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Autore: Dastrea    28/08/2008    0 recensioni
In una tranquilla Tokyo tre ragazze diverse, una americana, un'amica della natura ed una piccola gothic lolita, sebbene le divergenze tra la prima e l'ultima riusciranno a diventare amiche e a passare un indimenticabile anno scolastico tra amori e piccoli problemi. //Spero di avervi incuriosito, il resto è tutto da scoprire//
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti questa è la prima fanfiction che pubblico in questa sezione^^, chiedo scusa anticipatamente per la punteggiatura che ho cercato di correggere il più possibile, spero che la lettura risulti facile e che la storia piaccia. 

Tre amiche, tutte diverse alle prese con le prime cotte, forse un pò in ritardo, ma che arrivano ed ora vi lascio al primo capitolo.

1. Nuova arrivata

L’aereo era atterrato da poco, proveniva dall’America settentrionale, dall’aeroporto di New York, era stato un viaggio lungo e il fuso orario faceva girare la testa a una ragazza di circa diciotto anni. Era seduta vicino al finestrino affiancata da una donna dai capelli corti castani vestita di tutto punto. La ragazza guardava con aria scocciata fuori dal finestrino, per niente entusiasta di essere atterrata nelle capitale Giapponese, Tokyo. Le hostess annunciarono ai passeggeri che erano atterrati con successo nell’aeroporto, senza sbandamenti e con efficienza, la donna si alzò prendendo le valigie che avevano portato, Heris abbassò il volume dell’iPod e prese in mano la sua borsa. La gente si accalcava, erano per lo più giapponesi ritornati nella loro patria, ma c’erano lei e sua madre che erano americane, Heris non aveva accettato di buon grado il trasferimento, aveva dovuto lasciare le amiche e tutto il resto per arrivare in un paese lento e monotono, guardava quella gente dall’alto verso il basso mentre sua madre la guardava facendole capire che tutto ciò era necessario, ma la ragazza non voleva saperne e rimaneva con la faccia imbronciata.
Portava larghi pantaloni scuri e una maglia larga da lasciare intravedere la spalla destra che sopportava il peso della grande sacca contenente tutti i suoi affetti personali. Prima di partire alla ragazza erano state impartite lezioni di giapponese in modo che potesse ambientarsi subito nella nuova città, le aveva seguite e ora conosceva ben tre lingue, ma il buon umore non le tornava, era sempre stizzita di tutto quello che la circondava.

Passato il controllo chiamarono un taxi che le avrebbe portate nella loro nuova casa, era una palazzina al centro di Tokyo in modo che sua madre potesse spostarsi meglio per il lavoro, era un’importante commercialista e lavorava da un po’ di tempo per delle imprese giapponesi, a distanza, ma ora il suo datore le aveva chiesto il trasferimento completo in modo da aiutare anche loro e lei aveva accettato immediatamente anche se la figlia non era d’accordo. Non appena arrivata Heris si fiondò nella sua nuova stanza e poggiò il borsone su una sedia.
“Heris vieni a darmi una mano con le valigie per favore!” la voce acuta di sua madre la chiamò, ma lei non rispose, si stese sul materasso e si passo le mani dietro la testa continuando a sentire la voce di Beyoncè che la faceva sentire ancora quella ragazza americana, il suo idolo, la sua voce erano lei le ancora a quella vita che aveva condotto prima.
Sua madre entrò nella stanza e si sedette sul letto, sapeva che la figlia non voleva andare a vivere a Tokyo, ma di certo non poteva lasciarla da sola.

Le tolse amorevolmente le cuffie spegnendo l’iPod, le prese una mano e la face mettere a sedere.
“So che questo posto non ti piace, ma devi solo abituarti poi ti sembrerà uguale a New York.”

“Ti sbagli mamma, la gente qui è noiosa, tutta uguale!”
“Domani dovrai iniziare la scuola, è il primo giorno per tutti e frequenterai la classe che avresti dovuto iniziare l’anno prossimo, perciò non ti preoccupare.”
Heris fece roteare gli occhi annuendo distrattamente a ciò che le diceva sua madre e quando se ne fu andata iniziò a sistemare le sue cose nell’armadio, tirò fuori la sacca e quell’orribile divisa che avrebbe dovuto indossare, nella sua vecchia scuola non era così.
Non cenò nemmeno, aveva aiutato sua madre a mettere tutto apposto, ma non volle fare altro, era svogliata sì, ma in quel momento si sentiva fiacca proprio per il fuso orario, programmò la sveglia e si mise sotto le coperte profumate del letto.

 

Fece un sonno pesante tanto che a malapena riusciva a sentire la sveglia, il fuso orario era davvero una cosa insopportabile, si alzò stiracchiandosi e aprendo le persiane della finestra, stranamente c’era il sole e forse la giornata poteva essere positiva. Andò in bagno a lavarsi e di nuovo in camera per vestirsi e truccarsi, la divisa consisteva in una gonna lunga fino a metà coscia e una camicetta bianca e una giacca, giacca e gonna erano verde scuro, si mise dei calzini e le sue amate sneakers, mise i libri nella sacca e ridiede una controllata all’orario di lezioni, sua madre la chiamò per accompagnarla, prese una brioche che avrebbe mangiato strada facendo. In quel momento non aveva né caldo né freddo, vedeva il centro di Tokyo coi negozi aperti e la gente che camminava frenetica per arrivare chi a scuola chi a lavoro.
Sua madre l’accompagnò dalla preside che l’avrebbe condotta nella sua classe, era una donna un po’ cicciotella che vestiva un tailler marrone, sembrava molto dolce, ma era anche una donna severa e autoritaria.
Gli alunni erano già tutti in classe, mancava solo lei, la professoressa era entrata e stava aspettando la preside.
“Bene ragazzi da oggi avrete una nuova compagna di classe, si chiama Heris Ongaku.” I ragazzi si alzarono in piedi per salutarla, vide che era stato messo un banco vuoto forse per fare spazio a lei. La preside la lasciò nelle mani della professoressa mentre la madre di Heris era fuori e si faceva spiegare dalla preside tutto per quanto riguardava la scuola.
“Bene Heris, io sono la signorina Tamada e insegno giapponese, puoi andarti a sedere in quel banco vuoto vicino alla signorina Heiwa.” La professoressa aveva un viso davvero simpatico, sorrideva spesso ed era molto cortese coi suoi alunni e da loro pretendeva rispetto e apprese subito che lei lo avrebbe richiesto a prescindere dal volere dei suoi allievi.
Heris si andò a sedere dove le venne richiesto, i banchi erano separati formando ampie file, lei si sedette accanto alla ragazza,
aveva i capelli corti neri e un sorriso smagliante, sembrava molto simpatica così si strinsero la mano
.

“Io sono Yamahana, ma puoi chiamarmi Hana.” Lei annuì col capo e si sedette, la lezione iniziò, e ci fu un ripasso generale sulle varie forme verbali giapponesi e le varie coniugazioni, sinceramente Heris non ci capiva granchè, riusciva a seguire a malapena, ma a bassa voce la ragazza di fianco le spiegava tutto, evidentemente quella ragazza voleva farsela amica. Heris apprezzava i consigli, ma non si sbilanciava più del singolo ciao e grazie. Furono due ore strazianti, ma quando la campanella dell’intervallo suonò tutti quanti sospirarono di sollievo.
“Prima non abbiamo avuto molto tempo per parlare, da dove vieni? Come ti trovi qui?” Heris naturalmente faceva buon viso a cattivo gioco, una volta capita l’ingenuità della ragazza.
“Vengo da New York e… no, non mi trovo bene, anzi non ci vorrei proprio stare qui.” Si imbronciò appoggiando la schiena alla spalliera della sedia, Hana ne rimase sorpresa e si scansò da lei, leggermente offesa da quello che le era stato detto, si volto verso la sua sinistra dove una ragazza guardava fuori dalla finestra, aveva un viso carino e lunghi capelli castani.
“Te l’avevo detto Hana.” Disse seccamente la ragazza prendendo i quaderni per l’ora successiva, Heris che non era sorda si sentì immediatamente messa in gioco, si sporse per guardare in faccia la ragazza, aveva un trucco nero, sfumato sulle palpebre, e la matita calcata sopra e sotto, doveva essere una di quelle cha chiamano dark, in testa portava una specie di cuffietta nera e sinceramente le sembrava davvero buffa e orribile.
“Scusami che hai da dire su di me? Parla in faccia.”
La ragazza appena sentì quelle parole sospirò senza neanche guardarla negli occhi, anzi non la stava calcolando proprio.
“Ongaku sta zitta e lasciami in pace.”  Lei si stupì perché aveva imparato immediatamente il suo cognome e non pronunciava proprio il suo nome, la prese come un’offesa e si alzò dal suo posto dirigendosi davanti al banco della ragazza. Il resto della classe femminile si voltò verso di loro, Heris sbatté pesantemente le mani sul banco della ragazza, ma non ottenne né un sobbalzo né niente, solo uno sbuffo. La porta era aperta e di fronte alla loro classe c’era quella dei ragazzi del quinto anno, che incuriositi si affacciavano a vedere le belle ragazze più piccole, questa volta furono attratti dalla nuova arrivata che aveva sbattuto le mani sul banco.
“Guardami in faccia!”
urlò lei, la ragazza ubbidì, e alzò gli occhi nocciola freddi che fecero gelare il sangue nelle ossa della ragazza, provò paura anche per il trucco che portava, Hana guardò l’amica che per la prima volta guardava diritta negli occhi un’altra ragazza, si preoccupò e si mise in mezzo separandole.

“Avanti ragazze basta, il professore sta entrando.” Heris ci rinunciò e andò al proprio posto, una ragazza la chiamò da dietro.
“Che vuoi?” chiese freddamente Heris
.

“Non dare retta a ciò che dice e fa, è una strega.” Disse lei, come se volesse consigliarla, l’americana annuì e subito dopo iniziò la lezione. Continuava a pensare però agli occhi freddi di quella ragazza, nonostante il loro colore avrebbe dovuto emanare calore, lei emanava freddezza da tutti i pori, le avevano detto che era una strega, in che senso? Che volevano dire? Certo aveva un gusto davvero orrido di vestirsi, soprattutto con quella cuffietta in testa. Altre tre ore di lezione e finalmente finì quella tortura che avrebbe preso il nome di primo giorno di scuola.

Sua madre andò a prenderla e all’uscita intravide le due ragazze che si sedevano affianco a lei, Hana parlava allegramente, ma l’altra no, camminava dritta per la sua strada, per un attimo rivide quegli occhi freddi e rabbrividì al solo pensiero. Entrò in macchina e ritornò a casa.
“Allora com’è andata?”
“Bene.”
“Hai fatto qualche amicizia?”
“No.”
“Andrà meglio domani.”
“Sì.”
Una discussione molto fredda quella che avevano avuto, d’altronde Heris era concentrata su altro e non aveva tempo di stare a pensare a certe cose.

 
Hana accompagnò a casa la sua amica, lei si chiamava Tsuki ed era definita da tutta la classe un’asociale, per questo era sempre triste e non parlava con nessuno, quelle poche parole che diceva erano scambiate solo con Hana che invece si attaccava e non la finiva più, erano alcune volte cose riferenti al suo anime preferito, ma niente di più, alcune volte le raccontava del suo falco Onegai e di ciò che combinavano quando andavano nei boschi. Non appena arrivarono a destinazione Tsuki baciò sulla guancia la sua amica entrando nella casa, aveva un grande giardino con un albero di ciliegio purtroppo non fiorito perché non era il tempo.
Entrò dalla porta d’ingresso senza spiccicare parola, sua madre l’andò ad accogliere, baciandole le guance, suo padre non era ancora arrivato a casa.

C’era una cucina comunicante con la sala da pranzo, il salotto con la televisione e il tavolino. Le scale conducevano al piano superiore dove c’erano le camere da letto e un’altra stanza abbastanza ampia da ospitare un pianoforte a coda dove Tsuki il più delle volte suonava. La ragazza andò nella sua stanza e si tolse la divisa mettendosi una gonna a palloncino nera, il corpetto nero da sopra a una camicia bianca a maniche larghe, la sua cuffietta sulla testa e i gambaletti neri. Accese lo sterio facendo partire il cd inserito dalla mattina, iniziò la musica. Saikai no chi to bara. Era una musica che la rilassava e l’aiutava a pensare quando si trovava in situazioni come quella della mattina. Heris la nuova arrivata era una ragazza davvero insopportabile, aveva sfidato una come lei, ma non l’aveva vinta, aveva sentito la paura nelle sue ossa quando l’aveva fissata negli occhi, un sorriso maligno si delineò sulle sue labbra ripensando a ciò.

Yamahana arrivò a casa sua e salutò tutta pimpante la madre che era intenta a cucinare mentre i suoi fratelli erano già seduti a tavola, suo padre non avrebbe pranzato con loro quel giorno perché era già andato a lavorare. Aveva due sorelle e un fratello che erano intenti a litigare su una delle loro discussioni infantili, lei salì le scale che la condussero nella stanza che divideva con le due sorelle e si svestì della divisa mettendosi dei jeans e una maglietta a maniche corte e una giacca, preparò la borsa con il suo strumento perché dopo pranzo doveva andare alla lezione di clarinetto.
Lei amava suonare e alcune volte si incontrava a casa di Tsuki per suonare un duetto, ciò allietava molto la madre della giovane dark che non sentiva mai musiche allegre, solo quelle tristi cantate e suonate da sua figlia. Salì le scale che conducevano alla terrazza, lì c’era il suo falco Onegai che non appena la vide iniziò a volare nella sua
direzione per salutarla.
“Ciao piccolo!” lo salutò lei infilandosi il guanto retinato e aprendo la gabbia per farlo poggiare sul suo avambraccio, il giovane falco iniziò a strusciare la testolina sotto il collo della ragazza facendola ridere per il solletico che le procurava. Hana andò a prendere il cibo da dare al suo amico, lui non appena vide i pezzetti di carne essiccata che conservava iniziò ad agitarsi cercando di strapparglieli dalle mani della ragazza, lei rideva divertita e lo chiamava per farlo stare buono. Quando soddisfatta riuscì a calmarlo lo rimise nella voliera con il cibo.

“Onegai io devo andare, ci vediamo quando torno!” disse per poi scendere le scale velocemente, afferrare lo zaino e poggiarlo all’ingresso, andò nella cucina e si sedette a tavola assieme ai suoi fratelli e a sua madre, mangiarono con gusto un bel piatto di riso con carne, era una specialità che sua madre faceva molto spesso e lei era sempre contenta di ciò. A differenza di Tsuki, Hana era una tipa solare che non faceva altro che ridere e sorridere mettendo a tutta la classe il buon umore.
Quando ebbe finito sciacquò la sua ciotola e la mise sul banco del lavello, salutò sua madre frettolosamente con un bacio sulla guancia e infilate le scarpe scappò via. Durante il tragitto contrario incontrò vide in lontananza un
ragazzo dai capelli corti che si dirigeva verso di lei, lo riconobbe immediatamente come suo vicino di casa.
“Ciao Gatsu-kun!”

“Hana-chan dove vai così di fretta?”
“A lezione, scusa non posso fermarmi ciao!”
Fece tutto così di fretta che lui no potè risalutarla, lei tutta felice continuò a correre, Gatsu era uno del quinto faceva parte della compagnia di Shin Sakana, si conoscevano da quando erano bambini ed erano molto amici, andava nella classe di fronte alla sua assieme allo stesso Shin e un altro ragazzo che si chiamava Higashi, erano un trio affiatato e il loro capo era il più richiesto dalle ragazze di tutte le classi inferiori alla loro, Gatsu non era così, lui era il tipo che metteva pace tra Shin e i ragazzi più grandi.

Continuò a correre finchè non arrivò a scuola ed entrò nell’aula di musica dove tutti i partecipanti dell’orchestra iniziavano le prove per la parata che la scuola offriva nella settimana natalizia.
 
  

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Eccolo finito il primo capitolo spero che sia piaciuto e per favore commentante facendomi capire cosa ne pensate 
grazie mille per l'attenzione alla prossima.
Dastrea

  
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