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Autore: _Wonderwall_    06/06/2014    2 recensioni
(SOSPESA)
Prima guerra mondiale: la vittoria va alla Triplice Intesa (Russia- Stati Uniti- Francia).
Seconda guerra mondiale: la vittoria va ai Paesi Alleati.
Terza guerra mondiale: la vittoria va agli Stati Uniti, che conquistano l’egemonia mondiale.
Quarta guerra mondiale: in corso.
Gli uomini non si accontentano mai. Non sono bastate due guerre mondiali per appagare la loro sete di morte, di potere. Hanno sentito il bisogno di scatenarne una terza, durata solo un paio d’anni. Troppo pochi per lasciarli soddisfatti.
Perché non scatenarne una quarta? Perché non ridurre la terra in macerie?
La russia contro il mondo. Quello è il motto che i soldati russi erano fieri di ripetere ad ogni cena, ad ogni brindisi.
La quarta guerra mondiale sta devastando l’intero mondo, decimando la popolazione e c’è un disperato bisogno di una soluzione.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 8
 
 
“Days like these lead to
Nights like this lead to
Love like ours
You light the spark in my bonfire heart
People like us, we don't need that much
Just someone that starts,
Starts the spark in our bonfire hearts”



 
 
Scarlett sbuffò accarezzandosi I polsi quasi con violenza e facendosi male di conseguenza. Finalmente il suo cervello aveva cominciato a funzionare a dovere, ricordandole ogni errore che aveva fatto da quando aveva aperto gli occhi fino a quel momento.
E ne aveva fatti tanti.
I suoi occhi esaminarono le linee viola che segnavano i suoi polsi ed una smorfia di disgusto si dipinse sul suo viso al ricordo delle manette che ora giacevano sul letto a qualche centimetro dalla sua gamba. Non poteva credere di essere stata legata come un animale, torturata ed umiliata per una stupida guerra.
L’umiliazione era il sentimento che prevaleva in lei e la sensazione che bruciava maggiormente. Più del dolore dei lividi o di quello del taglio al viso.
Come se lo avesse appena ricordato si portò una mano al viso, entrando in contatto con il sangue ancora fresco che le sporcava di rosso la guancia di porcellana. Si accarezzò la ferita, stringendo i denti e indurendo la mascella per impedirsi di emettere un singolo gemito di dolore. Era sola, certo, ma non voleva mostrarsi debole nemmeno a se stessa.
Non sembrava grave, Scarlett sapeva che si sarebbe rimarginata presto.
Portando le gambe vicine al petto tentò di slacciare la corda che legava insieme le sue caviglie. Riuscì finalmente a liberare anche quest’ultime sentendosi finalmente un po’ più libera.
Osservò il suo abbigliamento: indossava ancora la divisa da medico, sgualcita e il camice sporco che aveva perso il suo candore.
 Ricordò improvvisamente le parole che il russo aveva pronunciato prima di scomparire.
‘Non scappare principessa’. Ma la stava prendendo in giro? Era così divertente? Sembrava davvero così stupida?
Ok, si era comportata come una ragazzina senza cervello quando aveva provato a scappare da quella situazione, ma non era scema. Era consapevole delle guardie che, sicuramente, erano appostate fuori quella porta e nel caso non ci fossero state si trovava sicuramente in una struttura di massima sicurezza dalla quale sarebbe stato impossibile scappare.
Come una fortezza che la racchiudeva tra le sue mura al pari del peggiore tra i peccatori e che non le permetteva di scappare via, di tornare da suo padre, alla sua vita.
Molto probabilmente si trovava a Mosca, unica città che era ancora in superficie, dettaglio che la rendeva ancora più nervosa e dava a quella situazione una nota terrificante non insignificante.
Facendosi trasportare dal flusso continuo dei suoi pensieri, si lasciò cadere sul letto, immergendosi con la testa nel morbido cuscino e permettendo ai suoi capelli rovinati di adagiarsi sul suo viso chiaro, che, oltre l’espressione imperturbabile che portava, racchiudeva timore ed incertezza.
 
 
 
 
 
 
 
Un traditore? Come era possibile che un traditore si celasse nelle sue schiere?
Ivan non poteva crederci eppure la rivolta all’interno della base non era altro che un evidente segno della corruzione dei suoi soldati.
Era stato un incosciente a fidarsi ciecamente di ognuno di loro, credendo che fossero militari scelti che meritavano la sua fiducia.
Ed ecco il risultato: dopo che finalmente erano riusciti a prelevare la ragazza quei bastardi si erano rivoltati, causando confusione e suscitando paura negli abitanti della grande base di Mosca.
Ivan correva tra i corridoi con un unico obbiettivo in mente: prendere la sua arma.
Dopo aver afferrato la sua amata pistola e quindi aver eliminato un punto dalla sua lista, focalizzò l’attenzione sul suo passo successivo.
Voleva trovare ogni uomo che aveva osato tradirlo e farlo soffrire al limite del possibile finché non lo avesse pregato di ucciderlo. E avrebbe goduto nel guardare il loro dolore.
Il rumore di più spari, proveniente dal corridoio della sua camera, attirò la sua attenzione.
Sicuramente gli americani –perché era certo che fossero americani- erano arrivati alla sua camera per riprendersi la ragazza e riportarla a quello che probabilmente era il loro capo.
La rabbia si dilagò all’interno del suo corpo, corrodendo i suoi organi interni, trasformando il ragazzo in una macchina da guerra inarrestabile.
Non si sarebbe fermato fino a quando non avrebbe avuto tra le mani quei bastardi e non fossero svenuti sotto i suoi continui pugni.
Non meritavano nemmeno un colpo della sua pistola preferita. Non avrebbe sporcato i suoi proiettili con il loro sangue sporco.
Le gambe lunghe e muscolose, fasciate da jeans chiari, correvano velocemente ed agilmente sul pavimento liscio, fatto di moquette, come se volassero.
Svoltò l’angolo trovandosi davanti agli occhi uno spettacolo orribile. Due dei suoi uomini più fidati a terra.
Occhi aperti, bianchi, sporchi di sangue versato per colpa di azioni ignobili e la bocca semiaperta.
Erano morti.
Il ragazzo grugnì, correndo ancora più veloce fino alla sua camera.
Spalancò con forza la porta, imprimendo in quel gesto tutta la rabbia che possedeva.
Uno dei due uomini presenti nella stanza aveva preso per mano la ragazza e la stava facendo alzare dal letto quasi con violenza. Lei opponeva resistenza forse non capendo che i due soldati erano dalla sua parte e che l’avrebbero portata in salvo.
Un sorriso bastardo piegò le labbra piene e rosee di Ivan, che puntò la pistola contro il petto di uno dei due, sparando appositamente qualche centimetro accanto allo stomaco.
Lo avrebbe reso innocuo e al tempo stesso non l’avrebbe ucciso, per riservarsi la possibilità di farlo a pezzi con le sue stesse mani.
Al rumore dello sparo e del tonfo di un corpo a terra, Scarlett urlò spaventata e il secondo americano presente si girò, guardandolo con occhi spalancati.
Lo riconobbe.
Faceva parte della sua squadra durante la spedizione nell’ospedale di New Orleans per rapire la ragazza.
Ivan si distrasse a fissare il suo volto e non si accorse del proiettile partito dalla canna della pistola del nemico che aveva reciso la carne del suo fianco, penetrando all’interno e lacerando la sua pelle.
Un dolore lancinante si impossessò di lui, facendolo cadere a terra, ma lasciandogli il tempo necessario per sparare a sua volta un colpo, che, questa volta, entro dritto nel cuore dell’uomo, uccidendolo sul momento.
Peccato.
 
 
 
 
 
<< Rivoglio mia figlia >> urlò il colonnello, sbattendo una mano sul tavolino di mogano intorno al quale sedevano gli altri tre generali e il presidente degli Stati Uniti.
Il grassoccio presidente fece un piccolo balzo, deglutendo vistosamente. Quella situazione non era delle migliori. Uno dei suoi migliori strateghi era appena stato privato di sua figlia e lui non aveva idea di come comportarsi.
Con un fazzolettino di seta, nascosto nella tasca interna del suo costoso abito nero, asciugò qualche gocciolina di sudore che imperlava la fronte alta e spaventosamente bianca.
<< La riavrai colonnello. Abbiamo solo bisogno di tempo >> rispose uno dei suoi consiglieri, mantenendo la voce ferma.
Nonostante il suo notevole sforzo era ben visibile dai suoi occhi la paura e la preoccupazione che nutriva verso quell’uomo così grande ed imponente.
Mark Selling sospirò ed asciugò il sudore intorno alla sua bocca. Non era abituato a reggere pressioni del genere, non sarebbe resistito a lungo. Aveva bisogno di un bagno caldo, una tisana ed un bel libro rilassante.
Ma quella volta non se la sarebbe cavata così facilmente.
Era il momento che il presidente degli Stati Uniti D’America divenisse tale, soprattutto in quel momento di terrore e di crisi economica, ma soprattutto bellica.
<< Signor presidente >> il colonnello Evans si rivolse direttamente a lui << E’ scomparsa da due giorni. Mi rivolgo a lei come padre e non come suo dipendente, sono preoccupato >> l’uomo impallidì ulteriormente, nascondendo la sua figura, raggomitolandosi su se stesso.
Aveva un figlio. Una piccola creatura di cinque anni, arrivata tardi per i suoi gusti, ma che aveva comunque illuminato la sua monotona vita, e se l’avesse perso sarebbe caduto in un baratro infinito di disperazione.
Riusciva a capirlo, lo comprendeva perfettamente, ma, nonostante quello, sapeva di non poter fare niente per aiutarlo.
<< Abbiamo degli infiltrati >> balbettò << la riporteranno qui >> concluse la frase, inarcando le spalle per nascondere ancora di più il testone coperto dai capelli biondi, ormai impreziositi da qualche capello bianco appena visibile.
Sembrava più giovane della sua età e i suoi cinquant’anni non sembravano pesargli sulla schiena, ma in quel momento assomigliava ad un vecchio più di quanto volesse. La paura dipinta sul viso e che trapelava dagli occhi castani e vispi lo ingrandivano non poco.
<< Al diavolo gli infiltrati. Come minimo li avranno scoperti, considerando che non abbiamo ricevuto alcuna notizia da nessuno dei due >>
Questa volta Ian Evans aveva parlato a bassa voce, senza sforzare le sue corde vocali, ma riuscendo perfettamente a far rabbrividire il capo di stato. Era ancora più spaventoso con quel tono di voce.
Freddo, glaciale, fermo. In una sola parola terrificante.
Il colonnello si lasciò cadere sulla poltrona, prendendosi la testa tra le mani in un gesto di pura disperazione. La stanza era avvolta da un silenzio assordante che parlava più di mille parole.
Ogni uomo presente rifletteva per conto proprio e le loro menti prendevano tutte la stessa direzione: cosa avrebbero fatto se si fossero trovati nei panni del colonnello?
Nessuno era in grado di dare una risposta, tranne Mark. Lui sarebbe morto senza pensarci due volte.
Non avrebbe potuto vivere senza suo figlio, per niente al mondo.
Intanto Ian sentiva gli occhi pizzicare sotto le possenti e rovinate mani, mentre, nella sua testa, si susseguivano domande a cui non era in grado di dare una risposta, nemmeno con l’immaginazione.
Scarlett era viva?
Le avevano fatto del male?
Gliene avrebbero fatto ancora?
L’avrebbe mai ritrovata?
Nel caso fosse tornata a casa lo avrebbe odiato?
Elisabeth lo avrebbe odiato?
L’immagine di sua moglie, nonché madre della sua bellissima bambina, in lacrime gli invase la mente, rendendolo inerme in confronto a tutto.
Non aveva mai sopportato le sue lacrime, lo facevano soffrire e questa volta sarebbero state causate per colpa sua. Perché lo sapeva, ne era sicuro, Scarlett era stata rapita perché unica figlia del grande Colonnello Evans, uno dei pochi ad essere a conoscenza del grande segreto dell’America: dove si trovava la base principale.
Se i russi l’avessero scoperto e avessero attaccato la loro base la guerra sarebbe finita e non di certo a loro favore.
Avrebbero perso ogni cosa. Il dominio sul mediterraneo grazie all’Italia, la potenza economica, che già cominciava a vacillare, il predominio sulle miniere e le multinazionali, il petrolio.
Tutto quello che aveva reso l’America una delle potenze mondiali e le aveva permesso, insieme all’aiuto degli alleati, di resistere per tutti quegli anni.
Sarebbe finito tutto. Ogni cosa sarebbe passata nelle mani della Russia che li avrebbe schiavizzati, forse insieme a tutti gli altri paesi che li avevano aiutati a rendere la loro resistenza forte.
Anche Scarlett sapeva di quel segreto.
E se lo avesse rivelato?
No, impossibile. Conosceva sua figlia e sapeva che sarebbe morta al posto di mancare di rispetto a lui e all’intera nazione. Non lo avrebbe mai fatto, così come Ian. Era pronto a tutto pur di proteggere la patria che tanto amava.
Forse anche perdere sua figlia e di conseguenza sua moglie.
Glielo avevano insegnato sin da piccolo.
L’America prima di tutto. Prima della famiglia, degli amici e addirittura della propria vita.
Era diventato un soldato di sua spontanea volontà e lo avevano premiato considerandolo uno dei più grandi colonnelli della storia ed ora lui doveva rendere fede a quel giuramento.
Alzò il viso e puntò gli occhi su Mark che rabbrividì impercettibilmente.
<< Colonnello Evans >> la voce del secondo ufficiale gli fece voltare lo sguardo << se richiamiamo i nostri infiltrati o irrompiamo nella base russa la guerra si concluderà nel peggiore dei modi, ovvero con la nostra sconfitta. Ha fatto un giuramento tanto tempo fa, crede di potergli rimanere fedele? >>
Ian era consapevole della domanda che stava per arrivare e che non tardò a sentire.
<< Sua figlia o l’America? >>
Un attimo di silenzio che parve interminabile. Un silenzio saturo di disperazione, ma anche di convinzione ed orgoglio.
Ian Evans raddrizzò le spalle e guardò negli occhi il primo ufficiale pronto a dare la sua risposta, pronto a rinunciare ad ogni cosa.
<< L’America >>
  
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