You're my end and my beginning
« Cause all of me
Loves
all of you
Love
your curves and all your edges
All
your perfect imperfections
Give
your all to me
I'll
give my all to you. »
Primo
capitolo:
Quella
giornata era stata piuttosto stressante per Liam,
Louis aveva l’innato potere di rendere nervoso ogni essere
umano entrasse nello
studio. Più di una mamma si era lamentata, una volta di
fronte a lui, del nuovo
stagista che aveva preso il posto della dolce Anne.
È
troppo arrogante,
gli ripetevano ogni volta.
E
lui non poteva nemmeno difenderlo, ne aveva avuto un
assaggio solo quella mattina, ma non poteva nemmeno prometter loro di
cacciarlo. Come poteva dire che, fosse stato per lui, non
l’avrebbe nemmeno
accettato? Come poteva dirgli che stava solamente facendo un favore al
loro
sindaco?
Avrebbero
solamente capito tutt’altro, messo in mezzo la
politica e addio sogno di diventare dentista ed essere lasciato in pace.
Aveva
quindi deciso di fare uno sconto a tutti, per andare
incontro al disagio causato da quel ragazzo, e rivolto un sorriso
gentile alle
madri dei bambini, riuscendo a mettere a tacere tutto quanto.
Era
incredibile come fosse riuscito a farsi strada in quel
campo solo grazie al suo sorriso; c’erano dentisti con molta
più
professionalità di lui a Brooklyn e dintorni, ma quelle
donne si erano subito
fidate di lui e gli avevano portato sempre più clienti nello
studio.
E
ora quel ragazzino non poteva rovinargli tutto, lui si era
impegnato - aveva passato le notti sveglio per finire quella dannata
specializzazione! - e per fare un favore ad un amico stava per
rischiare tutto.
Quando
finalmente quella giornata stressante si concluse -
aveva persino saltato la pausa pranzo per colpa degli appuntamenti
fissati in
modo assurdo dal nuovo stagista, che si stava sicuramente vendicando -,
decise
che ne avrebbe parlato a quattr’occhi con lui, prima di far
intervenire il
padre.
Sistemò
tutti i vari strumenti, seguendo la sua solita
routine, si tolse il camice, sistemandolo sull’attaccapanni
in argento
attaccato alla parete, e chiuse la porta a chiave alle proprie spalle,
raggiungendo quello che se ne stava quasi sdraiato sulla poltrona, le
caviglie
incrociate sulla scrivania e le dita che si muovevano velocemente sulla
tastiera del telefonino.
Si
schiarì con forza la voce, vedendo che il picchiettare
delle dita contro il legno non sembrava attirare la sua attenzione, e
si
specchiò in un paio di occhi azzurri che lo fissavano con
fare quasi annoiato.
-
Abbiamo finito, Payne?- gli chiese con fare svogliato,
mettendo il cellulare in tasca ed alzandosi in piedi per stiracchiarsi
con le
braccia sollevate sopra la testa. - Posso andarmene a casa ora?-
-
Sì, sì.. certo che abbiamo finito. Vedi qualcun
altro qui
dentro?- borbottò con stizza, facendo un ampio gesto con il
braccio per
indicargli la sala d’aspetto vuota. - Ma noi due dobbiamo
parlare.- aggiunse,
appoggiando una mano sulla sua spalla e facendolo sedere di nuovo sulla
poltrona.
Cercò
di non scaldarsi troppo quando lo sentì chiedere, con
lo stesso tono arrogante: - Che vuoi, Payne?-
Non
aveva assolutamente nessun rispetto per una persona
molto più grande di lui, non aveva rispetto per nessuno. Ed
era una cosa che,
sicuramente prima della fine, l’avrebbe fatto esplodere.
-
Desidero che tu la smetta con questo atteggiamento.-
arrivò immediatamente al punto, incrociando le braccia al
petto e fissandolo
con un’espressione seria e decisa. - Non voglio vedere
un’altra persona entrare
là dentro e lamentarsi di te.- continuò,
indicando alle proprie spalle e
fermandolo quando stava per alzarsi. - Altrimenti sarò
costretto a far
intervenire David.- concluse, vedendolo sbuffare e roteare gli occhi.
Mantenne
il contatto visivo, aspettando quasi una sua risposta
o un suo cenno, ma si irrigidì quando sentì alla
sue spalle dire: - Che fai,
Lou? Mi rubi il dentista?-
Era
una cosa sorprendente come, un semplice ragazzino tra i
diciassette e i diciotto anni, riuscisse a fargli saltare i nervi
nell’arco di
mezzo secondo.
-
Che ci fai qui?- sibilò, non riuscendo a restare calmo
dopo una giornata stancante come quella. - Ti ho detto che qui dentro
non devi
metterci mai più piede.- ripeté quello che gli
aveva detto molte ore prima,
vedendolo appoggiare lo skate a terra e salirci sopra, dicendogli: -
Niente
piedi, visto?-
Liam
si lasciò sfuggire un verso esasperato, sentendo la sua
risatina cristallina, e lo raggiunse velocemente, prendendolo per un
braccio.
-
Ho detto che devi andartene, mi hai capito?- grugnì,
obbligandolo
a scendere dallo skate e facendo un cenno veloce e stizzito a quello
che li
osserva con un sorrisetto divertito. - Fuori tutti e due. Devo
chiudere. Voglio
andarmene a casa e dimenticare questa giornata.- insistette, riuscendo
a
portare fuori entrambi con estrema facilità.
Stava
chiudendo il portone d’ingresso, come ogni sera,
desiderando solamente di buttarsi nel letto e rimanerci per almeno due
giorni,
quando per puro caso riuscì a sentire i discorsi dei due.
Parlavano
di un certo Chase e della “roba buona” che aveva
tenuto da parte per loro, e lui poteva seriamente andare dritto e
lasciarseli
alle spalle. Erano solo due stupidi ragazzini che gli stavano rovinando
la
vita, lui si stava facendo rovinare la vita da loro per aiutare il suo
amico.
Proprio
quel pensiero lo fece sospirare e dire: - Non
dovreste andare a casa?-
Le
loro risate divertite, quasi a prenderlo in giro, lo
fecero infuriare come non mai. Ma ricacciò indietro tutto
perché, si diceva,
una buona azione non avrebbe fatto del male a nessuno.
Ignorò
il moretto, che sembrava aver preso come scopo nella
vita il farlo andare su tutte le furie con semplici battutine, e si
concentrò
sull’altro ragazzo, che teneva le dita strette sul manico
della bicicletta, e
sussurrò: - Louis, tuo padre..-
Strabuzzò
gli occhi, sentendosi tirare per un braccio, e
fissò confuso quello che diceva: - Non è giusto!
Perché non chiami anche me col
nome?-
-
Ragazzino, torna sul tuo coso strano.- grugnì, liberandosi
della sua presa con uno strattone, e riportò tutta la sua
attenzione sul più
basso tra i due, che aveva un’espressione strana con gli
occhi socchiusi e le
labbra piegate in una smorfia di disappunto.
Roteò
gli occhi quando il moretto insistette con: - Dì il
mio nome, è Zayn.. sulle tue labbra suonerebbe
così bene, dottor Payne.- e fece
un verso frustrato, superandoli e decidendo che per quella volta un
qualche
aiuto al figlio del suo amico l’aveva dato.
Aveva
messo tra loro una certa distanza ma, nel silenzio
della sera, riuscì a sentire Louis dire: - Lascia perdere,
Zay. Voglio solo
fumare, bere e dimenticarmi di questa giornata.-
Si
trattenne con tutte le sue forze dal voltarsi, per
ribadire che la sua - di giornata - era stata la più orrenda
di tutta una vita.
Liam
quella notte non era nemmeno riuscito a dormire, troppo
impegnato a pensare ad una soluzione per sistemare tutto.
Doveva
tirarsi indietro? Parlarne con David? Arrendersi?
Non
l’aveva mai fatto in vita sua, aveva sempre affrontato
ogni sfida si trovasse davanti. E ora non poteva alzare bandiera bianca
per
colpa di due ragazzini casinisti.
La
mattina si era svegliato con un dolore alla schiena - non
aveva fatto altro che agitarsi tra gli incubi più
improbabili - e si era
vestito molto più lentamente del solito, aveva rischiato di
perdere la metro ed
arrivato con un certo ritardo di fronte all’edificio. Si
stranì nel trovarsi
davanti i due - che assomigliavano sempre più ai suoi incubi
peggiori - con un
sorriso smagliante, quasi ad aspettarlo.
-
Sei in ritardo, Payne.-
-
Buongiorno, dottore.-
Li
sentì dire assieme, restando per un minuto a guardarli e
scuotendo velocemente la testa l’attimo dopo. Erano strani,
troppo strani; o
forse era lui ad aver dormito troppo male e ad immaginarsi le cose.
Si
passò le dita tra i capelli corti, cercando di sistemare
il casino nella testa, e fissò il moretto e il suo sorriso
che lasciava
intravedere tutti i denti. Infilò le mani nella tasca dei
jeans, indicandolo
con le chiavi dello studio, e borbottò: - Non ti avevo detto
che non dovevi più
avvicinarti a me?-
Osservò
la testa del ragazzino muoversi da destra verso
sinistra, negando con le labbra piegate in un ghigno strafottente, e lo
ascoltò
mentre diceva: - Hai detto che non dovevo più mettere piede
lì dentro. Come
vedi ora son fuori, dottor Payne.-
Evitò
di rispondergli - desiderando solo quel ragazzino a
mille miglia di distanza da lui - e fece scattare la serratura, aprendo
il
portone e facendo un cenno a Louis per entrare per primo.
-
In realtà son qui per un motivo.- fu la frase che
richiamò
la sua attenzione, facendolo voltare e fissare con
un’espressione confusa il
ragazzino con un piede sullo skate. Mosse la mano, invitandolo a
continuare
quel discorso, e socchiuse gli occhi, vedendolo avvicinarsi sempre di
più.
Strabuzzò
gli occhi, sentendolo dire: - Lo stai facendo
lavorare troppo.- e spostò lo sguardo tra i due ragazzini,
sempre più
velocemente e con una smorfia sempre più allibita.
-
Vuoi mettere il naso tra i cazzi miei?- grugnì, non
stupendosi più di tanto nel sentire la rabbia avvampare sul
viso; quel ragazzo
era seriamente impossibile, non c’era bisogno di capire da
chi avesse preso
Louis quel fare da saccente arrogante.
Restò
immobile, cercando di trattenere quella voglia di
spingerlo via, ed osservò le sue dita stringersi al collo
della camicia mentre
sussurrava: - Oh, magari potessi. Son sicuro piacerebbe ad entrambi,
dottor
Payne.-
Socchiuse
gli occhi, prendendo un respiro profondo per
calmarsi, e sibilò: - Metti giù quelle mani, non
devi toccarmi.- a cui seguì il
sospiro fintamente affranto del moretto e il suo: - Pensavo Louis
potesse
chiedere un permesso di qualche ora.-
Strinse
i pugni, deciso a lasciarsi quel ragazzo alle
spalle, ma non riuscì a trattenere il: - Louis non
l’ha chiesto.- e, nel
momento in cui gli angoli delle sue labbra si arricciarono in un
ghigno, capì
di essersi cacciato in un piccolo guaio.
Piegò
la bocca in una smorfia, nel trovarselo di nuovo così
vicino e nel non riuscire a liberarsi da lui, e lo ascoltò,
quasi rapito dal
suo tono di voce, mentre diceva: - Dicono che nessuno riesce a negarmi
nulla.-
-
Sì? Nessuno riesce a resisterti?- ripeté le sue
parole, il
sopracciglio sollevato e il sorriso divertito sulle labbra, e gli tenne
stretti
i polsi, avvicinandosi al suo viso e sussurrando: - E io ti dico che a
Louis
non darò nemmeno la pausa per andare in bagno.-
-
Ma.. ma..- iniziò a farfugliare quello, cercando di
liberarsi dalla stretta, e continuando subito dopo con: - Per favore,
è
importante. Ho una gara e ho bisogno di lui.-
Lo
avvicinò al proprio corpo con uno strattone, percependo
il suo fiato caldo contro le labbra, e sibilò: - Ho detto di
no. E ora vattene
prima che perda seriamente la pazienza.-
Non
gli diede nemmeno tempo di rispondere, entrò nello
studio e sbatté la porta alle proprie spalle,
appoggiandovisi contro con la
schiena. Era solo uno stupido ragazzino, arrogante e spocchioso, non
poteva
farsi prendere in quel modo da lui.
Aveva
quasi finito la prima metà della giornata - la pausa
pranzo si avvicinava quasi come un dono divino - e sembrava stesse
andando
tutto per il meglio, non contando quell’inizio turbolento.
Ma
- quando tutto sembra procedere liscio c’è sempre
un ma
di mezzo - non appena vide entrare una signora con un sorriso quasi
infastidito
ed un biglietto tra le dita, capì che il buon umore sarebbe
crollato molto
velocemente.
-
Quel suo nuovo assistente ha detto di darle questo.- la
sentì dire, prese il foglietto che gli stava porgendo e
lesse, in quella
scrittura disordinata, un “mi son preso la giornata,
Payne”.
Chiuse
gli occhi, passando una mano dietro la nuca e su
tutto il viso, e prese un respiro profondo per calmarsi; non poteva
scoppiare
di fronte ad una cliente, doveva mantenere la calma.
-
Gliel’ha dato lui?- s’informò, cercando
di mostrarsi calmo
e preparato per una situazione simile. Vide la testa della donna
muoversi in un
cenno d’assenso, seguito velocemente da un: - E con modi non
del tutto
garbati.-
-
Mi dispiace, davvero tanto. Non succederà più.-
mormorò,
sperando di riparare il danno ma sentendola aggiungere: - Se non riesce
più a
tenere un certo standard, credo le convenga provare in un altro
quartiere.-
Strinse
i pugni, rivolgendole un sorriso cordiale, e la
osservò mentre usciva dallo studio con la mano stretta a
quella del figlio.
Non
poteva continuare così, doveva far intervenire David.
Stava rischiando troppo, stava rischiando il lavoro e il sogno di una
vita,
dopo anni di sacrifici, troppi sacrifici.
-
Grazie, Harry, grazie davvero.- sussurrò, stringendo la
mano del ricciolino tutto sorrisi e fossette.
Non
appena Liam aveva avuto un momento libero, aveva
chiamato subito Anne, la sua vecchia segretaria, e l’aveva
quasi implorata di
trovargli una soluzione; una soluzione che poi era stata il figlio
sedicenne,
sempre disponibile per dargli una mano nelle faccende più
semplici.
-
Non c’è bisogno di ringraziare, Lì.-
ridacchiò quello,
parlando con la sua vocina non ancora modificata dalla crescita. - Sai
che ti
aiuto con piacere, piuttosto che stare a casa con quella.-
Scosse
la testa con un sorriso divertito, chiudendo il
portone e iniziando a camminare con lui verso la metro; si
rigirò le chiavi tra
le dita, infilandole successivamente in tasca, e gli diede una spinta
con la
spalla, scoppiando a ridere nel vederlo barcollare.
-
Scambiamoci i ruoli, dai.- propose l’altro, saltellandogli
di fronte e porgendogli la mano. - Io mi occupo dei tuoi bambini e tu
di mia
mamma con le sue voglie di frutti tropicali introvabili.-
Continuò
a ridere, allungandosi verso di lui per
scompigliargli i ricci e scosse appena la testa, mordicchiandosi il
labbro
inferiore.
-
Ho già i miei problemi.- borbottò infine,
fissando di
fronte a sé con uno sguardo pensieroso. - E con questa
storia mi sto solo
complicando la vita.-
Ignorò
la gomitata al fianco e il: - Tomlinson, eh?- del più
piccolo, preferendo continuare a camminare verso il sottopassaggio per
la
metropolitana.
-
Lì.- si sentì chiamare, i passi del ricciolino
che si
affrettavano per tenere la sua andatura veloce. - Sai che non devi
favori a
nessuno, se sei arrivato fin lì è
perché lo meriti. E basta.-
Mugugnò
qualcosa tra sé e sé, non sapendo esattamente
come e
cosa ribattere, passando dai tornelli e incrociando le braccia al petto
mentre
aspettava l’arrivo della metro.
-
Ricevuto, cambiamo discorso.- annuì per dargli corda,
iniziando a picchiettare il piede e desiderando solo tornare a casa per
potersi
finalmente rilassare. - Leen come sta?-
-
Aileen?- ripeté lentamente, vedendolo annuire con un
sorrisino che metteva in evidenza le fossette. - Sta bene, lei sta
benissimo.-
ridacchiò, strofinando le dita contro la nuca. - Credo abbia
fatto disperare la
signora Hall. Spero non abbia distrutto nulla, altrimenti non so
più a chi
lasciarla.- continuò a parlare, agitando appena una mano e
lasciandosi sfuggire
un sospiro.
-
Sai che son sempre disponibile.- saltò fuori
l’altro,
spingendo il gomito contro il suo fianco e sorridendogli nuovamente. -
Per Leen
ci sono sempre.-
Liam
roteò solamente gli occhi, salendo sulla metropolitana
e prendendo posto su uno dei sedili liberi, subito affiancato dal
riccio che
continuò a fissarlo, cercando di richiamare
l’attenzione.
-
Harry.- mugugnò, appoggiando il gomito contro la gamba e
premendo il palmo contro il viso.
-
Per favore, Lì. Questa volta non ci metteremo nei
pasticci.- lo sentì insistere, le dita che gli stringevano
il ginocchio e gli
occhi verdi spalancati. - Che poi nemmeno l’altra volta era
colpa nostra.-
aggiunse subito dopo, sbuffando e piegando le labbra in una smorfia.
-
E va bene!- esclamò, sollevando le braccia con fare
esasperato. - Puoi venire a casa mia domani, tutta tua.-
continuò a parlare,
alzandosi in piedi quando capì di essere vicino alla propria
fermata.
-
Ma se torno da lavoro e trovo tutto distrutto..- stava
parlando ad alta voce, sentendo i passi del ragazzino alle proprie
spalle. -..
giuro che questa volta non la passerai liscia con qualche moina.-
concluse,
voltandosi verso di lui e premendo l’indice contro il suo
naso. - Tutto
chiaro?-
Piegò
le labbra in un sorriso, non riuscendo a trattenersi
nel vederlo così felice, e gli lasciò stringere
le braccia attorno al collo,
sentendo tutto il peso del suo corpo gravargli addosso mentre gli
ripeteva
tutti i ringraziamenti.
-
Non farmene pentire, Har.- bisbigliò, avvolgendo le
braccia attorno alla sua vita per non farlo cadere. - Mi fido ma non
distruggermi casa.- concluse, liberandolo della presa e dandogli un
buffetto
sulla guancia.
Gli
diede velocemente le spalle, prendendo il cellulare -
che aveva iniziato a vibrare - dalla tasca dei jeans, e rispose alla
vicina di
casa che gli chiedeva dove fosse finito.
Si
era appena fatto una doccia, mettendosi abiti più comodi,
e se ne stava sdraiato sul letto con le mani intrecciate dietro la
testa. La
mente nuovamente rivolta agli interrogativi della sera precedente,
aveva
raggiunto il limite in soli due giorni e non poteva continuare
così; stava
rischiando l’esaurimento per colpa di quel ragazzino.
Spostò
velocemente lo sguardo sulla porta, rivolgendo un
sorriso dolce alla bambina, che gli mostrava il telefono tra le mani
piccole, e
le fece cenno di avvicinarsi, mettendosi seduto.
-
È per te, Lili.- la sentì dire, osservandola
mentre si
arrampicava sul letto, e prese il telefono, portandoselo contro
l’orecchio.
-
David!- esclamò, riconoscendo subito la voce, passando le
dita della mano libera tra i capelli castani della piccola. - Stavo
pensando a
te, ascolta..-
Era
deciso a dirgli tutto, a svuotare il sacco e dirgli che
così non poteva più andare, ma non appena
sentì il: - Tu e Aileen come state?-
ed abbassò lo sguardo sulla bambina che gli sorrideva,
decise che per un altro
giorno ancora poteva resistere.
-
Ce la stiamo cavando, sì.- ridacchiò, cercando di
restare
allegro di fronte a quella che lo fissava curiosa. - Ogni tanto
è complicato,
però stiamo andando bene.- aggiunse, stringendosi nelle
spalle e tenendo un
occhio puntato su quella che si rannicchiava tra le proprie braccia.
Alla
domanda sul comportamento del figlio s’irrigidì,
prese
un respiro profondo e sussurrò: - Anche io e lui stiamo..
stiamo venendo a
patti.-
Continuarono
così per altri minuti - e sembrava più una
telefonata di circostanza per capire come procedeva tutto quanto che
legata ad
un vero interesse verso di lui - e quando chiuse la chiamata,
lasciò cadere il
telefono sul materasso e si sdraiò, stringendo la bambina al
petto.
-
Lili?-
Mugugnò
tra sé e sé, invitandola a continuare, e
strofinò
lentamente le nocche delle dita contro la sua guancia, guardandola
mentre
stringeva le dita sulla sua maglia e rideva contro il suo petto,
mostrando
quelle fossette che tanto amava.
-
Mi racconti ancora della mamma?-
-
Hai lavato i dentini?- le chiese invece, puntando l’indice
contro il suo pancino e ridacchiando con lei nel vederla agitarsi. Solo
quando
vide la sua testa muoversi in un cenno veloce, se la strinse meglio
contro e
socchiuse gli occhi, lasciandosi prendere dai ricordi.
-
La tua mamma era la creatura più bella che avessi mai
visto. Le assomigli tanto, sai? Hai il suo stesso nasino.-
bisbigliò,
stringendo due dita sul punto appena detto. - Ma era anche tanto
puntigliosa
e..-
-
Cosa vuol dire puntigliosa?- la sentì chiedere con la sua
vocina infantile, spostando le dita contro il suo braccio e
stringendolo appena.
-
Quando vuoi sempre avere ragione. Anche se Lili ti dice
che sei nel torto e sbagli.- le spiegò in modo semplice,
osservandola mentre
ripeteva la parola e gli accarezzava la scritta sul braccio con le dita
sottili.
-
E papà era tanto innamorato di lei?-
Annuì
velocemente, premendo le labbra contro la sua fronte,
e chiuse gli occhi, sussurrando: - Tantissimo, era super innamorato. La
amava
ancora di più quando si comportava in quel modo.-
-
Quando faceva la pun.. la puntigl-..-
Scoppiò
a ridere nel vederla sbuffare, infastidita dal non
riuscire a ricordare e dire quella parola, e le andò
incontro ripetendo: -
Puntigliosa. E sì, la amava tanto anche per quello.-
-
Hai sonno, piccola?- le chiese, vedendola annuire e
chiudere gli occhi, sbadigliando contro il proprio petto.
Continuò
a muovere le dita tra i suoi capelli marroni,
sorridendo al suo: - Ti voglio bene, Lili.- e chiuse gli occhi,
addormentandosi
poco dopo.
Angolo
Shine:
Alloora,
ecco il primo capitolo.
Si
inizia ad entrare nel vivo della storia con l’introduzione
di un nuovo piccolo personaggio. (Aileen è la mia piccola
meraviglia.)
Probabilmente
ad agosto metterò il secondo capitolo, così ho
tempo per portarmi avanti con i capitoli e per la stesura della nuova
OS.
Vado
molto di fretta - non ho tempo per rispondere alle
recensioni ora, ma le ho lette tutte e siete tanto dolci -, a presto!