3
Nuovi
Inizi
«Sto
per morire.»
«Coraggio,
Macauley. So che ce la puoi fare.»
«Scorpius
Malfoy, abbiamo passato sei anni a Hogwarts
insieme, incollati ogni santo giorno. Esattamente, cosa
nel nostro passato comune ti fa pensare che io possa sopportarlo?»
Scoprius
si esibì nel suo migliore sorriso di circostanza
per mascherare gli squittii isterici del suo amico e le sue repliche
fredde.
«Macauley,
se non collabori, finirai ammazzato da un mago
oscuro. E sarà mia premura farti finire nel loculo
più dimenticato e sporco
di tutto il cimitero» sibilò.
«Esiste
un girone all’inferno per quelli come te, Scorpius
Malfoy» ringhiò Macauley.
Haru
non aveva perso tempo: li aveva portati in una delle
sedi della sua misteriosa associazione. Avevano infranto il coprifuoco,
ma la
Eeriemay aveva assicurato protezione: nessuno, nemmeno il vecchio
guardiano rompiscatole,
avrebbe notato la loro piccola fuga.
Haru
li aveva scortati nel bosco, fino a fermarsi di fronte
a un’enorme quercia. Si stavano chiedendo quale fosse lo
scopo nell’averli
condotti fino a lì quando le radici della quercia si
appallottolarono, formando
una graziosa porticina di legno, da cui erano entrarono.
L’interno
dell’albero ricordava la taverna di un cacciatore
di montagna: pesanti tappeti erano appoggiati sullo spesso parquet di
faggio,
un rustico caminetto scoppiettava a lato e una credenza piena di
bottiglie che
non dovevano contenere succo di zucca torreggiava in fondo alla stanza.
Quattro
persone li attendevano, impegnate nelle attività
più disparate: due gemelli dai
cappelli rossi stavano completando un disegno, una riga a testa in
rapida
successione come se i loro cervelli fossero collegati; Dallas, il
cugino di
Albus, li salutò festante mentre preparava un vassoio colmo
di bicchieri; un
veterano con la polvere di mille battaglie arpionata alla pelle e ai
vestiti
sgracchiò sonoramente per accoglierli.
«Benvenuti
ad Avalon» annunciò Dallas, facendo passare il
vassoio.
«Avalon?»
gli fece eco Rose.
«È
il nome della nostra società» confermò
il ragazzo. Bevve
un sorso dal suo bicchiere e continuò: «Almeno, di
questo ramo della società.»
«Ce
ne sono altri?» esacerbò Macauley, la voce acuita
da una
punta di isteria. I suoi occhi non avevano abbandonato per un solo
istante la
camicia lercia del veterano.
«Una
cinquantina, sparsi in tutto il mondo» la voce
dell’uomo suonò grezza e sporca come il tabacco
masticato. «Cerchiamo di darci
da fare per tenere i maghi oscuri sotto controllo.»
«Vorrei
che vi deste da fare a un milione di pulitissimi
chilometri da qui-ahia!» protestò Macauley, quando
la bacchetta di Scorpius lo
pungolò in mezzo alle costole.
Il
veterano sollevò le sopracciglia cespugliose, e si
avvicinò allo Slytherin sull’orlo
dell’iperventilazione. Panico allo stato puro salì
negli occhi di Mascauley a
ogni nuovo passo dell’uomo.
«Tu
sei una specie di maniaco dell’igiene, non è
vero?» notò
quello.
«”Psicopatico
igienista” è il termine corretto»
puntualizzò
Scorpius.
«Lascia
che ti insegni una cosa amico: quella mascherina e
quei guanti di lattice non ti salveranno in battaglia. Un buon compagno
sì.»
«Un
buon compagno pulito,
possibilmente.»
«I
batteri non sono il male peggiore di questo mondo.»
«Ha
mai letto le statistiche sui deceduti per malattie infettive
ogni anno?»
«Sto
dicendo che ci sono cose più importanti della tua
fobia.»
Macauley
inalberò la mascherina e mitragliò:
«Lei
rimanga ancorato alla sua religione antigienica, sotto
la benedizione della divinità “polvere”,
e io continuerò a pregare i santi
protettori dei disinfettanti e battericidi.»
Il
veterano tirò su con il naso in un modo che per poco le
narici non gli rientrarono nel cervello; Macauley trasalì
sulla sedia,
agghiacciato.
«Novellini»
masticò l’uomo. «Non cambiano
mai.»
«Sei
troppo…»
«…
drastico Angelo.»
La
frase la iniziò uno dei due gemelli, ma la
terminò il
secondo.
Rose
avvertì una fitta allo stomaco nel sentirli parlare.
Ricordava quando suo padre parlava dei suoi fratelli e dello zio che
non aveva
mai conosciuto. E ricordava ancora meglio quando zio George parlava di
zio Fred.
Forse
anche loro erano stati come quei due gemelli, un
tempo.
«E
hai l’aspetto di un vecchio lupo di montagna
spelacchiato.»
«Per
forza la gente è impaurita da te.»
«Come
sarebbe impaurita dalla peste.»
«O
dal vaiolo.»
I
gemelli continuarono a palleggiarsi il discorso, per poi
stringersi la mano al termine.
«È
un piacere sapere che sei sempre d’accordo con me»
gorgheggiarono in coro.
«Ragazzi,
ordine» li sollecitò Haru. «E
presentazioni.»
Il
veterano si pulì il naso sulla manica della camicia, e
Macauley brandì il suo spray disinfettante.
«Angelo
Della Morte» l’uomo torse le labbra in un sorriso
risentito. «Già, i miei genitori avevano un
pessimo senso dell’umorismo. E,
sfortunatamente, facevano “Della Morte” di
cognome.»
«Affascinante»
Macauley indietreggiò, lo spray pronto in
pugno.
«Esperto
di magia italiana» continuò, con un portentoso
sbadiglio. «E rientro oggi da una missione di sei mesi
oltreoceano. Non ho
avuto tempo di farmi una doccia, prima di venire qui.»
Macauley
emise uno strano verso dal naso e dalle labbra
strette, come se una risata isterica gli fosse ruzzolata sulla lingua
per poi
tuffarsi nuovamente nella sua gola. Non
aveva avuto tempo per farsi una doccia. Allora avrebbe dovuto
isolarsi sotto una tenda isolante che isolasse
i suoi germi dal resto del mondo.
«Drew.»
«E
Glenn.»
«Esperti
di magia irlandese.»
«Da
diciotto anni.»
«Praticamente
dalla nascita.»
«Proprio
così.»
Rose
rinunciò a seguire con lo sguardo i due gemelli, mentre
parlavano: i primi tentativi le avevano dato il mal di testa. Si
limitò a
fissare un punto indefinito in mezzo ai due, ascoltando la loro
presentazione
frammentata.
«Dallas
Dursley» terminò il prefetto di Hufflepuff.
«Esperto di magia vodoo.»
Tre
teste scattarono simultaneamente nella sua direzione.
«Esperto
di cosa?»
esalò Rose, annichilita.
«Vodoo»
ripeté placido Dallas.
Il
volto rubicondo e il carattere festaiolo del ragazzo erano
quanto di più distante esistesse dall’idea tetra
dei riti vodoo.
Il
sorriso del giovane inciampò sulle labbra, insicuro.
«Il
vodoo non è solo nelle arti oscure; esiste il vodoo
bianco.»
«Bianco?»
Se
non avessero smesso di traumatizzarlo, la voce di
Macauley sarebbe salita ai livelli degli ultrasuoni entro fine serata.
«E
come sei diventato esperto di vodoo?» esclamò Rose.
«Ricordi
la mia vacanza di tre settimane, di cui mio padre
non vuole mai parlare? Ecco, avevo preso una Passaporta ed ero andato
in Nuova
Zelanda.»
«E
tuo padre te l’ha permesso?» trasecolò
Rose.
«Poche
porte Babbane sono in grado di trattenere un mago.
Papà lo sa, e ha preferito lasciarmi andare. Ha detto che se
devo essere un
mago, che almeno sia un mago specializzato.»
Dallas.
Vodoo.
Era
come dire che Voldemort era diventato famoso per i suoi
ricami all’uncinetto, o che lo zio Harry amava
l’ippica sopra il Quidditch.
Qualcosa di talmente anomalo che la mente umana faticava ad associare i
due
concetti nella stessa linea di pensiero.
Rose
chiuse gli occhi, e scosse la testa. Gradualmente. Si
sarebbe abituata gradualmente.
Terminarono
le presentazioni, e Haru procedette con il punto
successivo:
«Ora
dobbiamo dividerci in squadre operative. Siamo cinque
veterani e quattro matricole, giusto?»
«Noi
andiamo contati come uno» trillarono i gemelli.
«Allora
siamo pari» sgracchiò Angelo.
«Un
momento» il panico era quasi palpabile, nella voce di
Macauley. «Cosa intendi per squadre?»
«Siete
dei novizi nell’organizzazione» spiegò
Haru. «È
normale che veniate affidati ai colleghi più
anziani.»
«Io
prendo l’isterico» si prenotò
l’italiano.
«Stai lontano da me!»
lo spruzzino disinfettante svettò minaccioso
nell’aria, mentre Macauley si
distanziava dalla fonte di batteri salendo su una sedia.
«Macauley-kun,
è logico che siano i compagni anziani a
scegliere» cercò di calmarlo Haru.
«Anche a Hogwarts, è il Cappello a decidere
in quale Casa assegnare gli studenti…»
«Il
Cappello può sbagliare! Infatti ti ha messo in Hufflepuff e non nelle segrete, come
avresti meritato!» gridò Macauley. Poteva
perdonare chi lo raggirava, avrebbe
potuto perdonare perfino un tentato omicidio ma non avrebbe mai perdonato Harunobu per averlo messo
in diretto contatto con quel cumulo di sporcizia ambulante.
«Noi
vogliamo lavorare con Rose.»
«Sembra
una ragazza intelligente.»
«È
sicuramente portata per la magia irlandese.»
«Tutte
le persone intelligenti lo sono.»
Rose
si trovò affiancata dai gemelli irlandesi, uno per braccio,
con due paia di occhi azzurri che la fissavano sfavillanti.
«Io
mi occupo di mio cugino» asserì Dallas, gettando
un
braccio attorno alle spalle di Albus.
«Rimaniamo
noi due, Scorpius» notò Haru.
«Che
tu possa affogare in una discarica, Harunobu»
ringhiò a
denti stretti Macauley.
«Non
vi abbiamo ancora spiegato come intendiamo procedere»
il giapponese ignorò con un’eleganza quasi
sfacciata l’invettiva di Macauley.
«In
effetti, “riscrivere le regole della magia”
è un
concetto un po’ troppo vasto» confermò
Rose.
«Oh,
dovrete aspettare, prima di arrivare a “riscrivere le regole
della magia”» la
riprese bonario Angelo. «Prima di tutto, dovete imparare a
uscire dagli schemi;
solo in seguito potrete maneggiare la magia secondo i vostri
desideri.»
«Una
cosa del genere è possibile?» si sorprese Scorpius.
«Non
del tutto.»
«Le
regole fondamentali vanno rispettate.»
«Noi
non siamo maghi oscuri.»
«Riscriviamo
solo il contorno» intonarono i gemelli.
Haru
mosse un passo verso il centro della stanza, quando gli
fu chiaro che gli altri non avrebbero capito senza un esempio pratico.
«Avete
tutti presente l’incantesimo protettivo Expecto
Patronum, giusto?» premise
velocemente, prima di infilare una mano in tasca ed estrarne un foglio
di
carta, piegato a guisa di falco. «Questo è uno shikigami, l’equivalente
orientale della vostra magia: crea un
animale protettore in grado di allontanare bestie come i
Dissennatori.»
I
ragazzi annuirono; avevano visto Haru utilizzare quella
magia al quarto anno. Tuttavia, Rose notò immediatamente un
particolare.
«Aspetta
un attimo: quella volta, hai usato il rosario, non
un pezzo di carta.»
«Acuta
come sempre, Rose-san» si complimentò Haru. Come
due
anni prima, mormorò una breve litania e strattonò
il rosario fino a strapparlo.
Prima che l’ultimo grano avesse smesso di rimbalzare al
suolo, il drago
argenteo fece la sua apparizione.
«Lui
non è un ordinario shikigami»
l’animale di luce si avviluppò flessuoso alle
spalle del suo creatore,
poggiando il capo sulla mano protesa del giapponese. «Ho
riscritto
l’incantesimo in modo che nessun mago nero possa contrastarlo
con una comune
magia.»
«Se
non è uno shikigami
né un patronum, allora
cos’è?»
Harunobu
non rispose subito, impegnato a cucire e rifinire
le parole per tessere un discorso il meno sconvolgente possibile.
«È
un pezzo della mia anima» sospirò alla fine.
Angelo
quasi rise dell’espressione a metà tra lo stupore
e
l’orrore sui volti dei quattro ragazzi nuovi. Novellini:
amava le loro facce
caricaturali.
«Cosa hai detto
che è?» esacerbò Rose.
«Ognuno
di noi deve trovare una nuova fonte, per le sue
nuove magie. Almeno per quelle più potenti. Non crederete di
poter fare nuova
magia con le vecchie fonti, vero?» lo soccorse malamente
l’italiano. «Haru ha
scelto la sua, ed è stata una scelta molto intelligente: in
qualunque
situazione, può attingere alla fonte e creare i suoi
incantesimi. Sarebbe stato
più stupido scegliere qualcosa di esterno, come il fuoco:
basta un secchio
d’acqua per spegnere ogni possibile incanto.»
«Inoltre,
non ho legato tutta
la mia anima alla mia magia» sottolineò Haru.
«Solo il mio spirito combattivo.»
«E
se un mago dovesse eliminare il tuo drago, cosa
succederebbe?» insistette Rose.
«Lo
spirito appartiene a me, quindi tornerebbe nel mio
corpo.»
«Ne
sei certo?»
«Teoricamente.
Non è mai successo che il mio drago sia stato
sconfitto.»
«Ehi»
cercò di calmarli Angelo. «Le nuove magie sono
sempre
un rischio. Se non siete disposti a correrlo, è meglio che
usciate subito.»
Nessuno
si mosse: per quanto spaventati da quella nuova
situazione, nessuno aveva intenzione di abbandonare i propri compagni
al loro
destino.
I
novellini avevano fegato, almeno un po’. Angelo decise che
quel gruppetto di poppanti non gli dispiaceva.
«Ma
come facciamo a decidere la nuova fonte della nostra
magia?» s’incaponì Rose.
«Non
penserete di imparare tutto questa sera, vero?»
«È
un percorso lungo.»
«Lungo
e faticoso.»
«Ma
noi siamo qui per questo.»
«Per
guidarvi.»
«Finché
non avrete trovato le vostre risposte» cinguettarono
i gemelli.
Angelo
annuì alle parole dei marmocchi.
Sarebbe
stato un lungo percorso, ma quei pivelli potevano
farcela.
Perfino
il maniaco della pulizia, sarebbe riuscito a
diventare un eccellente mago; Angelo avrebbe scommesso su di lui. E
l’italiano
non perdeva mai una scommessa.
***
«Non
hai aperto bocca.»
Albus
si riscosse a quelle parole.
Avevano
fatto ritorno alla loro stanza, ed erano stati
seminati da Macauley nel giro di pochi secondi – doveva
correre a rimuovere
qualunque possibile germe che la sola presenza dell’italiano
poteva avergli
appiccicato addosso. Non avevano idea di dove fosse l’amico,
in quel momento:
in camera erano rimasti solo loro due, a fissare i lati opposti della
stanza.
Albus
prese fiato, e, per la prima volta in tutta la sera,
parlò.
«Sto
cercando di capire perché il mio migliore amico mi
abbia baciato» affermò senza giri di parole.
«Non è esattamente una cosa comune
tra…»
«Non
ci sono molti motivi per cui una persona desidera
baciare qualcun altro. Prova a pensarci» lo
mitragliò Scorpius.
Gli
occhi verdi di Albus si spalancarono, mentre un acceso
rossore gli abbrustolì le guance. Poteva anche essere uno Slytherin, ma non si era ancora scrollato
di dosso del tutto il suo
primordiale candore.
Scorpius
appoggiò la schiena alla parete, incrociando le
braccia al petto.
Alcune
cose cambiavano la propria prospettiva di vita. O meglio,
infuocavano sentimenti che per anni avevano covato sotto la cenere.
Vedere
il proprio amico essere quasi ammazzato durante un
incontro di Quidditch e scoprire che portava su di sé una
maledizione che
avrebbe anche potuto portarlo alla tomba erano tra queste.
Non
si passa una notte in infermeria tra le pene dell’Inferno
e non si decide di buttarsi a capofitto in una lotta
all’ultimo sangue contro
le arti oscure senza realizzare di provare più di semplice
amicizia, per la
persona responsabile di queste scelte.
Anche
se doveva ammettere che era stato azzardato baciarlo
senza preavviso: non sapeva nemmeno cosa provasse Albus per lui. Ma non
era
riuscito a trattenersi, quando l’amico si era offerto di
seguirlo in quella
loro crociata impossibile. In fondo, era anche lui un adolescente con
il sangue
che gli ribolliva nelle vene.
«Credevo
che ti piacessero le ragazze» riuscì a
boccheggiare
Albus alla fine.
«Ma
tu non sei l’emblema della virilità»
dovette chinarsi
per evitare il cuscino che gli fischiò sopra la testa.
«Sono
molto suscettibile, in questo momento» lo avvertì
l’altro.
Scorpius
si raddrizzò nella sua posa dinoccolata,
imperturbabile.
«Anche
io. Sto aspettando una risposta.»
Gli
occhi verdi di Albus fissarono il pavimento, il letto,
il muro, qualunque punto della camera che non fosse il proprio amico.
Le labbra
si accartocciarono una, due, tre volte, e le dita tamburellarono sulle
ginocchia.
Scorpius
avrebbe tanto voluto lanciare un incantesimo di
lettura del pensiero e vedere cosa vorticasse nella testa
dell’amico in quel
momento, ma si trattenne: Albus non lo avrebbe mai
perdonato, e non avrebbe potuto dargli torto.
Alla
fine, il ragazzo esalò un profondo sospiro.
«Non
è facile» cominciò, con tono grave.
«Non mi aspettavo
di piacerti. Non in quel senso,
perlomeno.»
Albus
fece di nuovo una pausa, e Scorpius fu tentato, questa
volta, di lanciare un incantesimo per accelerare il tempo. Si sentiva
come se
lo avessero buttato sui carboni ardenti, e non riusciva a capire se
Albus lo
stesse facendo di proposito o meno: quel suo visetto angelico poteva
ingannare
tutti, ma non lui.
Il
giovane passò una mano tra i capelli corvini, e
lì si
fermò, stringendo alcune ciocche tra i pugni.
«Normalmente,
non avrei saputo cosa risponderti» riprese.
«Però…
immagino che non ci si offra di buttarsi nelle fauci di mille maghi
oscuri per
il proprio amico senza realizzare di essere più
che amici, no?»
Questa
volta fu il turno di Scorpius per guardare l’altro senza
parole. Proprio quello che aveva pensato lui qualche istante prima. Che
Albus
gli avesse lanciato un incantesimo di telepatia senza che lui se ne
accorgesse?
Magia
o meno, Albus aveva appena ammesso di ricambiarlo. In un
modo indiretto, ma lo aveva ammesso.
Scoprius
non gli diede modo di aggiungere altro: si staccò
istantaneamente dal muro, raggiunse il ragazzo in due falcate, gli
afferrò il
viso tra le mani e lo baciò.
Sentì
un verso di sorpresa strozzarsi nella gola dell’amico
quando gli schiuse le labbra per avere accesso alla sua bocca. Le mani
di Albus
si strinsero sulle spalle del compagno, e si rilassarono solo quando il
giovane
si fu abituato ai movimenti della lingua dell’altro.
Scorpius
portò una mano dietro la nuca del giovane, quasi
volesse impedirgli di scappare, mentre esplorava la sua bocca, seguito
a tratti
dai movimenti esitanti della lingua del compagno.
Quando
si staccarono, Albus portò una mano alle labbra
ancora umide di saliva, quasi incredulo. Poi esclamò:
«Era
il mio primo bacio serio! Mi sento violato!»
«Ma
se hai detto che mi ricambi!» protestò Scorpius.
«Ma
non ti ho dato il via libera per tutto!» contestò
Albus.
«Pensavo che non sarebbe stato così
improvviso!»
Scorpius
si strinse nelle spalle, arrendendosi.
«Posso
toccarti la faccia?» domandò. Albus
annuì, e le mani
di Scorpius gli circondarono di nuovo il viso.
«Posso
avvicinarmi?»
«Mi
chiederai il permesso per ogni passo?»
«Sei
tu che mi hai chiesto di non essere improvviso.»
«Ma
non ti ho chiesto di fare la cronaca minuto per minuto.»
«E
allora cosa dovrei fare?»
Le
braccia di Albus salirono lente a circondargli il collo.
«Baciami
e basta» sussurrò il giovane.
Scorpius
non esitò a cogliere l’invito, e congiunse di
nuovo
le loro labbra.
Albus
sentì le mani dell’amico scivolargli sulla schiena
e
premerlo con più forza contro il suo petto quando il ritmo
del bacio accelerò,
e lui stesso strinse l’abbraccio per avere il compagno
più vicino a sé. Nessuno
dei due si accorse della porta che si apriva.
«Io
chiedo asilo a Harunobu.»
I
due si staccarono di colpo, fissando un raccapricciato
Macauley freddato sulla soglia della camera.
Il
giovane mostrò un sacchetto di plastica pieno di
flaconcini: probabilmente era andato a svaligiare le scorte di Madamina
per
avere nuove armi di distruzione di massa contro i microbi.
«No,
non spiegatemi niente!» li bloccò
l’ultimo arrivato,
facendo un passo indietro. «Sono affari vostri, io non mi
intrometto. Ma non si
copula in camera, chiaro?»
Macauley
nemmeno rispose agli occhi che lo fissavano
allibiti; si voltò e ricordò:
«Non
fate niente che io non farei, durante la mia assenza.»
«Tu
non respireresti nemmeno, se potessi» gli ricordò
Scorpius.
«Esattamente»
confermò Macauley. «Lo sai quanti batteri entrano
nel condotto nasale con la
respirazione?» e, come se questo spiegasse tutto, il ragazzo
sparì alla volta
del dormitorio di Hufflepuff.
«Questa
è una… buona reazione?»
valutò incerto Albus.
«Considerando
il soggetto, direi che è ottima»
convalidò
Scorpius.
Nessuno
dei due spese una parola in più per il terzo Slytherin:
Albus allacciò di nuovo le
braccia al collo del compagno, e Scorpius si chinò di nuovo
su di lui.
Era
stata una lunga giornata.
Avevano
bisogno di sentirsi vicini, per quella sera.
Okay,
provo
vergogna per me stessa per il ritardo ENORME con cui aggiorno. Chiedo
scusa ç_ç
Ho
attraversato
un blocco di ispirazione non indifferente per questa fanfic .-. Un
enorme,
gigantesco, orrido blocco che mi ha attanagliata per mesi
>_>
Ma
ora eccoci
qui, con un nuovo capitolo<3
Il
prossimo
arriverà tra tre settimane, con tutti i dubbi della nuova
coppia pronti ad
esplodere<3<3 Non riesco a fare prima causa lavoro,
perdonatemi ç_ç
Al
prossimo
capitolo<3
Red