5.
Morrigan. La bestia parla
Demone
caduto con gli occhi che fendono l'ultima mia
essenza umana, con l'assenza disumana della pretesa. Voglia vermiglia e
nera
colpa, un nuovo buio che crei. Con la coda di topo in trappola tra le
feritoie
delle tue mani che si dischiudono a brandirmi e percuotermi la
coscienza senza
criterio. Abbeverami alla fonte battesimale.
“Beh,
tutto questo è piuttosto interessante.”
“È
inutile. Come può aiutarci sapere ciò che
è accaduto mesi fa a trovarlo adesso?”
“Ti
sfugge il punto Raven.” Il demone si allontanò
dalla finestra, dopo essersi
assicurato che non ci fossero presenze sgradevoli. “Le
informazioni, di
qualsiasi tipo, possono rivelarsi un’ arma.”
Andò invece ad appoggiarsi allo
schienale di una sedia dall’ aspetto scomodo. “Cosa
abbiamo scoperto da questa
piacevole storiella? Innanzitutto che Veiler era umano,
l’avresti mai detto? Io
no. Poi possiamo presupporre che la ragazzina qui presente non ci stia
dicendo
tutto e che possegga altre informazioni, utili o meno, ma comunque
altre
potenziali armi.” Dicendo questo spostò lo sguardo
sulla ragazza che
rabbrividì, tentando di non darlo a vedere, mentre sul volto
del rosso si
allungava uno strano sorriso.
“Stai
prendendo questa storia troppo sul serio.” Ancora sorridendo
il demone spostò
lo sguardo sul Cacciatore, poi sul corvo, che come attirato dal suo
sguardo si
sollevò in volo e si posò su uno dei suoi corni.
“Continua
a pensarla come vuoi, ma finché sarai un Cacciatore dovrai
fare quello che ti
dico io.” Sentendo queste parole Raven non riuscì
a fare a meno di lanciargli
un’occhiataccia, alla quale però il demone rispose
con un sorriso. “Quindi non
pensare che solo perché ti abbia lasciato più
libertà per questa missione tu
possa comportarti in maniera sconsiderata.”
“Non è
di questo che stiamo parlando.” Nella sua voce
c’era una nota di rabbia
trattenuta.
“Hai
ragione, ma non c’è altro da dire,
quindi...”
“Non
sono il tuo burattino.” Levò i suoi occhi sul
demone, mentre la rabbia iniziava
a montargli dentro.
“Ah,
davvero? Eppure lo sei sempre strato e ancora adesso non stai dando
segno di
non voler seguir i miei ordini, o sbaglio?” Mise le mani ai
fianchi,
avvicinandosi di un passo al Cacciatore che si era appena alzato.
“Ordini?”
“Esattamente,
sai bene chi comanda.”
“Ah, è
così quindi? Non si tratta più di un dare per
avere, di aiuti reciproci?”
“Esatto,
non si tratta più di questo perché dobbiamo
muoverci, e il tuo piagnucolare non
ci aiuta. E se credi che ci sia qualcuno libero di fare ciò
che vuole beh, ti
sbagli, quindi rassegnati ragazzino.” La sua voce era
diventata un ringhio, una
miscela di rabbia e frustrazione, forse impazienza, che gli faceva
brillare gli
occhi di una luce sinistra.
“Ti sfugge
il punto Valentine. Io sono un’eccezione.” Sul
volto del demone si dipinse una
nuova espressione. No, non l’aveva dimenticato, semplicemente
gli aveva dato
poca importanza. Il fatto che su di lui il destino faceva presa, quel
caso che
lo rendeva libero come un corvo nel cielo grigio, libero di scegliere
su quale
lapide posarsi e di banchettare con ciò che desiderava.
Quindi
in pochi istanti lo vide impugnare la pistola e puntarla verso la
ragazza che
era rimastra tremante sul letto. Con la rapidità che
apparteneva solo ai demoni
Valentine si lanciò contro la traiettoria del proiettile, ma
quando sparò non
avvertì il dolore lacerare la sua carne, si rese vagamente
conto del corvo che
scontrava il suo ventre, lasciando una macchia di sangue sul suo
cappotto prima
di finire a terra.
Un lieve
sollievo distese le sue labbra e istintivamente voltò la
testa verso la ragazza
che alla vista della sua strana espressione arretrò andando
a schiacciarsi
contro il muro, gli occhi lucidi e i muscoli contratti per la paura.
“Non ha
fatto altro che ostacolarmi questo tuo stupido corvo.”
“Lo sai
che non è più mio.” Spostò
lo sguardo sulla macchia nera ai suoi piedi che
iniziava ad agitarsi nel tentativo di rimettersi dritto sulle zampe,
mentre con
il becco andava a cercare il proiettile nella carne lacerata.
“Adesso vediamo
di darci una calmata e di riflettere un attimo.”
Eris
aveva cominciato a tremare, anche se sospettava di non aver mai smesso
da
quando aveva visto per la prima volta il Cacciatore. Il cuore che
batteva con
forza contro la sua gabbia toracica smorzava il silenzio e nonostante
tutta la
forza che ci potesse mettere non riusciva a rendere il proprio respiro
meno
affannoso e pesante.
Le
importava poco di sapere in quale assurda situazione si fosse cacciata,
voleva
solo trovare un modo per uscirne e tornare a vivere la sua noiosa e
semplice
vita. Demoni, Cacciatori, cosa c’entrava lei?
“Io davvero non so
altro.” Disse con voce
tremante dopo qualche attimo di silenzio. Il demone era seduto in fondo
al
letto e le dava la schiena, il cacciatore si stava fumando la seconda
sigaretta
e per la ragazza l’aria iniziava a diventare irrespirabile.
Con
quell’affermazione non aveva di certo sperato di levarsi da
quella situazione
ma di almeno provocare un minimo di reazione in uno dei due, visto che
dopo
quegli ultimi fatti nessuno aveva più detto una parola,
neanche il corvo che,
dopo essersi rimesso in piedi, si era posato sul davanzale e non aveva
più
fatto un suono.
“Sto
pensando ragazzina.” Come si era aspettata fu il demone a
parlare, per poi
voltare appena la testa verso di lei. “Comunque sarebbe
improbabile il
contrario, sempre che tutto quello che ci hai detto sia
vero.” Si mise in
piedi, attirando l’attenzione di Raven.
“Hai
concluso qualcosa?” Spense la sigaretta sul tavolo, lasciando
una macchia di
cenere sul legno scuro.
“Innanzitutto
tu devi riposare, un corpo sano e una mente stanca sono una pessima
combinazione.” Nonostante il consiglio del demone il
cacciatore sembrò
ignorarlo. “Perché non mi dici cosa ne pensi tu,
innanzitutto?” Raven sapeva
bene che il demone era solito raccogliere quante più
informazioni poteva prima
di giungere a una qualsiasi conclusione.
“Non può
essere stato un umano.” Rispose con voce stanca. Non che ci
avesse ragionato
molto in quel’ arco di tempo appena trascorso.
“Lo era,
e ne sono certa!” I due si voltarono verso la ragazza,
osservandola come uno
strano prodigio, una presenza magicamente apparsa in quella stanza.
“Ne è
certa, quindi dobbiamo considerare un altro elemento.
Cos’è che può cambiare la
natura di un essere vivente?” Eccolo, il ragionamento che si
era delineato
nella sua mente in quei minuti iniziare a serpeggiare nella mente
altrui.
“Non può
essere.”
“A
quanto pare invece si, è l’ unica
spiegazione.”
“Vuoi
davvero prendere in considerazione la pietra filosofale?”
Eppure, nonostante lo
scetticismo, neanche Raven poteva trovare una spiegazione migliore.
“Cosa ci
sarebbe di strano a questo punto? L’unica spiegazione
plausibile è che sia
riuscito a impossessarsi della pietra.”
“Ma
perché lo cercate?” Aveva iniziato a calmarsi e,
insieme alla profonda
stanchezza, un po’ di curiosità si stava infilando
nella sua mente, orami c’era
dentro fino al collo, si disse, perché non infilarci anche
la testa?
“Ordini
dall’alto. Comunque è interesse comune fermarlo, o
preferiresti che l’assassino
di tua sorella di chi sa quante altre persone resti
impunito?” A quel punto
intuì stancamente che forse, forse,
il cacciatore e il demone non fossero un pericolo per lei.
“Non sto
dicendo questo, ero solo curiosa.” Si strofinò gli
occhi, iniziava a faticare a
tenere gli occhi aperti.
“Quindi
non ci resta che muoverci.” Concluse Valentine nella cui
mente iniziava a
delinearsi una mappa accurata di movimenti per nuove ricerche.
“Per
dove?”
“Conosci
l’antico culto di Izalith, Raven?”
“So che
è estinto.”
“Già,
sarebbe bello se lo fosse. Sai, si dice che sia stata lei, la Serpe
Bianca, che
donando il suo sangue a voi umani abbia creato la pietra
filosofale.”
“Ho
capito. Avremmo parecchia strada da fare, ma almeno ci toglieremo dalle
città.”
“Ehi, io
prima ero serio dicendo che dovresti riposare, ma se riusciamo a
partire subito
è meglio.”
“Non è
un problema per me.” Fece
un cenno
del capo verso ciò che era alle spalle del demone e quando
questo si voltò fu
quasi sorpreso di vedere la ragazza con gli occhi chiusi, crollata in
un sonno
pensante. Sospirò.
“Prendiamoci
questa notte, poi cercheremo di fermarci il meno possibile.
Sarà stancante, ma
la fine sarà una grandiosa rivelazione.”
Stava
ad osservarla nello spazio ristretto e sporco della carrozza,
chiedendosi se
ciò che aveva davanti agli occhi si trattasse di uno scherzo
della natura o
semplicemente di una macchinazione più o meno divina nata al
solo scopo di
infastidirlo e nuocere ai suoi piani.
Non
che
ci fosse qualcosa di divino nella prole di un umano e un demone, si
disse,
eppure era risaputo che tale unione era letale e impossibile,
poiché la natura
differente dei genitori generava solo un piccolo corpo morto. E allora
cosa?
Di
cosa
si trattava lei esattamente? Cos’era stata quella furia che
le aveva colorato
gli occhi di nero e reso le unghie come artigli in grado di lacerare
con
estrema facilità la sua pelle? Cosa aveva osservato
esattamente quando aveva
visto la rabbia e il nero defluire lentamente dal suo volto, donandole
quell’
espressione sofferente e indifesa che aveva tutt’ora,
rannicchiata
scompostamente sul sedile di fronte a sussurrare a fior di labbra mezze
parole
e frasi incomprensibili?
La
vedeva socchiudere le palpebre tremanti, e allora cercava di capire di
che
colore fossero i suoi occhi, a chi appartenessero.
“Lo vedi?”
“Cosa?”
“Lui.”
“Chi?”
“L’umano che non può
morire, che non
siamo riuscite ad uccidere.”
Lentamente
nella sua mente si delineò un viso affilato, pallido e
contornato da capelli
del colore del grano secco, gli occhi dello stesso colore.
“Chi è
lui?”
“Una preda pericolosa, la nostra.”
“È
pericolosa.”
“Sì. Ricordi il mio nome?”
“Morrigan.”
Senza esitazione.
“E Morrigan può tutto.”
Un
fremito, una contrazione involontaria dei muscoli, i vincoli che si
indeboliscono sempre di più e una forza pressante che
cresceva dentro di lei e
smaniava per uscire.
Zaara si
sentiva sempre più debole, la volontà che scemava
lentamente, poi una nuova
forza, una nuova guida.
“Bravissima
bambina.” Anche il timore iniziò a scemare, la
paura di se stessi cadde nei
recessi più profondi della sua anima. Ma era sicura di
quello che stava
facendo?
Cosa stava facendo?
“Lasciati
guidare.” Gli occhi si aprirono, scintille nere che
colorarono velocemente
l’azzurro e il bianco, un movimento davanti a lei, una
macchia nera, veloce.
“Lasciati
sopraffare dalla furia.” E lei doveva essere più
veloce, più veloce dell’uomo
dei fili. Più veloce dell’
umano che non
può morire. Ma allora perché?
Un dolore
sordo alla testa, la vista che si annebbia e si schiarisce, una mano
fredda che
stringe con forza il suo capo, non ha il tempo di gridare, solo di
osservare la
pioggia rigare il vetro della finestra prima di venire scaraventata
contro
questa; vetri rotti le graffiarono il volto, pioggia gelida sulle sue
gote e un
dolore lancinante al collo. Poi il calore, la stessa sensazione
fastidiosa di
poco prima. Affogava, il sangue la stava soffocando, uscendo copioso
dallo
squarcio sulla sua gola.
“Vieni
da me piccola.”
“…
perché?”
“Perché sei morta.”
“No.”
“Si.”
La
carrozza si era fermata, la pioggia no.
Ma
avevano raggiunto la loro meta; un tempio in rovina privo di colori e
con
piante rampicanti violacee ad avvolgerlo quasi interamente.
“Ma che
diavolo stai facendo?” Ayn scese velocemente quasi lanciando
le briglie dei
cavalli e corse verso il corpo della ragazza; una grossa macchia rossa
stava
colorando l’erba alta, gli occhi ancora come pozzi neri a
fissare la pioggia,
vuoti.
“Mi ha
stufato.” Ayn spostò lo sguardo sconcertato
sull’altro, rischiava di mandare
tutto all’aria. Anzi, era sempre più certo che
l’avesse già fatto.
“L’hai
uccisa!”
“Non
morirà per così poco.”
“Scherzi?
L’hai sgozzata! È tanto se ha ancora la testa
attaccata al resto del corpo.”
“Ayn.”
Il tono gelido, come una brezza ghiacciata a sfiorargli la schiena.
“Cosa?!”
“Non
vuoi fare la sua stessa fine vero?” Deglutì
rumorosamente, tentando di darsi un
contegno, le mani che passavano tra i capelli fradici tremavano. Non
è che
avesse paura di lui, non più del solito almeno, era che non
riusciva a trovare
una soluzione a una situazione che stava diventando sempre
più disastrosa.
“No, ma
se devo essere sincero non vedo come questo”
Indicò la ragazza a terra. “possa
essere d’aiuto.”
“Senti
ancora la pietra?”
“Si.”
“Allora
non c’è nulla di cui preoccuparsi.”
“La
tua rabbia sale.”
“Si.”
“Sei morta, bambina.”
“Credo
di si.”
“Pregami, bambina.”
“Smettila
di chiamarmi così.”
“Sono la tua
vita, pregami.”
“La mia
vita.”
Memoria,
ricordo.
Persi.
Agglomerati.
Nulla. La
confusione totale.
L'istinto
che prepotente ritornava a galla, in
tutta la sua grandiosità.
L'aveva
riavvicinato quando Morrigan s'era
impossessata completamente di lei.
L'aveva
riacquistato con lentezza mentre tutto
sfumava. Mentre la sua vita finiva. No, cambiava. Quando lei non era
più Zaara,
non era più umana: era solo demone.
“Io voglio
vivere.”
“Sì.”
“Allora proteggimi. Lasciami in pace. Lascia che
io trovi il modo di vendicarci, e ci vendicheremo.”
“Hai i miei servigi, bambina
mia.”
“Ha ragione.” I due si voltarono nel sentire una
nuova voce provenire dal cortile del tempio; la figura di una donna
snella si
stagliava tra l’erba alta; la pioggia le bagnava i
lunghissimi capelli neri e
la pelle nivea che gli abiti succinti non riuscivano a coprire.
“Non morirà per
così poco.” Si avvicinò ai due con un
rumore di sonagli e perline osservando il
corpo riverso a terra; gli occhi fissi che guardavano ostinatamente il
cielo,
gli arti aperti in maniera scomposta, una macchia di sangue che
colorava l’erba
e una grossa scheggia di vetro ancora conficcata nel suo collo.
“Safin, è un piacere rivederti.” Una
voce fredda
distolse la sua attenzione da quel macabro capolavoro. “Non
sei cambiata per
niente.”
“Fare il
bagno nel sangue delle vergini mi mantiene giovane” Sorrise.
“Ne è passato di
tempo Veiler, anche per me è un piacere.”
In
ritardo? Chi io? Hahahah!
Si,
scusate tantissimo, non ho giustificazioni,
ma almeno vi ho postato qui un capitolo che io trovo interessante; con
l’arrivo
di quello che è uno dei miei personaggi preferiti, Valentine
sarà molto
importante come personaggio, perché senza di lui il caro
Raven non saprebbe
dove sbattere la testa.
E
ora ditemi, quanti di voi avevano già fatto lo
scontatissimo collegamento con Veiler e il caro amico sanguinario
conosciuto in
carrozza? Si, è proprio lui.
Quindi
dopo questa
””””””grandiosa”””””””
rivelazione la prima parte della storia si chiude, il grande prologo
è concluso
e si può passare alle faccende più serie.
E
sto omettendo di proposito di parlare di Zaara
perché tutto quello che la riguarda va scoperto pian paino :)
Detto
questo ringrazio tutti quelli che leggono e
che seguono, chiedendovi se vi va di lasciare un piccolo parere per
aumentare
la mia autostima.
A
presto :)