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Autore: Polaris_Nicole    13/06/2014    2 recensioni
Ciao a tutti, questa è la mia prima fanfiction.
Ero un po' diffidente dal pubblicarla, ma mi sono lasciata convincere da un'amica.
Ho sempre ritenuto Nico e Leo come due sfaccettature del mio carattere: Nico rappresenta la parte ribelle, che ha sofferto e simboleggia il mio desiderio di rivalsa; Leo invece rappresenta la voglia di vivere, il non voler mai far soffrire i propri amici, anche se dentro si nasconde un dolore ancora più grande ...
Ho sempre immaginato il contrasto che si sarebbe creato tra queste due parti che, pur essendo così diverse, sono capaci di completarsi.
Spero che la storia vi piaccia, non dimenticate di recensire!
[Valdangelo] [accenni alla Pernico]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Leo Valdez, Nico di Angelo
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ero stanco, non ce la facevo più! Non solo perché era da tutta la mattinata che combattevo con la spada, ma anche per tutto il caos che aveva invaso la mia testa in quei pochi giorni.
Il sudore scendeva con regolarità dalla mia fronte appiccicandomi i capelli al viso e la maglietta mi aderiva perfettamente al corpo dandomi un senso di fastidio, a dire il vero, quello era più dovuto alla persona con cui stavo combattendo.
Proprio in quell’istante, Leo Valdez tentò un affondo col suo pugnale, che avrebbe anche potuto anche dargli un certo vantaggio, ma prontamente lo evitai e lo ferii al polso con la punta della spada.
Leo precipitò a terra per la sorpresa e lasciò andare la spada che tintinnò al contatto con il pavimento provocandomi un sussulto improvviso.
“avevi promesso che avresti fatto piano” disse studiandosi la ferita, non era profonda, però doveva fare piuttosto male … Ma a che stavo pensando?! Io combatto con tutti alla stessa maniera, solo perché l’avevo colpito, perché avrei dovuto sentirmi in colpa? Me l’aveva chiesto lui di insegnargli a combattere.
“guarda che ho fatto piano! Pensavo che almeno sapessi tenere in mano la spada!” sbottai arrabbiato, Leo non rispose, si limitò a fissare il pavimento con aria affranta.
“… a quanto pare mi sbagliavo” continuai abbandonando la spada e incrociando le braccia, pensavo che si sarebbe ribellato, che avrebbe preso la spada e che avrebbe provato a pugnalarmi un braccio o una gamba, oppure mi avrebbe bruciato i capelli … non per sembrarvi uno psicopatico (non sono uno psicopatico, sono un sociopatico iperattivo), ma mi sarei arrabbiato più per i capelli che per altro.
Invece, Leo si alzò e se ne andò con le mani nelle tasche e la testa bassa, l’avevo trattato troppo male? Se l’era presa per la mia reazione? Entrambe le cose? So solo che raccolsi la sua spada e che mi ci specchiai.
Non avevo un bell’aspetto, ero spettinato, sudato, forse anche un po’ triste, ma per quale motivo?! Di certo non per Leo … se anche fosse stato così non l’avrei mai ammesso.
Aspettai un po’ prima di uscire dall’arena e andarmi a fare un bagno, ne avevo bisogno, non solo perché facevo leggermente ribrezzo, ma anche perché l’acqua mi aiutava a schiarirmi le idee.
Tutti al campo utilizzavano i bagni in comune, tipo i bagni di scuola, ma più ampi e dotati di docce; io non li usavo mai, mentre costruivo la capanna numero tredici ho avuto il buon senso di costruire anche un bagno personale dotato anche di vasca.
La vasca era piena di schiuma e bolle di sapone, questo mi ricordava quando ero più piccolo ed appartenevo ancora agli anni quaranta.
Dovevo avere cinque o sei anni, ricordo che Bianca si arrabbiava sempre con me perché la schizzavo con l’acqua, ricordo ancora il suo viso imbronciato mentre chiamava mamma o papà per farmi smettere, mi faceva sempre ridere e sapevo che infondo si divertiva anche lei.
Mi mancavano tantissimo quei momenti, non riuscivo neanche a ricordarli tutti, e questo mi faceva soffrire ancora di più. Quei pochi ma preziosi momenti in cui mamma e Bianca erano ancora vive, e quelli in cui papà era solo un papà dall’aspetto un po’ inquietante e non il Dio dei morti.
Ben presto la schiuma sparì, l’acqua divenne fredda e così anche i ricordi abbandonarono la mia testa riportandomi alla realtà con non troppa delicatezza.
Il mio primo pensiero, appena cominciai a rivestirmi, fu Leo.
Mi ero comportato da cretino con lui e la cosa mi faceva sentire in colpa, non erano ancora chiari i miei sentimenti nei confronti di Leo, inutile dire che erano in grado di mandarmi in cortocircuito.
Quando uscii dalla capanna di Ade, avevo intenzione di cercare Leo.
Avevo disegnato un’intera cartina del campo nella mia testa: l’avrei cercato nella capanna di Efesto, nelle officine del campo, all’armeria e in spiaggia.
Tutti i miei piani, però, andarono in fumo nell’istante in cui alle mie orecchie giunse il suono della campana che annunciava l’inizio del pranzo, avevo intenzione di saltarlo, magari avrei fatto un viaggio ombra verso il McDonald’s più vicino, ma Leo era lì.
Appena entrai nel padiglione della mensa, i miei occhi vagarono per i vari tavoli prima di incontrare la figura di Leo circondato dagli altri figli di Efesto ma stranamente silenzioso. Esattamente ciò di cui avevo bisogno per sentirmi meglio pensai.
Come se non bastasse, gli occhi di tutti vennero puntati su di me e il chiacchiericcio tipico dell’ora di pranzo lasciò il posto ad un mormorio sommesso.
Non mi restava molto da fare se non ficcarmi le mani nelle tasche del cappotto da aviatore e avanzare verso il mio tavolo fingendo, nei confronti di quel cambiamento, una totale indifferenza.
Appena mi sedetti, quasi fortunatamente, i ragazzi cominciarono a provare meno interesse nei miei confronti e il chiacchiericcio tornò protagonista, a mio avviso, almeno un problema era stato eliminato.
Non avevo molta fame, i bocconi di cibo arrivavano alla mia bocca automaticamente, ma io non percepivo quei sapori, invece, non facevo altro che girarmi verso di lui e finalmente, alla ventesima occhiata che gli rivolgevo, lui rispose con un piccolo sorriso, quasi divertito.
Non sapevo cosa fare. Non sapevo se alzarmi e andarci a parlare, oppure restare dov’ero e ogni tanto scambiarci uno sguardo, … fortunatamente fu il piromane a prendere l’iniziativa e venire verso di me con il suo vassoio, ancora carico di cibo, tra le mani.
“posso sedermi?” chiese con un’inaspettata sicurezza ripercorrendo con uno sguardo languido l’intero spazio mensa.
“pensavo fosse vietato” dissi semplicemente … bravissimo Nico, sono indeciso, non so se considerarti di più un idiota o di più cretino! Tu non rispetti mai le regole! E adesso, PROPRIO adesso che qualcuno sembra essere intenzionato a passare del tempo con te senza che ci siano di mezzo scommesse o sostanze di dubbia legalità, all’improvviso le regole diventano la cosa più importante del mondo?! Se hai ancora dubbi sappi che sì, sei scemo.
“Bé, magari se fossi tu a invitarmi non penso che a qualcuno possa dare fastidio” disse con aria maliziosa con un sorriso che mi faceva venir voglia di saltargli addos… cioè! Di … ehm … stringergli la mano(?).
“prego allora” dissi indicandogli il posto di fronte al mio, lui si sedette soddisfatto e riprese a mangiare la sua insalata di pasta con gusto.
Anch’io ricominciai a mangiare e mi resi conto di stare mangiando un hamburger con dell’insalata, rimanemmo in silenzio per un po’, forse troppo imbarazzati per parlare, ma poi presi coraggio e presi in mano il filo della conversazione.
“come va il polso?” chiesi, che domanda sciocca, gliel’hai quasi slogato, come dovrebbe stare? ... Ti spiace stare zitto?!
“brucia” rispose evasivo Leo prestando più attenzione al suo piatto che a me e la cosa mi diede un gran fastidio, che aveva una stupida insalata di pasta in più a me?! Ok, sto impazzendo.
“ tu te ne intendi di roba che brucia, no?” dissi con una piccola risata nervosa, ma Leo non sembrò divertito quanto me della battuta … per forza, era una battuta idiota, quasi quanto te.
“ti ho deluso, vero?” chiese poi lui dopo un’interminabile silenzio alzando la testa dal piatto per guardarmi negli occhi.
“solo perché l’allenamento non è andato bene? Era la prima volta, già è tanto che sei riuscito a resistere per tutto quel tempo” ribattei … ok, non era vero che era riuscito a resistere per tutto il tempo, ma almeno così si sarebbe sentito meglio.
“oggi che fai?” chiesi, Leo alzò nuovamente l sguardo e scoppiò a ridere e, tra una risata e l’altra, rispose con un “di certo non mi alleno”.
“magari potremmo provare il tiro con l’arco, anche se ammetto di essere una frana”
“quanto me con la spada?”
“peggio”
Leo ritrovò presto il buon umore e cominciò a sparare battute a raffica durante tutto il pranzo, alcune erano un po’ stupide, ma risi comunque, la sola opportunità di poterlo vedere felice e sorridente poteva far ritrovare anche a me il sorriso.
Stavo per alzarmi, quando notai, dietro le mie spalle, lo sguardo di Percy fisso sudi me, risposi allo sguardo e lui indicò Leo facendomi l’occhiolino … come facevo ad essere innamorato di uno così?!
“io vado, mi spiace, ma penso che passerò tutto il pomeriggio in officina, ho un po’ di cose da fare” disse Leo alzandosi con aria dispiaciuta, ma senza abbandonare il suo abituale sorriso.
“non importa, sopravvivrò” dissi dandogli il cinque, ma lui mi strinse la mano e mi attirò a sé abbracciandomi per qualche secondo, poi se ne andò senza dire niente.
In quel momento non sentivo assolutamente nulla, solo due cose:
1. Gli sguardi stupefatti e irritanti di tutti
2. Le guance innaturalmente calde e arrossate per l’imbarazzo
Se prima avevo qualche dubbio, adesso ne sono sicuro: sto impazzendo.
***
Toc … toc …
Un singhiozzo
Toc …
Due singhiozzi
Toc … toc …
La pioggia in sottofondo e il mio nome appena sussurrato.
Pensavo di essermi immaginato tutto, invece era tutto reale, era appena passata la mezzanotte e avevo spento le luci da più o meno dieci minuti.
Toc … toc …
Qualcuno continuava a bussare alla mia porta, ma chi mai poteva essere? Un dio o una dea è impossibile, quelli non sanno nemmeno cosa sia la privacy, insomma, perché bussare se si può far venire un trauma permanente ad un semidio a caso materializzandosi direttamente in casa mentre dorme? Perché mai dovrebbe pensare che si tratti di un attacco se sono solo le due del mattino?
Feci una gran fatica ad alzarmi dal letto e andare alla porta sperando che si trattasse DAVVERO di un’emergenza ma, appena aprii la porta, venni travolto da qualcuno che mi gettò le braccia al collo abbracciandomi.
Dopo qualche secondo mi resi conto che si trattava di Leo e che stava … piangendo?!
“Leo che … che hai?” chiesi rispondendo all’abbraccio affondando la testa nei suoi capelli ricci e completamente inzuppati per la pioggia.    
Lui si asciugò gli occhi e mi rivolse uno sguardo sconsolato, quasi supplicante, così lo feci entrare e sedere sul mio letto.
“ho fatto un incubo” disse appoggiando la testa sulla mia spalla “non sapevo da chi andare” continuò mentre io gli accarezzavo i capelli scuri e ricci.
“che incubo?” chiesi sperando di non sembrare inopportuno.
“ho sognato mia madre … la notte in cui … è tutta colpa mia” disse poi cercando di evitare il mio sguardo col viso rigato dalle lacrime, ma tenendo comunque la testa sul mio petto.
Percy mi aveva accennato che la madre di Leo era morta in un incendio, ma forse nemmeno il figlio di Poseidone era a conoscenza che l’incendio era stato proprio Leo ad appiccarlo, quella sera lui mi raccontò tutta la storia.
Era quello il segreto, quello che Leo nascondeva al mondo intero, quello che in pochi giorni era diventato per me un’ossessione, mi sentii subito un verme per essere stato così insensibile nei suoi confronti, nonostante lui non sapesse assolutamente nulla.
“prendi questi” dissi dandogli i miei vestiti, i suoi erano zuppi d’acqua “stanotte puoi anche dormire qui se vuoi” dissi senza pensarci troppo indicandogli il bagno.
Cinque minuti dopo, Leo uscì dal bagno vestito completamente di nero, ma sembrava stare meglio; io intanto avevo sistemato ai piedi del letto un sacco a pelo per me.
“tu prendi il letto” dissi con sicurezza stendendomi sulla branda improvvisata sul pavimento, Leo si stese sul mio letto e prese a fissarmi, all’inizio lo ignorai, ma poi cominciò anche a toccarmi i capelli e NESSUNO può toccarmi i capelli.
“cosa c’è adesso?” chiesi voltandomi verso di lui, Leo sorrise e mi afferrò per il braccio trascinandomi tra le coperte accanto a lui, feci per divincolarmi, ma lui mi strinse a sé impedendomi di muovermi.
“Leo, lasciami, non possiamo dormire … ehm … insieme” dissi arrossendo, Leo invece rimase nella stessa identica posizione con un sorriso da ebete impresso sul viso.
Gli diedi una spinta per allontanarlo, ma lui non si arrese, anzi, mi guardò negli occhi e sorrise allungando una mano verso il miei capelli, non sapevo perché, ma quando era lei a toccarmeli non mi dava poi così fastidio.
“guarda che se avessi voluto dormire da solo in un letto freddo e scomodo sarei rimasto nella capanna di Efesto nel mio di letto” disse, poi mi lasciò andare restando comunque raggomitolato tra le mie braccia.
Questa volta fui io ad abbracciarlo e ad accarezzargli i capelli per farlo addormentare.
Nella penombra della capanna di Ade, Leo sembrava ancora più bello, di giorno lo era e molto, ma quella sera, in mezzo all’oscurità, con quel piccolo sorriso che ogni tanto spuntava sulle sue labbra mentre dormiva tra le mie braccia aveva un aspetto ancora più tenero.
Non riuscivo a dormire, ero troppo preso ad osservare l’esile figura rannicchiata accanto a me per preoccuparmi di dormire, lo posizionai meglio in modo da avere la sua testa sul mio petto e poter affondare il viso tra i suoi riccioli facendomi travolgere dal calore che emanava.
Fu allora che mi resi conto di una cosa che mai e poi mai avrei considerato, avrei di gran lunga preferito darmi del pazzo a vita, eppure quando me ne resi conto fu come togliersi un peso dal cuore.
Tutto ciò mi fece sorridere ed assecondai l’impulso di chinarmi sul suo viso e dargli un piccolo bacio sulla fronte.
Ero innamorato di Leo Valdez.
 
 
Note d’autrice: ehm … è pretendere troppo chiedervi di non venire sotto casa mia con torce e forconi per aver aggiornato così tardi? Forse sì.
Mi dispiace, ma non ho avuto proprio tempo! Ma adesso che la scuola è finita (e non lo dico per vantarmi, ma sono stata promossa con una sfilza di sette!) avrò molto più tempo per scrivere.
Tornando al capitolo, prima di tutto mi dispiace di aver scritto che Nico trova stupido Percy, sono una grande fan della Pernico, ma la storia è una Valdangelo, quindi, non giudicate.
Andando avanti, Nico ha finalmente capito di essere attratto da Leo (Autrice-1 Nico-0), chiedo scusa alla mia migliore amica T.(manteniamo l’anonimato u.u) per la storia del … ehm … dormire insieme, ma sono così teneri!
Non ho molto altro da dire, ci sentiamo (o scriviamo?) al prossimo capitolo!
Tante torte al cioccolato (i muffin sono finiti) da Polaris_Nicole.  
   
 
 
       
  
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