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Autore: Lotiel    11/08/2014    1 recensioni
(Sequel di "Dopo la Pioggia")
Erano passati poco più di due anni da quella triste notte. Dmìtrij lo aveva lasciato al porto di Tokyo agonizzante e aveva saputo poco dopo che era morto.
L’assassina si trovava in una delle zone più belle di Kyoto, sulle rive dello stagno che accoglie il Tempio del Padiglione d’Oro, con i suoi meravigliosi giardini.

REVISIONATO FINO AL CAPITOLO 6
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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13 - Tu (II Parte)


Dmìtrij entrò rapido nella stanza, dove si trovava Natasha, con delle carte in mano e la camicia appena sbottonata sui primi due bottoni. Non aveva mai rinunciato ai suoi pantaloni eleganti e le scarpe in tinta e difatti fu così che fece la sua comparsa. Voleva che lei lo ricordasse così com’era.
Nella mano libera un bicchiere di whiskey.
-Puoi andare.
Lui congedò così la russa che non ebbe neanche in tempo di ribattere. L’aveva zittita con un rapido gesto della mano. Lei sbuffò e uscì fuori dalla stanza, facendo sentire il rintocco dei suoi tacchi sul parquet di legno scuro. E poi, alzando leggermente la voce, gridò per farsi sentire.
-Io torno al club.
E di rimando si sentì la porta sbattere e l’uscita di scena della russa.
Dmìtrij non poté far altro che sorridere, poiché gli sarebbe servito tutto il tempo necessario da solo con lei. Accese la luce della stanza e quest’ultima fu come risvegliatasi da un lento torpore. Era viva di colore e di mobilio di buon gusto. L’uomo infine si accomodò sulla poltrona non distante dal letto e iniziò a studiare il modo in cui introdurle il tutto.
E non dovette attendere molto quando la vide comparire da dietro la porta, con l’accappatoio legato in vita e forse un po’ troppo grande per lei. Aveva lasciato il viso al naturale e lasciato i capelli sciolti lungo le spalle. Anche così era la donna più bella di cui si fosse invaghito in tutta la sua vita.
Reila allargò appena gli occhi quando si accorse che era lì e il suo cuore perse un battito quando lo vide proprio come lo ricordava, con fogli di carta e il suo bicchiere di whiskey tra le mani. Si impose di calmarsi e si avvicinò verso di lui, ma tenendosi sempre a distanza di sicurezza.
Lui la guardò, di sottecchi, assaporando i suoi movimenti e il suo profumo che gli era arrivato come un’ondata. Vaniglia di Saint Barth.
Reila rimase ferma a guardarlo, a pochi metri di distanza. Mosse qualche passo per avvicinarsi a una delle poltrone che, nella penombra, non aveva notato. Distolse lo sguardo dall’uomo e cercò di vedere ciò che le era stato precluso accorgendosi che quell’armadio moderno, attaccato al muro e dello stesso colore del letto, non lo aveva proprio notato.
Nessuno dei due parlava ma la tensione tra loro si sentiva come i tuoni e i fulmini che avevano cominciato a imperversare nel cielo di Mosca.
Anche se aveva l’accappatoio ancora addosso, si sentiva come nuda di fronte a lui. Difficile non notare lo sguardo da predatore con cui l’aveva sempre guardata.
La donna decise infine di sistemarsi sulla poltrona proprio di fronte a Dmìtrij. Non si sarebbe spogliata davanti a lui. Non più.
-Avanti, dimmi quello che hai da dire e dividiamo le strade.
Reila aveva rotto il silenzio e Dmìtrij alzò lo sguardo con una lentezza sconcertante, come se non le volesse dare conto e importanza. L’assassina accavallò le gambe, cercando di non mostrare assolutamente lembi di pelle non voluta.
-Quanta fretta.
Reila lo fissava. Stava cercando tutto il coraggio di cui disponeva per poterlo fare e avrebbe dovuto resistere il tempo necessario per poterne trarre vantaggio. Il fuoco che aveva dentro rischiava di scontrarsi con il ghiaccio degli occhi dell’uomo e questo non doveva assolutamente capitare di nuovo.
-Sei tu che hai bisogno di me e so che ti preme molto spiegarmi il motivo per cui mi tieni prigioniera.
Lui aveva riso leggermente e le labbra si erano piegate su un lato in un ghigno malevolo.
Dmìtrij adesso la stava fissando, proprio come sperava non avesse fatto. Lei era lì, inerme e senza possibilità di difendersi, perché sentiva già il suo corpo tremare e purtroppo non di paura.
-Come ben sai mi sono nascosto qui, inscenando la mia morte e avendo avuto un grande aiuto da parte tua.
Reila si sentì morire e un suono strozzato, leggermente udibile, era fuoriuscito dalle sue labbra serrate.
Come poteva mai provare ancora qualcosa per lui?
-E ti sei nascosto in centro città?
-Più sei visibile e più non ti vedono.
Dmìtrij aveva sorriso e il suo sguardo aveva assunto una nota dolce nel guardarla, che si spense subito con gli ultimi bagliori del tramonto. Bevve l’ultimo sorso del whiskey che aveva in mano e posò il bicchiere sul tavolinetto in mogano accanto alla poltrona e sulla stessa mano poggiò il capo.
Reila aveva sentito le farfalle nello stomaco ancora una volta, proprio quando aveva compiuto quel semplice gesto e le gambe si erano strette in una morsa impercettibile. Prese un leggero respiro, mantenendo il tono calmo e disinteressato.
-Prima di dirti quello che ho da proporti vorrei chiederti scusa.
E la voce dell’uomo tremò nell’ultima parola. Un qualcosa che non aveva mai pronunciato nella sua vita verso nessuno.
Negli occhi, Reila, si sentì pressare le lacrime che prepotentemente volevano uscire, denotando ancora la debolezza verso l’uomo. Questa non era assolutamente una lotta di orgoglio, ma semplicemente di quell’amor proprio che aveva abbandonato molto tempo prima. Proprio sul molo di Tokyo.
 -Scusa?
Aveva trovato il coraggio di rispondergli e di riversargli tutto il veleno che aveva in corpo von un’unica e sola parola.
-Sì.
E il quel momento l’aveva guardata e nella sua espressione vi lesse un qualcosa di strano; un qualcosa che sembrava un vero pentimento. In Reila qualcosa si mosse, ma era così debole che lei non ci fece neanche caso.
L’assassina l’aveva guardato abbassando appena le palpebre, volendo mettere a fuoco la sua anima e non la sua immagine. Le braccia erano state posate lungo i braccioli e aveva dato modo all’accappatoio che portava di spostarsi appena sulle gambe. Dmìtrij conosceva tutto di lei, ogni centimetro del suo corpo e della sua anima. Aveva capito che non c’era motivo per cui lei lo nascondesse.
-Tu credi che chiedendomi scusa i problemi si risolvano?
Reila aveva sollevato un sopracciglio.
-No, ma è un inizio.
La donna aveva preso un respiro bloccandolo a metà e alle parole dell’uomo, che aveva portato il bicchiere alle labbra per bere un po’ di whiskey, aveva risposto con un sorriso sbilenco. Non credeva ad una sola parola che lui diceva.
-Avanti, Dmìtrij, dimmi cosa vuoi e facciamola finita.
L’uomo aveva nuovamente bevuto un altro po’ di whiskey e aveva posato il bicchiere sul tavolinetto accanto alla poltrona. Aveva nuovamente guardato le carte e lasciato che il silenzio invadesse la stanza. Aveva deciso che tutto si sarebbe svolto nella tranquillità più assoluta, non voleva davvero costringere Reila, ma convincerla e facendole credere che fosse per sua spontanea volontà.
La guardava e la trovava sempre più bella, anche con quell’aria corrucciata e infastidita dalla sua persona. Non avrebbe mai creduto che nel suo cuore martoriato fosse rimasto ancora qualcosa di lui, ma in fondo alla sua anima sperava che ci fosse ancora quel briciolo che gli facesse vedere che ancora pensava a lui.
-Non volevo finisse così.
L’uomo ancora temporeggiava, voleva scavare nella testa di Reila e capire.
Reila allargò gli occhi increduli. La sua espressione la disse lunga in un solo attimo. La voce si bloccò in gola ma cercò di non farlo notare più di tanto. Aveva abbassato il capo e i capelli scuri le si erano spostati sulla fronte. Una mano si era andata a poggiare sulla fronte, scuotendo il capo appena percettibilmente. 
-Ho bisogno di qualcosa di forte.
Reila si era alzata dalla poltrona di scatto, guardando Dmìtrij in cagnesco. Si avvicinò a un mobiletto, dove sopra vi erano posati alcuni bicchieri bassi e bombati, in cui sperava avesse trovato quello che cercava. Aprì le ante e il suo viso si rasserenò trovando la vodka secca che cercava. Non aveva il coraggio di voltarsi verso l’uomo e gli tenne girate le spalle per tutto il tempo in cui si era servita e versata la bevanda che le avrebbe alleviato un po’ di pene.
Reila bagnò le labbra con il liquido incolore e posò una mano sul cuore che batteva talmente forte da farle pensare che l’uomo l’avrebbe sentito se si fosse avvicinato più del dovuto.
Dmìtrij invece non si era mosso dalla sua poltrona e Reila preferì rimanere vicino al mobiletto nel caso avesse avuto bisogno di un altro bicchiere. Sapeva che doveva essere lucida, ma un bicchiere non avrebbe compromesso la sua stabilità. Le serviva solo per sciogliersi. Dopotutto quel tempo, davanti a lui, si sentiva ancora fragile e insicura.
Dmìtrij la guardò si soppiatto per tutto il tragitto e ora che si era voltata verso di lui, aveva abbassato il suo sguardo verso le carte. Solo lui sapeva quanto in cuor suo avrebbe voluto alzarsi e stringerla tra le braccia, obbligandola ad aprirgli il suo cuore e vederle attraverso.
Quel silenzio, per Reila, era estenuante più del rumore.
-Dimmi cosa vuoi.
L’aveva detto a denti stretti, sperando che la voce bassa e tremante non si sentisse. Aveva il corpo leggermente scosso e cercava con tutta se stessa di nascondere i suoi tremori, associandoli magari alla vodka.
-Qualcuno vuole uccidermi da prima che ti chiedessi di uccidere mio zio.
L’uomo non aveva voluto approfondire quel tremore che, anche se debole, aveva percepito nella voce della donna. La guardò e vi si soffermò per qualche istante accarezzando la sua figura minuta con gli occhi.
-Sono riuscito a risalire a lui grazie ad i miei contatti.
Reila lo ascoltava e guardava quella bocca che tanto l’aveva assaggiata. Si sarebbe dovuta allontanare al più presto da lui, perché mantenere una conversazione sarebbe stato estenuante e ne sarebbe uscita sconfitta, ancora una volta.
-Ricordati che dentro questa stanza hai una persona pronta a ucciderti. Cosa ti fa pensare che ti aiuterò?
Dmìtrij aveva assunto un’aria tranquilla e i suoi tratti duri si addolcirono di colpo.
-Perché se tu ucciderai quest’uomo per me, ti permetterò di avere una scelta.
Reila era rimasta per qualche momento interdetta.
-Di quale scelta parli?
L’uomo le aveva sorriso, proprio come faceva un tempo e a lei si era gelato il sangue nelle vene.
-Ti permetterò di decidere cosa fare di me.
Mentre lo diceva Reila aveva bevuto un sorso e quello stesso le era andato di traverso, facendola tossire e bruciare la gola  come se vi fosse scesa lava. Le tremavano le mani per la rabbia e non si riusciva a controllare, non dopo quelle parole. Difatti scattò verso di lui con i pugni chiusi e pronti a prenderlo per il bavero della camicia.
Dmìtrij la lasciò fare e non si mosse di un millimetro mentre lei lo afferrava dalla camicia e facendogli spostare il busto in avanti, staccandolo dallo schienale della poltrona. Lo guardava in un modo pauroso, ma lui sapeva che in quegli occhi c’era tutto l’astio nei suoi confronti e ne era ben consapevole. Ma doveva tentare comunque questa strada.
-Io non mi vendo più. La mia decisione verso di te è stata già presa.
Glielo aveva detto in tono basso e irato. I suoi occhi, se avessero potuto, avrebbero mandato fulmini e saette.
-Il nome dell’uomo che sta tentando di uccidermi è Kajiro.
Reila allargò gli occhi stanchi e affaticati e smollò con uno spintone Dmìtrij lasciandolo seduto su quella stramaledetta poltrona. Era ritornata al mobiletto e aveva versato un altro po’ di vodka all’interno del bicchiere. Fatto questo, si era avvicinata alla finestra, guardando da lontano le persone che camminavano tranquille nelle strade.
-Non lo faccio per te, ma per me.
Dmìtrij non sapeva che Reila avesse un conto in sospeso con Kajiro, ma gli avevano detto che era una persona di cui lei si sarebbe ricordata molto bene. Doveva giocarsi la carta se l’avesse ricordato in positivo o in negativo e fortunatamente per lui, aveva già intenzione di ucciderlo.
L’uomo si alzò dalla sua poltrona e posò le carte che aveva in mano sul tavolino. L’aveva guardata per qualche istante mentre portava i passi verso la porta.
-Dopo che lo avrai ucciso, ritorna qui e deciderai.
Dmìtrij afferrò la maniglia della porta e chinò leggermente il capo, senza guardarla conscio che neanche lei lo stava guardando. Aprì la porta.
-Nell’armadio troverai tutto quello che ti serve e la tua pistola è custodita nell’altra stanza. Sei libera.
Reila aveva tirato un sospiro di delusione, facendo fuoriuscire tutta la rabbia che le aveva montato in corpo quella piccola discussione. Aveva assentito, non aveva fatto nient’altro e aveva tenuto lo sguardo sulla strada. L’ultimo sorso della vodka.
Reila sentì solo la porta richiudersi così come si richiuse la sua mente, lasciando libero il suo cuore e le lacrime libere di cadere silenziose.
yin yang vettore

Angolo dell'autrice


Devo sire che questo è stato il capitolo più difficile che abbia mai scritto, ma non perché non sapevo cosa scrivere ma perchè la scena era talmente difficile da risultare per me quasi impossibile da scrivere. Vari momenti di sconforto e vari moemnti di blocco, sono riuscita ad aggiornare solo adesso. Dopo ben due mesi.
Non passerà più tutto questo tempo ora che la storia è entrata nel suo vivo (dopo ben tredici capitoli) e ora è tutto già scritto, anche se credo che i personaggi mi faranno cambiare rotta molte volte, ma non temete che arriverò alla fine di quest'avventura.
Rinnovo sempre il mio invito a farmi sapere come vi sembra, non credo vi porti via molto tempo una recensione, anche perchè ne giova l'autostima dell'autrice (cioé me).
Vi inviterei infine a leggere "Dopo la pioggia" per poter capire un po' meglio dell'intera vicenda. Infine vi ringrazio per chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate e ringrazio coloro che hanno recensito, facendomi sapere il loro parere e i lettori silenziosi. E vi indirizzo verso la mia pagina che terrò sempre aggiornata con  curiosità, spoiler e quant'altro.
Lotiel  Scrittrice - Come pioggia sulla neve


   
 
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