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Autore: Alexiel94    04/08/2014    2 recensioni
[AU! Tutti mortali | Future]
[Jason/Piper | accenni altre coppie]
[Presenza di OC]
Jason Grace era conosciuto per essere un buon uomo, sempre disponibile e pronto ad aiutare il prossimo, ma la cortesia di quel pomeriggio superava persino i suoi standard. [...]
Era vero, Jason era un uomo affascinante e non vi era nulla di male se dopo dieci anni dalla morte della moglie avesse cercato di rifarsi una vita. Eppure il solo pensiero di suo padre di fianco ad una donna era sufficiente a farle provare diverse fitte di gelosia. [...]
-Ti darebbe fastidio se venisse da noi a cena stasera? Così la conoscerai, finalmente-.
La ragazza gli scoccò un'occhiataccia.
-Anche se mi desse fastidio, lei verrebbe qui comunque, giusto?-. [...]
Quando aprì la porta per poco non le venne un colpo.
-Miss McLean?-.
Genere: Commedia, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jason Grace, Nuovo personaggio, Piper McLean
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: Cavolo, stavolta sono stata velocissima ad aggiornare. Non abituatevi, purtroppo questi tempi di aggiornamento sono un'eccezione. Colgo l'occasione per ringraziare i lettori.
I nomi dei personaggi:
Marcus, deriva da Marte.
Buona lettura.
The French teacher
Parte II


 
La situazione a cena non poteva essere più imbarazzante. 
Jason era seduto capotavola e le altre due ai suoi lati. Isabel cercava di evitare lo sguardo della donna, concentrandosi sul suo piatto. D'altro canto anche Miss McLean dimostrava di essere in disagio, evitando accuratamente di rivolgersi in qualche modo alla ragazzina.
-Ehm... oggi avete passato una bella giornata?- domandò l'uomo, nel vano tentativo di aprire una conversazione che potesse coinvolgere entrambe. Si beccò due paia di occhi che lo guardarono torvi, così ci rinunciò.
Ovviamente non sapeva del litigio avvenuto quella mattina e Isabel non era certo disposta a chiedere scusa all'insegnante, tantomeno davanti al padre. Sapeva che si stava comportanto in modo stupido e infantile, ma era troppo orgogliosa per ammettere di avere sbagliato. Inoltre si sentiva a dir poco tradita dal fatto che Jason stesse frequentando la donna che poteva essere la potenziale causa della sua bocciatura.
-Credevo che lei fosse già sposata- disse all'improvviso, rivolta alla donna.
Miss McLean le mostrò la mano sinistra, con le dita ben distanziate.
-Non porto alcuna fede- replicò pacatamente.
Uno a zero per l'insegnante. Eppure Isabel era certa che per i corridoi della Goode High School girassero delle voci su un marito della donna. Tentò un azzardo, impulsivo e soprattutto decisamente scorretto nei confronti di entrambi gli adulti presenti.
-Mi riesce davvero difficile credere che una donna bella come lei non sia mai stata sposata-.
Dall'espressione della donna comprese di aver fatto centro. Il suo volto era un misto di rabbia, dolore e incredulità ma la voce che replicò non fu la sua.
-Isabel, ti sembra questo il modo di comportarti?- la rimproverò suo padre.
-Tu quoque, Jason, pater mi?- pensò la ragazza, arrabbiata. O almeno, credette di averlo pensato.
Si accorse di averlo detto ad alta voce quando vide le iridi azzurre del padre lampeggiare d'ira.
A quel punto non poté più reggerlo e, furibonda, si alzò dal tavolo e andò in camera sua al piano superiore, sbattendo la porta con violenza. 
Non riusciva ad accettare che Jason le remasse contro in quella maniera. Insomma, lei lo stava solo mettendo in guardia da una donna che conosceva appena e la cosa le sembrava più che giusta.
In realtà la frequenta da otto mesi, non è che la conosce appena, le ricordò la parte più razionale di sé. Fu però quella istintiva a prevalere e tirò un pugno al muro dalla frustrazione, col risultato di farsi un gran male alle nocche. Imprecando e insultando suo padre e la donna, parte in inglese e parte in spagnolo, si lasciò cadere sul letto col cuore ancora martellante di rabbia. Possibile che Jason non riuscisse a capire come in realtà lei avesse ragione?
L'illuminazione fu talmente folgorante che si ritrovò in piedi senza neanche rendersene conto. C'erano delle persone che sarebbero state dalla sua parte e le avrebbero dato ragione. Il che, unito al rifiuto di passare in casa più tempo del necessario sapendo che sotto al suo stesso tetto c'era suo padre con quella donna, diede il via alla sua idea.
Prese il cellulare, compose in fretta il numero di Jonathan e premette il tasto verde di chiamata. Il cugino rispose dopo pochi squilli.
-Pronto, Isabel. Come mai chiami a quest'ora?-.
-Agli zii va bene se dormo da voi stanotte? Poi ti spiego tutto-.
-Certo, sai che puoi venire a casa nostra quando vuoi-.
Le sembrava quasi di vedere Jonathan sorridente davanti a sé, mentre le dava quella risposta in tono gioviale.
-Tra dieci minuti sono lì da te-.
Chiuse la chiamata. Prese la cartella e la svuotò dei libri che non le sarebbero serviti la mattina seguente, mettendoci invece il pigiama e il ricambio per il giorno successivo, scendendo poi le scale in fretta. Si bloccò quando vide due sagome in salotto e sentì le voci di suo padre e della sua insegnante fare il suo nome. Cautamente, si avvicinò alle loro spalle, nascondendosi dietro un mobile per non farsi vedere.
Jason e la donna erano seduti sul divano, sul cui tavolino di fronte erano presenti due bicchieri che l'uomo stava riempiendo da una bottiglia di vino rosso.
-Di solito non si comporta in questo modo- stava dicendo lui. -Penso sia molto gelosa di te-.
-Gelosa?- chiese Miss McLean, attonita.
-Quando Reyna è venuta a mancare, Isabel aveva solo cinque anni e credo che ancora oggi non abbia accettato del tutto la sua morte-.
Solo sentire il nome della madre fu come un pugno allo stomaco. Aveva ben pochi ricordi di lei, ma quando le parlavano di quanto somigliasse a Reyna Avila Ramirez-Arellano riusciva a richiamare le qualità che avevano in comune: la fierezza, l'orgoglio e la tenacia. 
Molto probabilmente era vero ciò che aveva detto Jason. Forse non era ancora riuscita a prendere atto della morte della madre, ma non lo avrebbe mai ammesso. 
-Capisco- mormorò l'insegnante.
No, tu non puoi capire, pensò Isabel, amareggiata.
-Sai, è stata lei a sceglierle il nome. Ha chiamato nostra figlia Isabel come la regina spagnola che finanziò il viaggio di Colombo-.
-Tua moglie era spagnola?-.
-Portoricana- precisò Jason. 
La ragazzina si sentiva bloccata. Oltre all'immenso fastidio che provava al fatto che suo padre stesse facendo tutte quelle confidenze a Miss McLean, solo parlare della madre, o sentirne parlare, riusciva a portare il carico di dolore che avevano i suoi ricordi e acutizzavano la sua mancanza. 
Quando però vide le labbra dei due adulti unirsi a seguito di una frase che le era sfuggita, una scossa di rabbia la ridestò dallo stato in cui si trovava. Uscì dal nascondiglio e annunciò freddamente -Papà, stanotte dormo a casa degli zii-.
Prima ancora di attendere una risposta uscì di casa, procurandosi di chiudere la porta alle sue spalle con quanta più violenza possibile. 

-Non ci vedo nulla di male se Jason frequenta una donna- disse zia Talia.
-Mi sembra più che giusto che esca con qualcuna, in fondo è un giovane vedovo ed è normale che cerchi un'altra donna con cui stare- rincarò la dose zio Luke.
Isabel era interdetta. Non riusciva a credere che persino loro stessero dalla parte di suo padre, essendo stata sicura fino a venti minuti prima che gli zii le avessero dato ragione appena raccontato della relazione tra suo padre e la sua insegnante. 
Jonathan non si era espresso, ma palesemente era d'accordo con i genitori.
-Cerca di comprenderlo, è un uomo solo e gli è capitato di innamorarsi. Inoltre la sua donna voleva conoscerti e cercare di instaurare un rapporto con te, il che è un'ottima cosa. Secondo me dovresti lasciare perdere la tua gelosia e accettare la loro relazione- continuò l'uomo.
Isabel soppesò le sue parole. Luke Castellan era un famoso avvocato e i suoi modi persuasivi sarebbero stati capaci persino di convincere un eschimese a comprare del ghiaccio, per cui la ragazza preferiva andarci cauta.
-Ma...- provò a replicare, per poi rendersi conto che non poteva farlo.
Quella di zio Luke non era retorica; aveva centrato in pieno il problema. Lei era troppo gelosa di suo padre per accettare la relazione con una donna che non fosse sua madre e ora cominciava anche a sorgere il senso di colpa. Miss McLean non aveva mai avuto cattive intenzioni nei suoi confronti, mentre lei la stava trattando come se fosse la peggiore persona dell'universo. 
Guardò suo cugino, in cerca di un sostegno.
-Jonny, tu che mi dici?-.
Sapeva che Jonathan sarebbe stato sincero e avrebbe detto esattamente quello che pensava.
-Zia Reyna era fantastica, ma è morta dieci anni fa! Fattene una ragione e non fare queste scenate da bambina se zio Jason esce con un'altra!-.
Tre paia di occhi lo fissavano torvi. Purtroppo la sua sincerità non andava d'accordo col tatto.
Isabel abbandonò il salotto e andò nella camera degli ospiti - che ormai poteva quasi definire sua, essendo lei l'ospite più frequente. Asciugò le lacrime che scorrevano sul suo volto e sobbalzò quando sentì qualcuno bussare alla porta.
-Posso entrare?- chiese la voce di Jonathan.
Per un attimo pensò seriamente di mandarlo a quel paese, ma il tono dispiaciuto e triste con cui le aveva appena chiesto il permesso di entrare la fece desistere. 
-Sì- mormorò.
Suo cugino entrò con aria abbattuta. Si sedette di fianco a lei sul letto e disse -Mi dispiace, a volte non penso a come dire le cose e che gli altri potrebbero rimanerci male-.
-Fa nulla- replicò lei, e lo pensava davvero.
Il ragazzo la abbracciò. 
-Grazie per essermi vicino- mormorò lei, abbracciando il cugino a sua volta.
-Di nulla. Ti aiuterò con la storia di zio Jason- per un attimo la sua espressione fu seria, ma aggiunse in tono sognante -...e poi pensa che fortuna, avere una donna come la McLean in giro per casa! Quanto ti invidio-.
Isabel scoppiò a ridere.
-Jonny, sei un pervertito! Cosa direbbe Sophia se sapesse che dici cose del genere?-.
-Non lo verrà mai a sapere, altrimenti terminerei la mia esistenza a diciannove anni-.

Il giorno successivo a scuola filò tutto liscio. 
L'insegnante di inglese blaterava qualcosa su una schiera di poeti che a Isabel non interessavano, passò l'ora di matematica a dormire sul banco e nell'ora di chimica un suo compagno causò un'esplosione tale che furono costretti a evacuare il laboratorio, finendo con un quarto d'ora di anticipo. Ma fu durante l'ora di educazione fisica che ebbe il lampo di genio: si procurò di farsi colpire in faccia da una potente pallonata a pochi minuti dalla fine dell'ora, facendo sembrare la situazione ben peggiore di quanto fosse in realtà in modo da passare quella di francese in infermeria.
Non capiva del tutto perché non volesse incontrare Miss McLean. Solo pensare a lei e suo padre le ribolliva il sangue di rabbia, ma sentiva anche un peso sul cuore. Era forse il senso di colpa e vergogna che provava per come si era comportata la sera prima?
Probabile.
Allora chiedile scusa, sembrò ordinarle la sua coscienza. Ma Isabel sapeva anche di essere troppo orgogliosa per prendere un'iniziativa del genere.
La giornata passò in fretta e dopo le lezioni raggiunse il dojo. La sensei Clarisse La Rue era una specie di idolo per lei: oltre al karate aveva praticato diverse arti marziali, tra cui kick-box, muai thai e jujitsu, raggiungendo alti livelli di professionalità. Aveva però fatto richiesta per l'abilitazione all'insegnamento solo per la prima disciplina, e svolgeva con passione il suo ruolo di sensei.
Quel giorno ebbe una sorpresa. Appena ebbe indossato il karategi sentì la voce della sensei chiamarla, e la raggiunse accanto altri tre ragazzi. 
-Non vi chiederei di farlo, ma il dojo è a corto di finanziamenti- stava spiegando.
-Di cosa sta parlando?- mormorò Isabel al ragazzo alla sua destra.
Marcus Rodriguez era il figlio di Clarisse La Rue, ma non per questo riceveva un trattamento favorito. Era alto e dai tratti ispanici. I capelli castani erano sempre scompigliati e gli occhi neri avevano spesso uno sguardo duro, ma non lo era mai con lei.
-Credo di averlo capito- replicò lui. -Oggi hai letto gli annunci sulla bacheca a scuola?-.
No, non lo faceva mai e nemmeno quel giorno aveva fatto eccezione. Non vedeva la necessità di guardare i vari annunci che ricercavano cheerleader o attori per lo spettacolo teatrale di fine anno.
-Vorrei che partecipaste al torneo interscolastico di karate per la Goode High School, ho già preso accordi per spartirci equamente i ventimila dollari di premio in caso di vittoria. Il torneo si terrà a maggio e se accettate vi aspettano duri mesi di preparazione fino ad allora. Siete sicuri di volerne prendere parte?-.
-Ce lo chiede? Certo che vogliamo partecipare!- esclamò Isabel, a cui seguì un coro di approvazioni. 
Clarisse sorrise.
-Mi aspetto il massimo da voi. Ora cinquecento giri di campo!-.
I quattro fecero un'esclamazione d'assenso, scattando successivamente. Dopo neanche quattro passi la donna parlò ancora.
-Grace, vieni qua-.
Quando la ragazza la raggiunse, notò che la sensei aveva un'aria leggermente preoccupata.
-Abbiamo un piccolo problema per questo torneo: i partecipanti devono avere una pagella almeno sufficiente-.
Isabel allora capì.
-Non si preoccupi, i miei voti alti in latino e storia compensano pienamente quelli disastrosi di francese-.
-Non hai capito- l'espressione di Clarisse si fece più seria. -Devi avere la sufficienza in ogni materia-.
Oh. 
Questo era decisamente un problema.
Mascherando il proprio nervosismo disse -Non si preoccupi, le prometto che riuscirò a colmare le mie lacune-.
La sensei sorrise.
-Bene, perché non ho alcuna intenzione di rinunciare a candidare uno dei miei allievi più promettenti. Ora fila a fare i tuoi cinquecento giri di campo-.
Cavolo, ora come faccio? pensò Isabel, disperata.

Affrontare Jason quella sera fu imbarazzante, ma fecero pace quasi subito. Non erano in grado di portarsi rancore a vicenda.
Ordinarono una pizza per festeggiare la pace raggiunta ed evitarono accuratamente di tirare in ballo Miss McLean.
Ben peggiore fu invece affrontare lei. Durante il cambio d'ora venne trattenuta in presidenza per firmare i moduli di partecipazione al torneo di karate, col risultato che entrò nell'aula di francese quando la lezione era già cominciata. L'insegnante mostrò antipatia nel pronunciare il suo nome mentre faceva l'appello dei presenti e subì il suo sguardo freddo quando si sedette al banco. Per tutta la lezione cercò di prendere appunti, ma non fu facile - e nemmeno molto utile. La professoressa parlava troppo velocemente perché ella, non capendo la lingua, riuscisse a starle dietro. Alla fine dell'ora aveva scritti sul quaderno solo strascichi di frasi incompiute e non vedeva come avrebbe potuto imparare da queste.
Stava rimettendo a posto i libri per andare in mensa quando entrò in aula Marcus. Rimase molto sorpresa: egli aveva un anno più di lei e di solito, sebbene a karate fossero compagni inseparabili, a scuola preferivano frequentare ciascuno la propria cricca di amici.
-Isabel, ti cerca il preside- rivolse poi lo sguardo all'insegnante, che stava segnando alcune cose sul registro. -Miss McLean, sarebbe meglio se venisse anche lei-.
La donna gli rivolse un'occhiata perplessa, ma ripose il registro nella cartella e seguì i due alunni.
-Il preside Brunner non ha fatto il suo nome- disse ancora Marcus mentre percorrevano il corridoio -ma visto che c'è anche Miss Tanaka credo che lei sia l'unica in grado di tenerle testa-.
-Drew, quella stronza- sbottò la donna.
Isabel la guardò, sorpresa. Miss McLean non usava mai un linguaggio forbito e, a dire la verità, la ragazza era anche convinta che lei non conoscesse parolacce. 
Deve scorrere cattivo sangue tra loro due, pensò.
-Che sta combinando?- chiese Miss McLean.
Marcus alzò le spalle. -Non ne ho idea, ma se lei è coinvolta non penso sia qualcosa di buono-.
-Puoi giurarci-.
Questa premessa fece spaventare Isabel. Se era convocata dal preside con un'insegnante che tramava qualcosa contro di lei si prevedevano guai. Strinse i pugni per impedire alle mani di tremare e quando furono davanti alla porta della presidenza prese un profondo respiro prima di entrare.
-Buona fortuna- le mormorò il ragazzo. 
Lei cercò di sorridergli, ma molto probabilmente ciò che le uscì era più una smorfia. Col cuore in gola aprì la porta e varcò la soglia, seguita dall'insegnante.
Vi erano presenti una donna asiatica che aveva incrociato un paio di volte nei corridoi della scuola e il preside Brunner. Questi aveva un'aria particolarmente afflitta, come se in quel momento desiderasse ardentemente di trovarsi da qualsiasi altra parte. La loro attenzione era rivolta ad un documento sulla scrivania e non alzarono lo sguardo nemmeno dopo che Isabel richiuse la porta alle sue spalle.
-Immagino sia della classe di Piper, io a questo scritto avrei dato Inclassificabile. L'ho sempre detto, lei è troppo buona con le valutazioni...-
-Allora è una fortuna che io sia qui- la interruppe Miss McLean -così potrai discutere con me del mio metodo di insegnamento-.
La donna asiatica si voltò verso di loro, fulminando la collega con uno sguardo velenoso. Stava per replicare, ma intervenne il preside.
-Non è questa la sede per i litigi, adesso abbiamo altro di cui discutere-.
Nonostante fosse incanutito emanava un'aura di autorità. Le due donne si limitarono a guardarsi con più odio possibile, ma non dissero una parola.
Se gli sguardi potessero uccidere, queste due si sarebbero già ammazzate a vicenda, pensò Isabel.
Lo sguardo serio del preside si posò su di lei, facendola irrigidire.
-Signorina Grace, abbiamo dei problemi riguardo la sua iscrizione del torneo di questa primavera. Come ben sai bisogna avere la sufficienza in tutte le materie, mentre i tuoi voti in francese lasciano molto a desiderare-.
Ecco, avrebbe dovuto immaginarlo. 
Aveva la gola secca e il cuore martellava più furioso che mai, mentre il tremito delle mani era evidente. 
-Stavo giusto dicendo che non ha senso candidare un'alunna che è praticamente bocciata- disse Miss Tanaka.
Isabel si sentì mancare. Clarisse aveva scelto anche lei per partecipare al torneo che avrebbe rilanciato le finanze del dojo e lei aveva promesso la sua partecipazione. Non poteva deluderla in quel modo, senza neanche provare a recuperare la materia in cui era insufficiente.
-Mi sembra che le bocciature si effettuino a fine anno, mentre siamo solo a gennaio- replicò Miss McLean. -Non puoi dire che una mia alunna è bocciata già da ora-.
Sottolineò accuratamente la parola "mia", come a ricordare alla collega che lei non avesse nulla a che fare con Isabel. 
-Il succo del discorso è lo stesso, la ragazza è incandidabile- disse la donna asiatica.
-Se invece riuscissi ad alzare la media dei miei voti entro maggio?- intervenne Isabel.
Sapeva benissimo che quella era una battaglia disperata, ma non si sarebbe arresa senza combattere.
-Chi ci garantisce che ce la farai?- chiese Miss Tanaka, retoricamente.
-Io- intervenne Miss McLean. -Io garantisco che entro maggio Grace avrà voti decenti nella mia materia-.
Isabel la guardò, incredula. La donna fissava la collega con sguardo fiero e determinato, sicura di ciò che aveva appena affermato.
Mai come allora la ragazza l'aveva stimata tanto.
-Va bene allora- disse Miss Tanaka con un ghigno. -Il trenta aprile sottoporremo la ragazza ad un esame di francese, e se riuscirà a superarlo rappresenterà la scuola al torneo di karate-.
-Perfetto- disse freddamente Miss McLean. Si rivolse poi al preside, chiedendo -A lei va bene, signor Brunner?-.
-Mi sembra una condizione accettabile-.
-Oh, quasi dimenticavo- disse la donna asiatica, allargando ancora di più il suo ghigno. -Sarò io a valutare il tuo compito-.
Isabel deglutì, ma cercò di mostrarsi impassibile. 
-Non ci sono problemi-.
Brunner le congedò e la ragazza percorse alcuni corridoi in compagnia di Miss McLean, ma nessuna delle due disse nulla. Ad un tratto, Isabel si fermò. Quel corridoio era deserto, il posto migliore per chiedere quello che le premeva sapere.
-Perché si è esposta in quel modo per difendermi?- domandò. -Io sono probabilmente la peggiore studentessa che abbia mai avuto, non ha alcun vantaggio nel garantire per me. È perché sta con mio padre?-.
-Per chi mi hai presa?- sbottò l'insegnante con fare aggressivo. -Io non faccio favoritismi a nessuno!-.
L'insegnante dovette rendersi conto del tono da lei usato, visto che disse -Scusami, è che quando parlo con Drew riesce sempre a farmi saltare i nervi. Ti ho difesa perché penso che ti meriti una possibilità e che tu possa farcela-.
Isabel sentì uno strano calore all'altezza del petto. Ad eccezione di Jason e Clarisse erano davvero poche le persone che credevano nelle sue capacità, e mai avrebbe pensato che tra queste sarebbe rientrata la sua insegnante di francese.
-Grazie- disse sinceramente. Ritenne poi doveroso aggiungere -Senta, mi dispiace per l'altra sera...-
-Non fa niente- la interruppe la professoressa. Prese la sua cartella e trafficò per qualche secondo fino a prenderne un libro, che porse a Isabel. La ragazza lo prese, un po' titubante, e lesse il titolo. Les Fleurs du Mal. Provò a sfogliarlo, confermando i suoi timori: era completamente scritto in francese. 
-Ehm... lei si aspetta seriamente che io lo legga?-.
-Sì- rispose la donna, decisa. -Se non vuoi essere umiliata da Drew ti aspettano ardui mesi di studio-.
 
   
 
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