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Autore: HamletRedDiablo    03/06/2014    5 recensioni
Al primo anno di Hogwarts, Albus Severus Potter aveva sperato in una tranquilla vita scolastica.
Al quarto anno, la sua utopia si era incrinata. Al settimo, era crollata definitivamente.
Ognuno sarà chiamato a combattere per evitare il definitivo crollo dei pilastri del mondo magico. Chi per riscattare il nome del casato, chi per non disonorare la famiglia, chi per dare prova del proprio coraggio: mille bacchette si leveranno sotto un unico simbolo.
Tuttavia...
"Non era necessario cercare nemici epocali per finire invischiati in un mare di guai. Bastava innamorarsi."
[AlbusScorpius, RoseNuovoPersonaggio]
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione, Da Epilogo alternativo
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3

Nuovi Inizi

 

«Sto per morire.»

«Coraggio, Macauley. So che ce la puoi fare.»

«Scorpius Malfoy, abbiamo passato sei anni a Hogwarts insieme, incollati ogni santo giorno. Esattamente, cosa nel nostro passato comune ti fa pensare che io possa sopportarlo

Scoprius si esibì nel suo migliore sorriso di circostanza per mascherare gli squittii isterici del suo amico e le sue repliche fredde.

«Macauley, se non collabori, finirai ammazzato da un mago oscuro. E sarà mia premura farti finire nel loculo più dimenticato e sporco di tutto il cimitero» sibilò.

«Esiste un girone all’inferno per quelli come te, Scorpius Malfoy» ringhiò Macauley.

Haru non aveva perso tempo: li aveva portati in una delle sedi della sua misteriosa associazione. Avevano infranto il coprifuoco, ma la Eeriemay aveva assicurato protezione: nessuno, nemmeno il vecchio guardiano rompiscatole, avrebbe notato la loro piccola fuga.

Haru li aveva scortati nel bosco, fino a fermarsi di fronte a un’enorme quercia. Si stavano chiedendo quale fosse lo scopo nell’averli condotti fino a lì quando le radici della quercia si appallottolarono, formando una graziosa porticina di legno, da cui erano entrarono.

L’interno dell’albero ricordava la taverna di un cacciatore di montagna: pesanti tappeti erano appoggiati sullo spesso parquet di faggio, un rustico caminetto scoppiettava a lato e una credenza piena di bottiglie che non dovevano contenere succo di zucca torreggiava in fondo alla stanza. Quattro persone li attendevano, impegnate nelle attività più disparate: due gemelli dai cappelli rossi stavano completando un disegno, una riga a testa in rapida successione come se i loro cervelli fossero collegati; Dallas, il cugino di Albus, li salutò festante mentre preparava un vassoio colmo di bicchieri; un veterano con la polvere di mille battaglie arpionata alla pelle e ai vestiti sgracchiò sonoramente per accoglierli.

«Benvenuti ad Avalon» annunciò Dallas, facendo passare il vassoio.

«Avalon?» gli fece eco Rose.

«È il nome della nostra società» confermò il ragazzo. Bevve un sorso dal suo bicchiere e continuò: «Almeno, di questo ramo della società.»

«Ce ne sono altri?» esacerbò Macauley, la voce acuita da una punta di isteria. I suoi occhi non avevano abbandonato per un solo istante la camicia lercia del veterano.

«Una cinquantina, sparsi in tutto il mondo» la voce dell’uomo suonò grezza e sporca come il tabacco masticato. «Cerchiamo di darci da fare per tenere i maghi oscuri sotto controllo.»

«Vorrei che vi deste da fare a un milione di pulitissimi chilometri da qui-ahia!» protestò Macauley, quando la bacchetta di Scorpius lo pungolò in mezzo alle costole.

Il veterano sollevò le sopracciglia cespugliose, e si avvicinò allo Slytherin sull’orlo dell’iperventilazione. Panico allo stato puro salì negli occhi di Mascauley a ogni nuovo passo dell’uomo.

«Tu sei una specie di maniaco dell’igiene, non è vero?» notò quello.

«”Psicopatico igienista” è il termine corretto» puntualizzò Scorpius.

«Lascia che ti insegni una cosa amico: quella mascherina e quei guanti di lattice non ti salveranno in battaglia. Un buon compagno sì.»

«Un buon compagno pulito, possibilmente.»

«I batteri non sono il male peggiore di questo mondo.»

«Ha mai letto le statistiche sui deceduti per malattie infettive ogni anno?»

«Sto dicendo che ci sono cose più importanti della tua fobia.»

Macauley inalberò la mascherina e mitragliò:

«Lei rimanga ancorato alla sua religione antigienica, sotto la benedizione della divinità “polvere”, e io continuerò a pregare i santi protettori dei disinfettanti e battericidi.»

Il veterano tirò su con il naso in un modo che per poco le narici non gli rientrarono nel cervello; Macauley trasalì sulla sedia, agghiacciato.

«Novellini» masticò l’uomo. «Non cambiano mai.»

«Sei troppo…»

«… drastico Angelo.»

La frase la iniziò uno dei due gemelli, ma la terminò il secondo.

Rose avvertì una fitta allo stomaco nel sentirli parlare. Ricordava quando suo padre parlava dei suoi fratelli e dello zio che non aveva mai conosciuto. E ricordava ancora meglio quando zio George parlava di zio Fred.

Forse anche loro erano stati come quei due gemelli, un tempo.

«E hai l’aspetto di un vecchio lupo di montagna spelacchiato.»

«Per forza la gente è impaurita da te.»

«Come sarebbe impaurita dalla peste.»

«O dal vaiolo.»

I gemelli continuarono a palleggiarsi il discorso, per poi stringersi la mano al termine.

«È un piacere sapere che sei sempre d’accordo con me» gorgheggiarono in coro.

«Ragazzi, ordine» li sollecitò Haru. «E presentazioni.»

Il veterano si pulì il naso sulla manica della camicia, e Macauley brandì il suo spray disinfettante.

«Angelo Della Morte» l’uomo torse le labbra in un sorriso risentito. «Già, i miei genitori avevano un pessimo senso dell’umorismo. E, sfortunatamente, facevano “Della Morte” di cognome.»

«Affascinante» Macauley indietreggiò, lo spray pronto in pugno.

«Esperto di magia italiana» continuò, con un portentoso sbadiglio. «E rientro oggi da una missione di sei mesi oltreoceano. Non ho avuto tempo di farmi una doccia, prima di venire qui.»

Macauley emise uno strano verso dal naso e dalle labbra strette, come se una risata isterica gli fosse ruzzolata sulla lingua per poi tuffarsi nuovamente nella sua gola. Non aveva avuto tempo per farsi una doccia. Allora avrebbe dovuto isolarsi sotto una tenda isolante che isolasse i suoi germi dal resto del mondo.

«Drew.»

«E Glenn.»

«Esperti di magia irlandese.»

«Da diciotto anni.»

«Praticamente dalla nascita.»

«Proprio così.»

Rose rinunciò a seguire con lo sguardo i due gemelli, mentre parlavano: i primi tentativi le avevano dato il mal di testa. Si limitò a fissare un punto indefinito in mezzo ai due, ascoltando la loro presentazione frammentata.

«Dallas Dursley» terminò il prefetto di Hufflepuff. «Esperto di magia vodoo.»

Tre teste scattarono simultaneamente nella sua direzione.

«Esperto di cosa?» esalò Rose, annichilita.

«Vodoo» ripeté placido Dallas.

Il volto rubicondo e il carattere festaiolo del ragazzo erano quanto di più distante esistesse dall’idea tetra dei riti vodoo.

Il sorriso del giovane inciampò sulle labbra, insicuro.

«Il vodoo non è solo nelle arti oscure; esiste il vodoo bianco.»

«Bianco?»

Se non avessero smesso di traumatizzarlo, la voce di Macauley sarebbe salita ai livelli degli ultrasuoni entro fine serata.

«E come sei diventato esperto di vodoo?» esclamò Rose.

«Ricordi la mia vacanza di tre settimane, di cui mio padre non vuole mai parlare? Ecco, avevo preso una Passaporta ed ero andato in Nuova Zelanda.»

«E tuo padre te l’ha permesso?» trasecolò Rose.

«Poche porte Babbane sono in grado di trattenere un mago. Papà lo sa, e ha preferito lasciarmi andare. Ha detto che se devo essere un mago, che almeno sia un mago specializzato.»

Dallas. Vodoo.

Era come dire che Voldemort era diventato famoso per i suoi ricami all’uncinetto, o che lo zio Harry amava l’ippica sopra il Quidditch. Qualcosa di talmente anomalo che la mente umana faticava ad associare i due concetti nella stessa linea di pensiero.

Rose chiuse gli occhi, e scosse la testa. Gradualmente. Si sarebbe abituata gradualmente.

Terminarono le presentazioni, e Haru procedette con il punto successivo:

«Ora dobbiamo dividerci in squadre operative. Siamo cinque veterani e quattro matricole, giusto?»

«Noi andiamo contati come uno» trillarono i gemelli.

«Allora siamo pari» sgracchiò Angelo.

«Un momento» il panico era quasi palpabile, nella voce di Macauley. «Cosa intendi per squadre

«Siete dei novizi nell’organizzazione» spiegò Haru. «È normale che veniate affidati ai colleghi più anziani.»

«Io prendo l’isterico» si prenotò l’italiano.

«Stai lontano da me!» lo spruzzino disinfettante svettò minaccioso nell’aria, mentre Macauley si distanziava dalla fonte di batteri salendo su una sedia.

«Macauley-kun, è logico che siano i compagni anziani a scegliere» cercò di calmarlo Haru. «Anche a Hogwarts, è il Cappello a decidere in quale Casa assegnare gli studenti…»

«Il Cappello può sbagliare! Infatti ti ha messo in Hufflepuff e non nelle segrete, come avresti meritato!» gridò Macauley. Poteva perdonare chi lo raggirava, avrebbe potuto perdonare perfino un tentato omicidio ma non avrebbe mai perdonato Harunobu per averlo messo in diretto contatto con quel cumulo di sporcizia ambulante.

«Noi vogliamo lavorare con Rose.»

«Sembra una ragazza intelligente.»

«È sicuramente portata per la magia irlandese.»

«Tutte le persone intelligenti lo sono.»

Rose si trovò affiancata dai gemelli irlandesi, uno per braccio, con due paia di occhi azzurri che la fissavano sfavillanti.

«Io mi occupo di mio cugino» asserì Dallas, gettando un braccio attorno alle spalle di Albus.

«Rimaniamo noi due, Scorpius» notò Haru.

«Che tu possa affogare in una discarica, Harunobu» ringhiò a denti stretti Macauley.

«Non vi abbiamo ancora spiegato come intendiamo procedere» il giapponese ignorò con un’eleganza quasi sfacciata l’invettiva di Macauley.

«In effetti, “riscrivere le regole della magia” è un concetto un po’ troppo vasto» confermò Rose.

«Oh, dovrete aspettare, prima di arrivare a “riscrivere le regole della magia”» la riprese bonario Angelo. «Prima di tutto, dovete imparare a uscire dagli schemi; solo in seguito potrete maneggiare la magia secondo i vostri desideri.»

«Una cosa del genere è possibile?» si sorprese Scorpius.

«Non del tutto.»

«Le regole fondamentali vanno rispettate.»

«Noi non siamo maghi oscuri.»

«Riscriviamo solo il contorno» intonarono i gemelli.

Haru mosse un passo verso il centro della stanza, quando gli fu chiaro che gli altri non avrebbero capito senza un esempio pratico.

«Avete tutti presente l’incantesimo protettivo Expecto Patronum, giusto?» premise velocemente, prima di infilare una mano in tasca ed estrarne un foglio di carta, piegato a guisa di falco. «Questo è uno shikigami, l’equivalente orientale della vostra magia: crea un animale protettore in grado di allontanare bestie come i Dissennatori.»

I ragazzi annuirono; avevano visto Haru utilizzare quella magia al quarto anno. Tuttavia, Rose notò immediatamente un particolare.

«Aspetta un attimo: quella volta, hai usato il rosario, non un pezzo di carta.»

«Acuta come sempre, Rose-san» si complimentò Haru. Come due anni prima, mormorò una breve litania e strattonò il rosario fino a strapparlo. Prima che l’ultimo grano avesse smesso di rimbalzare al suolo, il drago argenteo fece la sua apparizione.

«Lui non è un ordinario shikigami» l’animale di luce si avviluppò flessuoso alle spalle del suo creatore, poggiando il capo sulla mano protesa del giapponese. «Ho riscritto l’incantesimo in modo che nessun mago nero possa contrastarlo con una comune magia.»

«Se non è uno shikigami né un patronum, allora cos’è?»

Harunobu non rispose subito, impegnato a cucire e rifinire le parole per tessere un discorso il meno sconvolgente possibile.

«È un pezzo della mia anima» sospirò alla fine.

Angelo quasi rise dell’espressione a metà tra lo stupore e l’orrore sui volti dei quattro ragazzi nuovi. Novellini: amava le loro facce caricaturali.

«Cosa hai detto che è?» esacerbò Rose.

«Ognuno di noi deve trovare una nuova fonte, per le sue nuove magie. Almeno per quelle più potenti. Non crederete di poter fare nuova magia con le vecchie fonti, vero?» lo soccorse malamente l’italiano. «Haru ha scelto la sua, ed è stata una scelta molto intelligente: in qualunque situazione, può attingere alla fonte e creare i suoi incantesimi. Sarebbe stato più stupido scegliere qualcosa di esterno, come il fuoco: basta un secchio d’acqua per spegnere ogni possibile incanto.»

«Inoltre, non ho legato tutta la mia anima alla mia magia» sottolineò Haru. «Solo il mio spirito combattivo.»

«E se un mago dovesse eliminare il tuo drago, cosa succederebbe?» insistette Rose.

«Lo spirito appartiene a me, quindi tornerebbe nel mio corpo.»

«Ne sei certo?»

«Teoricamente. Non è mai successo che il mio drago sia stato sconfitto.»

«Ehi» cercò di calmarli Angelo. «Le nuove magie sono sempre un rischio. Se non siete disposti a correrlo, è meglio che usciate subito.»

Nessuno si mosse: per quanto spaventati da quella nuova situazione, nessuno aveva intenzione di abbandonare i propri compagni al loro destino.

I novellini avevano fegato, almeno un po’. Angelo decise che quel gruppetto di poppanti non gli dispiaceva.

«Ma come facciamo a decidere la nuova fonte della nostra magia?» s’incaponì Rose.

«Non penserete di imparare tutto questa sera, vero?»

«È un percorso lungo.»

«Lungo e faticoso.»

«Ma noi siamo qui per questo.»

«Per guidarvi.»

«Finché non avrete trovato le vostre risposte» cinguettarono i gemelli.

Angelo annuì alle parole dei marmocchi.

Sarebbe stato un lungo percorso, ma quei pivelli potevano farcela.

Perfino il maniaco della pulizia, sarebbe riuscito a diventare un eccellente mago; Angelo avrebbe scommesso su di lui. E l’italiano non perdeva mai una scommessa.

 

***

 

«Non hai aperto bocca.»

Albus si riscosse a quelle parole.

Avevano fatto ritorno alla loro stanza, ed erano stati seminati da Macauley nel giro di pochi secondi – doveva correre a rimuovere qualunque possibile germe che la sola presenza dell’italiano poteva avergli appiccicato addosso. Non avevano idea di dove fosse l’amico, in quel momento: in camera erano rimasti solo loro due, a fissare i lati opposti della stanza.

Albus prese fiato, e, per la prima volta in tutta la sera, parlò.

«Sto cercando di capire perché il mio migliore amico mi abbia baciato» affermò senza giri di parole. «Non è esattamente una cosa comune tra…»

«Non ci sono molti motivi per cui una persona desidera baciare qualcun altro. Prova a pensarci» lo mitragliò Scorpius.

Gli occhi verdi di Albus si spalancarono, mentre un acceso rossore gli abbrustolì le guance. Poteva anche essere uno Slytherin, ma non si era ancora scrollato di dosso del tutto il suo primordiale candore.

Scorpius appoggiò la schiena alla parete, incrociando le braccia al petto.

Alcune cose cambiavano la propria prospettiva di vita. O meglio, infuocavano sentimenti che per anni avevano covato sotto la cenere.

Vedere il proprio amico essere quasi ammazzato durante un incontro di Quidditch e scoprire che portava su di sé una maledizione che avrebbe anche potuto portarlo alla tomba erano tra queste.

Non si passa una notte in infermeria tra le pene dell’Inferno e non si decide di buttarsi a capofitto in una lotta all’ultimo sangue contro le arti oscure senza realizzare di provare più di semplice amicizia, per la persona responsabile di queste scelte.

Anche se doveva ammettere che era stato azzardato baciarlo senza preavviso: non sapeva nemmeno cosa provasse Albus per lui. Ma non era riuscito a trattenersi, quando l’amico si era offerto di seguirlo in quella loro crociata impossibile. In fondo, era anche lui un adolescente con il sangue che gli ribolliva nelle vene.

«Credevo che ti piacessero le ragazze» riuscì a boccheggiare Albus alla fine.

«Ma tu non sei l’emblema della virilità» dovette chinarsi per evitare il cuscino che gli fischiò sopra la testa.

«Sono molto suscettibile, in questo momento» lo avvertì l’altro.

Scorpius si raddrizzò nella sua posa dinoccolata, imperturbabile.

«Anche io. Sto aspettando una risposta.»

Gli occhi verdi di Albus fissarono il pavimento, il letto, il muro, qualunque punto della camera che non fosse il proprio amico. Le labbra si accartocciarono una, due, tre volte, e le dita tamburellarono sulle ginocchia.

Scorpius avrebbe tanto voluto lanciare un incantesimo di lettura del pensiero e vedere cosa vorticasse nella testa dell’amico in quel momento, ma si trattenne: Albus non lo avrebbe mai perdonato, e non avrebbe potuto dargli torto.

Alla fine, il ragazzo esalò un profondo sospiro.

«Non è facile» cominciò, con tono grave. «Non mi aspettavo di piacerti. Non in quel senso, perlomeno.»

Albus fece di nuovo una pausa, e Scorpius fu tentato, questa volta, di lanciare un incantesimo per accelerare il tempo. Si sentiva come se lo avessero buttato sui carboni ardenti, e non riusciva a capire se Albus lo stesse facendo di proposito o meno: quel suo visetto angelico poteva ingannare tutti, ma non lui.

Il giovane passò una mano tra i capelli corvini, e lì si fermò, stringendo alcune ciocche tra i pugni.

«Normalmente, non avrei saputo cosa risponderti» riprese. «Però… immagino che non ci si offra di buttarsi nelle fauci di mille maghi oscuri per il proprio amico senza realizzare di essere più che amici, no?»

Questa volta fu il turno di Scorpius per guardare l’altro senza parole. Proprio quello che aveva pensato lui qualche istante prima. Che Albus gli avesse lanciato un incantesimo di telepatia senza che lui se ne accorgesse?

Magia o meno, Albus aveva appena ammesso di ricambiarlo. In un modo indiretto, ma lo aveva ammesso.

Scoprius non gli diede modo di aggiungere altro: si staccò istantaneamente dal muro, raggiunse il ragazzo in due falcate, gli afferrò il viso tra le mani e lo baciò.

Sentì un verso di sorpresa strozzarsi nella gola dell’amico quando gli schiuse le labbra per avere accesso alla sua bocca. Le mani di Albus si strinsero sulle spalle del compagno, e si rilassarono solo quando il giovane si fu abituato ai movimenti della lingua dell’altro.

Scorpius portò una mano dietro la nuca del giovane, quasi volesse impedirgli di scappare, mentre esplorava la sua bocca, seguito a tratti dai movimenti esitanti della lingua del compagno.

Quando si staccarono, Albus portò una mano alle labbra ancora umide di saliva, quasi incredulo. Poi esclamò:

«Era il mio primo bacio serio! Mi sento violato!»

«Ma se hai detto che mi ricambi!» protestò Scorpius.

«Ma non ti ho dato il via libera per tutto!» contestò Albus. «Pensavo che non sarebbe stato così improvviso!»

Scorpius si strinse nelle spalle, arrendendosi.

«Posso toccarti la faccia?» domandò. Albus annuì, e le mani di Scorpius gli circondarono di nuovo il viso.

«Posso avvicinarmi?»

«Mi chiederai il permesso per ogni passo?»

«Sei tu che mi hai chiesto di non essere improvviso.»

«Ma non ti ho chiesto di fare la cronaca minuto per minuto.»

«E allora cosa dovrei fare?»

Le braccia di Albus salirono lente a circondargli il collo.

«Baciami e basta» sussurrò il giovane.

Scorpius non esitò a cogliere l’invito, e congiunse di nuovo le loro labbra.

Albus sentì le mani dell’amico scivolargli sulla schiena e premerlo con più forza contro il suo petto quando il ritmo del bacio accelerò, e lui stesso strinse l’abbraccio per avere il compagno più vicino a sé. Nessuno dei due si accorse della porta che si apriva.

«Io chiedo asilo a Harunobu.»

I due si staccarono di colpo, fissando un raccapricciato Macauley freddato sulla soglia della camera.

Il giovane mostrò un sacchetto di plastica pieno di flaconcini: probabilmente era andato a svaligiare le scorte di Madamina per avere nuove armi di distruzione di massa contro i microbi.

«No, non spiegatemi niente!» li bloccò l’ultimo arrivato, facendo un passo indietro. «Sono affari vostri, io non mi intrometto. Ma non si copula in camera, chiaro?»

Macauley nemmeno rispose agli occhi che lo fissavano allibiti; si voltò e ricordò:

«Non fate niente che io non farei, durante la mia assenza.»

«Tu non respireresti nemmeno, se potessi» gli ricordò Scorpius.

«Esattamente» confermò Macauley. «Lo sai quanti batteri entrano nel condotto nasale con la respirazione?» e, come se questo spiegasse tutto, il ragazzo sparì alla volta del dormitorio di Hufflepuff.

«Questa è una… buona reazione?» valutò incerto Albus.

«Considerando il soggetto, direi che è ottima» convalidò Scorpius.

Nessuno dei due spese una parola in più per il terzo Slytherin: Albus allacciò di nuovo le braccia al collo del compagno, e Scorpius si chinò di nuovo su di lui.

Era stata una lunga giornata.

Avevano bisogno di sentirsi vicini, per quella sera.

 

 

 

Okay, provo vergogna per me stessa per il ritardo ENORME con cui aggiorno. Chiedo scusa ç_ç

Ho attraversato un blocco di ispirazione non indifferente per questa fanfic .-. Un enorme, gigantesco, orrido blocco che mi ha attanagliata per mesi >_>

Ma ora eccoci qui, con un nuovo capitolo<3

Il prossimo arriverà tra tre settimane, con tutti i dubbi della nuova coppia pronti ad esplodere<3<3 Non riesco a fare prima causa lavoro, perdonatemi ç_ç

Al prossimo capitolo<3

Red

   
 
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