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Autore: luckily_mellark    03/06/2014    3 recensioni
Katniss è rimasta da sola, dopo la morte del padre la sua vita è lotta tra dolore e incubi. Due sole cose la rendono felice, il suo migliore e inseparabile amico, e il suo Arco. Ma qualcosa sta per cambiare irrimediabilmente. Riusciranno degli occhi azzurri e limpidi come l’acqua a spegnere il fuoco che in lei brucia?
In un altro mondo dove la ribellione e la guerra della trilogia sono stati sostituiti da amicizia, sport e sentimenti gli eroi di Panem, ancora ragazzi, si troveranno alle prese con l’inevitabile Amore con la A maiuscola.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Peeta ti prego” piagnucolo, bagnando con le mie lacrime la manica della sua camicia, l'altra, noto con disgusto, è colorata di rosso cremisi: sangue.

Peeta” supplico, al corpo inerme del mio ragazzo “resta con me”

tremo come mai prima d'ora.

Un uomo, dietro di me, si schiarisce la voce.

buongiorno signorina Everdeen” mi volto di scatto, perchè qui, nessuno mi conosce.

Ma quella faccia,anche nascosta nell'ombra del viottolo, la riconoscerei tra tutte. La barba decorata, tagliata finemente per creare i disegni più disparati non può che appartenere all'uomo che ho visto solo un paio di volte, al capostratega, Seneca Crane.

Il sangue mi si gela nelle vene.

signorina Everdeen. Quale piacere è vederla” sorride soddisfatto, guardando prima me, poi l'opera che i suoi scagnozzi hanno sapientemente operato sul mio ragazzo.

io e lei, abbiamo una cosa molto importante di cui parlare”

 

 

 

Deglutisco a fatica cercando di sovrastare l'enorme nodo che mi si è appena formato in gola.

Cosa può volere Seneca Crane da me? Come fa a conoscere il mio nome? Non ci siamo mai nemmeno presentati.

Il brivido che mi scuote da capo a piedi è talmente intenso che mi si potrebbe veder tremare a chilometri di distanza.

Si muove a passi lenti verso di me, tendendomi una mano per aiutarmi a mettermi in piedi. Peeta, ancora privo di sensi, continua a perdere sangue e trema leggermente.

Mi alzo, tenendo gli occhi ben piantati in quelli dello stratega la cui barba oggi, non mi fa poi così tanto ridere, rifiuto la sua offerta di aiuto: dopo quello che è appena successo, non voglio nemmeno sfiorarlo.

Taccio, aspettando che continui a parlare lui

“ho una richiesta da farle, signorina Everdeen. E so che non mi deluderà.”

la voce, il suo tono piatto e monotono intervallato da strambi e inquietanti sorrisi compiaciuti, mi costringe ad annuire

“vorrei che lei convincesse il suo amico a ritirarsi dalla Quarter Quell. Non voglio perdermi in convenevoli e non voglio mentirle sulle conseguenze della sua scelta. Sono sicuro, signorina Everdeen, che lei sappia già a cosa porterebbe un suo rifiuto o un suo fallimento, e sono convinto anche che lei non voglia nemmeno che tutto ciò accada.”

oh posso immaginare cosa stia tramando. Picchiare me? Eliminare Peeta, Effie, Haymitch? Uccidere me? Facile da capire,e ovviamente io non lo vorrei mai. Non mi interessa quello che potrebbe fare a me, mi importa quello che potrebbe accadere agli altri per colpa mia. Per quanto sia buffo, io e Crane, vogliamo la stessa cosa.

“lo posso immaginare” dico, alzando il mento, portando i miei occhi a livello dei suoi.

“i giochi si basano su un sistema fragile, e non posso permettere che questo venga compromesso.” continua, e le parole mi escono dalla bocca prima ancora che abbia avuto davvero il tempo di pensarle

“dev'essere un sistema estremamente fragile, se può essere messo in pericolo da un ragazzo alle prime armi, non crede?” mi pento immediatamente della mia irriverenza, perchè tutto quello che dico, potrà essere usato contro di me, contro di noi.

Mi guarda storto, il capo leggermente piegato verso destra, sull'occhio sinistro, la luce proveniente dai lampioni della strada principale, crea strani giochi di ombre.

“è un equilibrio fragile, si, ma non nel modo in cui crede lei. Ed è proprio per questo che non posso permettere che un ragazzino alla sua prima esperienza possa compromettere i giochi con la sua spropositata fortuna del principiante, accompagnato da una strana combriccola di disadattati. I giochi sono qualcosa di serio, qualcosa che dura da generazioni e non sarà con me verranno ridicolizzati. Confido nel suo buon senso, signorina Everdeen. Convinca il signor Mellark a ritirarsi di sua spontanea volontà, lo convinca ad ammettere di non essere abbastanza forte per questi giochi e non gli sarà torto un capello. Andatevene da questo posto, e andrà tutto bene”

Peeta non è così debole penso, non così impreparato per partecipare. È già più forte di molti concorrenti più anziani, lo ha ampiamente dimostrato, ma allora perchè non può partecipare? Perchè il capo stratega stesso, non lo vuole tra i piedi?

Poi, l'idea, mi balena in testa, come se fosse già realtà. So di aver ragione.

“voi avete paura di lui.”

i suoi occhi spalancati, il rossore sulle guance diafane, mi convince che sia proprio così

“lei ha paura che i suoi migliori campioni siano sconfitti da un ventunenne sottopeso. Lei ha paura di ridicolizzare se stesso, non i giochi. Non vuole dare speranza anche ad altri come Peeta. Vuole che la Quarter Quell resti l'opportunità di pochi corrotti e ipocriti.”

quando mi volta le spalle e se ne va, so di aver colpito nel segno. So quello che Seneca Crane non vorrebbe che nessuno sapesse. Peeta Mellark sta diventando un faro di speranza per tutti coloro che non si credono abbastanza, per tutti i sottomessi di quei bestioni che partecipano ai giochi.

“confido in lei signorina Everdeen. Lo convinca a ritirarsi.” sale sull'auto, lasciandomi con il cuore a mille sul piccolo viottolo buio.

Prima di partire però, abbassa il finestrino, e con voce atona, senza guardarmi come io invece sto facendo con lui parla

“so dei suoi allenamenti. So della vostra relazione. Posso eliminarvi dal giro quando voglio. Non faccia brutti scherzi, sono stato chiaro? Questa conversazione tra noi due, non è mai esistita. Glielo ripeto, mi fido di lei, faccia come le ho detto.”

il SUV sgomma, abbandonandomi nella penombra.

Questa conversazione non è mai esistita

non posso parlare con nessuno, sa come trovarmi, sa di noi due, di me e Peeta, della nostra relazione. Cosa vuol dire? Semplice, colpisce me, colpisce lui.

So dei suoi allenamenti

sono vietati, vanno contro il regolamento. Potrebbe squalificarlo quando vuole, ma pretende sia lui a ritirarsi. Qualcosa allora gli impedisce di farlo. E l'unica cosa che impedisce ad uno stratega di eliminare un concorrente è il pubblico, e questa è l'ulteriore prova che ho ragione. Peeta piace al pubblico. Se Seneca lo eliminasse perderebbe molti ascolti e quindi il posto di CapoStratega: l'unica soluzione per lui, è che Peeta si ritiri spontaneamente, e per questo servo io, per convincerlo di non essere abbastanza forte.

Se fallisco verrà fatto del male al mio ragazzo in ogni caso, se riesco a convincerlo, forse salverò lui, ma non la sua autostima, ne la mia mente che sarà accecata dai sensi di colpa.

 

Voglio salvarlo, ma non so che fare.

Vorrei urlare, scapitare, dimenarmi per contrastare l'enorme macigno che questa nuova responsabilità mi ha messo sulle spalle e sul cuore.

 

La vita di Peeta,

La vita di tutti noi,

Dipende da me.

 

E io non posso fallire.

 

 

 

Il rumore dei passi nel vicolo è come un detonatore per le mie lacrime e per le mie urla.

“Katniss che è successo?” Haymitch mi è affianco immediatamente, il singhiozzo di Effie fa eco ai miei.

Il corpo di Peeta, riverso su un fianco ha smesso di tremare e ha acquistato uno strano colorito emaciato, sull'occhio sinistro sta già comparendo un livido violaceo.

“erano in tre” prendo fiato, cercando di spiegare, con le poche parole che ho a disposizione, quello che è successo senza rivelare nulla. È come tentare di uscire da un labirinto bendati e con le mani legate, tutto porta alla Quarter Quell.

L'ultimo regalo di Seneca Crane, mettermi in difficoltà anche con i miei amici.

“e sono scesi dalla macchina, sapevano dove trovarci.” ansimo

“ho cercato di fermarli ma mi hanno colpito, e lui” indico Peeta, accorgendomi solo ora del bruciore allo zigomo

“non ce l'ha fatta a difendersi. Erano tre contro uno e io non sapevo cosa fare” piagnucolo coprendomi gli occhi con le mani, scivolando con la schiena al muro a terra, affianco al mio ragazzo.

“va tutto bene tesoro, ora ci siamo noi qui” Effie mi abbraccia, mettendo momentaneamente da parte le sue paure per far fronte alle mie.

“dobbiamo portarlo via di qui, dobbiamo portarlo a casa. Ora”

e come solo qualche mese fa dopo gli Hunger Games, nella sua cantina, Haymitch mette su quell'espressione seria, di chi, forse, ha già capito cosa è successo.

Non ho mai sperato qualcosa così tanto. Spero che abbia compreso quello che è appena avvenuto senza bisogno che fossi io a dirglielo apertamente, senza bisogno che sia io ad infrangere il terribile patto che ho silenziosamente stretto con il nostro peggior nemico, Seneca Crane.

Il rantolo di Peeta mi riporta alla realtà giusto in tempo per assistere al conato di vomito che lo fa tremare e che lo priva delle poche energie rimastegli. La fronte imperlata di sudore, i tremori dovuti allo sforzo di eliminare dal corpo ogni fonte di energie possibile, fanno sembrare il biondo una creatura ancora più fragile di quanto non sia in realtà.

“Katniss, vai dal proprietario del ristorante a chiedere dell'acqua e zucchero, io intanto lo metto in macchina. Svelta”

eseguo gli ordini del mio padrino con la meccanicità di un automa, e quando sono di ritorno con la bevanda, faccio appena in tempo a salire in macchina che siamo già partiti, diretti verso l'appartamento.

 

 

 

 

Quando posano il corpo sfinito sul letto, dopo le estenuanti scale che gli hanno provocato solo continui gemiti soffocati di dolore, è evidente quanto le ferite siano importanti. I lividi che a poco a poco si stanno formando sul corpo del ragazzo coesistono in una macabra e perfetta simbiosi con il gonfiore e la tumefazione. Non so, e forse non voglio nemmeno saperlo, se queste sono state le stesse condizioni in cui cinque anni fa lo hanno riportato a casa dopo avermi salvato da quei bulli. Forse questa volta non l'avrà fatto per me, ma mi sento responsabile lo stesso, allo stesso identico modo. Vedere il sangue ormai secco sul suo mento, il labbro rotto, la palpebra calante che gli tiene l'occhio chiuso in una ferrea morsa amplifica i miei sensi di colpa all'inverosimile. Se io non fossi stata la, Peeta ora non sarebbe in queste condizioni. O si ? Io non credo. Seneca voleva parlare con me, non con lui.

Lo spogliamo della camicia, e lui geme sommessamente, perchè anche nel dolore non vuole farci preoccupare più di tanto.

È cosciente e mi accarezza la mano, mentre me ne sto seduta accanto a lui, con la sua testa appoggiata in grembo scompigliandogli i capelli umidi di sudore e dalla pezza bagnata che gli ho posato sul capo poco fa in macchina

“ehi, come stai?” sussurro, per distrarlo da quello che Haymitch sta per fare, e lui mi guarda, ma arriccia il naso all'odore di alcool e digrigna i denti al bruciore della sostanza sulle ferite.

“ahi” ridacchia dopo, e le lacrime pungono dietro i miei occhi, perchè se non sono stata in grado di distrarlo da questo, come posso essere capace di portare a termine un compito tanto arduo come dissuaderlo dal farsi letteralmente ammazzare in quell'arena?

“sono stato decisamente meglio” mi guarda, con quell'azzurro ceruleo che non è stato minimamente scalfito dalla violenza della serata.

Continuo ad accarezzagli i capelli, auscultando il battito del suo cuore con la mano sul suo petto. Con la coda dell'occhio, mi accorgo quasi distrattamente di quello che il mentore sta facendo: con il filo spesso passato nella cruna di un ago, mi fa cenno di distrarre nuovamente Peeta. I miei occhi cadono sulla profonda ferita sul braccio che, nonostante io ne sappia davvero poco a differenza di mia madre, capisco avere bisogno di punti. E noi, in ospedale, non possiamo portarcelo.

E prima ancora che l'ago tocchi la pelle chiara del biondo mi chino a baciarlo, costringendolo a rispondere ai miei gesti con foga, con desiderio ed interesse. E mi morde il labbro inferiore facendolo sanguinare quando l'ago penetra nella sua carne, così come la mia lingua invade la sua bocca, distogliendolo dal dolore, una, due, sei volte, tante quante i punti di sutura improvvisati. Il rumore del filo che stride, passando nei fori che la punta ha appena aperto nella carne mi fa accapponare la pelle. E per quanto sia forte lui, sento le sue lacrime bagnarmi il viso.

Mi stacco da lui solo quando sono assolutamente certa che la ferita sia stata chiusa e l'ago rimosso.

 

“ora non tirare il muscolo, ho imparato a mettere i punti quando facevo il servizio di leva militare. Non sono un dottore, accontentati ragazzo.” Haymitch sbuffa e nella bacinella di metallo sul comodino getta il filo tagliato e del cotone imbevuto di disinfettante, poi gli da fuoco.

Peeta grugnisce guardandosi il bicipite ferito, osservando gli incroci di filo obliqui e non perfettamente allineati, a tratti tremolanti.

“bel lavoro Dolcezza” il mio padrino mi sorride, alzando il pollice all'insù e non sono completamente sicura che si riferisca solo al bacio di poco fa.

“già bel lavoro Dolcezza” lo scimmiotta Peeta, prima di passarmi una garza e una fascia e porgermi il braccio.

“tu come stai Kat?” domanda, mentre io srotolo con calma il tessuto bianco sulla sua pelle, attenta a non fargli male, o meglio, attenta a non peggiorare la situazione.

“un po' ammaccata, ma di sicuro sto meglio di te” ammetto, quasi ridendo.

Effie entra in camera facendo risuonare i tacchi a spillo su pavimento, tenendo tra le mani una ciotola piena di una pasta fatta di foglie, crema ed essenze. Dal colore verde smeraldo e dall'intenso profumo di salvia e timo capisco che quella sostanza pastosa serve per accelerare il processo di guarigione degli ematomi: ogni tanto, anche la mamma la usava su di me e Prim per non farci ingerire troppe medicine.

 

 

A lavoro ultimato, guardare Peeta è come guardare un alieno venuto da un'altra dimensione. Gli occhi cerchiati della melma verde, così come i fianchi e le costole lo rendono buffo ed inquietante allo stesso tempo.

“Sai ragazzo, sono davvero preoccupato per te” il mentore si passa una mano tra i capelli e sospira, guardando il corpo seminudo del mio ragazzo

“ho il vago sospetto che ti abbiano appena incrinato la stessa costola, già provata, di qualche mese fa. E se tra qualche giorno, il gonfiore non passa, io ti porto in ospedale. Che tu lo voglia o no”

 

   
 
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