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Autore: Koori_chan    12/07/2014    3 recensioni
[L’Ottobre del 1703 era uno dei più caldi che la gente di Londra ricordasse.
Per strada i bambini correvano scalzi schiamazzando senza ritegno, e sul mercato si vendeva ancora la frutta dell’estate; il sole, che già aveva incominciato la sua discesa verso l’orizzonte, illuminava i dock di un’atmosfera tranquilla, pacifica, quasi si fosse trattato di un sogno intrappolato sulla tela di un quadro.]
Quando un'amicizia sincera e più profonda dell'oceano porta due bambine a condividere un sogno, nulla può più fermare il destino che viene a plasmarsi per loro.
Eppure riuscirà Cristal Cooper, la figlia del fabbro, a tenere fede alla promessa fatta a Elizabeth Swann senza dover rinunciare all'amore?
Fino a dove è disposta a spingersi, a cosa è disposta a rinunciare?
Fino a che punto il giovane Tenente James Norrington obbedirà a quella legge che lui stesso rappresenta?
E in tutto ciò, che ruolo hanno Hector Barbossa e Jack Sparrow?
Beh, non vi resta che leggere per scoprirlo!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Hector Barbossa, James Norrington, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Decimo~





Il cielo su Port Royal era azzurro, accarezzato qua e là da ciuffi di nuvole chiare portate dal vento. I gabbiani gridavano senza prestare attenzione alla città al di sotto delle loro ali libere, e la gente si dava da fare per ricostruire ciò che durante la notte era stato distrutto dalle palle di cannone e dall’anima nera dei bucanieri.
Nessuno, in quel viavai affaccendato, parve fare caso alla giovane dalla gonna lercia di sangue e dalla testa fasciata, né tantomeno all’eccentrico individuo in piedi di fronte a lei, in viso tutta l’aria di voler sparire all’istante.
Cristal sbatté le palpebre un paio di volte, sconvolta e non ancora del tutto sicura se credere ai suoi occhi o sedersi un momento in attesa di aver recuperato il senno.
Forse la botta in testa le aveva arrecato più danni di quanto non le fosse parso in principio…
- Tu sei… - balbettò ancora, incredula.
- Smith! O Smitthie, se preferite! – esclamò lo sconosciuto con un sorriso accattivante, ondeggiando appena.
La ragazza osservò con particolare attenzione i capelli scuri raccolti nella bandana colorata, soffermandosi ad esaminare con interesse gli strani oggettini che penzolavano appesi alla stoffa, poi tornò a fissarlo negli occhi con insistenza.
- No. – sentenziò, infine.
- No? – lo straniero fece un movimento all’indietro, le iridi scure attraversate da un lampo di preoccupazione.
La fanciulla assottigliò gli occhi, le sopracciglia arcuate in un pensiero intricato.
- Siete sicuro di chiamarvi Smith? Perché a me ricordate davvero tanto un’altra persona… - azzardò con tono volutamente allusivo.
L’uomo tacque per un secondo, poi proruppe in uno strano sorriso, quasi un ghigno beffardo.
- Non so proprio chi posso ricordarvi, ma ricordandovi qualcuno sicuramente ricorderete che io sono Smith e non la persona che ricordate di ricordare. Ma a che scopo poi ricordarmi se intanto non ricordereste la persona che cercate di ricordare? Quindi, evitatevi questo cruccio e non ricordate che mi avete incontrato, perché intanto sarebbe inutile ricordarlo! Comprendete? – gesticolò, spostandosi a destra di Cristal, che lo bloccò spostandosi a sua volta.
- Certo che comprendo! – ribatté lei, mentre l’altro strabuzzava gli occhi, un po’ sorpreso e un po’ deluso.
- Non sarebbe quindi meglio ammettere di essere Jack Sparrow e farla finita con tutti questi giri di parole? – aggiunse lei, incrociando le braccia al petto con soddisfazione.
Il pirata le si avvicinò finò a trovarsi ad un soffio dal suo viso.
- Capitan Jack Sparrow, dolcezza. – e con uno scarto repentino la superò e fuggì verso il Forte.
Cristal rimase immobile, come pietrificata, mentre ragionava a velocità folle.
Sparrow era un pirata.
Un pirata capace, che aveva sicuramente una nave.
Una nave che poteva salpare a breve.
Una nave che non avrebbe disdegnato di certo una breve sosta a Tortuga.
- Fermo! – urlò, girando sui tacchi e raccogliendo la gonna, pronta a rincorrerlo.
Quello non poteva essere un caso, no! Quello era un segno del destino, un’aiuto inviato dall’Oceano, e non poteva permettersi di lasciarselo scivolare dalle dita come sabbia!
Evitò per un pelo un uomo che trasportava una pesante cassa di chissà cosa, piroettando a sinistra e continuando a correre dietro a Sparrow, nel tentativo di raggiungerlo e non perderlo d’occhio nemmeno un momento.
- Fermatevi, dannazione! – imprecò ancora, troppo distante perché potesse riuscire a bloccarlo.
Scoraggiata, si guardò attorno in cerca di qualcosa che potesse tornarle utile, notando in quel momento che se avesse tagliato per il recinto dove gli Owen tenevano le bestie si sarebbe ritrovata, alla svolta successiva, proprio di fronte al fuggitivo.
Scavalcò la staccionata e rimase in piedi per miracolo, il grembiule incastrato nelle assi di legno mentre le oche starnazzavano il loro disappunto. Con uno strattone lo strappò e proseguì nella sua corsa, svoltando l’angolo di una casa giusto in tempo per ritrovarsi faccia a faccia con Sparrow.
- Fermo! Vengo in pace! – esclamò protendendo le mani in avanti nella speranza che arrestasse la sua corsa.
 L’uomo inchiodò riservandole un’occhiata scocciata.
- Come fai a conoscermi? Ci siamo già visti? –
- Cielo, Capitan Sparrow! Dopo il colpo a Nassau i vostri ritratti hanno fatto il giro dei Caraibi! Seriamente credete che non riconoscerei colui che è riuscito a rubare un vascello e saccheggiare una città senza nemmeno sparare un proiettile? – fece esasperata. Ad essere sincera se l’era immaginato un po’ più perspicace…
Jack Sparrow prese a girarle attorno come un avvoltoio, mettendola a disagio.
- Vedo che sei bene informata sul mio conto… - constatò, senza distogliere l’attenzione dagli occhi della ragazza.
Cristal arrosì: certo non poteva confessare che aveva trascorso l’infanzia fantasticando di solcare gli oceani proprio assieme a lui!
- Diciamo che ho avuto modo di interessarmi delle azioni di diversi gentiluomini di ventura… - buttò lì, sperando che l’altro non indagasse oltre.
- Sei figlia di un Ufficiale? – domandò tuttavia facendo già un passo indietro.
Cristal drizzò la schiena, punta sul vivo da una simile insinuazione.
- Niente affato! Mio padre è un fabbro, grazie a dio non ho Bigodini nella mia famiglia! – aggiunse, disgustata al solo pensiero.
Sparrow inarcò un sopracciglio, incuriosito dal termine appena usato dall’interlocutrice.
- Bigodini, Ufficiali… Le parrucche, sai… - spiegò, mimando attorno alla sua testa la tipica acconciatura, poi continuò, abbandonando spontaneamente il voi.
- Senti, stanotte tre navi pirata hanno attaccato la città e i miei genitori sono stati rapiti! – raccontò, l’urgenza a squillare nella voce.
- E quindi? – incalzò il pirata, confuso da quelle parole.
Cristal roteò gli occhi.
- E quindi tu sei l’unico che può aiutarmi a salvarli! – esclamò allargando le braccia. Possibile che fosse così complicato da capire?
Le labbra del Capitano si tesero appena verso l’alto, mentre con la mano inanellata andava ad accarezzarsi gli ispidi baffetti.
- Dolcezza, proprio non riesco a vedere in che modo questa nobile impresa potrebbe portarmi un profitto… - commentò, già pronto ad andarsene.
- Non si tratta di profitto, Sparrow, si tratta di posta in gioco. – improvvisò.
Quello si sporse in avanti, incuriosito da simili parole.
- Sarebbe un bel vanto per Port Royal poter dire di aver giustiziato il grande Capitan Jack Sparrow… L’intera guarnigione è in città, non potresti fuggire… Ho la tua vita nel palmo della mia mano, mi basta una parola per distruggerla. – cantilenò, mostrando i denti in un ghigno tutto fuorchè femminile.
L’uomo smise di girarle attorno e scosse la testa.
- Perché ovviamente chiunque darebbe retta alla figlia di un fabbro, a cui è scappato il cervello, per giunta… - ribatté per le rime indicando le fasciature con un cenno della testa.
- Non mi è scappato il cervello! Si da il caso che io abbia combattuto!– sbottò, stizzita da quell’allusione.
- Comunque sia forse non darebbero retta alla figlia di un fabbro, ma lo farebbero con la nipote di Joseph Hawke! Non sono un’accattona, Sparrow, e in città ho amicizie influenti! – aggiunse con orgoglio, senza rendersi conto di starsi allontanando dall’obbiettivo.
Quella sortita, però, ebbe l’effetto di riportare l’interesse negli occhi del Capitano.
- Joseph Hawke? Il mercante di Londra? – inclazò, curioso.
Cristal sorrise, soddisfatta di aver finalmente ottenuto un po’ di credito presso il pirata.
- Mia madre, Marion Hawke, è la figlia del vecchio Joseph, ergo sì, sono sua nipote! – confessò, il mento in alto a dimostrare la sua superiorità.
Sparrow rimase per qualche momento con la bocca socchiusa, poi prese la bionda per un braccio e la trascinò lontano dal sentiero, sotto un arco in pietra che apriva l’ingresso ad un vicolo stretto e buio.
- Mi stai chiedendo di prenderti a bordo con me e salpare alla ricerca dei tuoi genitori? – fu il suo riassunto spicciolo.
- E non ti denuncerò alle autorità . – annuì Cristal.
Il pirata si guardò attorno e abbassò la voce per evitare di attirare l’attenzione.
- Ragazzina, noto in te disprezzo nei confronti della Marina e una buona dose di intelligenza, mi stai simpatica! Ho deciso di aiutarti, ma dovrai renderti utile: non accetto nullafacenti a bordo della mia nave. Hai mai navigato? – le concesse gesticolando senza smettere di guardarsi attorno, nervoso.
La giovane sorrise e drizzò la schiena.
- Una volta sola, signore, ma conosco bene la teoria della navigazione, non soffro il mal di mare, so tirar di scherma e conosco il Francese! – sciorinò, domandandosi a che le sarebbe servito saper parlare una lingua straniera a bordo della nave di Sparrow.
Poco male, qualche qualità in più non poteva certo nuocerle!
L’uomo sospirò di fronte a tanta ottimistica ingenuità.
- Salpiamo fra mezz’ora. Fatti trovare al porto alle dieci in punto. Se al suonare dell’ora non ci sarai, non ti aspetterò. – ordinò.
- Chi indietro rimane, indietro viene lasciato! – recitò lei con aria vagamente saccente.
Per la prima volta da quando si erano incontrati l’uomo rise di gusto.
- Sei già un perfetto pirata, Miss…? – inclinò appena la testa, in attesa di un nome.
L’interlocutrice gonfiò il petto d’orgoglio, negli occhi lo scintillio dell’avventura a portata di mano.
- Cooper, signore. Cristal Cooper! –
Si separarono immediatamente, e la ragazza corse a casa sua, rimuginando sull’immensa fortuna che aveva avuto quella mattina.
Non era stupida, e si era accorta che Sparrow aveva iniziato ad interessarsi a lei solamente quando aveva citato le sue facoltose origini.
Probabilmente aveva accettato di aiutarla esclusivamente per poter chiedere ai suoi genitori, una volta salvati, un lauto riscatto affinchè la liberasse.
Forse in un’altra situazione quell’eventualità l’avrebbe impensierita, ma adesso le sembrava una coincidenza prodigiosa: se davvero quelli fossero stati i piani del filibustiere avrebbe potuto approfittarne per guadagnarsi la libertà!
Una volta liberati Marion e Jim, infatti, si sarebbe finta un ostaggio, sviando così qualsiasi sospetto di pirateria dalla sua persona. Dopotutto l’unico al corrente della sua volontaria partenza era James, e sapeva benissimo che non avrebbe mai testimoniato contro di lei.
Varcò l’uscio scardinato di casa con il cuore gonfio di speranza e si precipitò in camera dei suoi genitori, notando con una certa sorpresa che tutto si trovava al suo posto, quasi nessuno vi fosse entrato.
Aprì l’armadio e constatò con crescente stupore che il denaro era ancora lì, nascosto sotto il doppiofondo del cassetto.
Perché non avevano preso i soldi? Perché rapire i suoi genitori ed ignorare l’oro dei Cooper?
Scosse la testa: aveva solo mezz’ora di tempo, non poteva dilungarsi in inutili riflessioni.
Tolse il vestito imbrattato di sangue ed indossò i pantaloni scuri che utilizzava per gli allenamenti di scherma, poi infilò una camicia dalle maniche ampie e una delle casacche color mattone di suo padre, stringendola in vita con una spessa cintura di cuoio.
Si guardò allo specchio e storse il naso: certo, aveva nascosto il seno, ma non era sufficiente.
Legò i capelli in una treccia stretta e severa e raspò dal fondo dell’armadio un vecchio cappello a tricorno che suo padre non usava più da quando erano partiti da Londra.
Lo ficcò in testa con decisione e sorrise al suo riflesso. Non sembrava propriamente un maschio, ma almeno non era proprio riconoscibile a colpo d’occhio.
Dopotutto quello che le interessava era non farsi riconoscere a Port Royal, una volta salpata avrebbe anche potuto tornare al suo vecchio aspetto di ragazza.
Appese un borsello alla cintura e vi ficcò dentro qualche manciata di monete. Non aveva idea di quanto denaro le sarebbe servito, così sperò che quello bastasse e che il viaggio non dovesse durare tanto da farle esaurire le scorte.
Aveva già oltrepassato la porta sul retro quando qualcosa attirò la sua attenzione: un foglio si era accartocciato ai suoi piedi, sospinto dalla brezza del mattino.
Lo raccolse, ritrovandosi a guardare gli occhi scuri e irriverenti di Jack Sparrow.
Sospirò, ripensando a quel giorno di tanti mesi prima in cui aveva mostrato tutta orgogliosa il ritratto alla sua migliore amica.
No, non poteva partire senza dirle nulla.
Cercò febbrilmente qualcosa con cui scrivere, trovando una penna d’oca e delle boccette d’inchiostro ancora chiuse in fondo a un baule rovesciato a terra.
Si sedette al tavolo miracolosamente integro e prese a scrivere con calligrafia minuta e frettolosa sul retro del foglio.
 


Cara Elizabeth,
non ti preoccupare, io sto bene. Questa notte i pirati hanno rapito i miei genitori. So bene che è folle, ma non posso restare a casa mentre dio solo sa cosa dovranno affrontare. Salpo quest’oggi stringendo fra le mani l’avventura che abbiamo sempre sognato, anche se le premesse si presentano ben diverse dai nostri giochi. Dietro questo foglio puoi vedere il viso di colui che ha accettato di aiutarmi: come vedi la marea mi è propizia!
Aspettami, Lizzie, ti prometto che tornerò, e allora sì che avrò una grande storia da raccontare! Non avere paura, tutto andrà bene, e saremo di nuovo insieme, Capitan Swann e Capitan Cooper, come da bambine.
Ti voglio bene,
tua Cristal



 
Rilesse velocemente la lettera e soffiò affinchè l’inchiostro si asciugasse, poi piegò il foglio in quattro e si precipitò fuori da casa sua, correndo senza voltarsi indietro finchè non ebbe raggiunto la bottega di Abraham. Sorrise nel notare che, eccetto un vetro rotto, nessun danno era stato arrecato ed entrò.
Il negozio era vuoto, e la paura che fosse successo qualcosa all’anizano proprietario le attanagliò le viscere.
Scelse un libro dagli scaffali, “La Dodicesima Notte”, e vi fece scivolare dentro il ritratto spiegazzato.
Dei passi alle sue spalle la fecero irrigidire, il respiro spezzato dalla tensione.
- Buongiorno giovanotto! Sono desolato, ma oggi la bottega è chiusa e… - ma Abraham rimase senza parole quando, sotto al cappello, riconobbe la sua cliente preferita.
- Cristal?! Che cosa fai vestita da…? – ma la ragazza lo zittì, portando l’indice davanti alle labbra.
Si avvicinò con una falcata al libraio e gli piazzò il volume fra le mani, accompagnato da due monete d’oro.
- Abraham, stammi bene a sentire. Voglio che tu lo consegni ad Elizabeth Swann e che nessuno a parte lei lo apra. E dovrà essere da sola quando lo leggerà. Tassativamente. – ordinò.
- Certamente, ma… Cosa…? – balbettò, confuso.
La giovane non rispose e lo abbracciò, ringraziandolo in un sussurro.
- Io e te non ci siamo mai visti. – sentenziò, così seria da indurre l’anziano signore ad annuire senza porgerle ulteriori domande.
- Buona fortuna, ragazza mia… - sussurrò semplicemente.
Quella gli sorrise, poi prese la porta e si diresse a passo spedito verso il porto.
Quel 13 Luglio 1710, finalmente, l’avventura della sua vita era incominciata.
Marciò sicura, il capo chino per nascondere i lineamenti e l’enorme sorriso che si era impossessato delle sue labbra: forse era davvero un’allucinazione dettata dalla botta in testa, forse in realtà era ancora a casa di James e quello era tutto un sogno, magari addirittura era morta e quella strana situazione era una beffa che l’aldilà le rivolgeva.
In ogni caso, quella era un’occasione in cui mai e poi mai avrebbe sperato, era il realizzarsi, in qualche modo, di uno sogno che coltivava sin dalla più tenera infanzia…
Il sorriso però svanì completamente quando, accompagnata da dieci sordi rintocchi di campana, raggiunse il molo.
La Dauntless beccheggiava imponente poco distante dalla Lady Grey, una vecchia corvetta della flotta di Port Royal. La Estrella del Sur, un piccolo mercantile che faceva la spola fra la Jamaica e Hispaniola stava attraccando, e di Jack Sparrow non c’era nemmeno l’ombra.
Se n’era andato.
Non l’aveva aspettata e se n’era andato.
D’altronde cosa poteva aspettarsi da un pirata, che mantenesse la parola? Quanto era stata stupida! Probabilmente se l’era data a gambe senza pensarci due volte!
Trasse alcuni profondi sospiri per scacciare lo sconforto e tentò di concentrarsi. Con Sparrow o senza, doveva salpare, e doveva farlo in fretta.
Prese a camminare avanti e indietro per il pontile studiando le varie imbarcazioni: tutte barchette di pescatori, fuori discussione: non solo non avrebbero mai resistito alla traversata fino a Tortuga, ma sarebbe stato anche estremamente complicato mantenere il suo segreto in un guscio di noce.
Avrebbe potuto provare a nascondersi a bordo della Estrella, ma la rotta l’avrebbe allontanata troppo dal suo obbiettivo, e probabilmente sarebbero partiti il giorno dopo, troppo tardi.
Si passò una mano sul viso con aria abbattuta quando una voce la fece voltare di scatto.
- Pensavo che avessi cambiato idea! –
Di fronte a lei, in piedi in quello che sembrava davvero poco più che un peschereccio, Jack Sparrow la guardava con un sorrisetto sornione.
- Cos’è questo coso. –  quella della ragazza non era nemmeno una domanda, quanto piuttosto una velata accusa.
- Stai cercando di dirmi che dovremmo andare a salvare i miei genitori su questa bagnarola? No, dai, dov’è la nave? E la ciurma? – incalzò, incredula.
Sparrow storse il naso, stizzito.
- E’ questa la nave, e la ciurma siamo noi due. Contrattempi sono sopraggiunti e ci dobbiamo accontentare. Ma se la qui presente damigella avrà la pazienza di raggiungere Tortuga… - incominciò.
- Raggiungere Tortuga? Con questo legno vecchio usciremo a malapena dalla baia! – sbraitò, abbassando poi la voce per non attirare troppo l’attenzione.
Il pirata si accigliò, una mano su un fianco e la sua figura che si alzava e si abbassava al ritmo del beccheggio.
- Tesoro, questa mancanza di fiducia è  invero assai fuori luogo! Chi sono io? –
La giovane fece spallucce e scosse appena la testa, incapace di capire dove volesse andare a parare.
- Capitan Jack Sparrow! – rispose quello sconsolato. No, non erano per niente sulla stessa lunghezza d’onda.
- Allora… - riprese poi, la sua solita aria accattivante a illuminargli il ghigno sbilenco.
- Pensi di poter accettare di eseguire gli ordini del tuo Capitano senza lamentarti e protestare come una vecchia zitella? –
- Io non…! – incominciò, ma si zittì nel vedere la mano di Sparrow tesa in sua direzione.
Si voltò un momento, l’ombra maestosa del Forte bagnava le vele delle barche ormeggiate, i cannoni puntati verso l’oceano.
Era pronta a lasciare tutto ciò che aveva sempre conosciuto e a gettarsi in un futuro di pericoli e incertezze?
Nel tempo di un solo respiro sentì sulla pelle il tocco bagnato della sabbia il giorno in cui Will le aveva insegnato a nuotare, sentì le risate di Elizabeth quando, nella grande piazza della chiesa, spettegolavano e importunavano il povero Howard, vide di fronte ai suoi occhi il profilo fragile e letale delle saette quella sera al ballo, quando finalmente aveva capito che James era per lei più di quanto non avesse mai voluto ammettere.
Poi però percepì il calore del focolare, udì il “sono a casa” di suo padre, fradicio dopo essere incappato in un acquazzone mentre sua madre preparava la cena e le cantava vecchie canzoni di pirati.
Deglutì e afferrò la mano di Jack Sparrow, eroe di tante avventure immaginate, poi salì a bordo.
Fu quando anche l’ultimo nodo fu sciolto e la piccola imbarcazione prese ad allontanarsi sempre di più dal molo che Cristal Cooper capì: comunque fosse andata, nulla sarebbe più stato come prima.
 











 
Tutto quello che la figlia del fabbro aveva imparato dopo due giorni di navigazione era che disponeva di un carico di pazienza di gran lunga superiore a quanto non avesse immaginato: senza di quello, infatti, avrebbe di certo gettato Sparrow fuori bordo alla prima occasione.
Non che fosse un uomo antipatico, anzi, continuava a trovarlo dannatamente affascinante, ma a volte temeva sul serio che il peso spropositato del suo ego potesse affondare quel guscio di noce che si ostinava a chiamare dorey.
Certo, probabilmente anche lui aveva avuto il suo bel daffare nel sopportare le stranezze della bionda.
Ad esempio il trascurabile episodio del rum, avvenuto a un paio d’ore dalla partenza, poco dopo aver doppiato il capo che chiudeva la baia nel suo abbraccio protettivo.
La gola arsa dal caldo e dall’emozione, si era azzardata a chiedere al Capitano qualcosa da bere, vedendosi prontamente offerta una bottiglia scura spuntata da chissà dove.
Ignara della sostanza in essa contenuta, aveva dato una genersoa sorsata, salvo sputare tutto quanto in faccia al pirata.
- Sei pazza?! – aveva esclamato quello, sconvolto.
- Che schifo! – aveva tossito lei, le lacrime agli occhi.
- Cos’è questa robaccia?! Volevi uccidermi? – aveva poi continuato nel passarsi una manica sulle labbra sperando di scacciare il saporaccio.
- Questa robaccia, giovane Cooper, è rum. E il rum non è robaccia. – aveva replicato Jack, tetro. Sembrava quasi che quelle parole di veleno fossero state rivolte direttamente a lui.
Cristal non aveva prestato ascolto, tutta intenta nel resistere all’incendio che le era divampato in gola.
- Chiamalo come vuoi, non avresti dell’acqua? –
Il pirata le aveva rivolto uno sguardo d’odio poi, con un movimento meccanico, le aveva offerto un’altra bottiglia panciuta.
- Fattela durare. – aveva proferito, ancora offeso dallo scambio di opinioni sull’alcolico.
Eppure, nonostante le decine di piccoli battibecchi che avevano punteggiato la traversata, i due avevano dimostrato di riuscire a cooperare abbastanza bene, e il Capitano era rimasto sorpreso –ovviamente guardandosi bene dal confessarlo- dalla ricettività della ragazzina, che aveva mostrato una vera propensione alla navigazione.
- Posso chiedere una cosa, Jack? – domandò quando ormai le stelle erano alte nel cielo e una brezza sostenuta gonfiava la vela.
Quello annuì, sdraiato su una delle due panche, una bottiglia di rum stretta nella mano destra e la bussola nella sinista.
- Donna a bordo porta male… Eppure eccomi qua! – fece, curiosa.
Il pirata posò gli occhi su di lei, poi si mise a sedere.
- Donna a bordo porta male? – replicò lui, scettico.
- Prova a dirlo a mia nonna, e vedrai cosa porta male per davvero… - commentò senza alcuna ombra di gioia nella voce.
Poi drizzò la schiena e si alzò in piedi, superando la ragazza e raggiungendo la prua della piccola imbarcazione.
- Che c’è? – chiese lei, voltandosi per capire cosa avesse attirato la sua attenzione.
Non le servì nemmeno udire la risposta al suo quesito: in lontananza, appena sfumato dalla bruma della notte, un grumo di luci indicava l’avvicinarsi della costa.
Ormeggiarono la barca in fretta, e altrettanto in fretta Jack Sparrow prese a sgusciare per le vie della città, affollate e rumorose come se fossero stati in pieno giorno.
- Benvenuta a Tortuga! – esclamò all’indirizzo della giovane, che si guardava attorno scandalizzata.
Aveva cercato di capire se le navi dei pirati si trovassero in quel luogo, ma le imbarcazioni che se ne stavano tranquille alla fonda avevano tutte le vele ammainate, e nessuna sembrava assomigliare a quelle che avevano attaccato Port Royal.
Si era così ritrovata a seguire il Capitano in quel putiferio di città, abbarbicata al suo braccio nel timore di perdersi o di fare qualche brutto incontro.
No, non era per niente come l’aveva immaginato…
Sparrow intanto continuava a commentare con un retrogusto di affetto ogni più lercio cantone, decantando la solerzia delle signorine che si sventagliavano mollemente, le schiene appoggiate ai muri delle bettole e le guance chiazzate di rosso dal trucco e dall’acool di pessima qualità.
- Tieni gli occhi aperti… - le suggerì il pirata nel varcare l’uscio scrostato di una vecchia locanda.
- Il bello e il brutto di Tortuga è che ce n’è per tutti i gusti… -
Lei deglutì sonoramente, gli occhi sgranati e le labbra serrate.
In che assurdo pasticcio si era mai ficcata?
Soffiò l’aria fuori dai polmoni e strinse i pugni, ben decisa a farsi un po’ di coraggio, poi seguì Jack fino al bancone, dove l’oste spolverava con uno straccio macchiato di dio solo sa cosa un boccale tutto ammaccato.
Ordinò una mezza pinta di birra, giusto per non sembrare proprio un pulcino spaurito, e si andò a sedere dove il Capitano le aveva indicato.
- Ti raggiungo subito, cerca di non dare nell’occhio. – le disse prima di sparire nella mischia.
Un quarto d’ora dopo Jack era ancora disperso, e la birra completamente prosciugata.
Stava per alzarsi e ordinarne un’altra quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Nel tavolo accanto al suo, quello addossato alla parete, due uomini stavano discutendo. Uno dei due aveva una folta barba rossiccia, l’altro una benda sull’occhio destro.
- Ma sì, ti dico che è così! Gente strana, quei Cinesi… - borbottò quello con la benda.
Cristal rimase seduta, le orecchie tese a captare anche la più insignificante informazione.
- Ma no, non sono Cinesi! Davvero non conosci la Flotta del Serpente?- fece il barbuto, stupito.
L’altro scosse la testa e lo incitò a proseguire.
- Non li avevo mai visti nei Caraibi, ma quando lavoravo all’Est per la Compagnia delle Indie erano una bella spina nel fianco… Sono Filippini, tenaci come zecche… -
Filippini? Flotta del Serpente? Cosa diamine voleva quella gente dai suoi genitori?
Per quale motivo si erano spinti nei Caraibi affrontando una lunga e pericolosa navigazione fin dal lontano Oriente?
Troppo curiosa per rimanere al suo posto, si alzò e con due passi decisi coprì la distanza che la separava dal tavolo.
- Buona sera signori! Lungi dal voler disturbare, ma non ho potuto evitare di udire la vostra conversazione. – buttò lì, cercando di cammuffare la voce nel modo più mascolino possibile e tenendo il capo chino nella speranza che il cappello le gettasse abbastanza ombra sul viso.
L’uomo barbuto levò gli occhi dal suo boccale sbeccato e l’altro proruppe in un ghigno inquietante.
- Ragazzino, non ti hanno insegnato che non si ficca il naso negli affari altrui? – berciò il guercio.
Cristal tentennò, colta in contropiede.
- Certamente, ma questi sono anche affari miei. Cosa sapete dirmi di questi Filippini? – continuò, pregando la sua buona stella affinchè i due masclazoni fossero inclini alle chiacchiere.
Fu il rosso a risponderle dopo una generosa sorsata di rum.
- Oltre alle leggende? Non so quali affari ti leghino a quella gentaccia, ma non augurerei nemmeno al mio peggior nemico di trovarsi la Flotta del Serpente lungo la rotta! Qua si sono fermati solo un giorno.- raccontò.
Il suo compare annuì con vigore.
- Fanno vela verso Sud, probabilmente quei folli vorranno doppiare Capo Horn… Questa è l’unica cosa che ho capito oltre al fatto che giocano a dadi molto meglio di me… - biascicò con una punta di rancore.
Fu a quel punto che uno strano rumore li fece voltare tutti quanti con un sussulto.
Si udì un gran botto, un urlo e dei passi di corsa, poi fu solo follia.
Dall’altro lato della locanda, la rissa divampò come un incendio, raggiungendo il loro tavolo in un baleno.
- Cosa diamine?! – fu l’unica cosa che la giovane riuscì a balbettare, prima di schivare una bottiglia apparsa da chissà dove che andò a infrangersi contro la parete, proprio sopra alla sua testa.
- Cristal! Eccoti qua! –
Jack era tornato, comparso dalla mischia come un fungo in mezzo al sottobosco.
- Jack, ho scoperto qualcosa! – gridò per farsi sentire al di sopra del baccano.
Quello annuì e le rivolse un grande sorriso costellato di denti d’oro.
- Fantastico! – zufolò per poi afferrarla per un braccio.
- Ora usciamo di qui! – e senza aspettare nemmeno un istante la trascinò verso la porta, piroettando come una ballerina per evitare pugni e bottigliate.
- No, aspetta, Jack! Devo pagare il conto! – ma l’occhiataccia del pirata la ridusse al silenzio.
- E’ proprio a causa di conti da pagare se non ti lascio pagare il conto! - commentò, mentre dalla porta spalancata e ormai lontana del locale si levava un ruggito rabbioso molto simile alla parola “Sparrow”.
Cristal rise, la mano sinistra a premerle il cappello sulla testa e la destra nella presa salda del bucaniere mentre l’odore di alcool e di mare le impregnava le narici e la brezza salata le scivolava sul viso.
Quello che aveva scritto a Elizabeth era più che vero: nonostante le premesse, una volta tornata a casa avrebbe avuto davvero una grande storia da raccontare…
 









 
Note:

Jack Sparrow, sarai la mia rovina.
No, seriamente, nonostante io adori quell'uomo oltre ogni dire, adesso che devo scrivere di lui sto iniziando a sviluppare un odio spropositato nei suoi confronti. Perchè deve essere così dannatamente difficile da gestire?! çAç
Come si sarà capito, non sono del tutto soddisfatta di questo capitolo, e spero veramente di entrare meglio in sintonia con il nostro Capitano man mano che andrò avanti con la storia... Nel frattempo qualsiasi tipo di critica/consiglio è più che benvenuto! <3
Se c'è una cosa che invece mi piace, è lo strano rapporto fra lui e quella testa calda di Cris.
Insomma, aveva passato una vita intera a fantasticare sul famigerato Capitan Sparrow e... e adesso battibeccano di continuo come una coppia di vecchie zitelle! Questo è quello che succede quando due testardi di prima categoria entrano in collisione... xD
Inoltre sarà abbastanza divertente vedere come la loro relazione si evolverà da puro sfruttamento reciproco a quella che sarà una grande -a modo suo xD- amicizia...
Parlando d'altro, ormai ci siamo definitivamente lasciati alle spalle l'ambiente sicuro e protettivo di Port Royal alla volta della movimentata Tortuga!
Cristal è rimasta un po' destabilizzata dal trovarsi a faccia a faccia con una realtà forse un po' più violenta di quanto non si fosse mai immaginata, ma bisogna dire che si sta abituando abbastanza in fretta...
Ma ecco che abbiamo un indizio: i rapitori sono pirati filippini della temuta Flotta del Serpente. Di che si tratta? Perchè sono venuti fino in Jamaica per rapire un semplice fabbro e sua moglie?
Chissà, forse se Jack non si fosse cacciato nei casini come suo solito avremmo anche potuto scoprire qualcosa di più...
Ma non preoccupatevi, l'avventura è appena cominciata! ~ :D

Grazie infinite a chi legge/recensisce/blabla come sempre, mi rendete davvero felice! <3

Kisses,
Koori-chan
  
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