RAGGI
DI SPERANZA by MISTRESS
LAY
[Cap. XXXII, Part I]
[R, Slash, ®J.K. Rowling, tranne i
personaggi nuovi, situazioni e quanto ci sia di malato in ciò che state per
leggere, appartengono alla sottoscritta]
CAPITOLO SESSANTESIMO
PECCATI DI
COSCIENZA
*
Che
sapore può avere il Frutto Proibito?
Ha aroma
avvolgente dell’inebriante Superbia, un retrogusto dolceamaro della fallace
Invidia, la saporosità corposa dell’insaziabile Gola, un tocco della fiacca
Pigrizia, una scaglia dell’egoistica Avarizia, un pizzico squisito
dell’indecente Lussuria, una goccia della corroborante e ostentata Vanità.
I sette
peccati capitali, ma esistono ancora due peccati, che pure lastricano la strada
dell’Inferno… chi sa elencarli?
*
- Dimmi una cosa, Albus, a che gioco stai giocando? -
Silente rivolse uno sguardo sereno a Emilia, con
un'espressione quasi innocente sul suo viso. Silente era così, mostrava agli
altri solo quello che gli altri volevano vedere in lui: sul suo viso
incartocciato per l'età le persone cercavano ansiosamente cenni di un'antica
potenza, quella potenza che si manifestava dal semplice bagliore dei suoi
occhi, chiari come pozzi scintillanti, traboccanti di promesse e
rassicurazioni, o dalla lemma con cui prendeva decisioni, a volte
particolarmente spinose, da cui dipendeva la guerra in corso.
Emilia di Blaine aveva visto succedersi nell'ufficio di
presidenza a Hogwarts presidi e presidi, ben conscia dei loro punti di forza e
delle loro manchevolezze, delle loro storie personale e del bagaglio delle loro
esperienze. Tra tutti i presidi Silente rimaneva però quello più difficile da
decifrare.
Chiunque, conoscendolo più o meno superficialmente,
vedevano in lui un'icona, una persona sulla quale poter contare in caso di
bisogno, non guardavano al di là della sua espressione perennemente tranquilla
e quasi sempre divertita ma Emilia lo conosceva da molto tempo, prima ancora
che diventasse preside, quando era un ragazzo che ricercava una via alla
conoscenza. Chiunque, guardandolo, non avrebbe mai immaginato che vi fosse un
solo attributo che lo accomunasse a Voldemort, eppure, anche lui un tempo era
stato affascinato dal desiderio di conoscere. Non che la conoscenza fosse di
per sè male, ma come ogni strumento dipendeva dall'uso che se ne facesse.
A nessuno veniva discriminata la cattedra di preside a
Hogwarts, nemmeno a Phineas era stata negata, sebbene non avesse esattamente la
fama di una persona molto gentile e disponibile, e la via intrapresa da Silente
durante la giovinezza non era stato un punto a suo sfavore ma, come molti
pensavano a quel tempo, di favore: il desiderio di conoscere non era un
crimine, nè un peccato, ma una virtù, poca importanza aveva se qualcuno volesse
approfondire un altro tipo di conoscenza, quasi proibito, riferito allo studio
delle Arti Oscure. A Durmstrang era una delle materie portanti del carico di
studi, a Bogengang selezionava maghi e streghe del livello più alto, le
famiglie purosangue educavano i loro rampolli nel loro utilizzo.
La magia era stata sempre intesa come strumento a
discernimento di chi l'usasse.
L'uso, non l'abuso.
E quando si era trovato di fronte ad un bivio, Silente
aveva scelto l'uso e non l'abuso di queste subdole arti, aveva scelto qualcosa
di superiore alla conoscenza, aveva scelto di mantenere integra la sua anima e
non venderla in cambio di qualcosa di più.
Si era differenziato così da Grindelwald e dalla sua smania
al potere, da Voldemort e le sue fisse sull'immortalità.
Non erano pochi i quali pensavano che Silente dovesse
essere considerato 'grande' soprattutto per aver voltato le spalle ad una
sicura via del successo e del potere. Emilia era stata tra questi, e lo era
ancora, ovviamente.
L'unico problema di Silente era che,volente o nolente, era
stato toccato dal male. Esso gli si era impresso nella carne, nelle membra,
senza possibilità di fuga.
Era come il peccato originale, invisibile, impalpabile,
imperscrutabile, ma presente.
Questo lo sapeva lei, come lo sapeva Silente stesso.
- Ti riferisci a qualcosa di particolare, Emilia? - domandò
l'uomo con calma quasi sconcertante.
- Mi riferisco a Harry - rispose la ex preside. Harry
Potter, non c'era da stupirsi se accoglieva attorno a se un vago seguito di
persone incuriosite dalla singolarità della sua persona. Povero ragazzo, a
quindici anni venir a sapere di dover uccidere per non essere ucciso. - Mi
riferisco ai suoi cosiddetti 'allenamenti'. Hai intenzione di fare qualcosa in
merito? -
Allenamenti, già.
Silente non credeva a Tom Riddle. Oh sì, Silente non
credeva in molte cose, anche persone, contrariamente a quanto la gente pensasse
di lui.
Non per un fatto di fiducia o meno, ma per esperienza.
Quando si è avanti con l'età si comincia a guardare all'indietro, ad avvertire
in maniera quasi dolorosa il peso delle proprie scelte, soprattutto di quelle
dolorose. Rimpianto e nostalgia non erano nel carattere di Silente, ma
connaturate all'uomo. E Silente era un uomo.
A dispetto della sua filosofia di vita, Silente non credeva
in Tom Riddle: lo aveva conosciuto quando ancora undicenne, in quella stanzetta
impersonale e fredda in orfanotrofio, vedendo in occhi pieni di cupidigia per
la magia un adolescente che non avrebbe dato problemi di autocontrollo o rabbia
ma che avrebbe, al contrario, sparso attorno a sè una nube di vendetta.
Inizialmente aveva creduto che potesse essere recuperato,
scioccamente aveva creduto che potesse trovare in Hogwarts un rifugio sicuro e
nella magia il suo essere mago, che avrebbe saputo discernere il bene dal male.
Il suo smistamento non durò che qualche secondo, il cappello non sfiorò nemmeno
i suoi capelli ebano che già gridava a squarciagola 'Serpeverde', quasi
indignato che vi fosse bisogno di una procedura inutile come uno smistamento
per decidere in quale casa dovesse finire quel ragazzo dotato di talento e ambizioni
fuori dal comune.
In seguito le ragioni di quel comportamento si esplicarono
ma all'inizio, Tom era solo uno dei tanti mezzosangue dotati di talento più che
i purosangue, era una gemma che brillava nella marmaglia, aveva qualche
tendenza sadica, ma era ancora un bambino. Doveva dargli sostegno, doveva
dargli fiducia. Poco a poco le cose cambiarono, e ancora Silente lasciò
correre, non fino a quando il mostro di Serpeverde venne liberato e una persona
innocente come Hagrid venisse incriminata ingiustamente. Da allora gli occhi
del professore di trasfigurazione non lasciarono mai Tom Riddle, ma ormai era
troppo tardi per recuperarlo.
Correva già voce che si fosse fatto una 'certa' reputazione
a scuola, correva voce che succedevano cose strane a chi provava a mancargli di
rispetto, improvvisamente la notizia che Tom Riddle fosse divenuto una specie
di Principe di Serpeverde lo turbò, invece di riempirlo di quella scintilla di
orgoglio nel vedere un mezzosangue comandare a bacchetta uno stuolo di purosangue.
Osservò i suoi amici, li scoprì più devoti, più ciechi, di qualsiasi amico. Non
erano amici, erano considerati alla stregua di semplici seguaci.
Quando Tom tornò qualche anno dopo il diploma,
dell'affascinante e brillante studente che tanto lo impensieriva vedeva solo un
giovane uomo che era riuscito dove lui aveva fallito: la conoscenza. La
peggiore che esistesse.
Forse era vero che Lord Voldemort lo temeva, ma non
perchè'avesse decenni di esperienza e potere, no, non era questo. Era perchè
Silente poteva arrivare dove altri non erano riusciti, era perchè Silente,
avendo sperimentato anche lui le strade del potere, sapeva dove esse
conducevano e per quali vie. Lui poteva fermarlo. Eppure non lo aveva fatto.
C'erano volute le morti necessarie di James e Lily, c'era voluta una profezia,
c'era voluto Harry.
Se fosse stato più giovane, Silente avrebbe saputo cosa
fare di Harry: avrebbe fhffffdfdhb
Sapeva che Voldemort aveva perso una battaglia e non la
guerra, lo sapeva, perchè Voldemort aveva esplorato anche la via
dell'immortalità e perchè era riuscito là dove Grindelwald aveva fallito.
Sarebbe tornato. E Harry era così... così... potenzialmente uguale a lui:
orfano, costretto ad un’infanzia di privazioni... e se Voldemort avesse visto
in Harry quello che un tempo era stato lui? L'ultimo dei reietti e poi il primo
di una nuova genia?
Non poteva rischiare.
Per questo aveva mandato Hagrid a prenderlo e non un
qualsiasi membro del suo staff docenti, per questo aveva guardato quasi con
soddisfazione le liti con Malfoy, solo perchè avrebbero allontanato Harry dalla
via Serpeverde. E sarebbe diventata la sua arma.
Un profezia di una veggente si sarebbe avverata, in un modo
o nell'altro.
Non aveva accolto per niente bene la dipartita di Harry
alla fine del quinto anno: l'averlo fuori dal suo controllo lo inquietava
perchè non avrebbe saputo quali fossero i suoi movimenti, quali fossero i suoi
pensieri. Stava perdendo il polso su di lui, lo sapeva, perchè Harry era un
adolescente, aveva perso una figura che si proponeva essere paterna, aveva
scoperto quello che Silente avrebbe voluto tenere nascosto per ancora un po'.
In realtà non si sarebbe mai aspettato una fuga, ma decisamente lo aveva
sottovalutato.
E al suo ritorno era accompagnato da Tom Riddle.
Ora poteva scegliere due strade, ed imboccandone una,
smantellando le sue buone intenzioni, aveva operato la sua scelta.
- Certo che farò qualcosa in merito, Emilia. Mi stupisce e
mi ferisce che tu me lo chieda - ribattè pacatamente l'attuale preside di Hogwarts
- Voglio solamente che Harry conosca tutto del suo nemico -
Per fare cosa?, avrebbe voluto chiedere
causticamente Emilia.
Per cominciarlo ad odiarlo, per conoscere le sue
efferatezze, per conoscere quanto malato fosse il suo desiderio di potere?
Sì.
Per fargli conoscere Voldemort, per farlo comprendere le
sue scelte?
Sì.
Oppure per portarlo a disconoscere quel lato di Tom, per
fargli rinnegare la fiducia che Harry riponeva in lui, per fargli capire che
non esisteva amore nel cuore di Riddle?
Sì.
Dimmi, Silente, quale strada hai scelto per Harry?
Con quale lo manipolerai, questa volta?
Con Tom non ci era riuscito, questo perchè Tom era un
ottimo manipolatore a sua volta. Ma Harry?
Dopotutto li aveva visti crescere, aveva avuto tra le mani
un Harry di cera da plasmare, aveva compiuto qualche errore, ma erano
rimediabili. Non aveva scoperto come Tom Riddle fosse tornato, non aveva
scoperto dove fossero stati quei due di preciso, Harry non glielo aveva voluto
dire. Non aveva avuto spiegazioni alla straordinaria capacità di usare
l'Occlumanzia di Harry, ma immaginava che c'entrasse Riddle.
Lo aveva allenato lui?
Ma allenato a cosa? Ad uccidere se stesso?
Che sciocchezza.
Riddle aveva solamente voluto carpirgli la fiducia, e
l'avrebbe usata contro Harry, lo sapeva bene Silente, perchè aveva conosciuto
molto bene il Tom Riddle-Voldemort, e quello che ora frequentava nuovamente
Hogwarts altro non era che lo stesso identico Tom Riddle.
Amore.
Per anni aveva predicato di amore ai suoi studenti,
esortandoli ad accettare le differenze con gli altri, a costruire con loro un
vincolo di amicizia, di affetto, di complicità. Dovrebbe essere soddisfatto nel
vedere Harry e Tom Riddle assieme, come una coppia, eppure non lo era.
Non avrebbe mai creduto che Tom cambiasse completamente,
nemmeno per amore di Harry, non si faceva illusioni, ma era profondamente
deluso da Harry stesso, per non aver cercato di cambiarlo.
Forse aveva sottovalutato l'ascendete che Tom aveva su
Harry.
Forse stava agitandosi per un nonnulla.
Ma la verità, per quanto dolorosa fosse, era che Silente
non credeva in nessuno dei due. Non doveva.
Non poteva rischiare, se Tom avrebbe abbracciato la stessa
via di Voldemort il mondo avrebbe dovuto affrontare due signori oscuri e questo
non era assolutamente accettabile, non dopo tutti i sacrifici che Silente aveva
fatto.
Perciò si era risolto a dare a Harry quelle lezioni sulla
vita di Voldemort. A giocare d'azzardo
l'ennesima volta, scommettendo nuovamente su Harry, visto che ormai aveva
creduto di dover scegliere tra due mali minori, e poi Harry era sempre stato il
suo pupillo. Suo, non pupillo di un’insana arte come l’amore.
'Voldemort non conosce amore' gli ripeteva spesso.
Harry lo aveva guardato, quasi ferito da quella
affermazione, intuendo che in realtà il soggetto fosse sia Tom sia Voldemort, e
non soltanto quest'ultimo.
'Voldemort non lo conosce, ma è anche perchè ha spezzato la
sua anima in più parti, perdendo completamente i sentimenti umani'
Silente aveva scosso la testa, quasi deluso da quella
difesa a Tom: 'Voldemort non ha mai provato amore. Mai. Era troppo pieno di
rabbia e odio per provarlo'
'Rabbia e dolore derivano da un sentimento, dalla perdita
di quello che si ha o dall'assenza di questo. Non si può provare dolore senza
aver provato prima qualcosa prima'
Harry si rifiutava di vedere in faccia la realtà. Si
rifiutava di accettare la visione delle cose del suo mentore. Perchè? Perchè
doveva essere cambiato così tanto dalla morte di Sirius?
'Harry, l'amore è il sentimento più immediato che esista,
chi non impara ad amare non impara ad odiare. Voldemort ha scelto di amare
qualcosa, è vero, ha scelto di amare se stesso e il potere. Il suo dolore
deriva dall'impossibilità di raggiungere le vette più alte ed inarrivabili. Il suo
spirito anela sempre a qualcosa di più, non ha tempo nè spazio per l'amore, per
lui conta solo come arrivare al Potere. Lo cerca, lo cerca e non vede altro'
Il ragazzo era rimasto in silenzio per qualche secondo, si
stava mordendo il labbro, pensieroso. Sembrava voler dire qualcosa ma era
indeciso tra il dirlo e il tenerlo per sè.
Silente però aveva interpretato bene il suo silenzio:
sapeva che voleva dirgli 'Tom mi ama, non è questa un'ottima argomentazione? Mi
ama e non è alla disperata e cieca ricerca del potere'. Povero Harry, c'era
proprio cascato.
- E allora perchè continui a non volergli insegnare altro?
- ribattè Emilia. Ricordava quasi fosse il giorno prima la sua visione: Harry
che correva da Silente chiedendogli un aiuto che il preside non voleva dargli e
la promessa di passare da Voldemort. Per un folle attimo si chiese se quella
visione fosse stata davvero scongiurata dopo il debellamento dell'attacco
mangiamorte a Hogsmeade.
Povero Harry, aveva pensato.
Povero se stesso, si era poi corretto.
Silente la guardò con un guizzo quasi di rimprovero: - Gli
sto insegnando la virtù più importante, la pazienza -
Eppure avrebbe perso la scommessa con entrambi, peccando di
Superbia.
*
Ritornare in quella casa, ogni volta, gli procurava una fitta
di tristezza e nostalgia: aveva appena messo piede nell'atrio di Grimmauld
Place e già sentiva il desiderio di correre fuori da quella casa maledetta e
dimenticarsi della presenza del suo ultimo legittimo proprietario, Sirius
Black.
Remus si chiuse la porta alle spalle, ben attendo a far
scattare i cardini con delicatezza, in modo che nessuna presenza indesiderata
avvertisse la sua entrata. I ritratti della casa erano semplicemente
imbestialiti all'idea che l'ultimo maschio della linea Black avesse lasciato la
benemerita residenza di londinese a Silente che facesse da custode segreto alla
sua attuale ubicazione, negando l'entrata a chiunque non fosse espressamente
invitato da Silente stesso.
Persino con tutte le rimarchevoli faccende che concernevano
il suo passato, Sirius rimaneva un Black e come tale rimaneva in diritto di
spadroneggiare sui possedimenti dei Black, una volta morto, ciascuna di queste
cose era passata, però, nelle mani di una persona esterna ai Black e questo,
beh, questo non poteva essere accettato.
Il resto dei beni Black erano stati incamerati nei
possedimenti Potter secondo il testamento rilasciato da Sirius, ogni cosa,
eccetto Grimmauld Place, sembrava volesse dire che Harry avrebbe avuto tutto
ciò che gli sarebbe stato utile e piacevole, e Grimmauld Place, essendo la casa
da Sirius tanto odiata, avrebbe preferito lasciarla a Silente come sede
dell'Ordine. In ogni caso, Sirius specificò nel testamento, a Harry rimaneva
l'accesso a Grimmauld Place, sempre e comunque, prevedendo, in qualche maniera
che, una volta finita la scuola, a Harry potesse servire una residenza, anche
solo di passaggio.
Remus era stato presente alla lettura del testamento di
Sirius, conosceva a memoria le parole che gli venivano rivolte dal suo, un
tempo, migliore amico 'Ora tocca a te, Lunastorta, occuparti del piccolo
Harry'. Non ne aveva avuto il tempo, Harry era fuggito da Privet Drive prima
ancora che venisse a sapere i recenti sviluppi da Remus.
Ora che era tornato... lo aveva visto a malapena due volte,
una dopo Halloween, l'altra a Natale. Bel padrino, davvero.
Purtroppo il suo impegno per l'Ordine era stato fin troppo
esaustivo, così non era riuscito a seguire Harry come avrebbe voluto.
Con un sospiro si tolse il mantello, reggendolo sul braccio
ripiegato e dirigendosi in cucina: si stava avvicinando la luna piena e quel
richiamo era diventato fin troppo pressante negli ultimi giorni, così, come
ogni volta, andava a Grimmauld Place per incatenarsi in una delle stanze e
completare la trasformazione.
- Sei in ritardo -
Remus sollevò gli occhi dal pavimento per fissarli su
Severus Piton, appoggiato al tavolo della cucina, dove era posata una
bottiglietta di pozione contro la licantropia, che avrebbe dovuto prendere già
l'indomani.
- In futuro gradirei che fossi puntuale, Lupin. Non ho
tempo da sprecare ulteriormente per te - continuò in tono atono Piton.
- Pensavo dovessi prepararmene di più, non solo per una
volta - rispose Remus senza offendersi alla ormai consueta indisponente del
professore di pozioni.
Severus Piton sbuffò quasi impercettibilmente: - Come già
ti ho detto, non ho molto tempo per te. Accontentati -
Prima di sorpassarlo per dirigersi all'uscita, Remus si
voltò e ribattè: - In questa maniera però dovrai rivedermi tra due settimane -
- A quanto pare - fu la risposta laconica dell'altro - Se
tu fossi capace di preparartela da solo non esisterebbe problema... -
Replica senza senso. La pozione era davvero difficile da
preparare anche per Remus, noto per le sue doti di applicazione nello studio,
tale da potergli permettere un facile apprendimento. James e Sirius sì che
imparavano in fretta, Remus non ricordava nemmeno quando quei due avessero
studiato... e tutto il tempo che avrebbero dovuto trascorrere sui libri invece
lo passavano ad organizzare scherzi e scorribande.
Remus appoggiò il mantello liso su una delle sedie
sedendosi stancamente sulla stessa, Severus lo guardò quasi irritato da quella
stolida indifferenza: c'era da stupirsi che Remus Lupin potesse mantenersi
ancora in piedi, era così abbattuto da spandere un'aura di melanconia attorno.
Non era proprio il Remus Lupin che aveva conosciuto a scuola: non erano
solamente le morti dei suoi migliori amici, era altro, compresa la missione che
Silente gli aveva commissionato.
Si avviò verso l'uscita, disinteressandosi della faccenda,
o almeno... provandoci. Si girò indietro, sbuffò mentalmente, e tornò sui suoi
passi velocemente, prima che il suo pensiero cambi bandiera e gli suggerisca
molto alacremente di ritornare a spalancare la porta e guadagnare l'uscita.
Con un fruscio estrasse una boccetta contenente un liquido
azzurro dalla tasca del mantello e la posò accanto alla fhfgdvb, Remus sollevò
il capo, osservando sorpreso l'intruglio: - Pozione della Pace - Donava calma e
tranquillità in piccole dosi.
Remus spalancò gli occhi: - Sever... -
Ma Severus Piton aveva appena aperto la porta, a quel mezzo
richiamo aveva chinato il capo, poi era uscito dal numero 12 di Grimmauld Place
e le serrature magiche erano scattate.
Per quella notte non avrebbe sentito il rimorso
avvelenargli l'animo. Non avrebbe peccato di invidia. Solo per una notte.
*
Era una sensazione, più che altro. In realtà non vi era
nulla di tangibile, nulla di realmente concreto, che potesse farlo pensare male
di loro.
Draco sbirciò Vincent e Gregory dal suo banco nella classe
di Trasfigurazione, osservando con fin troppa attenzione le loro espressioni,
che sempre rimandavano quell'espressione di stolidità da farlo uscire fuori di
testa: ed era proprio quell’espressione a farlo dubitare della loro buona fede.
- Ancora con quella storia? – domandò quietamente Blaise a
bassa voce.
Draco sospirò mentre lo sguardo dell’amico sembrava essersi
venato di indulgenza: - Lo so come la pensi – ribattè a denti stretti – ma non
mi convincono –
- Come puoi dubitare di Vincent e Gregory? Hanno passato lo
steso inferno che abbiamo passato noi, non hai alcun diritto di dubitare! -
Questa volta Draco si voltò verso Blaise, quasi indignato:
- Non ho detto di averne la certezza ma… -
- E’ proprio questo il problema! -
Blaise era stato l’unico al quale Draco aveva confidato le
sue perplessità riguardo Vince e Greg, quindi solo da lui poteva ricevere una
critica, peccato che Blaise ci tenesse scrupolosamente a sottolineare quanto
fosse campata in aria la sua idea. Ma era davvero così?
Draco sapeva che Blaise aveva ragione: Vince e Greg erano
loro amici fin dall’infanzia assieme a Pansy e Millicent, e assieme a loro
avevano tradito la famiglia e il buon nome di purosangue per unirsi alla parte
avversa della guerra, assieme a Silente. Drammaticamente, o ironicamente, le
famiglie Malfoy, Zabini, Parkinson, Bulstrode, Tiger e Goyle potevano contare
su un unico erede, loro, per l’appunto, che non avrebbero mai sottostato alle
rigide leggi dei Purosangue né vi avrebbero accresciuto il lustro nel lato
oscuro.
Nonostante il destino in comune, nonostante l’amicizia,
nonostante tutto, Draco ancora dubitava. In realtà quella sensazione era
solamente, appunto, una sensazione e indirizzata verso le persone che più
gliela ispiravano.
Non aveva detto a Blaise avere sentore che stesse
succedendo qualcosa: aveva questa strana impressione che tutto stesse
procedendo… a rilento. Come se… come se fossero rinchiusi in una scatola e da
un momento all’altro qualcuno ne potesse sollevare il coperchio: c’era solo la
certezza che qualcuno, prima o poi, l’avrebbe fatto.
- Draco… -
Il biondo occhieggiò un’ultima volta Vincent e Gregory
prima di dire frettolosamente: - Va bene, va bene… -
Eppure… non c’erano stati attacchi mangiamorte dopo
l’ultimo fiasco a Hogsmeade, non c’erano stati attacchi nemmeno in qualche
città babbana… tutto troppo tranquillo.
Inoltre Hogwarts sembrava aver abbassato la guardia:
Silente seguiva sempre più pimpante le sue contorte trame, gli studenti avevano
cominciato a guardare solo i proprio problemi personali, di gran lunga più
tangibili di un nemico invisibile che giocava a nascondino, tutti erano
scivolati in un’atmosfera di rilassamento.
C’era qualcosa che non quadrava…
Qualche banco più in là, una mano scriveva furiosamente su
un foglio di pergamena: non erano appunti di trasfigurazione, erano
indicazioni.
E tutte quelle cose che un tempo si possedevano, si
sarebbero riavute indietro. A costo di tradire tutto e tutti.
La Gola, così subdolamente, rendeva così dipendenti da
quelle cose passate ma, allo stesso tempo, insaziabile, ricercava qualcosa per
placare la fame: prestigio, ricchezza, potere.
*
La fioca luce che trapelava dalla piccola finestrella disegnava
il segno delle sbarre lungo il pietrisco e la paglia ammonticchiata in un
angolo e quasi mai usata.
Le sue mani tenevano ben strette i grani del rosario grezzo
mentre le sue labbra mugolavano qualcosa di incomprensibile e lo sfioravano
ripetutamente, i lunghi capelli erano sollevati in un pannung approssimativo.
Quanto tempo era passato da quando il suo corpo era stato
segnato da quelle cicatrici? Qualcuno avrebbe potuto dire che erano belle,
artistiche persino, e lo abbellivano, lui le chiamava cicatrici, segni di un
peccato non aveva commesso, segno di una colpa non perpetrata.
Gli avevano detto ‘Dovresti ringraziarci, ti stiamo
dando un potere immenso’ ma in realtà era stato solo una catena che lo
avevano legato a loro.
Quel potere non lo aveva mai voluto eppure aveva dovuto
imparare a conviverci ogni giorno e dominarlo. Lo aveva fatto, e si era
vendicato di loro.
Poi, pian piano, la sua ragione di vita era svanita, ed era
arrivato lui, quello vestito di nero dal viso serpentino, con il suo bagaglio
di sogni…
‘Mi serve il tuo potere’ aveva detto. E lo aveva
sfruttato.
La preghiera si fece più cantilenante.
Nonostante quel Voldemort avesse usato il suo potere, lo
temeva, perché c’era qualcosa che lo legava al mondo dal quale lui proveniva.
‘Sai cosa sono gli Horcrux?’ gli
aveva domandato una volta ‘Sono dei contenitori. Contengono l’anima delle
persone’
Era rabbrividito pensando a qualcosa di così mostruoso come
spezzare la propria anima.
‘Tu parlerai solo con me’
Di che cosa aveva paura Voldemort?
In quel momento la porta della sua cella si aprì, non
distolse la sua attenzione dalla preghiera, ma avvertì distintamente Voldemort
entrare nelle tenebre della sua stanzetta.
- Devi andare a raccogliere ulteriori informazioni su un
quadro di nome Emilia di Blaine. Sembra che abbia fatto diverse predizioni sul
futuro che potrebbero ostacolarmi… -
Qual’era il suo peccato? L’Indolenza, la lacunosa pigrizia,
non lo spingeva ad alcuna vera presa di posizione, compresa quella della
propria libertà.
*
- Ottimo lavoro Dawlish, come sempre -
L’auror annuì brevemente: - Sì, il ministro della magia
spagnolo ringrazia per il dono che le ha mandato Augustus –
Augustus Meyer, da-poco ministro della magia inglese
sorrise infantilmente: - Un chianti è pur sempre un chianti – ribattè tutto
soddisfatto poi si rivolse al suo segretario – A proposito… Percy, quando ho
l’incontro con il ministro della magia francese? –
Percy Weasley si sistemò gli occhiali di corno mentre rispondeva
prontamente, senza nemmeno consultare l’agenda magica che teneva per il
ministro: - Per la colazione di domani, signore, come già le ho ripetuto questa
mattina. A cui parteciperanno anche il… -
- Sì, sì – Augustus lo interruppe impaziente, arrovesciando
gli occhi verso il cielo. Dawlish scosse la testa, chiedendosi per l’ennesima
volta che cosa fosse passato in testa a Silente nel designare un ex-ministro
degli Sport magici come primo cittadino del Mondo Magico inglese.
Con tutte le sue stranezze, comunque, era riuscito a fare
un buon lavoro, diventando amico del ministro della magia spagnolo e russo, e
quest’ultimo era stato in passato particolarmente reticente nella
collaborazione internazionale. Inoltre il clima rassicurante che si era diffuso
nella sede delle istituzioni magiche aveva contribuito ad allontanare i
pettegolezzi che concernevano l’inefficienza del ministero.
- La lascio alle sue pratiche, signore – prese congedo
Dawlish, seguito poi da Percy.
Augustus fece scorrere un dito lungo il legno della
scrivania, il suo sorriso gioviale scomparve trasformandosi in un più equivoco
ghigno.
Era Avarizia quella che animava i suoi occhi?
Era l’amore spropositato per le cose che teneva strette a
spingerlo per tenerle ancora più strette?
*
La cosa che più odiava era essere messa in disparte: aveva
sopportato benissimo vedere il magico Trio confabulare fra loro, lo aveva
accettato perché Ron, Harry e Hermione estromettevano tutto il mondo nelle loro
trame, non solo Ginny, aveva persino sopportato che gli adulti la escludessero
dall’Ordine, perché, comunque, aveva reperito le informazioni per conto proprio
con le orecchie oblunghe e i gemelli. Ora però la situazione era degenerata.
Essere allontanata da quella feccia di Rinnegati la faceva
infuriare: perché Ron avrebbe dovuto prendere le parti della Parkinson
piuttosto che quelle della sorella minore? Perché Harry aveva preferito Rice a
lei? Perché Hermione era nata una buona sintonia con la Bulstrode? Perché Dean
aveva trovato l’amore con la Greengrass?
Tutto questo era ridicolo! Grifondoro e ex Serpeverde a
braccetto…
No, la situazione non poteva continuare così: Ron doveva
tornare a stare dalla parte della sorella, innanzitutto, e gli altri sarebbero
dovuti tornare quelli di una volta.
Mettere zizzania tra tutti non era stato così difficile,
pure nel rapporto di calma apparente tra Harry e Tom qualcosa si era
drammaticamente incrinato. A guardarli non si sarebbe detto, ma il loro
rapporto era costantemente in bilico. Anzi, ben presto.
- Harry… -
Harry si voltò mentre Ginny lo chiamava: - Che c’è Ginny? –
Ginny gli rivolse un sorriso appena accennato: - Ti ricordi
di Theodore Nott? -
Torniamo a com’eravamo.
Ritornate a guardarmi.
Vanità?
*
Il gufo volteggiò nel cielo osservando con i suoi occhi
ambra il panorama che si estendeva sotto di lui: il parco e il grandioso
giardino rinascimentale che occupava tutta l’area antistante al grande edificio
in marmo bianco i cui doccioni si notavano persino dalla sua altezza.
Il volatile cominciò la lenta e progressiva discesa mentre
i puntini neri che aveva intravisto dall’alto altro non erano che giovani maghi
e streghe con libri tra le braccia che si dirigevano verso l’edificio
scolastico. Le loro divise erano sul tono del verde: gonna e pantaloni verde
scuro, lo stesso della giacchetta che si intravedeva da sotto i pesanti
cappotti – ma anche che pochi indossavano – e della cravatta.
Il gufo cercò l’entrata adibita ai portatori di missive
come lo era lui, la finestrella là in alto, eccola, vi entrò per poi sbucare in
un cortiletto interno occupato da statue di fattura latina e aiuole di fiori
che ospitavano piccole fatine danzanti.
Mandando un versetto, fece lo slalom delle colonne sulla
sua destra e imboccò un pesante portone a due battenti che introduceva il
visitatore alato all’interno della struttura: fu immediatamente accolto da un
vasto corridoio che ospitavano semicolonne portanti busti di personaggi famosi
che al momento erano occupati in chissà quale simposio, scambiandosi opinioni
in latino ed altri in italiano antico.
Il gufo sfiorò la volta a cassettoni, gli intarsi oro e
color rubino, scese di quota quando cambiò direzione, sorvolando il pavimento
in marmo bianco e poi le scale del salone principale fino a salire al primo
piano, di fronte al portone più grande, questo si aprì facendo uscire una donna
dai capelli castani: - Grazie per l’attenzione, preside – stava dicendo e
mentre socchiudeva la porta il gufo penetrò all’interno della stanza.
Era molto spaziosa e luminosa, una delle tante finestre
dava sul cortile esterno e donava all’occupante della stanza un panorama
mozzafiato su un giardino curato in cui crescevano fiori e un labirinto al cui
centro stanziava una fontanella di un fauno che schizzava acqua mentre danzava
assieme ad alcune piccole ondine. Alla destra della finestra principale si
estendeva un campo da Quidditch munito di gradinate, mentre tutta la proprietà
era circondata da un dolci colline e alcuni alberi che si intravedevano in
lontananza.
La finestra, a discapito dell’aria invernale, era
spalancata, quindi lasciava entrare fasci di luce in tutta la stanza, colpendo
la bella scrivania ottocentesca sulla quale erano accatastati alcuni fogli e
calamai ordinati, illuminava la bella biblioteca a parete facendo penetrare la
luce solare tramite le teche che proteggevano i libri antichi.
L’unico occupante e proprietario di quell’ufficio si voltò,
il sole lo investiva da dietro, illuminando i suoi capelli biondi che parevano
abbagliare, attorno all’ovale perfetto del suo viso, vestiva in bianco, pratici
pantaloni e una camicia di batista, nel vedere il visitatore alato fece un
sorriso triste: - Non sei un po’ in anticipo? –
Si sporse, prendendo la lettera che il gufo gli stava
porgendo con la zampina. Per un attimo ebbe l’illusoria speranza che quella
missiva provenisse da quella persona, quella con cui aveva diviso
molteplici notti e a volte anche qualche mattina.
No, Prestorn non era quel tipo di persona: una persona che
spedisce delle lettere, che vuole approfondire il contatto intimo di una
relazione, che vuole imbastire una relazione. Solo da poco aveva cominciato a
parlare di sé, piccoli sprazzi, ma era pur sempre qualcosa...
E di tutte quelle cose, Luigi le serbava nel profondo del
cuore, come tesori preziosi, perché denotavano che Philius si fidava di lui al
punto da poter abbassare in sua presenza la maschera che portava. Faceva
sentire speciale Luigi come era da tanto che non si sentiva.
Aveva finalmente accettato che ciò che lo spingeva verso
Philius non era attrazione, lo aveva capito quando aveva cominciato a notare le
piccole cose, come se lo salutasse o meno con un bacio quando se ne andava,
com’era quel bacio, che cosa trasmetteva, oppure come si comportava con lui, le
sue parole, le sue interazioni.
Ogni cosa improvvisamente era diventata importante, quando
prima era solamente una cornice di contorno.
Purtroppo la cosa era a senso unico, non ricambiata,
nonostante tutto. Philius continuava a guardarlo come prima, come se fosse
solamente un amante e nient’altro e questo a Luigi aveva cominciato a non
essere gradito, anzi.
Scosse la testa, cercando di allontanare quei pensieri, e
abbassò lo sguardo per leggere la lettera che il volatile nero gli aveva appena
portato.
L’espressione sul suo viso era indecifrabile, ma passò
un’oscura ombra sui suoi occhi. Chiuse le palpebre, cercando di celare a se
stesso la tristezza che quella lettera gli procurava.
- Non ci sarà risposta – disse con un filo di voce. Il gufo
spalancò le ali e uscì dalla finestra lieto di terminare con successo il suo
incarico mentre Luigi attraversava l’ufficio e gettava la lettera nel fuoco.
Mentre osservava la missiva bruciare appoggiò la fronte
allo stipite del camino, chiedendosi perché mai il suo animo doveva bruciare
per qualcuno che era così diverso da lui, per qualcuno che peferiva le tenebre
alla luce, come Philius Prestorn.
Chiuse nuovamente gli occhi, abbandonandosi ai suoi
pensieri.
Era forse schiavo della Lussuria?
Oh no, schiavo di qualcosa di più potente e più
travolgente: l’Amore.
*
’Perché ti ostini a rinnegare quello che sei?’
Tom cercò di scacciare dalla mente la voce mefitica di
Voldemort e le sue maledette provocazioni: perché doveva continuamente
martellare la sua testa con quelle continue insinuazioni? E perché Tom non
riusciva ad allontanarlo con abbastanza convinzione?
Le parole di Altair ancora gli bruciavano addosso: pensare
a Harry, trarre dal loro legame più forza possibile, sembravano cose così
semplici, persino la voce di Voldemort aveva cominciato ad impallidire di
fronte a quella potente barriera, ma ultimamente quella voce invece di perdere
del tutto consistenza, ne aveva acquistata.
‘Non puoi mentire a te stesso. Dimmi, Tom, chi sei?’
Il ‘clic’ della porta gli fece sollevare lo sguardo, Harry
apparve sulla soglia, con un sorriso incerto sul viso: - Scusa per il ritardo,
sono stato trattenuto –
Tom nemmeno gli rispose se non facendogli un cenno
eloquente con la mano di avvicinarsi, una volta tra le sue braccia lo baciò
come se fosse l’ultima cosa che facesse, e la voce di Voldemort sparì negli
anfratti della sua coscienza.
Quando si staccarono Harry si sistemò tra le sue braccia,
semidisteso sul letto, e la piega del suo viso aveva perso il sorriso per dar spazio
ad una strana serietà.
- Tom… dimmi una cosa -
- Sì? -
- Cosa credi che sia più grave perdere l’anima o sottrarre
una vita? -
- Perdere l’anima ovviamente -
- E se tu perdessi l’anima nel sottrarre una vita? Se volessi
perdere l’anima uccidendo? -
Tom lo guardò gravemente: - Non capisco, Harry… -
- Rispondi alla domanda, Tom -
Tom inarcò un sopracciglio, perplesso, non capendo dove
Harry volesse andare a parare: - Perché qualcuno vorrebbe perdere l’anima? –
Harry cercò di decifrare una qualsiasi emozione traditrice
nei lineamenti di Tom: - Per raggiungere il potere –
‘Sa degli Horcrux, Tom, sa degli Horcrux’
Come faceva Harry a sapere della via per raggiungere
l’immortalità?
‘Quanto sei ingenuo… Silente, no?’
- Non capisco di cosa parli, Harry -
- Davvero? – domandò scettico Harry.
Bastò questo per far infuriare Tom: - Non mi credi? Mi hai
preso per Voldemort, forse? -
Harry fu sul punto di ribattere: Tom gli stava mentendo per
gli Horcrux come gli stava mentendo per Theodore Nott. Ma se sono io il più
importante… perché mi continui a mentire?
Tom quasi intuì quella domanda inespressa, allora lo
afferrò per le spalle, gli occhi color rubino: - Come puoi dubitare di me
quando ti ho detto e ripetuto che sei tu la cosa più importante? IO NON SONO
VOLDEMORT! – gridò poi, lentamente,
lasciò andare la presa su Harry – E se credi che io lo sia… allora, tutto
quello che siamo non ha senso –
Harry chiuse gli occhi, voleva chiedere a Tom perché non
gli parlava degli Horcrux, perché non gli diceva di Nott, invece si lasciò
abbagliare dal dolore della perdita, si lasciò condurre in una spirale dubbi
appigliandosi a tutto pur di vedere in Tom l’innocenza.
Non gli aveva parlato degli Horcrux, ma questo poteva
essere associato ad una memoria perduta. Molte cose Tom si era dimenticato,
alcune le aveva recuperate, altre no.
Non gli aveva parlato di Nott, ma come poteva Harry essere
certo che la sua morte fosse causata da Tom?
Notando l’arrendevolezza nel viso di Harry, Tom continuò: -
Harry… io non ti mento quando dico che sei la cosa più importante. Lo sei. Sei
tutto per me, lo sai questo, vero? –
E al di là dei dubbi, al di là delle certezze, c’era
l’incrollabile verità che Tom gli stava nuovamente rendendo chiaro.
- Sì, lo so -
Tom si chinò a baciarlo quasi con disperazione: - Non
dubitarne mai. Non farlo, Harry, non farlo mai -
E rinnegare se stessi… anche quello era un peccato.
*
FINE
SESSANTESIMO CAPITOLO
Continua…
Mistress
Lay
*
Noticina necessaria:
Vorrei fare qualche precisazione: Tom ha in questa fic
diciannove anni da poco compiuti. Chi si ricorda che succede nel sesto libro sa
che cosa intendo.
Altra cosa: la Gola che ho indicato nel capitolo, non è
intesa solo nel senso puerile del termine, non è ingordigia di cibo, ma è
tensione verso qualcosa che si vorrebbe e accrescerla a dismisura.
In ultima istanza: qualcuno mi potrebbe dare un consiglio
su Piton e Lupin? Ho troppe idee in proposito… ^^
Inoltre, come ho detto a Slib, e come ripeto volentieri
anche qui, dovete scusarmi per la penuria di aggiornamenti ma l’estate, lungi
dall’essere rilassante come molti dicono, pullula di impegni a destra e a
manca.
Cercherò di aggiornare più alacremente in questo periodo,
anche perché da settembre comincerò mi trasferirò in un’altra città e comincerò
l’università… e chissà quando troverò il tempo libero per continuare questa fic…
a proposito, qualcuno di voi si ricorda della mia shot ‘Non
è amore’?
Siete pronti per il suo ritorno? O meglio, siete pronti per
i suo sequel? XD (non preoccupatevi, è quasi conclusa!)
Grazie a tutti coloro che hanno letto – spero – e coloro
che hanno recensito il capitolo precedente, scusatemi, a proposito, se le risposte
non sono molto esaustive, ma sono di frettissima >.<:
Nami_Phoenix, disgraziata! >.< ma non
dirmi queste cose?! ^///^ Bax bax
Kira Hashashin, dici che devo stare zitta? Ok,
non voglio scatenare l’ira della mia Big Sis *_* Bax bax, ti voglio bene!
Alicesimone, tesoro! *_* La lemon della loro
prima volta dovrò prima o poi trovare il tempo per scriverla… ^^ ma lo farò,
anche perché non vedo l’ora! Eheh Bax bax, tvb!
mel91, ormai i capitoli che segnano lo ‘svelamento’ della
vera identità di Altair si possono già intravedere all’orizzonte… XD Bax bax!
Metis, anche io adoro Altair, e generalmente con i personaggi
che creo non mi succede… XD Gli allenamenti di Harry? Beh, per quelli dovrai aspettare
ancora un po’… e come avrai intuito io detesto Silente >.< Mi fa venire una
rabbia… Bax bax!
lyrapotter, potrò anche aggiornare ogni
morte di papa ma non dubitare mai che prima o poi aggiornerò! XD Il trio? Beh,
nel prossimo capitolo riapparirà... Purtroppo anche a causa della rarità degli
aggiornamenti, capisco, non si capisce niente ma ormai la storia va avanti
così... sigh... Bax bax
Draco Malfoy, certo che seguo Stephenie
Meyer! XD Non vedo l’ora che sia novembre per leggere finalmente l’ultimo libro
della serie (ma perché i nostri traduttori ci mettono così tanto a tradurre un
libro? Uff…)! comunque non avevo colto la similitudine tra Bella, Edward e
Jacob con Harry, Tom e Draco. Però una piccola (piccola, poi!) cosuccia simile
c’è… adesso che mi ci fai pensare, ma non nel capitolo precedente… U.U
L’idea del viaggio a Parigi non è stata presa da HWHP,
questa scelta – mia e dell’autrice Elecam – ci ha accomunate quando ancora non
ci conoscevamo. Sarà il richiamo della Ville Lumiere sotto la neve che la rende
irresistibile… XD E poi quest’idea di Parigi è diventata il nostro cavallo di
battaglia. Perché? Lo scoprirai presto! XD E, se segui anche HWHP dovresti
notare qualche indizietto qua e là… Bax bax!
James_Prongs, beh, ti ringrazio, Jamie!” XD
Non sai quanto RdS sia mancata a me… sigh! Bax bax!
Larya, non preoccuparti, l’azione arriverà fin troppo
presto e di momenti romantici… beh, ormai dovrai sapere che non possono
durare?! XD Bax bax!
Moony9, ah, già, hai proprio ragione! Meglio farne una
scorta perché già da questo capitolo si vede quanto le cose sono cambiare… sigh
Bax bax!
Marcolp, un nuovo lettore, ancora non ci credo! *_* Spero
che la lentezza con cui aggiorno non ti abbia fatto cambiare idea… ç_ç Bax bax!
Vampire_and_Witch, ma come, e il mio divertimento
dove va a finire? XD Ah, non c’è più giustizia a questo mondo! Bax bax
Heris, sarà l’influenza di chi-sappiamo-noi? XD Sta di
fatto che se prima Tom non mi voleva uccidere (cosa altamente IMPROBABILE) ora
vuole farmi sparire dalla faccia della terra! Giorni duri per me… sigh… Bax
bax!
Naiad26, beh, se lo ripeti questo non può che farmi
piacere! XD
Redhat, ormai con i suoi nomignoli… XD Povero tom davvero!
Bax bax
Noctumbrial, ma come perchè? Perché è divertente!
XD Bax bax
Suzette, onorata! Come sempre ^_^ spero di continuare così
ç_ç bax bax
Captain, beh, sono felice che ti sia piaciuto… XD Chissà
che avrà adesso Ronnino, mah… come, Ron, dici che dovrei saperlo io? Uhmm… Bax
bax
Haley, mia cara Seconda Padrona! Lo so, lo so, sono imperdonabile:
non sono ancora riuscita a risponderti a quella benedetta mail che mi hai spedito
lune e lune fa (ma come parlo?!) ma lo farò il più presto possibile, promesso! Ç_ç
Purtroppo la posta non mi funziona come dovrebbe… grrr
Tornando alla tua recensione… e al sessantesimo capitolo tornano
Remussino e Piton! Inoltre ritorna a imperversare disastri la Piattola, torna Emilia
e c’è anche Luigi. Insomma, altro che festa! XD
Beh, ho dato un piccolo indizio su Altair nel capitolo
precedente… ma come sono brava! (ti fai i complimenti da sola? NdNeu) (beh, se non
c’è nessuno che me li fa… ç___ç ndLay) Ecco, immaginati Nixie che riesce a non essere
ancora trasformato in un paio di simpatiche babbucce a causa di quanto è carino…
hai presente il Gatto con gli Stivali di Shrek 2, quando fa gli occhini? *___* Bax
bax!
_Mae_, il non-umano… ehm… no, Tom non si deve preoccupare
di quel tesoro di Will XD Sì, decisamente il Nexus darà una grande mano
a Harry U.U Ma di qui non mi scucio oltre… Confesso di essermi pescata la tua
teoria su Al nella recensione a due capitoli fa, quindi scusami! >.<
Non posso dire niente per Elecam, altrimenti mi uccide, ma il
nomignolo ‘Al’ non ha niente a che vedere con Alexandra XD Anche se è buffo che
me lo fai notare – e io non ci avevo davvero pensato – eheheh… Bax bax!
Astaroth, ehm… dici che aveva ragione
Pos? XD Bax bax! Tvb
Commentate, eh!?
Miss