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Autore: Gabx    29/05/2014    4 recensioni
Erin è una ragazza sui vent'anni nella Londra degli anni '50 e di mestiere fa la cameriera al piano. Viene assunta in una prestigiosa villa grazie a delle sue conoscenze. Incontrerà chi le cambierà la vita, una contessa londinese affascinante e misteriosa.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Onore e dolore
 
15 agosto 1953
 
Ero stato convocato nello studio del Conte di Blakelake. A quanto pareva c’erano delle emozionanti novità di cui voleva mettermi a conoscenza.
Mi ero preparato con estrema cura. In fondo, se si vuole far colpo sul proprio futuro suocero, è meglio presentarsi al meglio e io mi compiaccio di farlo sempre.
Prima di salire al terzo piano, dove si trovava lo studio, mi guardai allo specchio e mi sistemai leggermente la cravatta. Odiavo la sciattezza.
Alle mie spalle, riflesso nello specchio, c’era un uomo. Non lo avevo mai visto. Di sicuro quel taglio che portava, rasato ai lati, proveniva da un passato nell’esercito. Mi voltai e mi inchinai leggermente. Questo rispose nella stessa maniera. Poi si girò e tornò verso la sedia dalla quale si era apparentemente appena alzato. Forse anche lui attendeva il Conte.
Ripresi la via al terzo piano e finalmente bussai.
“Sono Michael Darrens, figlio del Conte di Dagenham.”
Dopo pochi secondi fui invitato a entrare.
Il vecchio Conte era seduto alla scrivania, preso da uno scrivere ininterrotto.
Rimasi in piedi in attesa di ordini. Solo allora alzò lo sguardo su di me e con un gesto mi fece accomodare.
“Michael, quale bella visita. Dimmi, come te la cavi in questo periodo?”mi domandò, posando la piuma d’oca da una parte.
Mi rivolse uno sguardo gentile. Sua figlia, la mia futura sposa, era morta e lui sorrideva come se non fosse successo nulla?
“Beh, senza la presenza di vostra figlia fra di noi, non molto bene. “
Lo vidi sfregarsi le mani.
“Oh ma mia figlia vive.”
Strabuzzai gli occhi. Quindi era sopravvissuta? Sarebbe stata mia? Finalmente avrei avuto il suo denaro e le sue proprietà?
 No, era uno scherzo. Non c’erano sopravvissuti.
“ E’ scesa al primo scalo. A quanto pare, l’amore l’ha salvata.”
Non ci credevo.
Lei non mi aveva mai amato e io nemmeno. Volevo solo i suoi soldi. Ma se il vecchio pensava che fosse tornata per me, perché non continuare con la recita?
Due lacrime spuntarono dai lati dei miei occhi. Non è facile piangere a comando.
Lo vidi ansioso. Bene.
“Suvvia, quello che importa è che sia a casa.”
“Posso vederla? Mi è mancata così tanto.”risposi con la voce più addolorata e allo stesso tempo felice possibile.
“Non credo sia una buona idea.”pronunciò lentamente.
“Ma io sono il suo promesso sposo! Io … “
Con una mano scacciò via le mie parole e quel gesto mi fece arrabbiare come non mai. Come osi, vecchio? Se non fosse per i tuoi soldi, non mi troverei al tuo cospetto.
“Questo è il motivo per cui ti ho fatto chiamare.”
Lo fissai interrogativo.
“Non desidera più sposarti.”
“Cosa??!”
La mia voce risuonò stridula, mista a stupore, rabbia e indignazione.
Scosse la testa.                                                                                             
“Mi dispiace, caro ragazzo. Ma come ho detto, ha trovato il suo vero amore e io chi sono per impedire il loro sogno?”
Non solo quella stronza non era morta ma era anche riuscita a trovarsi un altro spasimante. E di sicuro uno migliore, visto che il padre aveva acconsentito così in fretta alla loro unione.
“Ma le nostre famiglie avevano preso accordi! Era tutto stabilito! Come potete fare questo? Non ne avete il diritto!”
Le parole uscivano come un fiume dalla mia bocca. Un fiume in preda alla furia.
A quel punto il Conte si alzò dalla sedia con violenza. Lo sguardo più duro della roccia.
“Ne ho tutto il diritto. Mia figlia non sarà mai vostra moglie e ora fuori. Potete andare con le maniere gentili o sarò costretto a chiamare la polizia.”
Un brivido mi pervase la colonna vertebrale. Mi era sempre stato più o meno simpatico ma in quel momento non provavo che un’ irrefrenabile voglia di ucciderlo.
Chiusi i pugni e strinsi le braccia ai fianchi.
“Almeno posso sapere chi vostra figlia ha intenzione di sposare?”
“Lo avrete di sicuro incontrato. Aspettava di sotto.”
Con un altro gesto dichiarò la conversazione conclusa e non potei fare altro che uscire.
Quel militare, quella feccia, si sarebbe sposato la mia donna? Non potevo permetterlo, ne andava del mio onore. Lei era mia e di nessun altro.
Quando fui nell’ingresso, notai che l’uomo era sparito. Meglio per lui.
Me ne andai sbattendo la porta di quella maledetta villa. Non sarebbe finita così.
 
 
“Come credi l’avrà presa Michael, Erin?”le chiesi ma non rispose. Forse non mi aveva sentita.
Forse avrei dovuto dire Logan ma non riuscivo proprio ad abituarmi al suo nuovo e temporaneo aspetto. 
Era seduta vicino alla finestra a lisciarsi i pantaloni di tela nera.
Mi alzai dalla scrivania dove stavo rispondendo a tutte le lettere dei vari conti, marchesi e duchi, e mi diressi verso di lei. Da quando avevano saputo della mia insperata salvezza, comunicata a tutti da mio padre, non avevano fatto che mandare doni e lettere. Ma a quest’ultime dovevo rispondere di mio pugno. Era il minimo.
Mi lasciai cadere in braccio a lei. Senza dire una parola, mi chinai  e la baciai. Sembrava di star baciando il più dolce e rinfrescante dei frutti. Approfondii il nostro bacio e la sentii mugolare. Le piaceva quando prendevo l’iniziativa.
Portai le mie mani al colletto della sua camicia bianca e iniziai ad aprire i bottoni. Ma le sue mani raggiunsero le mie e le fermarono. Mi staccai e la guardai negli occhi.
“Come mai mi fermi?”domandai e lei sorrise. Adoravo il suo sorriso. Mi abbassai e iniziai a lasciarle dei bacetti lungo il collo.
Le sue mani andarono a stringere i miei fianchi e lentamente risalirono verso il mio volto.
Lo portò vicino al suo.
“Ti amo. Lo sai?”mi disse con voce carica di emozione. Mi accarezzava la guancia con gentilezza, come se fossi talmente fragile che mi sarei potuta rompere sotto il suo tocco.
“Lo so e io amo te. Di cosa hai paura?”le chiesi e lei diede un bacio al palmo della mia mano sinistra prima di rispondere.
“Ho paura di perderti. Non mi interessa fare un grande matrimonio o per quanto dovrò impersonare qualcuno che non sono, l’unica cosa che mi interessa, è sapere che ti ho al mio fianco. Non potrei sopravvivere se tu sparissi di  nuovo. Stavo letteralmente impazzendo. Avevo le allucinazioni.
Io non penso di aver mai amato qualcuno come amo te.”
Mi prese entrambi i palmi e posò il suo voltò nelle mie mani. Mi guardò con quegli occhi azzurri come il cielo d’estate e poi sorrise.
“Non me ne vado. Non vado da nessuna parte.”dissi semplicemente anche se non era semplice quello che avevo detto. Rimanere, combattere per chi si ama, sostenersi a vicenda, non è affatto semplice. Ma io sarei rimasta. Lei era la mia persona.
Ci abbracciammo con gentilezza e calore. Poi le rifeci la domanda su Michael.
“Sai, penso non la prenderà affatto bene. “
Non mi aspettavo una risposta diversa.
Mi posò un bacio dolce sulla testa e mi lasciai andare al tepore delle sue braccia.
 
16 agosto 1953
 
Non andava bene. Mio padre si sarebbe preoccupato a non vedermi tornare. Era molto tardi.
Avevo incontrato Samuel in un negozio e ci eravamo presi un caffè insieme, parlando dei dettagli per il matrimonio. Una cosa tira l’altra, e l’ora si era fatta tarda.
Mi strinsi nel mio golfino bianco. Benché estate, avevo sempre freddo di sera.
 Mi chinai un attimo ad aggiustarmi la gonna e poi continuai per la mia strada.
Avevo appena girato l’angolo, quando qualcuno mi venne addosso e caddi indietro sul cemento.
L’uomo che avevo davanti non si prese il disturbo di darmi una mano, anzi, quando cercai di rialzarmi la prima volta, mi gettò di nuovo in terra. Ma il peggio era che non era da solo. Due altre persone gli facevano da spalla.
“Che volete? Lasciatemi andare!”
Tentai ancora di rialzarmi e uno dei suoi mi afferrò per le braccia. Me le contorse dietro alla schiena.
Ero terrorizzata. Non riuscivo a pensare. Cosa mi avrebbero fatto? Senza che potessi impedirlo, grosse lacrime iniziarono a scendere sulle mie guance.
Mi facevano male le braccia. Sembrava quasi me le avrebbero staccate.
Provai a gridare che mi aiutassero ma al primo tentativo, un pugno mi raggiunse allo stomaco. Caddi in ginocchio. Non sentivo più nulla, non riuscivo a respirare.
Sentivo le loro mani su di me.
“Se non posso averti io, non ti avrà nessuno. Dopo questa notte sarai solo merce avariata.”
Michael.
Un urlo soffocato mi scappò.
 
Correvo a perdifiato, dimentica di essere un Conte, un uomo fra quelle persone. Mi avrebbero scoperto se continuavo a piangere. Gli uomini non piangono.
Spalancai l’ultima porta. Era lì. Lei. Ma non sembrava la solita lei. Mi avvicinai al letto.
Nella stanza c’erano solo Samuel e il padre di Louise. Alle mie spalle la porta si chiuse.
Questi due si scostarono per farmi spazio.
I capelli biondi erano andati a coprirle il volto. Stringeva le mani attorno al lenzuolo con forza, come se avesse paura che se lo avesse lasciato, sarebbe volata via.
Mi sedetti sul bordo e cercai di prenderle le mani. Ma le scostò con violenza e si allontanò da me.
“Louise, sono  io.. Erin.”
Mi guardò con calma apparente. Lacrime inondarono i suoi occhi.
“Sono io..”
Mi tolsi le false basette, il cappello, la cravatta e anche la giaccia di tela. Posai tutto al fondo del letto. Arrotolai le maniche fino al gomito e tentai di nuovo di prenderle le mani. Questa volta mi permise di prenderle.
Le strinsi gentilmente fra le mie.
“Sono qui per te. Sempre.”
Annuì piano.
Era bianca come un cencio. Se li prendevo fra le mani, li avrei uccisi.
“Cosa ti hanno fatto? Ti hanno ..?”
A questo punto si intromise Samuel. Me ne ero completamente dimenticata.
“Sono intervenuto appena in tempo. Mi ero accorto di aver preso la rivista per il matrimonio fra le mie cose. Quindi ho fatto la strada nella speranza di trovarla e di ridargliela. Quando sono arrivato in quel vicolo e li ho visti, ho gridato aiuto e li ho fatti scappare. Poi ho preso Louise e  l’ho portata qui. Ha qualche contusione ma se la caverà.. Ho fatto scappare Michael e i suoi in tempo. Mi dispiace davvero tanto.”
Non mi ero accorta di star piangendo. Scacciai via le lacrime. Gli ero debitrice.
“Grazie .. io ti devo così tanto. Non so come potrei mai ringraziarti.”
“Rendila felice. È tutto quello che mi importa.”
Detto questo, lui e il Conte uscirono nel corridoio dell’ospedale.
Tornai a guardarla. Fissava il vuoto fuori dalla finestra.
“Ti va di venire in braccio a me?”le chiesi e sorprendentemente la vidi annuire. Mi sdraiai sul letto con la schiena contro la testata e lei si rannicchiò su di me.
Rimanemmo per un po’ in silenzio.
Poi parlò ma sembrava fare fatica nel pronunciare quelle parole.
“Sono arrivati di colpo. Non li ho sentiti … ho provato a fermarli, a fermare Michael. Ma mi hanno bloccata e poi mi hanno picchiata. Stavano quasi per … stavano quasi per .. se non fosse arrivato Samuel.”
Mi sentivo così in colpa. Se fossi stata con lei, tutto questo non sarebbe successo. L’avrei protetta. E invece non avevo potuto. Ero a provare la parte che avrei dovuto pronunciare al matrimonio.
“Mi dispiace, amore. Dio, dovevo venire con te!! Dovevo rimanere al tuo fianco tutto il tempo. Mi dispiace. Sapevo che non l’aveva presa bene ma non pensavo sarebbe arrivato a questo!!”
“Non sono io che dovrei avere costante protezione ma lui che dovrebbe smetterla di considerarmi come sua proprietà. Ho avuto così tanta paura.”
Mentre lo diceva, aveva nascosto il viso nell’incavo del mio collo.
“Hai ragione. Ora vado, lo picchio e lo ammazzo.”
Scosse la testa e tornò a stringermi le mani.
“Se lo denunciassimo, la polizia potrebbe voler parlare con te e scoprirebbero chi sei. Amore, lasciamo perdere. Voglio solo dimenticare e andare avanti con la nostra vita.”
“Niente polizia, va bene. Ma se lo pesco da solo, lo ammazzo.”
“Lo so che mi proteggeresti da tutto. Quindi, quando sono con te non mi preoccupo.”
Continuammo ad abbracciarci ancora per un po’, fino a quando non si addormentò. Allora la adagiai sul letto e poi mi sedetti su una sedia vicino a lei.
Vegliai il suo sonno fino al mattino. 
  
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