2. Lezioni di danza
“Hana, mi potresti spiegare
come funziona l’intervallo per uscire?”
La ragazza interessata si
voltò e la guardò un po’ stranita, ma
col sorriso sulle labbra le si avvicinò
meglio e le spiegò ogni cosa. Heris si rese conto che
sebbene le parole dure
che le erano state rivolte il giorno passato, lei le aveva dato la
speranza di
riscattarsi e fare amicizia, forse era per questo che restava attaccata
a
Tsuki, per la semplice ragione di darle il tempo di abituarsi alla
solarità,
iniziarono a parlare tranquillamente quando il professore
entrò in classe e
decisero di rimandare tutto all’intervallo.
Tsuki guardava ciò un
po’
ingelosita dal fatto che Hana avesse lasciato lei per parlare con la
nuova,
soprattutto su ciò che le aveva detto, scosse le spalle e
iniziò a seguire la
lezione di storia dell’arte, almeno qualcosa che la rilassava
e la faceva
vagare per mondi lontani.
Nell’ora seguente ebbero
Giapponese e come sempre dovettero sorbirsi un’altra lezione
sui verbi, era
piuttosto scocciante e a prima vista sembrava difficile, ma subito dopo
era un
gioco da ragazzi. All’ intervallo, Hana ed Heris continuarono
il loro discorso
mentre Tsuki approfittava della distrazione delle due per salire sul
terrazzo
della scuola, aprì la porta e si affacciò alla
ringhiera, alzò lo sguardo
guardando le nuvole, cercò di sporgersi un po’ di
più come per prendere un
qualcosa di irraggiungibile.
“Potresti cadere
così…” una
voce dietro di lei la risvegliò facendola voltare, un
ragazzo con gli occhiali
e la divisa maschile dell’istituto le sorrideva cordialmente,
si avvicinò a lei
e si appoggiò alla ringhiera.
“Guardavi le nuvole? Trovo
che oggi siano molto più bianche del solito, la tua pelle
è come la loro, così
chiara come se fosse irreale.”
“Cosa vuoi da me?” la
foce
dura e sprezzante di Tsuki lo stupì, aveva gli occhi freddi
contro quelli caldi
di lui, non sorrideva, sembrava arrabbiata, non sembrava nemmeno avere
espressione, era una statua di marmo.
“Farti sorridere… e
credimi…
ci riuscirò…” disse staccandosi dalla
ringhiera e sussurrandole le ultime
parole all’orecchio, facendola rimanere scioccata, Tsuki non
perse tempo, si
voltò verso di lui rimanendo al suo posto.
“Non sperarci tanto
Kaze.”
Gli rispose lei, il ragazzo sorrise, bene, almeno conosceva il suo nome
ed era
una cosa positiva, le piaceva quella ragazza, ma quel velo di tristezza
lo
faceva star male, come se ce l’avesse con il mondo. Non
appena il ragazzo si fu
dileguato la campanella suonò e lei si diresse in classe,
Heris ed Hana erano
già sedute e parlavano allegramente, come se non si fossero
mai accorte della
sua presenza, la ragazza si intristì e mogia
ritornò al suo posto, non le fu
rivolta una sola parola, non per cattiveria, ma solo perché
erano così prese da
non riuscire a fermarsi, Hana pensava che Heris era una brava ragazza,
un po’
impulsiva, ma che allo stesso tempo riusciva a riflettere su
ciò che diceva, si
erano confidate e Hana gli aveva raccontato della sua amicizia con
Tsuki e del
suo obbiettivo di farla sorridere, non aveva specificato il motivo per
cui la
ragazza era sempre così, d’altronde erano cose
private non stava bene andarle a
dire in giro senza il permesso della diretta interessata.
Le
tre ore seguenti passarono
velocemente, nessuno si accorse che era arrivata già
l’ora di andare a casa,
Tsuki si dileguò in meno di un minuto, fece
un’altra strada come se volesse
seminarle, Hana si stupì di non trovarla da nessuna parte
pensò che forse suo
padre o sua madre erano andata a prenderla così non si
preoccupò più di tanto.
La ragazza camminava a testa bassa quando sentì la mano di
qualcuno poggiarsi
su una sua spalla, si voltò di scatto spaventata e vide il
ragazzo della
mattina.
“Come mai tutta sola? Sai che
è pericoloso camminare da queste parti?”
Lei abbassò lo sguardo mentre
lui le scostava la mano, sorrise.
“Se ti va ti accompagno a
casa.”
Tsuki non rispose si voltò
percorrendo la strada, sempre a capo basso si fermò e si
voltò verso il ragazzo
che contento si avvicinò a lei camminandole al fianco.
Quando la ragazza fu
arrivata a casa, il ragazzo la salutò con la mano iniziando
a correre,
evidentemente era tardi per lui, entrò in casa mormorando un
“sono a casa” e
salendo in camera sua come se trasportasse dei pesi. La stanza di Tsuki
aveva
un grande armadio di legno simile a quelli dell’ottocento, un
letto con la
spalliera di ferro e i cuscini e la coperta erano di un violetto scuro,
c’erano
due orsetti di peluche sopra e null’altro, le mensole
contenenti libri e la
scrivania in lagno con il portatile chiuso e posato ordinatamente
accanto a un
libro.
La scrivania aveva piccoli
cassetti con quaderni e libri scolastici e non, le mensole erano colme
di manga
e libri horror, appesa ad una c’era un piccolo
spaventapasseri con la testa di
zucca, la libreria accanto all’armadio era piena di testi
scolastici,
vocabolari ed enciclopedie. E su di un ripiano c’era lo
sterio con una decina
di cd posti ordinatamente al fianco, lo accese lasciando cantare la
voce di
Gackt in uno sei suoi pezzi migliori. Si cambiò velocemente
indossando le calze
rosa e il body nero, quel giorno aveva la lezione di danza e doveva
prepararsi,
si mise il suo solito abito nero con camicia bianca e corpetto, si
alzò i
capelli in uno chignon, non scompose la frangetta che cadeva morbida
sulla fronte.
Era ufficialmente pronta, prese la sua sacca nera e
controllò che tutto fosse
apposto, e quando ne fu sicura scese le scale andando in cucina, sua
madre
stava cucinando, guardò la figlia baciandole le guance
mettendogli tra le mani
un sacchetto contenenti delle polpette di riso. Tsuki la
ringraziò e uscì di
casa incamminandosi verso la scuola di danza sgranocchiando quella
deliziosa
pietanza che le piaceva tanto. Quando arrivò era presto e
come al solito
salutata la segretaria andò a cambiarsi negli spogliatoi, si
mise degli
scaldamuscoli rosa ai polpacci e uno scaldacuore sul body
così da non avere
freddo durante la lezione, tanto sapeva che avrebbe tolto
quest’ultimo per
lavorare al meglio con le spalle. Le altre allieve arrivarono correndo
pensando
di essere in ritardo, non la salutarono nemmeno, con lei avevano
instaurato un
rapporto chiuso limitandosi al “ciao” e a
nient’altro per loro lei non se lo
meritava, per ciò che avevano appreso a scuola sul suo conto.
“Hana scusami, ma adesso devo
assolutamente andare ci vediamo domani mattina!” disse
baciando le guance della
ragazza, Hana divenne tutta rossa, forse in america si usava
così, sorrise e si
incamminò verso casa sua.
Heris salì le scale di casa e
andò nella sua stanza a preparare tutto quanto, non credeva
che una ragazza
come Hana poteva essere così simpatica, si trovava bene con
lei e per una
giapponese certo non era niente male. Optò per un paio di
pantaloni larghi e la
maglia a maniche a giro come prima lezione, si vestì nel suo
solito stile ed
andò in cucina, sua madre non era ancora tornata da lavoro
così prese un
foglietto e scrisse che andava a lezione di hip-hop, si sarebbero di
certo
viste al ritorno, con sé aveva qualche yen in modo da poter
prendere la
metropolitana e raggiungere il luogo in poco tempo, soprattutto
perché non
voleva fare tardi al suo primo giorno, sarebbe stata una vera e propria
brutta
figura.
Il
centro di Tokyo era pieno
di gente che camminava avanti e in dietro, chi per le spese chi tornava
finalmente a casa dopo una giornata di lavoro e chi era pronto per
iniziarne
un'altra, uomini d’affari con i loro occhialetti tondi e le
valigie in mano, i
grandi cartelloni elettronici che mostravano alcune date di concerti o
semplici
pubblicità, credeva di perdersi a quanto era grande, ma
riuscì a trovare
l’indirizzo, dovette chiedere informazioni a più
di una persona, ma alla fine
riuscì nel suo intento. La scuola di danza era grandissima,
si entrava
percorrendo un corridoio e la cattedra con dietro la segretaria che
trafficava
con i vari orari e quote di iscrizione. Heris si presentò da
lei per sapere se
l’orario della lezione era corretto.
“Siete in anticipo signorina,
gli spogliatoi sono di là e la sala adesso è
occupata dal gruppo di danza
classica avanzato.” Disse cordialmente col sorrisetto sulle
labbra, sembrava
una donna davvero simpatica, le donne giapponesi era così
cordiali e dolci e
non mostravano mai la parte dura cosa che era compito degli uomini.
Quella
scuola di danza aveva tre piani, in cui si divideva la classe di danza
al
primo, al secondo quella delle arti marziali e al terzo la palestra in
cui
tenevano anche lezioni di yoga.
Heris
andò a cambiarsi e
decise di farsi un giro per i piani, erano davvero ben attrezzati,
c’erano i
ragazzi che praticavano il taekwondo, chi il judo e il karate, i
ragazzi erano
tutti concentrati e colpivano duro, c’erano anche alcune
ragazze che non se la
cavavano per niente male. Passò dal terzo e vide i ragazzi
che facevano i pesi,
gli addominali, le flessioni e tantissimi altri esercizi, colpirono la
sua
attenzione un gruppo di ragazze ammucchiate e sforzandosi
riuscì a vedere che
accerchiavano un ragazzo dai capelli medio-lunghi neri e gli occhi
color pece,
era davvero affascinante, ma si riscosse quando vide l’altra
affianco a sé con
gli occhiali che scuoteva la testa, pensandoci meglio gli aveva
intravisti
nella classe del quarto di fronte alla loro, ma non aveva chiesto in
giro i
loro nomi. Guardò l’orologio appeso in ogni
corridoio del piano, doveva
immediatamente scendere, vide altre ragazze vestite più o
meno come lei negli
spogliatoi che si esercitavano, la porta della sala era aperta e vide
una
persona che non si sarebbe mai aspettata di incontrare proprio
lì. Era Tsuki.
Era
al centro della sala con
gli scaldamuscoli rosa e il body nero, le scarpette ai piedi e si
esibiva in un
adagio mozzafiato, le gambe che si alzavano come tirate da una corda e
l’equilibrio perfetto anche sulla mezza punta, un arabesque
perfetto con la
gamba in linea. Era stupenda, l’espressione malinconica
tipica di quegli assoli
la faceva sembrava una vera ballerina, rimase a guardarla incantata,
come
poteva nascondersi in tanta freddezza, quella dolcezza e morbidezza con
cui
saltava e sviluppava la gamba, ne avrebbe chiesto di più ad
Hana l’indomani. La
musica si fermò e così anche Tsuki, ricevette un
applauso dalle sue compagne e
le congratulazioni dell’insegnante, ma lei non cambiava
espressione, faceva
sorrisi forzati e aveva un’espressione tristissima. Vide dei
ragazzi scendere
le scale, erano gli stessi che aveva intravisto al piano delle
palestre, quello
con gli occhiali si avvicinò ad Heris, ma il suo sguardo era
indirizzato a
Tsuki, la guardava come incantato dalla sua bellezza, il suo amico gli
mise una
mano sulla spalla e lo trascinò via.
Le
ragazze uscirono tutte e
gli occhi di Heris incrociarono quelli di Tsuki, lei ritornò
dritta per la sua
strada mentre l’americana entrava in sala, seguita da altre
ragazze,
l’insegnante si presentò con lei e iniziarono il
riscaldamento, mentre guardava
allo specchio vide Tsuki abbigliata di nero, sembrava una bambola di
porcellana. Heris trovò il riscaldamento piuttosto semplice
e dopo questo
iniziarono a provare qualche passo, le altre ragazze se la cavavano
bene e lei
altrettanto, riceveva i complimenti dall’insegnante e le
altre le davano una
pacca come per dire “sei forte e ci piaci”. Fece
amicizia con loro e sembrava
di stare a parlare con delle vere americane, lei non aveva notato che
il
ragazzo dai capelli neri l’aveva guardata più di
una volta mentre seguito dal
suo amico se ne andava, era l’inizio delle torture
più atroci che la povera
Hana avrebbe dovuto sorbire.
“Ma che ho detto?!” si
chiedeva perplesso lui con la faccia del più innocente degli
angeli del
paradiso, sicuramente se ci fosse stata una ragazza in giro si sarebbe
messa
pure dalla parte del ragazzo senza guardare nemmeno il povero Higashi
che
continuava a sospirare.
“Hai detto una cosa che non
devi pensare.” Disse tranquillamente il ragazzo voltandosi e
facendogli il
verso, arrivarono a casa di Shinichi e si trovarono appoggiato al muro
Gatsu
che guardava la strada, sembrava felice.
“Ma guarda un po’ chi
c’è?
Come hai fatto ad arrivare prima di noi?”
“Il vento mi ha portato qui
Kaze.” Disse sorridendo al ragazzo e come ricambio ricevette
una bella
stritolata di capelli mentre Shinichi apriva il cancello facendo
entrare i suoi
amici.
“Allora voi avete capito
qualcosa di fisica?”
“Io sì.” Disse
fiero di sé
Higashi, in fisica e in chimica era un asso quindi un compagno del
genere in
quel gruppo era tutto di guadagnato anche se il più
intellettuale era Gatsu,
Ichi pensava solo e soltanto alle ragazze stop quella era la sua
materia
preferita.
“Bene allora adesso mio caro
ci spieghi questa cosa che domani non voglio un brutto voto o i miei mi
strozzano… come se potessero.” Disse ironicamente
e a bassa voce il più figo
della scuola. I due si guardarono e scossero la testa prima di ridere.
Il
pomeriggio passò così tra i compiti di fisica e
matematica e le solite
citazioni di Higashi quando si cercava di studiare filosofia che
diventata
noiosa persino per un tipo sognatore come Gatsu.
“Ehi Higashi! Hai visto
quella tipa alle lezioni di hip-hop non era quella che va nella classe
di
Hana-chan e della tua piccola Tsuki?” sussurrò
l’ultimo nome con voce mielosa,
più dolce anche dello stesso miele.
“Uno non è la mia
‘piccola
Tsuki’ secondo sì e va nella loro classe quarta
è amica di Hana-chan e quarto
non provare a metterti con lei perché è un osso
duro.” Conclusione lunga, ma da
far rabbrividire chiunque, ma non Shinichi Sakana che andava in fondo a
tutte
le tipe di quel genere.
“Bene bene mi sembra
abbastanza interessante, la farò cadere ai miei
piedi.” Strinse il pugno come
se ce l’avesse già in mano.
“Ti pareva che non chiedeva
certe cose dopo i compiti.”
“Già… a
proposito e Tsuki?
Come va con lei?” Gatsu era sempre pronto ad ascoltare i
problemi dell’amico
nei riguardi di quella ragazza, Hana gli aveva parlato molto di lei e
sapeva
che oltre a non avere rispetto per la sua vita, era una ragazza molto
fredda e
distaccata.
“Sa il mio nome e questo mi
basta, l’ho incontrata stamattina sulla terrazza fortuna che
non si stava
buttando giù.” Disse lui sospirando un sollievo.
“Per me quella è
pazza!”
sempre a conclusioni affrettate correva il nostro Shin.
“Ehh Ichi lei ha bisogno di un
ragazzo come Higashi…” sospirò Gatsu
poggiando una mano sulla spalla
dell’interessato che era immerso nei suoi pensieri, non
appena sentì quella
frase diede un piccolo schiaffo sulla testa di Gatsu per vietargli di
dire
altre parole sulla ragazza.
“Bene scusami Shin, ma
dobbiamo tornare a casa domani abbiamo ed. fisica alla prima ora e
Higashi deve
riposare per poter incontrare la sua piccola luna.” Stava per
volare un altro
schiaffo, ma Gatsu si mise a correre per scamparlo.