Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: StarFighter    26/05/2014    5 recensioni
E se la spada di Hans avesse frantumato in mille pezzi la statua di ghiaccio di Anna? Se l’inverno perenne scatenato da Elsa non si fosse fermato?
Una notte di tre mesi dopo, il fantasma di Anna fa visita, ad uno ad uno, alle persone che per lei hanno contato qualcosa, nella sua breve vita al di fuori delle mura del castello.
-Elsa: I can feel no pain.
In the ice or in the sun it’s all the same.
-Kristoff: And even though it’s different now, you’re still here somehow…
-Hans: I feel my heart is aching, though it doesn’t beat it’s breaking.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Elsa, Hans, Kristoff
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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THE GHOST OF YOU

Capitolo 2:  And even though it's different now, you're still here somehow

 

I giorni erano filati via in un batter d’occhio, veloci ed inafferrabili; l’estate non era tornata e l’autunno si era arreso all’inverno. Il tempo non migliorava e il paesaggio circostante era perennemente innevato, coperto da un bianco quasi accecante.

C’era qualcosa di starno nell’aria, lo avvertiva: aveva sempre l’impressione che mancasse qualcosa, che dovesse accadere qualche cosa da un momento all’altro. O forse, era solo lui che era cambiato, dopo quello che era successo: si sentiva diverso, più vulnerabile, come un animale ferito.

Tutto era diverso ormai, non si poteva tornare indietro, quello che era andato perso non poteva essere recuperato: l’aveva perduta per sempre, era un dato di fatto. Eppure, a volte, aveva come l’impressione che fosse ancora lì in qualche modo, da qualche parte, assieme a lui: diverse volte nel bosco, aveva sentito i suoi passi incerti sulla neve, che lo seguivano e gli era parso che il vento sussurrasse il suo nome.

L’aveva sognata più di una volta, confondendo la realtà con il sogno, illudendosi che lei stesse bene, al sicuro da ogni pericolo; era sempre la stessa visione: lei che correva e rideva felice su un prato fiorito, ed allungava una mano verso di lui; ma quando cercava di afferrarla, il sogno svaniva e lui si ritrovava al buio, con le mani che stringevano l’aria.

Tre mesi. Erano passati tre mesi e non riusciva ancora a capacitarsene, non riusciva a credere che fosse davvero finita così: lei era morta, scomparsa davanti ai suoi occhi, frantumata in mille schegge di ghiaccio.

 Già, il ghiaccio, quello che aveva sempre amato, ma che ora non riusciva nemmeno a nominare: gli ricordava troppo lei.

 Anna.

Quando l’aveva riportata al castello, e le porte avevano cominciato a chiudersi, aveva tristemente realizzato che, molto probabilmente, non l’avrebbe più rivista. Lì si sarebbero presi cura di lei, l’avrebbero salvata e avrebbe vissuto una vita lunga e felice con il suo principe, dimenticandosi del tempo che aveva trascorso insieme a lui. Con il passare degli anni, sarebbe diventato un plebeo qualunque e lei non lo avrebbe più ricordato.

Era tornato sulle montagne con Sven, come aveva desiderato dal primo momento in cui quella furia scatenata era entrata nella sua vita di prepotenza. Ma si era chiesto, se davvero lo stare da solo con la sua renna, fosse quello che voleva in realtà. Voleva davvero vivere il resto dei suoi giorni come un recluso, ora che aveva trovato qualcuno che gli aveva fatto provare qualcosa? Davvero le renne erano migliori delle persone? No. Era questa la risposta. Da qualche parte, giù sul fiordo, chiusa in una stanza del castello, c’era una ragazza che era molto meglio delle renne.

Anna era riuscita a scalfire la sua dura scorza da montanaro, aveva aperto una breccia nel suo muro di isolamento e vi aveva fatto entrare il mondo. Si era divertito ad ascoltare i suoi discorsi sul vero amore e l’aveva presa in giro per l'avventatezza dei suoi sentimenti.

Ma, quando si era ritrovato atterrato da Sven, in mezzo alla neve, con il suo amico che gli dava contro, aveva capito che ci era caduto anche lui, nella trappola dell’amore. Aveva capito che c’era qualcun altro di cui gli importava là fuori, a parte Sven.

E allora aveva corso, giù per il fianco scosceso della montagna, fino allo stremo delle forze e aveva urlato il suo nome con tutto il fiato che aveva in gola, cercando di scorgere in quella tempesta improvvisa la sua esile figura: ma era stato tutto vano. Non era riuscito a salvarla, non ci aveva nemmeno provato: lei gli aveva voltato le spalle, per difendere la sorella.

E tutto era finito, con il clangore di una spada e una vita che andava in frantumi.

Doveva ammetterlo, c’era stato un momento durante il loro viaggio, in cui avrebbe voluto strozzarla, pur di farla smettere di parlare: il silenzio non aveva scampo con lei.

Non era mai stata zitta, nemmeno per cinque minuti, fino a quel momento, quando il ghiaccio aveva ricoperto interamente il suo corpo, cristallizzandolo nel suo estremo atto d’amore. Il fiordo gli era sembrato stranamente silenzioso, mentre la regina cercava di trattenere a sè quanti più pezzi poteva del simulacro di ghiaccio della sorella. Non aveva mai pensato di poter provare un dolore tanto forte, ed invece aveva sentito letteralmente il suo cuore incrinarsi e poi spezzarsi in un milione di pezzi.

Il silenzio non era mai stato tanto assordante, come in quel momento.

‘Avresti potuto correre più veloce! ’- continuava a ripetergli una vocina –‘Forse se l’avessi raggiunta in tempo, sarebbe ancora qui.’

Ma chi voleva prendere in giro: un reietto della società non avrebbe mai potuto salvare la principessa, non avrebbe funzionato.

Per un momento infinito, lì su quel fiordo ghiacciato, si era sentito inutile, come quando aveva visto gli occhi dei suoi genitori chiudersi pesanti, per il freddo e il dolore, per sempre. Quella volta il calore del corpo della madre lo aveva salvato dal gelo, ma ora, cosa poteva salvarlo dalla tempesta che imperversava fuori e dentro di sé?

L’unica risposta che aveva trovato a quella domanda era stata: Anna.

Ma lei non c’era più, il vento si era portato via gli ultimi frammenti della sua vita, spazzandoli lontano dalla sua vista. Non sarebbe più tornata. Quella volta, nemmeno la magia di Granpapà avrebbe potuto qualcosa contro quella disgrazia.

Era rimasto fermo, incapace di fare o dire qualsiasi cosa, a guardare la regina piangere, mentre stringeva stretta una scheggia di ghiaccio, fino a farsi sanguinare le mani.

Aveva sentito qualcosa di caldo scivolargli lungo il viso e si era meravigliato quando, con la punta dell’indice, aveva catturato una lacrima solitaria. A quella ne erano seguite altre, lente e silenziose: non ricordava di aver mai pianto in vita sua, nemmeno per la morte dei suoi genitori. Ed invece in quell’occasione si era ritrovato con gli occhi velati di lacrime, mentre il muso di Sven lo sfiorava, per fargli coraggio.

- “Stupida ragazzina!” - una voce adirata lo aveva riscosso dal suo stato d’inerzia, riportandolo alla cruda realtà dei fatti.

Il principe, quello che Anna aveva professato di amare, quello che avrebbe sposato senza esitazione alcuna, quello che prima l’aveva lasciata al suo destino ed infine l’aveva uccisa, stava inveendo contro quello che rimaneva della principessa: Anna aveva sventato i suoi piani diabolici contro la regina, mettendosi in mezzo, mandando in fumo la sua congiura.

Questo non doveva essergli andato a genio, perché aveva cominciato ad urlare al vento la sua frustrazione, oltraggiando la memoria di Anna con le parole più aspre che avesse mai sentito. Poi aveva alzato di nuovo la spada contro Elsa, cercando di attuare comunque i suoi piani, come se la morte di Anna non avesse significato nulla, come se quello che era appena successo fosse stato solo un piccolo intoppo.

Non c’aveva visto più per la rabbia: un momento prima era fermo sul fiordo e l’istante successivo gli era addosso. L’aveva spinto via e poi gli si era avventato contro, prendendolo a pugni, colpendolo così tante volte da aver perso il conto. Non si era fermato nemmeno quando le nocche gli si erano sbucciate e il sangue aveva cominciato a colargli tra le dita.

Aveva sentito qualcuno urlargli di fermarsi, ma la voce era lontana, ovattata, surclassata dal rumore dei colpi che infliggeva al principe, ormai privo di sensi, e dai singhiozzi della regina, che vibravano ancora nell’aria immota.

Le guardie gli avevano abbaiato contro di lasciarlo andare, poi l’avevano tirato via a forza, spingendolo da parte sul ghiaccio duro, mentre si caricavano il corpo del traditore e sparivano veloci, così com’erano arrivate.

La regina continuava a rimanere ferma nel punto esatto in cui era scomparsa la sorella; aveva mandato via tutti, non si era lasciata aiutare, non aveva voluto ascoltare le parole confortanti di nessuno. Per un secondo aveva pensato di avvicinarsi per sostenerla, per farle sapere che capiva il suo dolore, che era anche il suo; però era tornato sui suoi passi pensando all’assurdità della cosa: la sua vista le sarebbe risultata oltremodo odiosa, in fondo lui avrebbe dovuto salvarla ed invece non c’era riuscito.

Si era odiato per quel motivo, aveva continuato a farlo mentre ritornava sulle montagne e lo faceva ancora adesso, mentre seduto nella sua baita giocherellava sovrappensiero con il suo coltellino a serramanico, dondolandosi sulla sedia: il suono della lama che appariva e scompariva con un sonoro click, il crepitare del fuoco nel camino e il russare rassicurante di Sven, gli tenevano compagnia nelle sue notti insonni da quell’infausto giorno.

La tempesta, che non si era fermata un istante da quando Anna era morta, la mancanza di lavoro e la conseguente inattività, gli lasciavano troppo tempo per pensare, per indugiare su quei pochi ricordi che aveva di lei, per crogiolarsi nel dolore e nell’autocommiserazione, portandolo all’esasperazione.

Sapeva che se non fosse stato per la compagnia del suo migliore amico, sarebbe di certo impazzito.

Un rumoroso crack, attirò la sua attenzione, e prima che potesse accorgersene era a terra, a gambe all’aria. La sedia aveva ceduto sotto il suo peso, ma sapeva che non era quello il motivo per cui si era rotta. Quando quel giorno di tre mesi prima era tornato su alla baita, aveva fatto silenzio per tutto il tragitto e poi una volta dentro aveva dato sfogo alla sua rabbia: si era accanito su tutto quello che gli si parava davanti e l’unica sedia che possedeva, era diventata il suo ultimo bersaglio. L’aveva scaraventata in terra, con tanta violenza da rompere due delle quattro gambe di legno. Quando, alla fine di quell’eccesso d’ira, si era guardato attorno, con il fiato corto, aveva scorto solo un enorme cumulo di cose rotte e lo sguardo preoccupato e spaventato di Sven. Nei giorni successivi aveva salvato il recuperabile e aveva tentato di aggiustare la sedia alla meglio, ma chiaramente con scarsi risultati.

Sbuffò rumorosamente e, con un verso di frustrazione, lanciò con un gesto secco il coltellino verso la parete opposta. La lama si conficcò per metà nel legno consunto, rimanendo affissa all’asse.

Si alzò, spolverandosi i pantaloni, pronto ad uscire nella tormenta per schiarirsi le idee, ma qualcosa lo fermò.

-“Ehi! Sta attento! Mi hai colpita.”- una voce lo fece sobbalzare. Si voltò verso Sven, che si era svegliato con tutto quel fracasso, cercando una spiegazione. La renna lo fissò interrogativo, facendo un verso di diniego, come per dire ‘non sono stato io’.

E chiaramente non era stato Sven, perché la voce continuò imperterrita: “Non ricordavo che fossi così suscettibile.”- disse con tono irriverente.

Si voltò alla ricerca della fonte di quella voce e il respiro gli si congelò nei polmoni, quando i suoi occhi si posarono sulla figura traslucida di Anna. Fece un passo indietro, strofinandosi gli occhi, pensando di star sognando ad occhi aperti, ma quando li riaprì lei era ancora lì, immobile ed eterea, che lo fissava in modo strano.

-“Sono diventato completamente pazzo. Ecco, lo sapevo che sarebbe successo. Ed è tutta colpa tua.”- si lamentò, puntandole un dito contro.

Sven lanciò un verso strano e lui si voltò a guardarlo: “La vedi anche tu?”- gli chiese turbato. La renna gli rivolse uno sguardo come per dire ‘chiara, come vedo te!’.

-“Allora qui c’è qualcosa che non quadra.”- indietreggiò di un altro passo, intimorito da quella vista sovrannaturale.

-“Ehi! Fino a prova contraria quella arrabbiata dovrei essere io. E poi mi aspettavo un’accoglienza più calorosa, a dirla tutta. Ma conoscendoti, avrei dovuto prevedere una reazione così contrariata.”- si lamentò delusa.

Kristoff la osservò in silenzio, pensando a qualcosa da dire, ma le parole sembravano essergli morte in gola.

-“Beh, non hai nulla da dire? Io torno dall’aldilà e tu mi fissi inebetito! Bene.”- sbottò seccata.

Era proprio lei, con la sua parlantina, le trecce e il resto…non poteva essere.

-“Allora, ti sono mancata?”- gli chiese Anna facendo qualche passo nella piccola baita, guardandosi in giro.

Lui continuava a fare silenzio, incapace di articolare una frase di senso compiuto.

-“Mmm”- fece la principessa voltandosi verso di lui –“Dalla tua faccia direi di si…come stai?”- chiese corrugando la fronte.

Ah! Questa era bella, lei chiedeva a lui come stava…tipico di Anna, preoccuparsi per gli altri prima che per se stessa. Quella domanda sembrò riscuoterlo dal suo stato di sbigottimento totale.

-“Anna, sei morta! Forse dovrei chiedertelo io, non credi?”-

-“Ma non ci sarebbe nulla da dire…eccomi, mi vedi sto…alla grande!”- cercò di sorridere, poi tornò seria –“Ma tu non hai risposto alla mia domanda.”- gli disse, avvicinandosi di un passo.

‘Male, anzi malissimo!’- avrebbe voluto dirle, ma non gli sembrava giusto infierire, data la sua situazione, accollandole anche il suo dolore.

-“Bene. Cioè potrei stare meglio, ma…non mi lamento.”- fece spallucce. Vide qualcosa cambiare sul volto opalescente della principessa, e abbassò lo sguardo per non incrociare i suoi occhi tristi: “Io e Sven ce la caviamo, come abbiamo sempre fatto.”- concluse a voce più bassa.

-“Bene.”- rispose Anna, schiarendosi la voce e recuperando un po’ del suo caratteristico buon umore, cercando di abbozzare un sorriso –“Allora, qui non ho nulla da fare, a quanto vedo.”

Kristoff alzò la testa di scatto, mentre lei si avvicinava a Sven sorridendogli.

-“Sai, ero venuta per…ringraziarti.”- gli disse mentre continuava a rivolgere la sua attenzione alla renna.

-“A-a ringraziarmi? Per cosa?”- le chiese incredulo.

-“Per essere tornato indietro.”- rispose quasi sussurrando, voltandosi verso di lui con un’espressione seria  –“Per aver cercato di salvarmi, anche se sapevi che non avrebbe funzionato.”

Incredibile: lo stava ringraziando per averla lasciata morire!

-“Non devi ringraziarmi.”- disse scuotendo il capo-“Io non ho fatto nulla, non ho nemmeno provato  a salvarti.”-

-“Oh, Kristoff. Hai fatto molto più di quanto immagini: mi hai fatto capire che c’era qualcuno che teneva a me, qualcuno per cui ero importante, per cui valevo la pena di rischiare.”- gli sorrise mestamente- “Ma forse mi sbagliavo.”- sussurrò fra sé.

 Kristoff la guardò, incatenando il suo sguardo a quello di Anna, per capire se dicesse davvero: aveva l’aria più seria che le avesse mai visto e nemmeno un accenno di sorriso sulle labbra ceree.

-“B-bene, credo proprio d’aver finito qui.”- la principessa distolse lo sguardo. Kristoff era sicuro che se Anna non fosse stata un fantasma, se avesse avuto ancora un pizzico di vita e sangue in corpo, l’avrebbe vista arrossire imbarazzata.

-“Addio. È stato un piacere viaggiare con te, grazie di tutto.”- gli disse con tono fermo e distaccato, schiarendosi la voce.

Non poteva lasciarla andare via così, doveva dirle qualcosa, doveva dirle che lei aveva contato davvero per lui, che la sua voglia di vivere l’aveva contagiato, cambiandolo inevitabilmente.

-“A-a…”non riuscì a dire nulla, sembrava che la voce l’avesse abbandonato definitivamente.

-“Non c’è bisogno che tu dica niente.”- lo riprese Anna, avviandosi verso la porta e spalancandola con un gesto sul buio della notte- “Ho capito: ti dispiace, è stato bello conoscerti, bla bla bla e tanti cari saluti…ognuno per la sua strada!”- concluse con tono ironico, accennando un saluto con la mano.

Perché non la smetteva di parlare a vanvera? Perché non gli dava il tempo di racimolare qualche parola per salutarla per bene?

-“Riesci a stare zitta per un momento?”- la rimproverò brusco, mentre si avvicinava a lei.

Anna lo guardò avvicinarsi minaccioso, e fece un passo indietro, mentre lui sbatteva la porta, richiudendola.

-“E questo che significa?- gli chiese indicando la mano che teneva ancora premuta sul legno dell’uscio, per evitare che lei se ne andasse –“Sai che ora posso passare attraverso le cose? Non che sia piacevole, intendiamoci, ma non mi spaventa di certo una porta chiusa!”-

Lui rimase a fissarla serio.

-“Scusa era una battuta stupida.”- disse abbozzando un sorrisino sghembo.

-“No. TU sei stupida.”- lei lo guardò interrogativa –“Quando ti ho conosciuta pensavo fosse solo una mia impressione, ma ora ne ho la conferma: sei un’idiota!”- le disse rosso in viso, con il fiato corto.

-“Come, prego?”- fece lei, presa alla sprovvista.

Lui prese un respiro profondo, cercando di ordinare le sue idee, lasciando scivolare la mano giù dalla porta.

-“Non avrei mai pensato di poterlo dire un giorno, ma la verità è che…mi sei mancata. E non è vero che sto bene, credo sia la bugia più grande che abbia mai detto.”- le confessò con voce tremante –“ Sono all’esatto opposto dello star bene. Sto malissimo e non riesco ad andare avanti, non riesco a capacitarmi del fatto che tu non ci sia più, che non tornerai, che ti sia sacrificata inutilmente…”-

-“K-kristoff…io”- biascicò, colpita dalle sue parole.

-“No, lasciami finire. Come puoi anche solo pensare che tu non abbia contato niente per me?”-

Anna era per la prima volta a corto di parole; lo guardava con gli occhi spalancati, impressionata dall’intensità del suo sguardo e del suo discorso.

-“ Per quanto possano valere ora le mie parole, sappi che grazie a te ho scoperto che alcune persone sono migliori delle renne.”- si interruppe, sorridendo fra sé, per l’idiozia che aveva appena detto –“Senza offesa Sven.”- si voltò verso l’amico, che stava assistendo in silenzio a tutto quello scambio di battute.

La renna fece un cenno col capo per dirgli ‘non preoccuparti, va avanti!’

Anna sorrise all’animale e poi riportò la sua attenzione su Kristoff.

-“Ti sei fatta strada a forza nella mia vita, con tutta la tua speranza e la tua cieca fiducia verso il prossimo. Credimi, in meno di due giorni mi hai restituito emozioni che non credevo di poter provare, sentimenti a cui avevo precluso l’accesso al mio cuore.”- era arrossito inevitabilmente –“Anna, non so come spiegartelo, ma con te mi sono sentito utile, parte di qualcosa.”-

-“Se può farti sentire meglio sappi che sei stato il mio primo amico e per me è stato lo stesso: formavamo una bella squadra io e te.”- gli disse sorridendogli timidamente.

-“Non era solo questo. Avevo giurato a me stesso che non mi sarei affezionato mai più a nessuno. Era facile far finta di odiare tutti: non stavo male e il cuore non ne risentiva.  Già troppe volte avevo dovuto…”- cominciò, ma Anna sembrò leggergli nel pensiero, perché continuò per lui.

-“…dire addio alle persone a cui avevo voluto bene. Non avrei sopportato di nuovo il dolore di un abbandono.”- era la stessa cosa che pensava lei.

Si guardarono per secondi interi, senza dire nulla.

-“Così ho tentennato, ho cercato di starti il più lontano possibile, di non farti entrare nel mio cuore, sarebbe stato tutto più facile: ma non ci sono riuscito. Tutti i miei sforzi sono stati vani con te. Ho realizzato troppo tardi che eri importante, che eri di più che una principessa chiassosa ed incosciente, che non sarei riuscito a starti lontano…che avevo bisogno di te.”- concluse avvicinandosi a lei.

-“Wow…n-non ricordavo fossi così loquace.”- scherzò, incapace di reggere quella tensione.

-“Beh almeno questa è colpa tua, mi hai contagiato.”- disse lui, alleggerendo il tono.

-“Direi che è più un mio merito! Dove la tenevi nascosta questa tua indole da poeta? Devo dire che mi piace questa nuova parte di te, che hai tirato fuori.”-

-“Oh, ma smettila.”- sbottò lui sorridendo, lusingato da quelle parole.

Il silenzio scese a farla da padrone per alcuni secondi, mentre si studiavano attentamente, con i sorrisi che sparivano pian piano dalle loro labbra.

-“Anna io ti…”- riprese lui, con voce tremante.

Anna fece un passo avanti, posandogli la mano impalpabile a pochi millimetri dalle labbra: “Ti prego, non dirlo.”- lo supplicò, con gli occhi spalancati per la sorpresa-“ Sarebbe troppo difficile per me lasciarti andare.”-

Kristoff avrebbe dato via volentieri metà della sua vita, per vedere di nuovo il colore brillante dei suoi occhi, le sue guance arrossate dal soffio della vita, le sue spalle che si alzavano ed abbassavano al ritmo del respiro che le riempiva i polmoni. Vederla così, incolore e ferma, innaturalmente troppo ferma, lo torturava.

-“Ma devo dirlo, altrimenti potrei dare di matto. Guardami, sto diventando uno stupido povero pazzo.”- cercò di sfiorarla, ma si rese tristemente conto di non poterlo fare.

-“Mi dispiace.”- sussurrò lei, rendendosi conto del suo turbamento.

Gli occhi di Kristoff pizzicavano, incapaci di trattenere ancora a lungo le lacrime. Da quando in qua era diventato così sentimentale? Ah, la risposta era davanti a lui…Anna.

La principessa alzò una mano, avvicinando il palmo alla sua guancia, cercando di accarezzarlo, ma come era successo a lui, rimase delusa nel costatare che non ci sarebbe riuscita.

Poi provò a fare qualcosa che avrebbe fatto volentieri da viva, una cosa che era in cima alle sua lista di cose da fare da quando aveva undici anni: baciare un principe. Certo, Kristoff non aveva un titolo e di un principe aveva ben poco, ma andava bene così.

Gli si avvicinò e chiuse gli occhi, pronta per una nuova delusione.

Kristoff capì le sue intenzioni e la lasciò fare. In effetti anche lui avrebbe voluto baciare quelle labbra instancabili, perennemente in movimento, ma temeva di sembrare inopportuno. In fondo, lei non aveva mai dato adito ad un interesse del genere.

All’inizio sentì solo qualcosa di freddo, come un alito di vento, accarezzargli la bocca, e pensò che quello era il massimo che potevano concedersi, dato la situazione irreale.

Poi però le sentì distintamente, le labbra di Anna, calde e soffici, premute contro le sue. Aprì gli occhi per la sorpresa, e la vide, con gli occhi chiusi, senza la minima distanza tra loro e pallida come un lenzuolo, ma solida, quasi avesse ancora un corpo. La strinse a sé, con l’intenzione di non lasciarla andare mai più e lei spalancò gli occhi, unica macchia di colore su quella pallida apparizione, scostandosi di poco.

-“Credo di amarti.”- le soffiò lui sulle labbra.

-“Non devi.”- fu la sua risposta, mentre abbassava lo sguardo –“Io sono morta: non si può amare a questo modo qualcuno che non respira più. Devi andare avanti, Kristoff, so che fa male, ma devi cercare di dimenticarmi, far finta che io non sia mai esistita.”-

-“Impossibile.”-

-“I venti del cambiamento soffiano forti, non danno scampo ai ripensamenti e ai rimpianti. Dovrai farlo inevitabilmente.”- sentenziò come un antico oracolo –“Io non tornerò.”

Sciolse il loro abbraccio e la porta si aprì, lasciando entrare un po’ di neve fresca: “La tempesta si sta placando, riuscirai a trovare la tua strada senza di me.”- disse osservando il cielo buio fuori, su cui pian piano cominciavano ad apparire le stelle, a lungo coperte da nuvole scure.

Si voltò di nuovo verso di lui e, se avesse avuto ancora un cuore, le si sarebbe di certo spezzato a quella vista: le lacrime avevano straripato, rigandogli il volto, facendolo assomigliare tanto ad un bambino impaurito, lasciando ben poco del montanaro scortese e duro che aveva conosciuto qualche mese prima.

Prima che quella magia, che si era avverta anche con Elsa, svanisse, lo strinse di nuovo a sé, per fargli sentire tutto il suo amore, cercando di lenire il suo dolore. Lui la tenne stretta, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.

-“Mi mancherai.”- le sussurrò tra le lacrime, mentre un singhiozzo lo scuoteva.

-“Anche tu, non sai quanto.”- sentiva la malinconia montarle dentro, ma i suoi occhi rimanevano innaturalmente asciutti.

Lo lasciò libero dalla sua presa e mosse un passo verso la porta: “Promettimi che non chiuderai di nuovo il tuo cuore al genere umano e all’amore: chissà forse quella giusta per te è proprio dietro l’angolo.”- gli sorrise, mentre lui si asciugava il viso umido –“Promettimi che andrai avanti…fallo per me.”- concluse seria.

-“Non dire sciocchezze, quella giusta è ad un passo da me, eppure è così lontana che non posso più raggiungerla.”-

Lei fece per ribattere, ma lui l’anticipò: “Te lo prometto: proverò a diventare un tipo più sociale.”- rise –“Ma per quanto riguarda la storia dell’andare avanti, non posso prometterti molto: la mente di sicuro ci riuscirà, il cuore…”- fece una smorfia –“non credo.”

Anna lo fissò intensamente, prima di voltarsi verso Sven: “Tienilo d’occhio, non lasciare che pianga per me più del necessario.”

La renna fece un verso d’assenso e le si avvicinò, leccandole la guancia.

Poi si voltò di nuovo verso di lui: “Addio.”- gli sorrise triste.

-“Non tornerai mai più, vero?”- le chiese, trattenendo il respiro, temendo la sua risposta.

-“No.”- confermò –“Ma sarò sempre qui, in qualche modo.”- cercò di spiegare.

Kristoff le sorrise, intuendo il significato delle sue parole.

-“Arrivederci, furia scatenata.”- la salutò, prima che scomparisse in un refolo di vento.

Uscì dalla porta e Sven lo seguì subito.

Alzò lo sguardo sulla volta celeste, trapuntata di stelle che occhieggiavano splendenti, mentre nel suo cuore scendeva una pace insperata. Anna aveva ragione: ecco la sua tanto agognata quiete dopo la tempesta.

 

 

 

NdA: Buonasera! Prima di tutto grazie ad Amberly_1, Anthea1000, DesertPearl, Stardust97 per aver aggiunto la storia tra le loro preferite e a giascali, Lia483 e robylovatic98 per averla annoverata tra le loro seguite. Quindi passo a commentare questo chap: allora non mi aspettavo uscisse così lungo, ma le cose da dire erano molte e poi il tema dell’addio mi è molto caro, quindi non potevo trattarlo con tanta sbrigatività. Poi dovevo dare ad Anna e Kristoff il modo giusto di salutarsi per sempre :(

Ricordo che i personaggi sono OOC, indi per cui risultano diversi dai caratteri originali.

Spero tanto che vi sia piaciuto come e più del primo (anche se non credo), che non vi abbia annoiate o fatte morire per un attacco iperglicemico e che non vi abbia scaraventate in un baratro di depressione XD Vi dico solo che mentre scrivevo ascoltavo Make you feel my love di Adele, cantata da Lea Michele, Iris dei Goo Goo Dolls e Thousand Years di Christina Perri…quindi se vi sembra tutto troppo triste e depresso è colpa di queste tre canzoni ;)

In conclusione vi ringrazio per essere arrivati fin qui e spero di ricevere vostre considerazioni (mi raccomando siate clementi, non ci andate giù troppo pesante!) XD

Ci si legge alla prossima shot *-*

   
 
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