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Autore: Lettera Scarlatta    28/07/2014    1 recensioni
Sono Alexander Story, classico sfigatello di diciassette anni. La vita poteva essere un po' più originale.
Genere: Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che ci faccio qui?
L'acqua calda mi arrivava al petto, sembrava una cisterna piuttosto bassa.
Intravedevo una luce venire dal soffitto leggermente spostato. Mi soffermai ad osservare qualcosa che galleggiava.
Ma quella è una patata!
Incuriosito ne presi un pezzo e l'assaggiai.
« Fi, è poppio ua pafafa! » esclamai con la bocca piena.
Il soffitto si sollevò improvvisamente.
« Ma che cazzo, sono dentro una pentola! »
Al di sopra dei bordi apparve l'enorme faccia di Gordon Ramsey.
« Ancora tu? Mi sto bollendo le palle qui dentro! » gli urlai per farmi sentire.
« Perchè cazzo hai mangiato quella fottuta patata? » disse lui incazzato appena vide il morso. Misi le braccia dietro la schiena e assunsi un'espressione da cucciolo sperando che la mia piccola statura lo intenerisse.
« Smettila di fare quella faccia da coglione. Svegliati e vai a salvare quella troia di Cloudy, testa di cazzo! » le sue urla rimbombarano all'interno della pentola.
« Cloudy è in pericolo? Devo andare! Comunque non è una troia! »
« Copriti quella faccia da culo che ti ritrovi, non ti deve riconoscere nessuno! » disse lui mentre chiudeva il coperchio. 

Mi svegliai di soprassalto.
Che sogno del cazzo.
Mi vestii velocemente, i pantaloni della tuta da ginnastica e una felpa nera andarono bene. Aprii la finestra pronto ad uscire.
Cazzo, mi serve una maschera!
Incominciai a frugare tra i cassetti alla ricerca di un passamontagna.
« Trovato! » esclamai infilandomelo.
Guardai il pavimento e i mobili cosparsi di vestiti.
« Sistemerò più tardi. » dissi mentre saltavo giù nel cortile.
A tutta velocità corsi verso Cloudy, nonostante non sapessi dove fosse le mie gambe mi portarono da lei.
Era notte fonda e mi ritrovai in un vicolo cieco. Lei era spalle al muro: tre ragazzi la tenevano mentre altri due le levavano i vestiti di dosso.
« Aiutat... » provò a dire lei ma uno di loro le tappò la bocca.
« Zitta puttana. » le disse lui sotto voce.
Con uno scatto mi fiondai verso il più vicino scaraventandolo a terra. Per evitare che si rialzasse gli diedi un pugno in bocca facendogli sputare alcuni denti e svenire subito dopo. Nonostante fossi di spalle sapevo che altri due mi stavano venendo contro.
Senza bisogno di girarmi portai le mani indietro e acchiappai il più prossimo a me lanciandolo contro il muro di fronte. Guadagnai un po' di distanza dall'altro poichè le gambe del suo compagno lo colpirono mentre lo sollevavo. Sentii il rumore del carrello di una pistola tornare indietro capendo che allontanarlo non era servito a tanto.
Mi girai di scatto: due di loro tenevano ancora ferma Cloudy che scalciava e piangeva come una bambina. 
« Ti sei divertito fin ora? Adesso è il mio turno. » disse il ragazzo armato poco prima di sparare. Evitai il proiettile lanciandomi contro il suo stomaco.
Una volta a terra gli girai il braccio disarmandolo. Ora quello col coltello dalla parte del manico ero io, anzi, con la pistola dalla parte del grilletto.
Come cazzo si usa?
Non feci in tempo a pormi veramente il problema che i due restanti scapparono via.
Cloudy ansimava accovacciata per terra, a quanto vedevo dai vestiti, ormai strappati, era stata in discoteca.
Mi avvicinai a lei preoccupato per aiutarla ma la spaventai.
« Basta! » urlò mentre strisciava via da me.
« Hei, tranquilla, non ti faccio del male. Quei ragazzi sono andati via. » cercai di rassicurarla.
Lei alzò lo sguardo: aveva il trucco colato e le lacrime agli occhi ma nonostante ciò era comunque bellissima.
La presi in braccio, lei avvolse timidamente le mani attorno al mio collo.

« Grazie. » mi sussurrò.
Arrossii, per fortuna avevo il passamontagna.
« Chi sei? » mi chiese lungo il traggitto.
Bella domanda, chi sono?
Pensai non sapendo cosa rispondere.
« Non ha importanza. Quello che importa veramente è che tu stia bene. »
Che bravo che sono a fare il misterioso.
Il suo respiro si fece più lento e le sue palpebre si chiusero, sfinita si addormentò tra le mie braccia.
Sapevo dove fosse casa sua, mi era capitato di pedinarla dopo scuola, e non era tanto lontana dalla nostra posizione.
Giunti a destinazione scalai il muro della casa tenendo con un braccio lei e con l'altro me stesso per arrampicarmi. Entrai dalla finestra di camera sua, per fortuna, già aperta.
Forse dovrei metterle il pigiama.
Pensai mentre facevo coricare sul letto Cloudy. Sorrisi all'idea e cercai silenziosamente tra i suoi vestiti. In un cassetto trovai un pigiama in cotone bianco.
Uffa, mi aspettavo qualcosa di meglio.
Pensai mentre le sfilavo le scarpe. Lei mugolò, da li a poco si sarebbe svegliata così scesi velocemente dalla finestra.
Era ufficiale: avevo dei superpoteri e non sarei più stato inutile come prima.
   
 
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