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Autore: aleasgard    26/06/2014    1 recensioni
Ciao, questa è la prima storia che scrivo e sinceramente non so dove mi porterà la fantasia, per il momento so solo che come trama sfrutterò Hunger Games e i dodici distretti che andranno a combaciare con le dodici case del Campo Mezzosangue di Percy Jackson. Probabilmente non è un'idea originale ma non potevo andare a controllare tutti i crossover, perciò mi scuso in anticipo con gli altri scrittori.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Mi guardo le mani, come se avessi già ucciso. Nessuno bada a me. Ma mi sento come se tutti stessero zitti e i miei pensieri potessero essere sentiti da tutti, come se fossero in un megafono. Sono calma. Respiro. Sono forte; sono brava con la spada, sono veloce, non sono tra le più piccole, ma non sono abbastanza. Né forte, né brava o veloce. Nei pochi minuti che mi rimangono di libertà cerco di mettere insieme i pezzi, non posso farcela. Non ho mai fatto un’impresa eroica, non ho poteri come alcuni semidei, come Nik. Ad esempio. Mi tormenta il suo nome.
Lucas mi prende alle spalle, mi sussurra qualcosa all’orecchio, che io non comprendo e mi infila qualcosa nella tasca destra. Non ho tempo per controllare cos’è o chiederglielo.
-Eroi, in piedi. Congedatevi con coloro che vi stanno più a cuore. Presto andrete sull'Olimpo e tra a una settimana inizieranno i Giochi. – Accentuò particolarmente l’ultima parola. Come per sottolineare il divertimento.
Ma poi alla fine cosa abbiamo noi da perdere? Siamo semidei, i nostri genitori non ci prestano più attenzione da secoli, non siamo altro che moderni gladiatori al loro servizio. I nostri genitori mortali ci abbandonano semplicemente. Appena veniamo alla luce, i figli delle dee vengono direttamente portati al campo, mentre chi ha il padre divino deve sperare che si sia ricordato di dare alla madre le indicazioni giuste per il campo. Chirone dice che ci sono ancora mostri in giro che potrebbero trovarci. In 15 anni, non ne ho mai visto uno. A volte mi chiedo se sia tutto reale. Ma dopo tutto Chirone è metà uomo e metà cavallo. Un tempo il direttore del campo era direttamente Dioniso, il dio del vino, e del divertimento. E’ lui che ha ideato i nostri giochi, in un certo senso. I mortali avevano ideato i Giochi Olimpici, niente a che vedere con i nostri. Erano competizioni sportive, a mala pena sappiamo cos’era lo sport, ma dicono che i mortali, i più fortunati, lo pratichino ancora. I nostri giochi iniziano dall’Olimpo, ma poi si svolgono in uno scenario a parte, basato principalmente su una divinità. L’anno scorso lo scenario era su Poseidone, fortunatamente cambia ogni anno, perché io odio il mare, e Siria è una favorita. Mi andrebbe bene Afrodite, qualche anno fa, era una specie di enorme ristorante, in cima ad una montagna. Un perfetto ritrovo per i favoriti. Una specie di fortezza. Ma basta perdersi nei pensieri. Non ho salutato nessuno. Quanti minuti sono passati? I miei compagni si mettono in fila, e io mi sbrigo per mettermi dietro Alba e di fianco a Mike. Ci dirigiamo verso le scuderie. Pegasi. Ci scorteranno sino all’Empire State Building. L’Olimpo. E’ la prima volta che esco dal campo in 15 anni. Montiamo e poi i pegasi partono, come se avessero la rotta già programmata. Chiudo gli occhi, sento il vento che mi scompiglia i capelli, poi alla fine li apro. Ci metto un po’ a mettere a fuoco. Il campo in lontananza, gli alberi che diventano sempre più piccoli, macchine, una città. Grigia. Spenta. Semidistrutta. Sembra quasi disabitata. Poi dall’altro lato del fiume che attraversa la città, New York, mi pare, intravedo delle luci. Il tempo di soffermarmi, incantata e a sentire quello che i figli di Apollo chiamano musica, mi ritrovo scaraventata davanti a una strana porta con dei bottoni luminosi, mi guardo intorno e mi accorgo che siamo in alto, siamo arrivati.
-E’ un ascensore.- Bisbiglia Theo a Moira. Per loro sarà scontato, ma lo ringrazio per averlo detto. Ci dividiamo in quattro gruppi da sei, quindi io sono con la casa 1 e 3, oltre Mike. Sta tremando, ho ragione di credere che Nik non avrà problemi a farlo fuori per primo.
-Hey Mike, sei sicuro di riuscire almeno ad arrivare vivo fino all’incontro con tuo padre? Non vorrà vederti così, vero?. – Nik ride, e Alba gli fa l’eco. Non riderà così quando la ucciderò. All’improvviso mi faccio paura. Ma voglio sopravvivere. Alba è debole, andrà avanti solo grazie all’ombra di Nik, lei non ha poteri, a volte capita anche se sei figlia di uno dei tre pezzi grossi. Ha solo tredici anni.
-E tu pensi che tuo padre non ti fulmini per il tuo atteggiamento? –Gli sorride Theo.
-Taci civetta.
Le porte dell’ascensore si aprono, uno spirito si presenta davanti a noi, ci sorride e ci esorta a seguirlo. Ci conduce in un enorme salone, con dodici troni, dove sopra ognuno siede uno dei nostri genitori. Guardo per la sala, ma non ho dubbi, mio padre è quello con l’aria da motociclista, un giovane teppista, ma sono stranamente felice. Di vederlo? Di essere sull’Olimpo? Non lo so.
Nella sala entra un dio. Ha gli occhi verde scuro e i capelli ramati, è sotto forma umana, non divinità gigante, quindi sono tranquilla. Deve essere uno di quelli che hanno vinto, sembra che si sia fermato con la crescita a 17 anni. Non riesco a ricordarmi il nome, eppure l’ho già visto.
Freddissimo il ragazzo, esclama- Seguitemi, i vostri genitori vi raggiungeranno più tardi.
Ci conduce in un corridoio, molto lungo, 24 stanze, la mia è la seconda a destra, Mike alloggerà di fronte a me. Entro nella stanza, non è molto grande, è la prima volta che ne ho una tutta per me. Colore dominante, rosso. Mi sdraio sul letto, guardo alla mia sinistra e aspetto. Quanto? 10, 20 minuti. Mio padre entra.
-Ciao ragazza. – Ragazza? Non ci siamo mai parlati e la prima cosa che mi dice è ciao ragazza come se fossi la sua figlia preferita? Cosa si aspetta un ‘Ciao Papà’ con tanto di stretta di mano? Mi limito a un cenno con il capo.
-Benvenuta sull’Olimpo, dai raccontami qualcosa. – Sorride, è inquietante.
-Non so cosa raccontarti. Sono brava con..- mi interrompe.
-La spada. Si lo so. Sei la migliore del tuo anno, secondo me potresti anche cavartela contro Nikolaus.
-E’ più forte, in un corpo a corpo non ce la farei mai.
-Devi giocare la tua guerra, non la sua. Se lui è forte in aria, tu portalo in basso, se lui ti attacca con la forza, tu aspetta il momento propizio e usa la tua velocità e agilità. Tranquilla, domani ne parleremo con più calma.
Mi dà una pacca sulla spalla e se ne va. Si, sono decisamente contenta di essere sua figlia. Siamo in guerra. Devo studiare anche tutte le diverse strategie. Mi alzo e vado nel bagno. Niente di speciale o lussuoso. Mi guardo allo specchio, mi sento maturata, cresciuta, ma so bene che non è così. Cerco una spazzola per pettinarmi un po’. I lunghi capelli castani mi arrivano quasi all’addome, penso che li taglierò prima di iniziare i giochi. Non rischierò di essere afferrata per i capelli da dietro e uccisa entro i primi minuti.
Gli occhi ambrati sono cerchiati da una striscia di occhiaie, particolarmente evidenti data la mia carnagione chiara. Ho le labbra screpolate, devo cercare di non morderle per la tensione. Mi frugo le tasche, ricordandomi di Lucas. Non gli ho nemmeno detto grazie. Un orologio. E’ carino, me lo rigiro tra le dita, ha il cinturino nero, e il quadrante dorato, dietro c’è un una specie di L stilizzata con un ricciolo finale non caratteristico del corsivo. Me lo metto, non so a cosa mi servirà. Osservo le lancette, sembrano ossa. E’ un po’ inquietante, ma Lucas è un figlio di Ade, è tutto normale. Vado a dormire, devo cercare di riposare il più possibile, fino a che mi è concesso. 
  
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