Salve a tutti questa è la prima fanfiction che pubblico in questa sezione^^, chiedo scusa anticipatamente per la punteggiatura che ho cercato di correggere il più possibile, spero che la lettura risulti facile e che la storia piaccia.
Tre amiche, tutte diverse alle prese con le prime cotte, forse un pò in ritardo, ma che arrivano ed ora vi lascio al primo capitolo.
1. Nuova
arrivata
L’aereo
era atterrato da
poco, proveniva dall’America settentrionale,
dall’aeroporto di New York, era
stato un viaggio lungo e il fuso orario faceva girare la testa a una
ragazza di
circa diciotto anni. Era seduta vicino al finestrino affiancata da una
donna
dai capelli corti castani vestita di tutto punto. La ragazza guardava
con aria
scocciata fuori dal finestrino, per niente entusiasta di essere
atterrata nelle
capitale Giapponese, Tokyo. Le hostess annunciarono ai passeggeri che
erano
atterrati con successo nell’aeroporto, senza sbandamenti e
con efficienza, la
donna si alzò prendendo le valigie che avevano portato,
Heris abbassò il volume
dell’iPod e prese in mano la sua borsa. La gente si
accalcava, erano per lo più
giapponesi ritornati nella loro patria, ma c’erano lei e sua
madre che erano
americane, Heris non aveva accettato di buon grado il trasferimento,
aveva
dovuto lasciare le amiche e tutto il resto per arrivare in un paese
lento e
monotono, guardava quella gente dall’alto verso il basso
mentre sua madre la
guardava facendole capire che tutto ciò era necessario, ma
la ragazza non
voleva saperne e rimaneva con la faccia imbronciata.
Portava larghi pantaloni
scuri e una maglia larga da lasciare intravedere la spalla destra che
sopportava il peso della grande sacca contenente tutti i suoi affetti
personali. Prima di partire alla ragazza erano state impartite lezioni
di
giapponese in modo che potesse ambientarsi subito nella nuova
città, le aveva
seguite e ora conosceva ben tre lingue, ma il buon umore non le
tornava, era
sempre stizzita di tutto quello che la circondava.
Passato il controllo
chiamarono un taxi che le avrebbe portate nella loro nuova casa, era
una
palazzina al centro di Tokyo in modo che sua madre potesse spostarsi
meglio per
il lavoro, era un’importante commercialista e lavorava da un
po’ di tempo per
delle imprese giapponesi, a distanza, ma ora il suo datore le aveva
chiesto il
trasferimento completo in modo da aiutare anche loro e lei aveva
accettato
immediatamente anche se la figlia non era d’accordo. Non
appena arrivata Heris
si fiondò nella sua nuova stanza e poggiò il
borsone su una sedia.
“Heris vieni a darmi una mano
con le valigie per favore!” la voce acuta di sua madre la
chiamò, ma lei non
rispose, si stese sul materasso e si passo le mani dietro la testa
continuando
a sentire la voce di Beyoncè che la faceva sentire ancora
quella ragazza
americana, il suo idolo, la sua voce erano lei le ancora a quella vita
che
aveva condotto prima.
Sua madre entrò nella stanza
e si sedette sul letto, sapeva che la figlia non voleva andare a vivere
a
Tokyo, ma di certo non poteva lasciarla da sola.
Le
tolse amorevolmente le
cuffie spegnendo l’iPod, le prese una mano e la face mettere
a sedere.
“So che questo posto non ti
piace, ma devi solo abituarti poi ti sembrerà uguale a New
York.”
“Ti
sbagli mamma, la gente
qui è noiosa, tutta uguale!”
“Domani dovrai iniziare la
scuola, è il primo giorno per tutti e frequenterai la classe
che avresti dovuto
iniziare l’anno prossimo, perciò non ti
preoccupare.”
Heris fece roteare gli occhi
annuendo distrattamente a ciò che le diceva sua madre e
quando se ne fu andata
iniziò a sistemare le sue cose nell’armadio,
tirò fuori la sacca e
quell’orribile divisa che avrebbe dovuto indossare, nella sua
vecchia scuola
non era così.
Non cenò nemmeno, aveva
aiutato sua madre a mettere tutto apposto, ma non volle fare altro, era
svogliata sì, ma in quel momento si sentiva fiacca proprio
per il fuso orario,
programmò la sveglia e si mise sotto le coperte profumate
del letto.
Fece un
sonno pesante tanto
che a malapena riusciva a sentire la sveglia, il fuso orario era
davvero una
cosa insopportabile, si alzò stiracchiandosi e aprendo le
persiane della
finestra, stranamente c’era il sole e forse la giornata
poteva essere positiva.
Andò in bagno a lavarsi e di nuovo in camera per vestirsi e
truccarsi, la
divisa consisteva in una gonna lunga fino a metà coscia e
una camicetta bianca
e una giacca, giacca e gonna erano verde scuro, si mise dei calzini e
le sue
amate sneakers, mise i libri nella sacca e ridiede una controllata
all’orario
di lezioni, sua madre la chiamò per accompagnarla, prese una
brioche che
avrebbe mangiato strada facendo. In quel momento non aveva
né caldo né freddo,
vedeva il centro di Tokyo coi negozi aperti e la gente che camminava
frenetica
per arrivare chi a scuola chi a lavoro.
Sua madre l’accompagnò
dalla
preside che l’avrebbe condotta nella sua classe, era una
donna un po’
cicciotella che vestiva un tailler marrone, sembrava molto dolce, ma
era anche
una donna severa e autoritaria.
Gli alunni erano già tutti in
classe, mancava solo lei, la professoressa era entrata e stava
aspettando la
preside.
“Bene ragazzi da oggi avrete
una nuova compagna di classe, si chiama Heris Ongaku.” I
ragazzi si alzarono in
piedi per salutarla, vide che era stato messo un banco vuoto forse per
fare
spazio a lei. La preside la lasciò nelle mani della
professoressa mentre la
madre di Heris era fuori e si faceva spiegare dalla preside tutto per
quanto
riguardava la scuola.
“Bene Heris, io sono la
signorina Tamada e insegno giapponese, puoi andarti a sedere in quel
banco
vuoto vicino alla signorina Heiwa.” La professoressa aveva un
viso davvero
simpatico, sorrideva spesso ed era molto cortese coi suoi alunni e da
loro
pretendeva rispetto e apprese subito che lei lo avrebbe richiesto a
prescindere
dal volere dei suoi allievi.
Heris si andò a sedere dove
le venne richiesto, i banchi erano separati formando ampie file, lei si
sedette
accanto alla ragazza,
aveva i capelli corti neri e un sorriso smagliante,
sembrava molto simpatica così si strinsero la mano.
“Io sono Yamahana, ma puoi
chiamarmi Hana.” Lei annuì col capo e si sedette,
la lezione iniziò, e ci fu un
ripasso generale sulle varie forme verbali giapponesi e le varie
coniugazioni,
sinceramente Heris non ci capiva granchè, riusciva a seguire
a malapena, ma a
bassa voce la ragazza di fianco le spiegava tutto, evidentemente quella
ragazza
voleva farsela amica. Heris apprezzava i consigli, ma non si
sbilanciava più
del singolo ciao e grazie. Furono due ore strazianti, ma quando la
campanella
dell’intervallo suonò tutti quanti sospirarono di
sollievo.
“Prima non abbiamo avuto
molto tempo per parlare, da dove vieni? Come ti trovi qui?”
Heris naturalmente
faceva buon viso a cattivo gioco, una volta capita
l’ingenuità della ragazza.
“Vengo da New York e…
no, non
mi trovo bene, anzi non ci vorrei proprio stare qui.” Si
imbronciò appoggiando
la schiena alla spalliera della sedia, Hana ne rimase sorpresa e si
scansò da
lei, leggermente offesa da quello che le era stato detto, si volto
verso la sua
sinistra dove una ragazza guardava fuori dalla finestra, aveva un viso
carino e
lunghi capelli castani.
“Te l’avevo detto
Hana.”
Disse seccamente la ragazza prendendo i quaderni per l’ora
successiva, Heris
che non era sorda si sentì immediatamente messa in gioco, si
sporse per
guardare in faccia la ragazza, aveva un trucco nero, sfumato sulle
palpebre, e
la matita calcata sopra e sotto, doveva essere una di quelle cha
chiamano dark,
in testa portava una specie di cuffietta nera e sinceramente le
sembrava
davvero buffa e orribile.
“Scusami che hai da dire su
di me? Parla in faccia.”
La ragazza appena sentì
quelle parole sospirò senza neanche guardarla negli occhi,
anzi non la stava
calcolando proprio.
“Ongaku sta zitta e lasciami
in pace.” Lei
si stupì perché aveva
imparato immediatamente il suo cognome e non pronunciava proprio il suo
nome,
la prese come un’offesa e si alzò dal suo posto
dirigendosi davanti al banco
della ragazza. Il resto della classe femminile si voltò
verso di loro, Heris
sbatté pesantemente le mani sul banco della ragazza, ma non
ottenne né un
sobbalzo né niente, solo uno sbuffo. La porta era aperta e
di fronte alla loro
classe c’era quella dei ragazzi del quinto anno, che
incuriositi si
affacciavano a vedere le belle ragazze più piccole, questa
volta furono
attratti dalla nuova arrivata che aveva sbattuto le mani sul banco.
“Guardami in faccia!”
urlò lei, la ragazza ubbidì,
e alzò gli occhi nocciola freddi che fecero gelare il sangue
nelle ossa della
ragazza, provò paura anche per il trucco che portava, Hana
guardò l’amica che
per la prima volta guardava diritta negli occhi un’altra
ragazza, si preoccupò
e si mise in mezzo separandole.
“Avanti ragazze basta, il
professore sta entrando.” Heris ci rinunciò e
andò al proprio posto, una
ragazza la chiamò da
dietro.
“Che vuoi?” chiese
freddamente Heris.
“Non dare retta a ciò
che
dice e fa, è una strega.” Disse lei, come se
volesse consigliarla, l’americana
annuì e subito dopo iniziò la lezione. Continuava
a pensare però agli occhi
freddi di quella ragazza, nonostante il loro colore avrebbe dovuto
emanare
calore, lei emanava freddezza da tutti i pori, le avevano detto che era
una
strega, in che senso? Che volevano dire? Certo aveva un gusto davvero
orrido di
vestirsi, soprattutto con quella cuffietta in testa. Altre tre ore di
lezione e
finalmente finì quella tortura che avrebbe preso il nome di
primo giorno di
scuola.
Sua madre
andò a prenderla e
all’uscita intravide le due ragazze che si sedevano affianco
a lei, Hana
parlava allegramente, ma l’altra no, camminava dritta per la
sua strada, per un
attimo rivide quegli occhi freddi e rabbrividì al solo
pensiero. Entrò in
macchina e ritornò a casa.
“Allora com’è
andata?”
“Bene.”
“Hai fatto qualche
amicizia?”
“No.”
“Andrà meglio
domani.”
“Sì.”
Una discussione molto fredda
quella che avevano avuto, d’altronde Heris era concentrata su
altro e non aveva
tempo di stare a pensare a certe cose.
Hana accompagnò a casa la sua
amica, lei si chiamava Tsuki ed era definita da tutta la classe
un’asociale,
per questo era sempre triste e non parlava con nessuno, quelle poche
parole che
diceva erano scambiate solo con Hana che invece si attaccava e non la
finiva
più, erano alcune volte cose riferenti al suo anime
preferito, ma niente di
più, alcune volte le raccontava del suo falco Onegai e di
ciò che combinavano
quando andavano nei boschi. Non appena arrivarono a destinazione Tsuki
baciò
sulla guancia la sua amica entrando nella casa, aveva un grande
giardino con un
albero di ciliegio purtroppo non fiorito perché non era il
tempo.
Entrò dalla porta d’ingresso
senza spiccicare parola, sua madre l’andò ad
accogliere, baciandole le guance,
suo padre non era ancora arrivato a casa.
C’era una cucina comunicante
con la sala da pranzo, il salotto con la televisione e il tavolino. Le
scale
conducevano al piano superiore dove c’erano le camere da
letto e un’altra
stanza abbastanza ampia da ospitare un pianoforte a coda dove Tsuki il
più
delle volte suonava. La ragazza andò nella sua stanza e si
tolse la divisa
mettendosi una gonna a palloncino nera, il corpetto nero da sopra a una
camicia
bianca a maniche larghe, la sua cuffietta sulla testa e i gambaletti
neri.
Accese lo sterio facendo partire il cd inserito dalla mattina,
iniziò la
musica. Saikai no chi to bara. Era una musica che la rilassava e
l’aiutava a
pensare quando si trovava in situazioni come quella della mattina.
Heris la
nuova arrivata era una ragazza davvero insopportabile, aveva sfidato
una come
lei, ma non l’aveva vinta, aveva sentito la paura nelle sue
ossa quando l’aveva
fissata negli occhi, un sorriso maligno si delineò sulle sue
labbra ripensando
a ciò.
Lei amava suonare e alcune
volte si incontrava a casa di Tsuki per suonare un duetto,
ciò allietava molto
la madre della giovane dark che non sentiva mai musiche allegre, solo
quelle
tristi cantate e suonate da sua figlia. Salì le scale che
conducevano alla
terrazza, lì c’era il suo falco Onegai che non
appena la vide iniziò a volare
nella sua direzione
per salutarla.
“Ciao piccolo!” lo salutò
lei
infilandosi il guanto retinato e aprendo la gabbia per farlo poggiare
sul suo
avambraccio, il giovane falco iniziò a strusciare la
testolina sotto il collo
della ragazza facendola ridere per il solletico che le procurava. Hana
andò a
prendere il cibo da dare al suo amico, lui non appena vide i pezzetti
di carne
essiccata che conservava iniziò ad agitarsi cercando di
strapparglieli dalle mani
della ragazza, lei rideva divertita e lo chiamava per farlo stare
buono. Quando
soddisfatta riuscì a calmarlo lo rimise nella voliera con il
cibo.
“Onegai io devo andare, ci
vediamo quando torno!” disse per poi scendere le scale
velocemente, afferrare
lo zaino e poggiarlo all’ingresso, andò nella
cucina e si sedette a tavola
assieme ai suoi fratelli e a sua madre, mangiarono con gusto un bel
piatto di
riso con carne, era una specialità che sua madre faceva
molto spesso e lei era
sempre contenta di ciò. A differenza di Tsuki, Hana era una
tipa solare che non
faceva altro che ridere e sorridere mettendo a tutta la classe
il buon umore.
Quando ebbe finito sciacquò
la sua ciotola e la mise sul banco del lavello, salutò sua
madre
frettolosamente con un bacio sulla guancia e infilate le scarpe
scappò via.
Durante il tragitto contrario incontrò vide in lontananza un
ragazzo dai
capelli corti che si dirigeva verso di lei, lo riconobbe immediatamente
come
suo vicino di casa.
“Ciao Gatsu-kun!”
“Hana-chan dove vai così
di
fretta?”
“A lezione, scusa non posso
fermarmi ciao!”
Fece tutto così di fretta che
lui no potè risalutarla, lei tutta felice
continuò a correre, Gatsu era uno del
quinto faceva parte della compagnia di Shin Sakana, si conoscevano da
quando
erano bambini ed erano molto amici, andava nella classe di fronte alla
sua
assieme allo stesso Shin e un altro ragazzo che si chiamava Higashi,
erano un
trio affiatato e il loro capo era il più richiesto dalle
ragazze di tutte le
classi inferiori alla loro, Gatsu non era così, lui era il
tipo che metteva
pace tra Shin e i ragazzi più grandi.
Continuò a correre finchè
non arrivò a scuola ed entrò nell’aula
di
musica dove tutti i partecipanti dell’orchestra iniziavano le
prove per la
parata che la scuola offriva nella settimana natalizia.
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Eccolo
finito il primo capitolo spero che sia piaciuto e per favore
commentante facendomi capire cosa ne pensate
grazie mille per l'attenzione alla prossima.
Dastrea