella stanza sembravano essere stati ammaliati dal duca, persino il padre che lo guardava con tanta ammirazione, da sembrare persino strano.
Il duca Ratliff aveva i capelli color del rame ed erano spettinati e lasciati abbastanza lunghi da essere eleganti; Johanna avrebbe voluto passare le dita fra la sua chioma, per sentire la morbidezza e la sofficità al solo tatto. I capelli color rame facevano contrasto con i suoi occhi color dell’erba che guardavano attentamente ogni mossa che facevano le persone in quella stanza. I ciuffi che gli ricadevano sul viso, gli incorniciavano il volto niveo e giovane. Il suo sorriso era finto tanto quanto la parrucca che indossava la madre di Johanna in quel momento.
– Vedrete signorina Johanna da noi vi troverete benissimo – esordì il duca, sfoggiando un sorriso che mostrava la sua dentatura bianca e perfetta.
Johanna fece spallucce – Se lo dite voi – commentò acida poi sospirò appoggiando la testa contro lo schienale della poltrona.
– Per noi si è fatto tardi, verremo anche domani a farvi vista, porterò anche mia moglie così potrete parlare del matrimonio – disse il principe - padre del duca -, andando a baciare la mano della madre di Johanna.
– Certamente, ne sarei davvero felice – commentò la madame sorridendo gentilmente.
– Castor, cortesemente accompagnate fuori il duca e il principe – ordinò il padre di Johanna al loro maggiordomo. L’uomo fece un inchino e facendo segno ai Ratliff di seguirlo, chiuse la porta a due battenti alle loro spalle.
Johanna era sul punto di alzarsi quando la madre le tirò uno schiaffo in pieno viso – Non comportarti mai più così…oh perché sei così selvaggia, perché non puoi essere come le tue sorelle? – chiese la madre con voce fastidiosa continuando a sventolare il ventaglio.
Johanna la guardò male – Allora perché non fate sposare o Lauren o Louise con il duca? Perchè io? – domandò innervosita.
– Perché le tue sorelle sono più piccole, sennò avrei sicuramente scelto Lauren invece che te signorina – rispose la madre sospirando, – C’è una guerra di mezzo. L’unico modo per non venir coinvolti in tutto ciò: è sposare il duca Ratliff e spostarci nella loro dimora – continuò la donna prendendo una tazza di te dal tavolino e bevendone un sorso.
– Ovviamente, c’era sotto qualcosa – commentò Johanna alzandosi dalla poltrona e uscendo dalla stanza con sotto fondo le urla della madre che le dicevano che l’avrebbe sposato comunque andava.
 
 
Due mesi dopo.
 
La servitù femminile stava preparando Johanna per il matrimonio; la stavano aiutando ad indossare il vestito che avrebbe dovuto indossare alla cerimonia. Un lungo abito bianco con il collo alto e con un largo strascico nel dietro. Le stavano stringendo il corsetto, mentre una donna sulla quarantina le sistemava i capelli per poi mettere il velo.
– Perché devo stare così coperta? Non posso nemmeno mostrare i miei fianchi con questo dannato vestito così largo – commentò Johanna guardandosi allo specchio con disgusto. Odiava quel vestito, anzi odiava questa stupida cerimonia. Non voleva sposarsi, era giovane e spensierata. Non era pronta per un matrimonio.
– Perchè l’abito bianco è simbolo di purezza e il velo servirà ad impedire allo sposo di vedervi prima della cerimonia, perché porta sfortuna farlo prima. Il velo è inoltre simbolo di verginità e voi signorina non avete mai avuto nessun uomo – spiegò la valletta più anziana mentre le metteva il velo. Johanna arrossì di colpo poi fece spallucce continuando a guardare il suo riflesso nello specchio.
La valletta che le aveva messo il vestito, adesso la stava aiutando a mettersi le scarpe, rigorosamente bianche.
– Signorina siete bellissima – commentarono la servitù, guardando la ragazza attraverso lo specchio. Johanna invece avrebbe voluto strapparsi quegli abiti di dosso e scappare via da lì, ma c’era qualcuno che glielo impediva: la sua famiglia.
 
~
 
Johanna e la sua famiglia, arrivarono con la carrozza davanti alla chiesa del loro piccolo paese, Victor - il duca Ratliff - era lì che aspettava la ragazza in tutto il suo splendore. Indossava una giacca nera con la  pochette di seta bianca - come anche la camicia - era stata inserita a filo nella tasca di essa. I pantaloni dello stesso colore della giacca, erano abbinate alle scarpe nere e lucide che gli calzavano perfettamente ai piedi. E al collo non poteva mancare un papillon bianco. Era incantevole e raggiante in quel abito, sembrava un dio greco. Però più lo guardava e più si rendeva conto che c’era qualcosa che non quadrava; era troppo pallido, si intravedevano persino le vene delle tempie. Johanna era ancora convinta che quel matrimonio fosse una stupidità, e se lui pensava che lei avrebbe ceduto subito alle sue stupide regole…beh si sbagliava e anche di tanto.
Johanna fece un profondo respiro poi uscì per prima dalla carrozza, aiutata dal cocchiere; i suoi famigliari uscirono poco dopo ed entrarono di corsa nella chiesa. Invece la ragazza si avvicinò a passo lento al duca e mettendosi al suo fianco, aspettò che lui le mettesse una mano intorno alla vita. Victor le sorrise mostrando i suoi denti bianchissimi e poi lentamente, mise la mano intorno alla vita della ragazza e pian piano entrarono nella chiesa.
La chiese era luminosissima, piena di fiori e piena di gente. Tutti gli ospiti erano in piedi lungo le navate ai lati della chiesa che aspettavano con ansia il loro passaggio. Appena misero piede dentro, Johanna poté notare che la navata centrale era bloccata da ostacoli che dovevano rispecchiavano le virtù della sposa - come le aveva spiegato una sua valletta -. Due di questi ostacoli erano una scopa che simboleggiava le doti di brava casalinga e un bambino in lacrime che simboleggiava la sua capacità di buona madre. Johanna sgranò gli occhi, non poteva crederci, voleva un bambino? Ma lei aveva solamente diciassette anni! La sua purità doveva restare tale per moltissimo tempo, non l’avrebbe persa con una persona che neanche conosceva.
Johanna fece un profondo respiro mentre continuava a camminare. Passarono lungo la navata che andava dal portone centrale d’ingresso all’altare, facendo lo slalom fra gli ostacoli. Johanna dovette più volte alzare il vestito per non inciampare in quegli ‘ostacoli’; il duca le teneva la mano per sorreggerla anche se a lei poco importava.
Appena furono arrivati all’altare, gli ospiti alle loro spalle si andarono a sedere ai loro posti poi la cerimonia iniziò.
Johanna stava tremando e ringraziò di avere il viso nascosto dal velo perché stava piangendo, non per l’emozione, ma per la rabbia.
Il prete iniziò con Victor, lo guardò e sorridendogli, iniziò a parlare.
– Vuoi tu prendere questa donna come tua sposa e promettere, davanti a Dio e questi testimoni, di essere un marito leale e fedele, di amarla e rispettarla in qualunque circostanza, di vivere con lei e di accudirla, in ricchezza ed in povertà, nella gioia e nel dolore, nella buona e nella cattiva sorte finché morte non vi separi ? – domandò il prete al duca.
Victor si girò verso Johanna e cercando di guardarla negli occhi disse: – Lo voglio –
Il prete sorrise poi guardando Johanna domandò la stessa cosa anche a lei.
– Vuoi tu prendere questo uomo come tuo sposo e promettere, davanti a Dio e questi testimoni, di essere per lui una moglie leale e fedele, di amarlo e rispettarlo in qualunque circostanza, di vivere con lui e di accudirlo, in ricchezza ed in povertà, nella gioia e nel dolore, nella buona e nella cattiva sorte finché morte non vi separi? –
Johanna guardò la madre che la incitava a rispondere. La guardava con il suo solito sguardo severo mentre continuava ad incitarla a farlo, scuotendo la testa esasperata. La ragazza fece un respiro profondo ed infine rispose: – Lo voglio – con tono piatto, senza emozione verso quel ragazzo.
– E per il potere a me conferito,vi dichiaro marito e moglie. Ora puoi baciare la sposa! – disse il prete rivolto verso Victor.
Il duca annuì e sorridendo, alzò il velo alla ragazza ed unì la sua bocca a quella dei lei con forza e senza amore. Gli ospiti si alzarono in piedi ed iniziarono ad applaudire felice, soprattutto la madre di Johanna perché finalmente aveva avuto quello che voleva: la figlia addomesticata.

 
  
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