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Autore: ChiiCat92    03/07/2014    5 recensioni
L'Organizzazione XIII è formata da 13 Nessuno che un tempo erano esseri umani; di tutti conosciamo la storia e…mmm proprio di tutti?
E la storia di Demyx, Marluxia, Luxord e Larxene?
Come sono diventati Nessuno?
Che esseri umani erano? Che vita conducevano? Chi amavano?
Quattro capitoli, quattro one shot, quattro spiegazioni.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Demyx, Larxene, Luxord, Marluxia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Flower Boy

- Marluxia -

 

Quel che gli piace della primavera non sono tanto le belle giornate, l'aria tiepida o i vestiti leggeri, ma il profumo dei fiori che si spande ovunque per le strade.

È un profumo che inebria e per chi sa seguirlo può riservare dolci sorprese.

È così che Auramil ha scoperto il giardino segreto dietro un vecchio palazzo abbandonato, un piccolo pezzetto di terra coperto da migliaia di fiori di tutti i colori.

Quando quello che ha attorno gli sembra troppo da sopportare, lui si rifugia lì, in quell'angolo dimenticato dal mondo.

Solo così riesce a sentirsi perfettamente a suo agio.

I fiori non lo giudicano, rimangono a bearsi delle sue attenzioni in silenzio, lui ne sfiora i petali, li libera delle erbacce, li nutre, e loro sembrano fremere e ringraziarlo con il loro buon profumo.

Quel giorno, i fiori selvatici accolgono il ragazzo più sconsolato che mai.

Gli occhi blu grondano lacrime e lui trema tutto come scosso da un terremoto.

Si accascia in mezzo ai papaveri, urlando disperatamente.

“Perché piangi?” gli chiedono le margherite.

“È tutto apposto, adesso calmati” sussurrano le mimose.

Ma lui, stretto nel suo dolore, non riesce a sentirli.

Il volto scarno e pallido è gonfio di lividi, le labbra sono spaccate e sanguinanti, l'occhio sinistro è talmente gonfio da non riuscire a restare aperto.

L'hanno picchiato di nuovo: ecco cosa è successo.

Il profumo dei fiori lo tranquillizza, presto le lacrime cessano di bagnargli il viso, ma i singhiozzi rimangono a scuoterlo.

La luce del sole primaverile lo sfiora con dolcezza. Quella è l'unica carezza che può sperare di ricevere.

Si asciuga piano gli occhi, cercando di non toccare troppo quello tumefatto, e si tira su a sedere.

Accarezza con un sorriso i petali di un papavero che gli tocca la gamba. È stato solo il vento a spingerlo contro di lui, ma Auramil, per soddisfare il suo bisogno di attenzioni, si convince che il fiere stia tentando di confortarlo.

- È tutto okay. - dice al papavero, la voce roca per il troppo piangere - Adesso è finita, sto bene. -

Come se quel piccolo fiore potesse capirlo.

Non è e non sarebbe stata l'ultima volta che subisce violenza, ormai aspetta di essere picchiato come si aspetta l'alba.

Ma non gli interessa neanche più: il suo corpo pian piano sta diventando insensibile. Sono i lividi e le contusioni a mostrare quanto invece stia soffrendo.

Le motivazioni di tanta aggressività sono le più disparate, e lui non le cerca neanche più. Tanto i suoi aguzzini non parlano mai.

Qualcuno se la prende con lui per il colore rosato dei suoi capelli, altri perché ama i fiori, altri ancora perché è una giornata noiosa e non c'è niente di meglio da fare.

In ogni caso vale sempre la pena picchiare il piccolo Auramil, tanto...lui non si difende.

Anche se ci provasse guadagnerebbe solo altre botte per il semplice motivo di averci provato: è un circolo vizioso dal quale non può scappare. E ormai lui è rassegnato al suo destino.

Sospira, il cuore finalmente tranquillo. Come sempre i fiori lo aiutavano a sentirsi meglio. Rivolge loro un sorriso e si prepara a tornare nel mondo, quel mondo orrendo che non lo accetta per quello che è e che è sempre pronto a sputargli contro i suoi figli più cattivi.

Attento a non schiacciare nessuno dei suoi silenziosi amici, Auramil lascia il suo piccolo giardino segreto.

Prima di uscire sbircia da un foro nella staccionata, per vedere se i ragazzi che l'hanno picchiato sono ancora nei dintorni. Accertatosi di essere solo, solleva una tavola marcia ed esce, tornando in strada.

Forse per oggi hanno smesso di dargli il tormento.

Lui è piccolo e corre veloce, capacità che gli ha salvato la vita più e più volte, ma i suoi persecutori sono davvero tenaci.

Nasconde il viso tumefatto nel cappuccio della felpa e infila le mani in tasca.

I suoi occhi blu continuano a guardarsi attorno, le gambe magre, anche se instabili, mantengono un passo il più possibile veloce: prima arriva a casa, meglio sarà.

- Eccolo! -

Al solo sentire quella voce, Auramil ha brivido tanto forte che quasi cade a terra.

- Prendetelo! -

Dice qualcun altro.

“Corri, corri!” gli sussurrano le voci dei suoi amici fiori, ancora abbastanza vicini perché possano provare ad avvertirlo.

E lui corre.

Sente il cuore esplodere per la paura ma non si ferma. Non ha più voce per urlare né lacrime da piangere, per cui si concentra solo sulla sua corsa a perdifiato.

Casa è vicina, vicina! Solo un'altra traversa e sarà salvo!

Sta già pregustando la sicurezza delle mura domestiche quando si sente tirare per il cappuccio. Nella corsa gli è scivolato via e ha creato un buon appiglio per chiunque gli fosse abbastanza vicino da prenderlo.

Gli manca improvvisamente l'aria mentre lo tirano indietro e lo sbattono sull'asfalto.

Un ragazzino grande il triplo di lui gli è sopra in un attimo e lo fissa con aria cattiva.

- Pensavi di scapparci, flower boy? - i ragazzi che gli stanno attorno ridono di gusto. Auramil trema tutto e non emette un fiato. Il ragazzo lo afferra per il bavero e lo tira a sé. - Sei talmente frocio che non riesci a dire niente? -

- Lasciami andare... -

Sussurra lui, con la voce piccola e stridula.

Altre risate da parte dei ragazzi.

- E perché? Non abbiamo finito di divertirci con te! - Auramil ansima qualcosa che la sua voce non riesce a dire, prima che un pugno in pieno stomaco gli faccia sputare una boccata di sangue - Che facciamo con questo frocetto? - chiede il ragazzo ai suoi compari, con un sorriso cattivo sulle labbra.

- Un frocio come lui dovrebbe camminare nudo, tanto del pisello non se ne fa niente. -

- Hai ragione! -

Auramil prova debolmente a dibattersi, ma comunque i ragazzi cominciano a spogliarlo, strappandogli la felpa di dosso.

Lo lasciano nudo come un verme nel bel mezzo della strada.

I passanti aggirano il gruppetto di ragazzi abbassando la testa, come se questo bastasse per far sparire il misfatto.

Nessuno verrà a salvarlo, e lui lo sa.

Con le lacrime agli occhi si rannicchia su se stesso, subendo le ingiurie di quei ragazzini senza cuore.

Piange, e più piange più lo picchiano, perché piangere è da froci.

Quando hanno fatto di lui tutto quel che volevano, lo lasciano nella polvere.

- Ci vediamo domani, flower boy. -

Gli sussurra all'orecchio il capetto del gruppo, e gli assesta un calcio.

Le risate dei ragazzi gli riempiono le orecchie finché, svoltato l'angolo, lentamente non si affievoliscono.

Auramil rimane rannicchiato su se stesso per un tempo che gli sembra infinito, il dolore anestetizza i suoi pensieri. Quando si rialza si copre come può, vergognandosi da morire.

La gente lo guarda, indignata, fingendo di non aver visto come quei bulli l'hanno picchiato e spogliato, riducendolo in quello stato.

Il piccolo corpo esile, di cui si intravvedono tutte le ossa, è gonfio di lividi, la bella pelle chiara è diventata violacea.

Riesce a raggiungere casa e a chiudersi la porta alle spalle prima di impazzire.

Il buio e il silenzio di quelle mura lo accolgono come un abbraccio. Sente l'odore delle rose provenienti dal giardino e il suo corpo tremante lentamente di placa.

Sua madre non è in casa, e lui ha tutto il tempo di nascondere quello che gli è stato fatto.

Si trascina nella sua stanza dove si mette qualcosa addosso sentendosi orribilmente sporco e sbagliato.

Poi va in bagno a sciacquarsi via dal viso ogni traccia di sangue, lacrime e dolore.

Il ragazzino che vede allo specchio, quello dal viso smunto, pallido, gli occhi privi di espressione e gioia di vivere, dall'indomabile chioma rosata, è il motivo per cui viene continuamente picchiato.

- Ti odio, flower boy. -

Si ritrova a sussurrare alla sua immagine riflessa, versando altre lacrime.

Ignora lo specchio e si concentra solo sulla freschezza dell'acqua sulla pelle. Proprio come i suoi amati fiori, anela la sensazione dissetante che trae dal bagnarsi il viso.

Si lega i capelli alla bell'e meglio e, tirando su col naso, comincia a truccarsi.

Non può fare niente per l'occhio gonfio, ma quanto meno può nascondere lividi e tagli sotto strati di ben posizionato fondotinta. Sua madre sarà troppo stanca per il lavoro per accorgersi di qualcosa.

Il trucco funziona, ma è sempre quello che sembra: un ragazzino che è stato violentemente picchiato.

Scuote la testa e cerca di allontanare dalla mente l'immagine che ha visto allo specchio. Basta, è insopportabile.

Ora deve solo essere forte abbastanza da recitare fino alla fine di quella giornata.

Ed è esattamente quello che fa.

 

L'indomani, l'idea di dover andare a scuola gli fa venire la nausea ed è quasi tentato di dire a sua madre che non si sente bene e che vuole rimanere a casa.

Ma sa che, sulla strada per la scuola, potrà fare tappa al suo giardino segreto...e questo lo fa subito sentire meglio.

Prima di scendere a fare colazione si trucca un altro po', l'occhio non sembra più così brutto...o è solo la quantità di trucco che ci ha messo sopra tra il giorno prima e quella mattina?

Non ci pensa, infila solo la tuta da ginnastica, riempie la borsa e scende giù.

- Buongiorno fiorellino. -

Lo saluta sua madre, leggera e frivola come sempre, che a malapena si accorge che cosa le succede attorno.

Auramil la invidia, per molti motivi. È molto femminile, longilinea, bella e pura come un giglio, mentre lui...lui è brutto, e messo a paragone con lei non si potrebbe credere che sono madre e figlio.

L'unica cosa che li accomuna è il colore degli occhi: entrambi li hanno blu elettrico. I capelli, a detta di sua madre, li ha presi dal padre che non ha mai conosciuto. Peccato, se ne avesse avuto la possibilità gli avrebbe tirato un calcio nelle palle: che razza di eredità sono dei capelli rosa?!

- Io vado, buona giornata. -

Si porta dietro un toast, da un bacio sulla fronte a sua madre ed esce.

Percorre la strada con ansia sempre crescente, vuole solo caricarsi dell'energia benefica dei fiori prima di affrontare un'altra terribile giornata.

Come sempre controlla bene che non ci sia nessuno prima di sollevare la tavola della staccionata e svicolare all'interno del cortile abbandonato.

Subito il profumo dei fiori gli riempie i polmoni.

È sua impressione o le piccole piantine gli rivolgono un saluto gioioso? Lo coglie nell'ondeggiare delle corolle e nel fremere dei petali.

Si siede in mezzo alle margherite e lì rimane per un tempo lunghissimo...lunghissimo e felice.

Ma sa che là fuori, nel mondo reale, il tempo sta scorrendo anche troppo velocemente e che non può crogiolarsi ancora, per cui saluta i suoi amici e abbandona il suo giardino segreto.

Nonostante tutto ha un gran sorriso sulle labbra e il profumo dei fiori gli solletica ancora il naso. Si sente quasi ubriaco da tutta quella dolcezza, tanto che non gli importa degli sguardi cattivi che, come sempre, gli rivolgono i ragazzi a scuola. Lui sorride e basta.

La campanella suona proprio quando Auramil imbocca il portone d'ingresso. Sapere che il suo giardino segreto lo aspetta dopo scuola gli da la carica...anche se a prima ora c'è ginnastica.

Imbocca il corridoio verso gli spogliatoi, sente già il vociare dei compagni.

Buona parte di loro fanno parte del gruppo di bulletti che gli danno il tormento, ma a lui non importa.

Quando entra sente tutti gli occhi addosso, cosa a cui ormai è abituato.

- Flower boy! -

Lo addita qualcuno, non vuole neanche sapere chi.

Ovviamente i suoi compagni cominciano a ridere di gusto.

- Che ci fai nello spogliatoio dei maschi? Dovresti essere in quello delle femmine! -

Gli dice qualcun altro.

Ignora, ignora, ignora. Si avvicina ad un armadietto e vi poggia dentro le sue cose. Dato che è già pronto non ha bisogno di cambiarsi per fare ginnastica, quindi fa per andare in palestra.

- Guarda che stavamo parlando con te. - il ragazzo che l'ha picchiato e lasciato nudo appena il giorno prima gli si para davanti - Oltre ad essere frocio sei anche sordo? - gli afferra un orecchio e glielo tira. Ormai Auramil non grida neanche più, fa solo una piccola smorfia e cerca di assecondare i movimenti della sua mano in modo da non provare troppo dolore - Chi ti ha mangiato la lingua? Eh? - il ragazzo gli torce l'orecchio e Auramil non fa una piega. Visto che non deve essere divertente per lui fare il bullo con qualcuno che neanche si lamenta, il ragazzo gli da una spinta e lo fa ruzzolare a terra. - Sei più inutile di un corpo morto. -

Gli dice solo, e in effetti...Auramil è così che si sente: morto.

Tutto l'ottimismo di cui i fiori l'avevano caricato...svanisce in un secondo.

 

Durante la giornata ha desiderato di essere morto, come aveva detto quel tipo, un bel po' di volte. Quando l'avevano chiuso nell'armadietto delle scope per due ore intere, quando gli avevano fatto lo sgambetto in mensa facendolo cadere addosso al suo stesso vassoio, quando gli avevano scritto sul banco con dello smalto rosa “Flower boy”.

Tutti buoni motivi per essere morto, ma ce n'era ancora uno per rimanere vivo.

Con il pensiero fisso al suo giardino, affronta tutto, sopporta tutto, e quando suona l'ultima campanella lui è il primo a scappare fuori.

Sa che anche oggi lo inseguiranno per dargli il tormento, e non vuole rendergli di certo le cose facili.

- Non scapperai frocetto. -

Sussurra alle sue spalle il capo dei bulletti di cui, sinceramente, non ricorda neanche il nome: non ci tiene per niente a sostituire informazioni importanti con una di cui non gli importa nulla.

Stringe forte al petto lo zaino con i libri e si getta nella sua corsa quotidiana contro il dolore, un buon modo per mantenersi in forma...no?

- Corri frocetto corri! -

E lui corre, ma non perché glielo dicono loro.

Gli sembra di non aver fatto molto altro durante il corso della sua vita se non correre e correre.

Correre per scappare soprattutto.

È così stanco di scappare...vorrebbe essere forte abbastanza da riuscire a rimanere e combattere.

Mentre corre si guarda indietro e facendolo inciampa nei suoi stessi piedi e ruzzola in avanti.

Va a sbattere contro le gambe di qualcuno e quando alza lo sguardo per chiedere scusa rimane paralizzato dalla paura.

L'uomo che ha davanti, avvolto da un mantello nero, ha il volto nascosto da un cappuccio, ma anche così riesce a vedere i suoi occhi gialli e penetranti che lo guardano altezzosi.

- S-scusi. -

Riesce a balbettare, dopo di che riprende a correre con il cuore che gli batte tanto forte in petto che quasi non riesce a sentire altro.

Non si chiede neanche chi diavolo fosse quell'uomo incappucciato, anzi, se lo dimentica praticamente subito, non appena un sasso gli colpisce la testa.

- Flower boy, flower boy! -

Lo canzonano i ragazzini e continuano a lanciargli i sassi.

Lui sente la paura prendergli il cuore.

Svolta l'angolo nel disperato tentativo di sfuggirgli.

Lancia un'occhiata alle sue spalle, riuscendo anche a non cadere, e vede che nessuno lo sta più seguendo.

Decide di infilarsi oltre la staccionata che delimita il suo giardino e immediatamente si sente al sicuro.

Sospira, sollevato, e si lascia cadere tra i fiori.

- Sono salvo. -

Mormora tra sé e sé, fissando il cielo azzurro che lo sovrasta. Tutto è così tranquillo e meraviglioso, il vento accarezza piano i suoi fiori e lui si sente...felice.

- Non poteva esserci posto più frocio per un frocio come te. -
Auramil si sente morire.

L'hanno seguito, l'hanno seguito! Hanno violato il suo giardino!

Il cuore gli esplode in petto, sente quasi un chiodo trafiggerlo.

- A-andatevene via! -

Alza la voce, che sembra solo stridula e roca come quella di un bambino.

I ragazzi ridono e il capo scuote la testa.

- E così è qui che ti nascondi tutti i giorni... - si abbassa e strappa una margherita da terra. Auramil può quasi sentire il dolore del fiore che viene estirpato e muore all'istante - ...dovevamo immaginarcelo da te, flower boy. -

Il ragazzo lancia il fiore per terra e lo schiaccia.

- Fermo. -

Mormora lui, gli occhi blu pieni di lacrime e rabbia.

- Ah, non vuoi che faccia del male ai tuoi fiorellini? -

Lo prende in giro il bullo che subito di abbassa e raccoglie una grande manciata di fiori che poi strappa e straccia come fossero pezzi di carta.

- Fermo, devi stare fermo! -

Urla Auramil e gli è addosso in un attimo. Peccato che lui sia tanto più piccolo di quel bullo, e tanto più debole e tanto più inesperto.

Gli viene assestato un pugno allo stomaco e si accascia sul prato che profuma di terra smossa.

- Hai osato tentare di colpirmi? - ride il bullo con aria divertita - Avete visto anche voi? - si rivolge ai cinque scagnozzi che gli vanno dietro - Il frocetto pensa di potersi ribellare! - il ragazzo lo afferra per i capelli e lo tira verso l'alto, costringendolo in ginocchio - Adesso la pagherai. Addosso ragazzi! -

Auramil, per la prima volta dopo tanto dolore, urla. Urla con tutto il fiato che ha in corpo mentre lo picchiano, mentre fanno a pezzi ogni parte di lui. Ma non urla per se stesso, urla per i fiori che loro stanno calpestando e strappando, per il suo giardino che viene distrutto insieme con lui.

Sente il gusto del sangue inondargli la bocca, un dente scheggiato gli ferisce la lingua.

Tremante e sull'orlo di perdere di sensi, Auramil si appallottola su se stesso cercando di attutire i colpi.

- Vedi che cosa facciamo dei tuoi stupidi fiori? -

Il bullo strappa davanti ai suoi occhi i suoi amati papaveri e Auramil sente il loro dolore, sente la loro sofferenza prima ancora della sua.

- Basta, fermati, fermati! -

Piange senza ritegno mentre quei bulli ridono di gusto.

Gli stanno portando via la cosa più importante che abbia mai avuto, e ridono!

Lo hanno picchiato a sangue, lo hanno riempito di insulti, lo hanno ridotto ad uno straccio, ma lui non aveva mai, mai detto niente, neanche quando il dolore era stato così insopportabile da non farlo dormire la notte, perché aveva il suo giardino, il suo angolo di paradiso in quell'inferno.

E adesso lo stavano distruggendo.

Si alza, tremante e instabile sulle gambe.

Prova a gettarsi contro il bullo, un pugno stretto dalla rabbia.

Il ragazzo lo blocca senza troppi problemi, e gli assesta una ginocchiata allo stomaco che lo fa cadere di nuovo per terra.

Sputa sangue ma si rialza ancora e ancora tenta di colpirlo.

Di nuovo viene facilmente bloccato e di nuovo viene colpito tanto da farlo ricadere.

- È inutile che continui, flower boy, non vincerai mai, non sarai mai forte abbastanza. -

Ride il bullo.

Auramil vorrebbe riuscire a muoversi, ma non sente neanche più le gambe e può solo assistere inerme alla scena di quei ragazzi che distruggono quel che resta del suo giardino.

I suoi amici fiori sono tutti morti, i corpi recisi giacciono sul terreno, calpestati e fatti a pezzi. L'odore di terra smossa sembra quello di una ferita aperta da cui gronda sangue.

Non hanno lasciato niente, neanche il più piccolo fiore, la loro distruzione ingiustificata non ha risparmiato nessuno di loro.

Auramil piange, si lamenta, il dolore del suo cuore è enorme, ingestibile.

- Adesso farai la stessa fine dei tuoi fuori, frocetto. -

I ragazzi gli sono di nuovo sopra, si accaniscono su quanto è rimasto di lui, sul suo corpicino stremato dai continui maltrattamenti.

Basta, basta, voglio morire.” urla la sua mente.

Perché non può semplicemente spegnersi e smettere di soffrire?

Lentamente, scivola verso l'oscurità, il posto più tranquillo in quell'oceano di dolore. La accetta come si accetterebbe un bicchiere d'acqua nel deserto. L'oscurità lo accoglie nel suo abbraccio, lo fa sentire al sicuro.

Il suo cuore smette di battere all'improvviso, il respiro si ferma, il suo corpo si abbandona al buio.

L'ultima cosa che i suoi occhi riescono a vedere è il colore dei petali dei fiori, che nonostante fossero stati calpestati, continuano a rifulgere.

 

Riapre gli occhi di colpo e prende fiato tossendo come dopo una lunga apnea.

Lo stordimento iniziale lo lascia inerme per un attimo, ma poi scatta in piedi.

Gli occhi blu corrono da un lato all'altro cercando punti di riferimento senza però trovarne.

Si accorge di avere i piedi immersi nell'acqua di un canale di scolo, forse, e di trovarsi in un vicolo su cui si affacciano le finestre di quello che forse è un albergo.

È lì che coglie il proprio riflesso.

Non riesce a stupirsi di ciò che vede, perché è come se tutto d'un tratto non possa più provare alcuna emozione, ma le mani vanno a toccare il viso diventato bellissimo, maturo, incorniciato da morbidi capelli rosa, poi scende a toccarsi il petto, le braccia. Sembra dotato di una forza enorme...si sente dotato di una forza enorme.

- Ben svegliato. -

Alza subito lo sguardo verso la fonte della voce.

Un uomo avvolto in un mantello nero che gli è così familiare da confonderlo.

- Chi sei? -

- Colui che ti darà una seconda chance. -

- Sono morto? - la figura scuote la testa, lentamente. Auramil si poggia una mano sul petto, non sente più il battito del cuore. - Devo essere morto per forza, non mi batte il cuore. -

Ed è un ragionamento più che lineare.

- Il tuo cuore è caduto preda dell'oscurità, bramoso di una nuova forza. Non sei né vivo né morto, anzi, sei rinato a nuova vita. - Auramil vede l'uomo allungare una mano verso di lui. Lettere luminose gli vorticano intorno e si mischiano tra loro per formare un nuovo nome. - Marluxia. - la “x” quasi brucia nell'aria. Lui prova a toccarla ma sparisce velocemente come è comparsa.

- Marluxia. - gli piace quel nome, ma fissa con un certo disappunto quella figura incappucciata - Perché dovrei fidarmi di te? -

- Perché io posso darti ciò che cerchi. Il potere, la forza, il cuore che altri ti hanno fatto perdere...un giardino da curare. - alle spalle dell'uomo si apre un varco oscuro - Sei libero di non seguirmi. -

Marluxia non aggiunge niente, quando l'uomo entra nel varco, entra dopo di lui.

   
 
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