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Autore: Dean Lucas    22/06/2014    1 recensioni
Delphi è la prescelta, poiché sul suo corpo è inciso il futuro degli uomini.
Gavri’el è il prescelto, poiché è destinato a trovare il Bastone di Adamo.
Sargon è il prescelto, perché è l’erede del regno di Akkad.
Matunde è il prescelto, perché è il gigante nero dell’impero nubiano.
Babu non è un prescelto, è solo un nano impertinente e pavido.
Lei invece è la Sfinge, altera e bellissima, la creatura più preziosa dell’universo.
Sullo sfondo di un mondo antico e misterioso, oltre le porte del tempo, un viaggio e la lotta contro un male che affonda le proprie radici nella Genesi.
Un viaggio che ha come meta la salvezza dei Figli dell’Uomo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parte I
 

 
Sulle rive del Nilo

 
 
Sedici anni dopo.
Giza. Antico Egitto.
 

La Figlia del Cielo emerse dalle ombre lunghe della sera e annusò l’aria.
Sulla sponda occidentale del Nilo aleggiava un silenzio spettrale. I fusti dei papiri e le fronde delle palme tacevano immobili, ogni cosa sembrava immersa in una quiete innaturale.
Lei sapeva cos’era. Era il muto terrore che ghermiva ogni creatura che incontrava lungo il suo cammino. 
Al riparo dietro la carena rovesciata di un vecchio nuggar, il suo sguardo affilato si posò sopra un ibis che si abbeverava tra i papiri. Nemmeno i sensi sempre vigili del volatile avvertirono i suoi passi avvicinarsi.
Era pronta a colpire, tutti i muscoli erano tesi prima dello scatto. In quel momento, l’ibis sollevò la testa fuori dall’acqua e un occhio lucido e incredulo osservò l’enorme ombra alle sue spalle. Un istante dopo si alzò in volo, mentre il suo grido acuto lacerava il silenzio.
Irritata per essersi lasciata sfuggire la preda, la Figlia del Cielo lasciò che gli occhi d’oro liquido seguissero il volatile, finché non fu che un granello di sabbia all’orizzonte. Non distolse subito lo sguardo, ma continuò a scrutare il cielo, perdendosi nel suo infinito abbraccio.
Da lì era giunto suo padre. Quando, era impossibile dirlo. Contare i giorni o le piene del Nilo non aveva senso per lei: il mondo era solo un cucciolo quando l’aveva osservato per la prima volta.
Nephilim.
Annunaki.
Coloro che dai cieli erano giunti sulla terra.
Con questi e altri nomi gli esseri umani chiamavano lei e i suoi fratelli.
Dèi.
Sporse il capo sullo specchio d’acqua e aspettò che il Nilo restituisse la sua immagine riflessa. Per qualche istante, la superficie mossa del fiume mostrò soltanto le forme irregolari e mostruose di una belva dal manto dorato.
Senza distogliere lo sguardo, attese che il suo aspetto cambiasse drammaticamente forma. Solo gli occhi d’oro liquido rimasero gli stessi, mentre ogni cosa intorno a essi mutava. Quando le increspature sull’acqua si dileguarono, il Nilo rivelò il volto di una giovane donna, la creatura più temuta e ammirata di quelle terre.
La Figlia del Cielo si passò una mano tra i lunghi capelli neri, osservando sulla superficie dell’acqua la grazia con cui i fulgidi boccoli le ricadevano sul petto, spargendosi sui seni. Poi distese le meravigliose labbra in un sorriso, compiaciuta della propria indescrivibile bellezza.
Per gli umani vederla era lo scopo di tutta una vita, il presagio che il loro ka avrebbe prosperato in eterno nel regno soprannaturale del duat. Eppure, a lei non importava nulla degli uomini. A differenza del padre e dei fratelli, non era interessata a soggiogarli e dominarli.
In quel momento, lo stomaco brontolò ancora per la fame. Spazientita, decise che avrebbe cacciato ancora prima di far ritorno all’antico monolite che considerava la sua dimora.
Non aveva mai compreso perché i Figli dell’Uomo avessero innalzato per lei quella costruzione, cogliendo in un solo grandioso monumento le due forme che era in grado di assumere a suo piacimento. Era lì che si era rifugiata, quando aveva scoperto per quale orribile scopo il padre l’aveva concepita. Da allora, Giza era divenuto il suo regno e la popolazione l’aveva venerata come una dea.
La Figlia del Cielo si domandò perché gli uomini l’amassero, nonostante non facesse nulla per nascondere il disprezzo per le loro misere esistenze, infastidita persino dall’adorazione dei suoi stessi sudditi.
Era ancora assorta in quelle riflessioni, quando il suo udito sopraffino udì da grande distanza la voce concitata di un umano. Sorpresa, si voltò di scatto verso quella direzione, tutti i sensi in allerta.
Non si era sbagliata, era davvero Gavri’el. Fin dalla nascita quell’umano aveva rappresentato un mistero inspiegabile, finché, crescendo, il suo aspetto le aveva infine rivelato l’inconsapevole segreto. Un secondo grido colmo di angoscia riecheggiò proprio in quel momento. Proveniva dalla sponda opposta, non lontano dalle abitazioni di fango e argilla dei nemeh.
La Sfinge si tramutò di nuovo in belva, e con pochi balzi, muovendosi sui tronchi e sui detriti che attraversavano la piena, fu sulla riva orientale del fiume. Nubi grigie e gravide di presagi la inseguirono fino a Giza.
 
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