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Autore: AriaChan    12/07/2014    3 recensioni
- Piccola Mezzosangue, attenta il tempo scorre, il destino ti aspetta, la storia si ripete, con piccole differenze, tutti voi siete destinati a morire, gli Dei cadranno e io sorgerò- disse questa voce, non sapevo da dove provenisse, ero in mezzo al nulla e le sue parole non aiutavano.
Sono Alison Green, non sono sicura del perché sono qui, so solo che io non ho paura.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9.


 
Aprii gli occhi, non riuscivo a respirare, tutto si muoveva al rallentatore, mi guardai attorno, era buio e freddo. Dopo una manciata di secondi capii che ero immersa nell’acqua gelida. Cercai di nuotare verso la superficie, ma era come se mi avessero preso per le caviglie e non mi lasciassero tornare su, mi stavano trascinando verso il fondo. Mi accorsi che stavo tremando quando smisi di tremare, stavo andando in ipotermia, il mio corpo cercava di conservare la poca energia che mi rimaneva. Mi arresi, smisi di nuotare, non sarei mai riuscita ad arrivare in superficie in tempo, stavo finendo l’aria, ero stanca, era la fine. Tenni gli occhi aperti, stavo sprofondando, quando vidi un albero, un albero nero. Aveva dei lunghi rami sottili, senza foglie, c’era della frutta, delle mele appassite. Stava morendo. Urlai, ero sott’acqua, nessuno poteva sentirmi, urlai come mai, facendo entrare l’acqua nei polmoni. Sarei riuscita a resistere ancora pochi secondi. Ero pronta, stavo per morire, non avevo paura.
Stavo per perdere i sensi quando mi sentii prendere per i fianchi, qualcuno mi stava portando verso la superficie, qualcuno mi stava salvando. Riuscì a portarmi in superficie prima che io perdessi i sensi. Appena fui a contatto con l’aria, iniziai a boccheggiare e a sputare tutta l’acqua che avevo ingerito. Appena tornai in me guardai in faccia il mio salvatore. Aveva i capelli neri, scompigliati e bagnati, i suoi occhi erano neri, neri come le notti invernali, esprimevano un dolore perenne. Avrei riconosciuto quegli occhi e quello sguardo ovunque, era Nico. Lo fissai, lui strinse il mio viso tra le sue mani, mi sarebbe piaciuto rimanere così per tutto il tempo, ma, ahimè, non potevo permettermelo.
-Ho freddo- sussurrai, non ero sicura che mi avesse sentito. Annuii, mi fece uscire, e mi diede il giubbotto che aveva lasciato sulla riva. Mi prese  in braccio e di diresse con passo spedito alla Casa Grande, aprii la porta, e mi lasciò vicino al camino.
Chirone sembrò sorpreso, ma non più di tanto, come se sapesse che sarebbe successo qualcosa di brutto.
-Prendo delle coperte, tu vai a chiamare Will- Nico annuì e se ne andò.
Iniziai  a tremare, era un buon segno, significava che stavo iniziando a riscaldarmi, ma non abbastanza, mi raggomitolai. Non potevo credere a quello che era appena successo, stavo per morire, e avevo accettato l’idea di morire. Sarei morta nel fondo di un lago, avrei abbandonato tutti i miei amici, Bonnie, Will e Nico, avrei abbandonato mia zia, mia nonna, Tempesta. Sarei tornata da mia madre… Subito mi salirono le lacrime agli occhi, non potevo crede a quello che ero che stavo per fare. Ero stata egoista. Non me lo sarei mai perdonata.
Arrivò Chirone con le coperte, non sarebbero servite a niente con i vestiti ancora bagnati, ma non dissi niente. Mi stava aiutando, non volevo sminuire quello che stava facendo per me. Fissai il fuoco per una manciata di minuti, fino a quando arrivò Will, seguito da Nico.
-Stai bene, il rischio è passato, devi solo procurarti dei vestiti asciutti e stare al caldo per un po’- sorrire, mi passò un cubetto di ambrosia- ti aiuterà-.
-Un giorno troverò il modo di ringraziarti, avrò fatto fuori metà della tua scorta di ambrosia- rise, aveva una risata sincera, ora capivo perché a Bonnie piaceva così tanto. Era simpatico, carino e  gentile.
-Effettivamente sono un po’ a corto di ambrosia, ma non preoccuparti- sorrise, mi girai verso Nico, era cupo e rigido.
-Dov’è Bonnie?- con mia grande sorpresa mi rispose Will, che aveva perso il sorriso di pochi attimi prima.
-È in infermeria, si riprenderà- cosa ci faceva Bonnie in infermeria? Cos’era successo?
-Come in infermeria? Cos’è successo? Cosa le hanno fatto?- mi alzai di scatto facendo cadere le coperte.
-Che cosa le hai fatto- questa volta rispose Nico- Quando sei svenuta, io e Bonnie ti abbiamo portata fuori, ti abbiamo riportata al campo, le ho detto di stare con te, e di aspettarmi, sono andato a chiamare Will, quando sono tornato lei era svenuta, e tu eri scomparsa- i suoi occhi erano fissi sui miei, mi voltai verso Will, si stava rigirando un’ampolla di nettare tra le dita.
Dovevo vedere come stava, uscii velocemente dalla Casa Grande, provarono a fermarmi, dicendomi che non potevo uscire al freddo in quelle condizioni, ma non mene importava niente, volevo solo sapere come stava Bonnie, in quel momento mi importava solo di lei. Era colpa mia. È sempre colpa mia.
Iniziai a correre, appena arrivai chiesi a uno dei figli di Apollo dove fosse Bonnie, mi indicò l’ultimo lettino vicino alla parete, andai subito da lei. Non potevo lasciarla da sola. Quando la vidi sentii un tonfo al cuore, mi avvicinai piano, come se potessi svegliarla col minimo rumore. Era pallida, aveva la fronte imperlata di sudore, le posai delicatamente la mano sulla fronte, era bollente. Mi inginocchiai accanto a lei, il mio viso era alla stessa altezza del suo.
-Andrà tutto bene- sussurai, mi tremava il labbro inferiore. Alison non puoi permetterti di piangere, non più, non ora.
In quel momento entrarono Will e Nico, vennero verso di me.
-Alison devi riposarti, qui ci penso io- non mi mossi.
-Non posso lasciarla da sola, io… io devo stare qui con lei- leggevo la compassione nei suoi occhi.
-Devi riposarti, e poi Bonnie non è sola, c’è Will qui con lei- guardai Nico, sembrava una persona totalmente diversa da stamattina, era tornato il ragazzo triste di sempre, ed era colpa mia.
-Voi non capite, io devo stare qui, non posso andarmene, lasciatemi stare qui solo per stanotte- sembravo una bambina che supplicava alla mamma di comprarle le caramelle, ero disgustata da me stessa, come potevo essermi ridotta così? Come?
Will e Nico si lanciarono un’occhiata, come per accordarsi.
-Va bene, ma rimango anch’io, devo tenerla d’occhio- Nico annuì, lo guardai, era ancora bagnato e in maniche corte, mi alzai mi avvicinai a lui e mi tolsi la giacca, gliela porsi. Mi sorrise.
-Buonanotte piccola- mi diede un bacio sulla fronte e se ne andò. Will mi guardò perplesso.
-Non chiedermi niente, quel ragazzo non riesco a capirlo neanch’io- rise.
-Come vuoi- ci sedemmo su una brandina.
Studiai il viso addormentato di Bonnie, era attraversato da una smorfia di dolore. Il suo respiro diventò irregolare, iniziò ad agitarsi nel sonno. Mi alzai di scatto.
-Che cos’ha?!- si alzò anche Will, andò a prendere un panno bagnato e glielo appoggiò delicatamente sulla fronte.
-È solo un incubo, stai tranquilla- mi sedetti di nuovo, l’espressione di Will era tranquilla, però sapevo che non lo era affatto, forse era più preoccupato di me, glielo leggevo negli occhi. Come faceva ad essere così calmo? Forse perché era abituato o semplicemente aveva molto autocontrollo. Il mio sguardo tornò sul viso di Bonnie, la sua espressione si era rilassata, per un secondo mi era sembrato che stesse sorridendo, probabilmente era un’allucinazione. Bonnie non era come me, lei era carina, anzi, era bella, sia fuori che dentro. Aveva quel tipo di bellezza che ti faceva sorridere appena la vedevi. I suoi  capelli rossi erano bagnati dal sudore. Passarono delle ore, Will cercava di tenersi occupato armeggiando con delle bende, io ero lì, ancora fradicia, a guardare la mia amica, sperando che si svegliasse da un momento all’altro.  Non capivo ancora come avevo fatto a ridurla così, non le avrei mai fatto del male di mia spontanea volontà, era una mia amica, avrei fatto di tutto per proteggerla, non potevo permettere che le succedesse qualcosa di grave, non per colpa mia.
-Will io sono esausta, vado a dormire- lui annuì senza dire niente. Mi diressi alla mia cabina, quando vidi che ero abbastanza lontana dall’infermeria, cambiai direzione e andai verso la stalla dei pegasi. Mi avvicinai piano piano al box di Tempesta, era sveglio, come se già sapesse che stavo arrivando. Meglio così.
-Allora campione, sei pronto per un’altra avventura?- feci attenzione a portarlo fuori senza fare rumore, appena uscimmo dalla stalla salii sulla sua groppa e partimmo per New York, dovevo andare da mia zia, dovevo parlare con lei. Non volevo ritornare in quel posto, ma dovevo farlo.
Appena arrivai lasciai Tempesta ad aspettarmi sulla veranda, quando non ero in casa mia zia lasciava la chiave sotto lo zerbino, era lì, le sue vecchie abitudini rimanevano.
Aprii la porta, stava dormendo sul divano, per terra era pieno di bottiglie vuote e di chissà cos’altro. Non faceva mai le pulizie, mi occupavo sempre io di tutto, mi mancava, dopotutto mi erano rimaste solo lei e mia nonna. Si, al Campo erano tutti gentili e premurosi, ma loro erano la mia famiglia, e anche se mia zia non mi piaceva, non potevo abbandonarla. Andai in camera mia, aprii l’armadio, molti vestiti erano rimasti lì, decisi di cambiarmi, non potevo ammalarmi in quel momento. Presi una coperta, tornai in soggiorno e coprii mia zia. Iniziai a raccogliere le bottiglie di vetro e i bicchieri sparsi per casa, poi presi tutti cartoni di pizza e li ammucchiai insieme a tutte le altre cose che avevo trovato mentre pulivo. Quando finii erano già le otto di mattina e il sole era spuntato alto nel cielo.
Mentre cercavo qualcosa da mangiare in cucina, ripensai al giorno prima, era stato tutto inutile, gli dei avevano saputo la mia versione della storia, ma questo probabilmente non sarebbe bastato. Cosa potevo fare? Ero del tutto inutile, i miei amici dovevano sempre stare attenti a me, perché potevo svenire da un momento all’altro. Ma cosa pensavo di fare? In queste condizioni come ho pensato di sfidare Urano? Cosa mi è saltato in mente quando ho promesso a quella bambina, Hanna, che sarebbe andato tutto bene, quando io stessa so già che abbiamo perso in partenza? Sono così stupida… Questo mondo non mi appartiene, non ho la stoffa per essere una semidea.
Finii di fare colazione e portai qualcosa da mangiare anche a Tempesta, dopo andai in camera mia e mi buttai a pancia in giù sul letto. E mi persi di nuovo nei miei pensieri, il mio orgoglio piano piano stava andando in frantumi. La sera prima stavo per lasciarmi morire, stavo per abbandonare tutti e tornare da mia madre. L’avrei rivista, mi mancava così tanto.
-Vedo che non hai perso l’abitudine di pulire casa ogni volta che puoi, potrei dire che la tua è quasi un’ossessione- potevo riconoscere quella voce tra mille, era mia zia, ma non era il suo solito tono duro e arrogante, era dolce. Girai lentamente la testa, era in piedi appoggiata sullo stipite della porta, con la coperta sulle spalle, e sorrideva, non l’avevo mai vista sorridere, era così diversa, era bellissima. Mi alzai di scatto.
- Chi sei tu? Cos’hai fatto a mia zia?- cos’era successo?
- Sono io, stai tranquilla, rilassati- mi sedetti di peso sul letto, non riuscivo a capire, perché non mi stava insultando e perché non puzzava di alcool come tutte le solite mattine? – noi due dobbiamo parlare di un sacco di cose-.





Angolo Autrice: 
Ciao a tutti! sono qui per scusarmi per il mio ennesimo ritardo, però davvero tra la scuola e i corsi di recupero non sono riuscita a trovare del tempo, ma finalmente è arrivata l'estate, e ora ho tutto il tempo per scrivere nuovi capitoli, quindi pubblicherò capitoli a gogo! 
Vi ringrazio tantissimo per le recensioni nei capitoli precedenti. Adoro vedere che ci sono persone a cui piace quello che scrivo! E mi scuso ancora per il ritardo, ora mi odierete tutti ahaha, però vi darò dei motivi migliori per odiarmi! quindi preparatevi al peggio!
Prometto che cercherò di pubblicare i capitoli più frequentemente! 


Baci Aria.
   
 
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