THE GHOST OF YOU
Capitolo 2: And even though it's different now, you're still here somehowI giorni erano
filati via in un batter d’occhio, veloci ed
inafferrabili; l’estate non era tornata e l’autunno
si era arreso all’inverno.
Il tempo non migliorava e il paesaggio circostante era perennemente
innevato,
coperto da un bianco quasi accecante.
C’era
qualcosa di starno nell’aria, lo avvertiva: aveva
sempre l’impressione che mancasse qualcosa, che dovesse
accadere qualche cosa
da un momento all’altro. O forse, era solo lui che era
cambiato, dopo quello
che era successo: si sentiva diverso, più vulnerabile, come
un animale ferito.
Tutto era diverso
ormai, non si poteva tornare indietro,
quello che era andato perso non poteva essere recuperato:
l’aveva perduta per
sempre, era un dato di fatto. Eppure, a volte, aveva come
l’impressione che
fosse ancora lì in qualche modo, da qualche parte, assieme a
lui: diverse volte
nel bosco, aveva sentito i suoi passi incerti sulla neve, che lo
seguivano e
gli era parso che il vento sussurrasse il suo nome.
L’aveva
sognata più di una volta, confondendo la realtà
con
il sogno, illudendosi che lei stesse bene, al sicuro da ogni pericolo;
era
sempre la stessa visione: lei che correva e rideva felice su un prato
fiorito, ed
allungava una mano verso di lui; ma quando cercava di afferrarla, il
sogno
svaniva e lui si ritrovava al buio, con le mani che stringevano
l’aria.
Tre mesi. Erano
passati tre mesi e non riusciva ancora a
capacitarsene, non riusciva a credere che fosse davvero finita
così: lei era
morta, scomparsa davanti ai suoi occhi, frantumata in mille schegge di
ghiaccio.
Già,
il ghiaccio,
quello che aveva sempre amato, ma che ora non riusciva nemmeno a
nominare: gli
ricordava troppo lei.
Anna.
Quando
l’aveva riportata al castello, e le porte avevano
cominciato a chiudersi, aveva tristemente realizzato che, molto
probabilmente,
non l’avrebbe più rivista. Lì si
sarebbero presi cura di lei, l’avrebbero
salvata e avrebbe vissuto una vita lunga e felice con il suo principe,
dimenticandosi
del tempo che aveva trascorso insieme a lui. Con il passare degli anni,
sarebbe
diventato un plebeo qualunque e lei non lo avrebbe più
ricordato.
Era tornato sulle
montagne con Sven, come aveva desiderato
dal primo momento in cui quella furia scatenata era entrata nella sua
vita di
prepotenza. Ma si era chiesto, se davvero lo stare da solo con la sua
renna,
fosse quello che voleva in realtà. Voleva davvero vivere il
resto dei suoi
giorni come un recluso, ora che aveva trovato qualcuno che gli aveva
fatto
provare qualcosa? Davvero le renne erano migliori delle persone? No.
Era questa
la risposta. Da qualche parte, giù sul fiordo, chiusa in una
stanza del
castello, c’era una ragazza che era molto meglio delle renne.
Anna era riuscita a
scalfire la sua dura scorza da
montanaro, aveva aperto una breccia nel suo muro di isolamento e vi
aveva fatto
entrare il mondo. Si era divertito ad ascoltare i suoi discorsi sul
vero amore
e l’aveva presa in giro per l'avventatezza dei suoi
sentimenti.
Ma, quando si era
ritrovato atterrato da Sven, in mezzo alla
neve, con il suo amico che gli dava contro, aveva capito che ci era
caduto
anche lui, nella trappola dell’amore. Aveva capito che
c’era qualcun altro di
cui gli importava là fuori, a parte Sven.
E allora aveva
corso, giù per il fianco scosceso della
montagna, fino allo stremo delle forze e aveva urlato il suo nome con
tutto il
fiato che aveva in gola, cercando di scorgere in quella tempesta
improvvisa la
sua esile figura: ma era stato tutto vano. Non era riuscito a salvarla,
non ci
aveva nemmeno provato: lei gli aveva voltato le spalle, per difendere
la
sorella.
E tutto era finito,
con il clangore di una spada e una vita
che andava in frantumi.
Doveva ammetterlo,
c’era stato un momento durante il loro
viaggio, in cui avrebbe voluto strozzarla, pur di farla smettere di
parlare: il
silenzio non aveva scampo con lei.
Non era mai stata
zitta, nemmeno per cinque minuti, fino a
quel momento, quando il ghiaccio aveva ricoperto interamente il suo
corpo,
cristallizzandolo nel suo estremo atto d’amore. Il fiordo gli
era sembrato
stranamente silenzioso, mentre la regina cercava di trattenere a sè quanti più pezzi poteva del
simulacro
di ghiaccio della sorella. Non aveva mai pensato di poter provare un
dolore
tanto forte, ed invece aveva sentito letteralmente il suo cuore
incrinarsi e
poi spezzarsi in un milione di pezzi.
Il silenzio non era
mai stato tanto assordante, come in quel
momento.
‘Avresti
potuto correre più veloce! ’- continuava a
ripetergli una vocina –‘Forse se l’avessi
raggiunta in tempo, sarebbe ancora qui.’
Ma chi voleva
prendere in giro: un reietto della società non
avrebbe mai potuto salvare la principessa, non avrebbe funzionato.
Per un momento
infinito, lì su quel fiordo ghiacciato, si
era sentito inutile, come quando aveva visto gli occhi dei suoi
genitori
chiudersi pesanti, per il freddo e il dolore, per sempre. Quella volta
il
calore del corpo della madre lo aveva salvato dal gelo, ma ora, cosa
poteva
salvarlo dalla tempesta che imperversava fuori e dentro di
sé?
L’unica
risposta che aveva trovato a quella domanda era
stata: Anna.
Ma lei non
c’era più, il vento si era portato via gli ultimi
frammenti della sua vita, spazzandoli lontano dalla sua vista. Non
sarebbe più
tornata. Quella volta, nemmeno la magia di Granpapà avrebbe
potuto qualcosa contro
quella disgrazia.
Era rimasto fermo,
incapace di fare o dire qualsiasi cosa, a
guardare la regina piangere, mentre stringeva stretta una scheggia di
ghiaccio,
fino a farsi sanguinare le mani.
Aveva sentito
qualcosa di caldo scivolargli lungo il viso e
si era meravigliato quando, con la punta dell’indice, aveva
catturato una
lacrima solitaria. A quella ne erano seguite altre, lente e silenziose:
non
ricordava di aver mai pianto in vita sua, nemmeno per la morte dei suoi
genitori. Ed invece in quell’occasione si era ritrovato con
gli occhi velati di
lacrime, mentre il muso di Sven lo sfiorava, per fargli coraggio.
- “Stupida
ragazzina!” - una voce adirata lo aveva riscosso
dal suo stato d’inerzia, riportandolo alla cruda
realtà dei fatti.
Il principe, quello
che Anna aveva professato di amare,
quello che avrebbe sposato senza esitazione alcuna, quello che prima
l’aveva
lasciata al suo destino ed infine l’aveva uccisa, stava
inveendo contro quello
che rimaneva della principessa: Anna aveva sventato i suoi piani
diabolici
contro la regina, mettendosi in mezzo, mandando in fumo la sua congiura.
Questo non doveva
essergli andato a genio, perché aveva
cominciato ad urlare al vento la sua frustrazione, oltraggiando la
memoria di
Anna con le parole più aspre che avesse mai sentito. Poi
aveva alzato di nuovo
la spada contro Elsa, cercando di attuare comunque i suoi piani, come
se la
morte di Anna non avesse significato nulla, come se quello che era
appena
successo fosse stato solo un piccolo intoppo.
Non
c’aveva visto più per la rabbia: un momento prima
era
fermo sul fiordo e l’istante successivo gli era addosso.
L’aveva spinto via e
poi gli si era avventato contro, prendendolo a pugni, colpendolo
così tante
volte da aver perso il conto. Non si era fermato nemmeno quando le
nocche gli
si erano sbucciate e il sangue aveva cominciato a colargli tra le dita.
Aveva sentito
qualcuno urlargli di fermarsi, ma la voce era
lontana, ovattata, surclassata dal rumore dei colpi che infliggeva al
principe,
ormai privo di sensi, e dai singhiozzi della regina, che vibravano
ancora
nell’aria immota.
Le guardie gli
avevano abbaiato contro di lasciarlo andare,
poi l’avevano tirato via a forza, spingendolo da parte sul
ghiaccio duro,
mentre si caricavano il corpo del traditore e sparivano veloci,
così com’erano
arrivate.
La regina continuava
a rimanere ferma nel punto esatto in
cui era scomparsa la sorella; aveva mandato via tutti, non si era
lasciata
aiutare, non aveva voluto ascoltare le parole confortanti di nessuno.
Per un
secondo aveva pensato di avvicinarsi per sostenerla, per farle sapere
che
capiva il suo dolore, che era anche il suo; però era tornato
sui suoi passi
pensando all’assurdità della cosa: la sua vista le
sarebbe risultata oltremodo
odiosa, in fondo lui avrebbe dovuto salvarla ed invece non
c’era riuscito.
Si era odiato per
quel motivo, aveva continuato a farlo
mentre ritornava sulle montagne e lo faceva ancora adesso, mentre
seduto nella
sua baita giocherellava sovrappensiero con il suo coltellino a
serramanico,
dondolandosi sulla sedia: il suono della lama che appariva e scompariva
con un
sonoro click, il crepitare del fuoco nel camino e il russare
rassicurante di
Sven, gli tenevano compagnia nelle sue notti insonni da
quell’infausto giorno.
La tempesta, che non
si era fermata un istante da quando
Anna era morta, la mancanza di lavoro e la conseguente
inattività, gli
lasciavano troppo tempo per pensare, per indugiare su quei pochi
ricordi che
aveva di lei, per crogiolarsi nel dolore e
nell’autocommiserazione, portandolo
all’esasperazione.
Sapeva che se non
fosse stato per la compagnia del suo
migliore amico, sarebbe di certo impazzito.
Un rumoroso crack,
attirò la sua attenzione, e prima che
potesse accorgersene era a terra, a gambe all’aria. La sedia
aveva ceduto sotto
il suo peso, ma sapeva che non era quello il motivo per cui si era
rotta.
Quando quel giorno di tre mesi prima era tornato su alla baita, aveva
fatto
silenzio per tutto il tragitto e poi una volta dentro aveva dato sfogo
alla sua
rabbia: si era accanito su tutto quello che gli si parava davanti e
l’unica
sedia che possedeva, era diventata il suo ultimo bersaglio.
L’aveva scaraventata
in terra, con tanta violenza da rompere due delle quattro gambe di
legno.
Quando, alla fine di quell’eccesso d’ira, si era
guardato attorno, con il fiato
corto, aveva scorto solo un enorme cumulo di cose rotte e lo sguardo
preoccupato e spaventato di Sven. Nei giorni successivi aveva salvato
il
recuperabile e aveva tentato di aggiustare la sedia alla meglio, ma
chiaramente
con scarsi risultati.
Sbuffò
rumorosamente e, con un verso di frustrazione, lanciò
con un gesto secco il coltellino verso la parete opposta. La lama si
conficcò
per metà nel legno consunto, rimanendo affissa
all’asse.
Si alzò,
spolverandosi i pantaloni, pronto ad uscire nella
tormenta per schiarirsi le idee, ma qualcosa lo fermò.
-“Ehi! Sta
attento! Mi hai colpita.”- una voce lo fece sobbalzare.
Si voltò verso Sven, che si era svegliato con tutto quel
fracasso, cercando una
spiegazione. La renna lo fissò interrogativo, facendo un
verso di diniego, come
per dire ‘non sono stato io’.
E chiaramente non
era stato Sven, perché la voce continuò
imperterrita: “Non ricordavo che fossi così
suscettibile.”- disse con tono
irriverente.
Si voltò
alla ricerca della fonte di quella voce e il
respiro gli si congelò nei polmoni, quando i suoi occhi si
posarono sulla
figura traslucida di Anna. Fece un passo indietro, strofinandosi gli
occhi,
pensando di star sognando ad occhi aperti, ma quando li
riaprì lei era ancora
lì, immobile ed eterea, che lo fissava in modo strano.
-“Sono
diventato completamente pazzo. Ecco, lo sapevo che
sarebbe successo. Ed è tutta colpa tua.”- si
lamentò, puntandole un dito
contro.
Sven
lanciò un verso strano e lui si voltò a
guardarlo: “La
vedi anche tu?”- gli chiese turbato. La renna gli rivolse uno
sguardo come per
dire ‘chiara, come vedo te!’.
-“Allora
qui c’è qualcosa che non quadra.”-
indietreggiò di
un altro passo, intimorito da quella vista sovrannaturale.
-“Ehi!
Fino a prova contraria quella arrabbiata dovrei
essere io. E poi mi aspettavo un’accoglienza più
calorosa, a dirla tutta. Ma
conoscendoti, avrei dovuto prevedere una reazione così
contrariata.”- si
lamentò delusa.
Kristoff la
osservò in silenzio, pensando a qualcosa da
dire, ma le parole sembravano essergli morte in gola.
-“Beh, non
hai nulla da dire? Io torno dall’aldilà e tu mi
fissi inebetito! Bene.”- sbottò seccata.
Era proprio lei, con
la sua parlantina, le trecce e il
resto…non poteva essere.
-“Allora,
ti sono mancata?”- gli chiese Anna facendo qualche
passo nella piccola baita, guardandosi in giro.
Lui continuava a
fare silenzio, incapace di articolare una
frase di senso compiuto.
-“Mmm”-
fece la principessa voltandosi verso di lui –“Dalla
tua faccia direi di si…come stai?”- chiese
corrugando la fronte.
Ah! Questa era
bella, lei chiedeva a lui come stava…tipico
di Anna, preoccuparsi per gli altri prima che per se stessa. Quella
domanda
sembrò riscuoterlo dal suo stato di sbigottimento totale.
-“Anna,
sei morta! Forse dovrei chiedertelo io, non credi?”-
-“Ma non
ci sarebbe nulla da dire…eccomi, mi vedi sto…alla
grande!”- cercò di sorridere, poi tornò
seria –“Ma tu non hai risposto alla mia
domanda.”- gli disse, avvicinandosi di un passo.
‘Male,
anzi malissimo!’- avrebbe voluto dirle, ma non gli
sembrava giusto infierire, data la sua situazione, accollandole anche
il suo
dolore.
-“Bene.
Cioè potrei stare meglio, ma…non mi
lamento.”- fece
spallucce. Vide qualcosa cambiare sul volto opalescente della
principessa, e
abbassò lo sguardo per non incrociare i suoi occhi tristi:
“Io e Sven ce la
caviamo, come abbiamo sempre fatto.”- concluse a voce
più bassa.
-“Bene.”-
rispose Anna, schiarendosi la voce e recuperando
un po’ del suo caratteristico buon umore, cercando di
abbozzare un sorriso
–“Allora, qui non ho nulla da fare, a quanto
vedo.”
Kristoff
alzò la testa di scatto, mentre lei si avvicinava a
Sven sorridendogli.
-“Sai, ero
venuta per…ringraziarti.”- gli disse mentre
continuava a rivolgere la sua attenzione alla renna.
-“A-a
ringraziarmi? Per cosa?”- le chiese incredulo.
-“Per
essere tornato indietro.”- rispose quasi sussurrando,
voltandosi verso di lui con un’espressione seria –“Per
aver cercato di salvarmi, anche se
sapevi che non avrebbe funzionato.”
Incredibile: lo
stava ringraziando per averla lasciata
morire!
-“Non devi
ringraziarmi.”- disse scuotendo il capo-“Io non
ho fatto nulla, non ho nemmeno provato
a
salvarti.”-
-“Oh,
Kristoff. Hai fatto molto più di quanto immagini: mi
hai fatto capire che c’era qualcuno che teneva a me, qualcuno
per cui ero
importante, per cui valevo la pena di rischiare.”- gli
sorrise mestamente- “Ma
forse mi sbagliavo.”- sussurrò fra sé.
Kristoff
la guardò,
incatenando il suo sguardo a quello di Anna, per capire se dicesse
davvero:
aveva l’aria più seria che le avesse mai visto e
nemmeno un accenno di sorriso
sulle labbra ceree.
-“B-bene,
credo proprio d’aver finito qui.”- la principessa
distolse lo sguardo. Kristoff era sicuro che se Anna non fosse stata un
fantasma, se avesse avuto ancora un pizzico di vita e sangue in corpo,
l’avrebbe vista arrossire imbarazzata.
-“Addio.
È stato un piacere viaggiare con te, grazie di
tutto.”- gli disse con tono fermo e distaccato, schiarendosi
la voce.
Non poteva lasciarla
andare via così, doveva dirle qualcosa,
doveva dirle che lei aveva contato davvero per lui, che la sua voglia
di vivere
l’aveva contagiato, cambiandolo inevitabilmente.
-“A-a…”non
riuscì a dire nulla, sembrava che la voce
l’avesse abbandonato definitivamente.
-“Non
c’è bisogno che tu dica niente.”- lo
riprese Anna,
avviandosi verso la porta e spalancandola con un gesto sul buio della
notte-
“Ho capito: ti dispiace, è stato bello conoscerti,
bla bla bla e tanti cari
saluti…ognuno per la sua strada!”- concluse con
tono ironico, accennando un
saluto con la mano.
Perché
non la smetteva di parlare a vanvera? Perché non gli
dava il tempo di racimolare qualche parola per salutarla per bene?
-“Riesci a
stare zitta per un momento?”- la rimproverò
brusco, mentre si avvicinava a lei.
Anna lo
guardò avvicinarsi minaccioso, e fece un passo
indietro, mentre lui sbatteva la porta, richiudendola.
-“E questo
che significa?- gli chiese indicando la mano che
teneva ancora premuta sul legno dell’uscio, per evitare che
lei se ne andasse –“Sai
che ora posso passare attraverso le cose? Non che sia piacevole,
intendiamoci,
ma non mi spaventa di certo una porta chiusa!”-
Lui rimase a
fissarla serio.
-“Scusa
era una battuta stupida.”- disse abbozzando un
sorrisino sghembo.
-“No. TU
sei stupida.”- lei lo guardò interrogativa
–“Quando
ti ho conosciuta pensavo fosse solo una mia impressione, ma ora ne ho
la
conferma: sei un’idiota!”- le disse rosso in viso,
con il fiato corto.
-“Come,
prego?”- fece lei, presa alla sprovvista.
Lui prese un respiro
profondo, cercando di ordinare le sue
idee, lasciando scivolare la mano giù dalla porta.
-“Non
avrei mai pensato di poterlo dire un giorno, ma la
verità è che…mi sei mancata. E non
è vero che sto bene, credo sia la bugia più
grande che abbia mai detto.”- le confessò con voce
tremante –“ Sono all’esatto
opposto dello star bene. Sto malissimo e non riesco ad andare avanti,
non
riesco a capacitarmi del fatto che tu non ci sia più, che
non tornerai, che ti
sia sacrificata inutilmente…”-
-“K-kristoff…io”-
biascicò, colpita dalle sue parole.
-“No,
lasciami finire. Come puoi anche solo pensare che tu
non abbia contato niente per me?”-
Anna era per la
prima volta a corto di parole; lo guardava
con gli occhi spalancati, impressionata
dall’intensità del suo sguardo e del
suo discorso.
-“ Per
quanto possano valere ora le mie parole, sappi che
grazie a te ho scoperto che alcune persone sono migliori delle
renne.”- si
interruppe, sorridendo fra sé, per l’idiozia che
aveva appena detto –“Senza
offesa Sven.”- si voltò verso l’amico,
che stava assistendo in silenzio a tutto
quello scambio di battute.
La renna fece un
cenno col capo per dirgli ‘non
preoccuparti, va avanti!’
Anna sorrise
all’animale e poi riportò la sua attenzione su
Kristoff.
-“Ti sei
fatta strada a forza nella mia vita, con tutta la
tua speranza e la tua cieca fiducia verso il prossimo. Credimi, in meno
di due
giorni mi hai restituito emozioni che non credevo di poter provare,
sentimenti a
cui avevo precluso l’accesso al mio cuore.”- era
arrossito inevitabilmente –“Anna,
non so come spiegartelo, ma con te mi sono sentito utile, parte di
qualcosa.”-
-“Se
può farti sentire meglio sappi che sei stato il mio
primo amico e per me è stato lo stesso: formavamo una bella
squadra io e te.”-
gli disse sorridendogli timidamente.
-“Non era
solo questo. Avevo giurato a me stesso che non mi
sarei affezionato mai più a nessuno. Era facile far finta di
odiare tutti: non
stavo male e il cuore non ne risentiva. Già
troppe volte avevo dovuto…”- cominciò,
ma
Anna sembrò leggergli nel pensiero, perché
continuò per lui.
-“…dire
addio alle persone a cui avevo voluto bene. Non
avrei sopportato di nuovo il dolore di un abbandono.”- era la
stessa cosa che
pensava lei.
Si guardarono per
secondi interi, senza dire nulla.
-“Così
ho tentennato, ho cercato di starti il più lontano
possibile, di non farti entrare nel mio cuore, sarebbe stato tutto
più facile: ma
non ci sono riuscito. Tutti i miei sforzi sono stati vani con te. Ho
realizzato
troppo tardi che eri importante, che eri di più che una
principessa chiassosa
ed incosciente, che non sarei riuscito a starti lontano…che
avevo bisogno di
te.”- concluse avvicinandosi a lei.
-“Wow…n-non
ricordavo fossi così loquace.”-
scherzò,
incapace di reggere quella tensione.
-“Beh
almeno questa è colpa tua, mi hai contagiato.”-
disse
lui, alleggerendo il tono.
-“Direi
che è più un mio merito! Dove la tenevi nascosta
questa tua indole da poeta? Devo dire che mi piace questa nuova parte
di te,
che hai tirato fuori.”-
-“Oh, ma
smettila.”- sbottò lui sorridendo, lusingato da
quelle parole.
Il silenzio scese a
farla da padrone per alcuni secondi,
mentre si studiavano attentamente, con i sorrisi che sparivano pian
piano dalle
loro labbra.
-“Anna io
ti…”- riprese lui, con voce tremante.
Anna fece un passo
avanti, posandogli la mano impalpabile a
pochi millimetri dalle labbra: “Ti prego, non
dirlo.”- lo supplicò, con gli
occhi spalancati per la sorpresa-“ Sarebbe troppo difficile
per me lasciarti
andare.”-
Kristoff avrebbe
dato via volentieri metà della sua vita,
per vedere di nuovo il colore brillante dei suoi occhi, le sue guance
arrossate
dal soffio della vita, le sue spalle che si alzavano ed abbassavano al
ritmo
del respiro che le riempiva i polmoni. Vederla così,
incolore e ferma,
innaturalmente troppo ferma, lo torturava.
-“Ma devo
dirlo, altrimenti potrei dare di matto. Guardami,
sto diventando uno stupido povero pazzo.”- cercò
di sfiorarla, ma si rese
tristemente conto di non poterlo fare.
-“Mi
dispiace.”- sussurrò lei, rendendosi conto del suo
turbamento.
Gli occhi di
Kristoff pizzicavano, incapaci di trattenere
ancora a lungo le lacrime. Da quando in qua era diventato
così sentimentale?
Ah, la risposta era davanti a lui…Anna.
La principessa
alzò una mano, avvicinando il palmo alla sua
guancia, cercando di accarezzarlo, ma come era successo a lui, rimase
delusa
nel costatare che non ci sarebbe riuscita.
Poi provò
a fare qualcosa che avrebbe fatto volentieri da
viva, una cosa che era in cima alle sua lista di cose da fare da quando
aveva
undici anni: baciare un principe. Certo, Kristoff non aveva un titolo e
di un
principe aveva ben poco, ma andava bene così.
Gli si
avvicinò e chiuse gli occhi, pronta per una nuova
delusione.
Kristoff
capì le sue intenzioni e la lasciò fare. In
effetti
anche lui avrebbe voluto baciare quelle labbra instancabili,
perennemente in
movimento, ma temeva di sembrare inopportuno. In fondo, lei non aveva
mai dato
adito ad un interesse del genere.
All’inizio
sentì solo qualcosa di freddo, come un alito di
vento, accarezzargli la bocca, e pensò che quello era il
massimo che potevano concedersi,
dato la situazione irreale.
Poi però
le sentì distintamente, le labbra di Anna, calde e
soffici, premute contro le sue. Aprì gli occhi per la
sorpresa, e la vide, con
gli occhi chiusi, senza la minima distanza tra loro e pallida come un
lenzuolo,
ma solida, quasi avesse ancora un corpo. La strinse a sé,
con l’intenzione di
non lasciarla andare mai più e lei spalancò gli
occhi, unica macchia di colore
su quella pallida apparizione, scostandosi di poco.
-“Credo di
amarti.”- le soffiò lui sulle labbra.
-“Non
devi.”- fu la sua risposta, mentre abbassava lo
sguardo –“Io sono morta: non si può
amare a questo modo qualcuno che non
respira più. Devi andare avanti, Kristoff, so che fa male,
ma devi cercare di
dimenticarmi, far finta che io non sia mai esistita.”-
-“Impossibile.”-
-“I venti
del cambiamento soffiano forti, non danno scampo
ai ripensamenti e ai rimpianti. Dovrai farlo
inevitabilmente.”- sentenziò come
un antico oracolo –“Io non
tornerò.”
Sciolse il loro
abbraccio e la porta si aprì, lasciando
entrare un po’ di neve fresca: “La tempesta si sta
placando, riuscirai a
trovare la tua strada senza di me.”- disse osservando il
cielo buio fuori, su
cui pian piano cominciavano ad apparire le stelle, a lungo coperte da
nuvole
scure.
Si voltò
di nuovo verso di lui e, se avesse avuto ancora un
cuore, le si sarebbe di certo spezzato a quella vista: le lacrime
avevano
straripato, rigandogli il volto, facendolo assomigliare tanto ad un
bambino
impaurito, lasciando ben poco del montanaro scortese e duro che aveva
conosciuto qualche mese prima.
Prima che quella
magia, che si era avverta anche con Elsa,
svanisse, lo strinse di nuovo a sé, per fargli sentire tutto
il suo amore,
cercando di lenire il suo dolore. Lui la tenne stretta, nascondendo il
viso
nell’incavo del suo collo.
-“Mi
mancherai.”- le sussurrò tra le lacrime, mentre un
singhiozzo lo scuoteva.
-“Anche
tu, non sai quanto.”- sentiva la malinconia montarle
dentro, ma i suoi occhi rimanevano innaturalmente asciutti.
Lo lasciò
libero dalla sua presa e mosse un passo verso la
porta: “Promettimi che non chiuderai di nuovo il tuo cuore al
genere umano e
all’amore: chissà forse quella giusta per te
è proprio dietro l’angolo.”- gli
sorrise, mentre lui si asciugava il viso umido
–“Promettimi che andrai avanti…fallo
per me.”- concluse seria.
-“Non dire
sciocchezze, quella giusta è ad un passo da me,
eppure è così lontana che non posso
più raggiungerla.”-
Lei fece per
ribattere, ma lui l’anticipò: “Te lo
prometto:
proverò a diventare un tipo più
sociale.”- rise –“Ma per quanto riguarda
la
storia dell’andare avanti, non posso prometterti molto: la
mente di sicuro ci
riuscirà, il cuore…”- fece una smorfia
–“non credo.”
Anna lo
fissò intensamente, prima di voltarsi verso Sven:
“Tienilo
d’occhio, non lasciare che pianga per me più del
necessario.”
La renna fece un
verso d’assenso e le si avvicinò,
leccandole la guancia.
Poi si
voltò di nuovo verso di lui: “Addio.”-
gli sorrise
triste.
-“Non
tornerai mai più, vero?”- le chiese, trattenendo
il
respiro, temendo la sua risposta.
-“No.”-
confermò –“Ma sarò sempre
qui, in qualche modo.”-
cercò di spiegare.
Kristoff le sorrise,
intuendo il significato delle sue
parole.
-“Arrivederci,
furia scatenata.”- la salutò, prima che
scomparisse in un refolo di vento.
Uscì
dalla porta e Sven lo seguì subito.
Alzò
lo sguardo sulla volta celeste, trapuntata di stelle
che occhieggiavano splendenti, mentre nel suo cuore scendeva una pace
insperata. Anna aveva ragione: ecco la sua tanto agognata
quiete dopo la tempesta.
NdA:
Buonasera! Prima di tutto grazie ad Amberly_1, Anthea1000,
DesertPearl, Stardust97 per aver aggiunto la storia tra le loro
preferite e a giascali,
Lia483 e robylovatic98 per averla annoverata tra le loro seguite.
Quindi passo
a commentare questo chap: allora non mi aspettavo uscisse
così lungo, ma le
cose da dire erano molte e poi il tema dell’addio mi
è molto caro, quindi non
potevo trattarlo con tanta sbrigatività. Poi dovevo dare ad
Anna e Kristoff il
modo giusto di salutarsi per sempre :(
Ricordo
che i personaggi sono OOC, indi per cui risultano
diversi dai caratteri originali.
Spero
tanto che vi sia piaciuto come e più del primo (anche
se non credo), che non vi abbia annoiate o fatte morire per un attacco
iperglicemico e che non vi abbia scaraventate in un baratro di
depressione XD Vi
dico solo che mentre scrivevo ascoltavo Make you feel my love di Adele,
cantata
da Lea Michele, Iris dei Goo Goo Dolls e Thousand Years di Christina
Perri…quindi
se vi sembra tutto troppo triste e depresso è colpa di
queste tre canzoni ;)
In
conclusione vi ringrazio per essere arrivati fin qui e
spero di ricevere vostre considerazioni (mi raccomando siate clementi,
non ci
andate giù troppo pesante!) XD
Ci si legge alla prossima shot *-*