Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: northerntrash    19/08/2014    3 recensioni
"Grazie per aver ascoltato" disse Thorin, alzandosi in piedi. "Spero di poter ricambiare il favore, un giorno."
L'uomo nel letto non rispose, ma dato il fatto che era in coma da più tempo di quanto Thorin lo conoscesse, non fu del tutto sorpreso.
Bagginshield Modern AU | SlowBurn | Not a somnophilia story | Storia originale su Archive of Our Own | 38 capitoli
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Bilbo, Dìs, Fili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note della Traduttrice
Ciao a tutti! Posto il secondo capitolo a poca distanza dal primo, perchè voglio lasciarmi alle spalle la prima parte della storia che è un po' lenta e non molto ricca di eventi dehe. Ringrazio coloro che hanno commentato il capitolo precendente per il supporto e per l'entusiasmo, sspero davvero che questa storia vi piaccia come è piaciuta a me ♥
Questa traduzione non è betata - e non lo è neanche la storia originale, tra l'altro - quindi eventuali errori di interpretazioni o grammaticali sono da imputarsi solamente a me. Non esistate a farmeli notare!
Buona lettura! ♥

 
 
Capitolo 2
 

Thorin non aveva avuto intenzione di ritornare.

Davvero, non voleva: si era sentito già abbastanza male la prima volta per essere entrato nella stanza dell'uomo senza che dover peggiorare ulteriormente la situazione ritornando, e se le cose fossero andate male quel giorno, probabilmente non l'avrebbe mai fatto. Ma la dottoressa era infine apparsa sull'uscio, dopo ore di attesa seduti scomodamente senza nulla da fare se non lasciare che i peggiori scenari si presentassero nelle loro teste; si stava ancora ripulendo dopo l'intervento, con un sorriso impetuoso sul volto, tutto gioia e gratitudine e stanchezza e rabbia raccolti insieme.

"Se l'è cavata," aveva detto loro. "Dovrà restare qui per un po' così che possiamo tenerla d'occhio, ma abbiamo fermato l'emorragia e pensiamo che starà bene."

Nessuno di loro era stato in grado di rispondere, ma il medico sembrò capire, senza dubbio c'era abituata; aveva solo sorriso al sollievo tangibile sui loro volti, un sorriso onesto che l'aveva fatta sembrare anni più giovane. Thorin si era sentito in qualche modo abbastanza in forze da radunare Frerin e Fili e Vivi tra le sue braccia, la testa reclinata all'indietro, fissando distrattamente il soffitto anche quando Frerin cominciò a piangere e Fili gli strattonò stancamente le mani per essere tirato su.

Lo aveva fatto, lasciando che il suo nipotino seppellisse la testa nella curva del collo di Thorin, senza lamentarsi del fatto che suo zio lo stringesse un po' più forte del solito.

Quando i dottori li avvertirono che Dis non si sarebbe svegliata per ore, Thorin aveva convinto Vivi a portare lei stessa e Fili a casa,; aveva quasi spinto Frerin fuori dalla porta con loro, sapendo perfettamente che il suo fratellino aveva bisogno di riposo, essendosi a stento ripreso dalle sue ferite. Lui voleva ostinatamente rimanere con Thorin, ma il maggiore non voleva sentir ragioni.

"Sto bene," si era lamentato quando Thorin gli aveva detto, ancora una volta e in una voce che non ammetteva contraddizioni, di andare a casa.

"Starai bene quando non farai smorfie di dolore alzandoti dalla sedia," Thorin gli disse, troppo stanco per provare ad essere più educato (anche se la maggior parte della famiglia direbbe che anche nei suoi giorni migliori, Thorin non era il più fine degli individui). Suonò arrabbiato, e ostile, ma in quel momento non gli importava, e fortunatamente Frerin lo conosceva abbastanza bene da capire che la frustrazione non era diretta a lui, ma alla situazione. "Vai a casa, o ti ci metto io su un taxi, quindi dammi una mano."

Abbassò un po' la voce quando Frerin gli rivolse uno sguardo addolorato e supplicante. "E non voglio che Viv guidi da sola, ok? Assicurati che lei e Fili tornino a casa interi. Resta nella stanza degli ospiti in caso abbiano bisogno di te."

Quella non era propriamente la verità - tra tutti loro, Vivi era la migliore ad affrontare le crisi, e quella che aveva meno bisogno di aiuto in momenti del genere. In realtà era più probabile che Frerin avesse più bisogno di supporto emotivo di lei, anche se suo fratello minore non l'avrebbe mai ammesso.

"Uno di noi qui, e uno a casa" disse, perché Frerin sembrava ancora poco convinto, e quasi sorrise quando colse il momento in cui suo fratello si arrese, visibile nelle pieghe intorno ai suoi occhi e nel modo in cui la sua fronte si appianò.

Fu un colpo basso, usare quello per far sì che Frerin se ne andasse, ma Thorin sapeva che non ci sarebbe stato modo per lui di poter dire di no, e ora aveva bisogno che suo fratello stesse a casa e riposasse più di quanto gli servisse qui, stanco e tra i piedi.

Frerin annuì, e Vivi gli fece l'occhiolino da dietro la sua spalla, forse con un po' meno entusiasmo di quanto non faceva normalmente; aveva sentito, lo faceva sempre, e aveva capito perfettamente cosa stesse facendo Thorin.

Non per la prima volta, Thorin fu grato per sua cognata.

Le passò Fili, già di nuovo mezzo addormentato tra le sue braccia.

"Chiamami quando arrivate a casa," le disse, riuscendo all'ultimo a non farlo suonare come un ordine.

"Chiama me quando lei si sveglia," Vivi ribatté, non provando per niente a farlo suonare diversamente dell'ordine che era.

Fu solo dopo che si rese conto non solo che non gli era minimamente passato per la testa di andare lui a casa, non era neanche venuto in mente a Frerin e Vivi che non sarebbe rimasto.

Lo avevano lasciato allora, e ad un certo punto si era assopito nella sedia, svegliandosi al mattino presto con la luce grigia che c'è prima dell'alba e un doloroso torcicollo, ma tutto ciò fu dimenticato quando realizzò che mentre dormiva avevano riportato dentro il letto di Dis. Andò immediatamente al suo fianco, i suoi occhi sfrecciavano dal suo viso - pallido, un po' tirato, con graffi sulla fronte - al tubicino infilato sul dorso della sua mano, connesso ad una flebo. Respirava regolarmente, e molto poco di quello che poteva vedere indicava che avesse avuto un incidente: le varie ferite superficiali erano nascoste dalle maniche della veste d'ospedale, il peggio dalle coperte bianche.

Le prese la mano, e sospirò di sollievo quando le sue dita si mossero nelle sue, e la sua fronte si contrasse un po'.

Emise un debole, basso suono dal fondo della gola, e lui le accarezzò il dorso della mano con il pollice, facendo attenzione ad evitare la flebo.

"Thorin?" mormorò lei, prima ancora di aprire gli occhi.

"Sono qui," rispose, la gola chiusa. "Sono qui."

"Il…" la sua altra mano sfiorò la curva del suo addome.

"Il bambino sta bene," le disse, cercando di suonare più rassicurante che poteva. "Un po' piccolo, e nell'incubatrice - non abbiamo ancora potuto prenderlo in braccio - ma sta bene."

Thorin avrebbe potuto aggiungere molto di più - quanto piccole fossero le sue mani, che non gli era permesso di prenderlo in braccio perché non erano sicuri di quanto sviluppato fosse il suo sistema immunitario, quanto Thorin avesse voluto cadere in ginocchio al suo fianco e rimanere lì fino a quando gli fosse stato permesso di portare suo nipote a casa - ma non lo fece. Si limitò a spostare delicatamente una ciocca sparsa di capelli - scuri come i suoi, e già con leggeri fili argentati alle tempie, un tratto di famiglia, anche se aveva solo trent'anni - via dalla sua fronte. Lei annuì, chiudendo gli occhi e ritornando a respirare profondamente.

L'orologio sopra la porta gli disse che erano da poco passate le cinque del mattino, e andò a dire all'infermiera alla scrivania che si era svegliata. L'infermiera di turno sembrò sorpresa ma grata.

"Grazie," gli disse. "La maggior parte delle volte la gente non pensa a farcelo sapere."

Thorin alzò le spalle, e andò via, senza darsi pena di dirle che aveva già vissuto tutto questo, solo mesi rima. Milza scoppiata e lacerazione dell'arteria renale echeggiava ancora nella sua testa nelle notti in cui non riusciva a dormire, come facevano le immagini di Frerin, appoggiato al muro e ricoperto dal suo stesso sangue, comunque in grado di sorridere a Thorin… ma quelli erano solo fatti suoi.

Non ritornò immediatamente alla stanza di Dis, aveva bisogno di condividere la notizia del suo risveglio. Invece si fece strada verso l'entrata principale, uscendo fuori dalle porte di vetro nell'aria fredda e umida, respirando profondamente mentre accendeva il telefonino e aspettava che si caricasse. Due messaggi lo aspettavano, uno da Frerin e uno da Vivi, che gli dicevano di essere arrivati a casa senza problemi: esitò per un momento sul tasto di chiamata rapida prima di scuotere la testa e aprire un nuovo messaggio, digitando un veloce sms da mandare ad entrambi - si è svegliata, stanca ma sembra stia bene, è addormentata ora, vi farò sapere se ci sono cambiamenti.  

Aveva promesso di chiamare, lo sapeva, ma sembrava ridicolo svegliarli quando avevano avuto solo poche ore di sonno e non era successo nulla di grave.

Avrebbero ricevuto la notizia appena svegli, ed era la cosa più importante.

Thorin ritornò dentro sentendosi irrequieto, perfino a disagio; voleva lanciare la notizia da ogni tetto della città, e allo stesso tempo voleva infilarsi nel suo letto per non emergerne mai più. Era una strana giustapposizione.

Le luci al neon, si rese conto con fastidio, erano luminose di notte come che di giorno: aggiunse del paracetamolo nella lista di cose da prendere al negozio dell'ospedale quando avrebbe aperto tra qualche ora, insieme a uno spazzolino da denti e qualcosa da mangiare. Non si sentiva particolarmente affamato, ma quando Frerin era stato in ospedale aveva perso quasi tanto peso quanto il suo fratellino, e non aveva voglia di ripetere l'esperienza; non era ancora tornato al suo peso abituale.

I corridoi sembravano tutti uguali in un ospedale, ma c'era qualcosa di vagamente familiare in quello che stava percorrendo al momento, addentrandosi nel reparto di terapia intensiva. Senza volerlo, i suoi piedi lo riportarono alla quella stessa stanza, forse qualche cosa di nascosto dentro di sè si ricordava della strana, vacillante pace che aveva provato andandosene l'ultima volta, e pretendeva di ritornare. La porta era chiusa stavolta, non ci sarebbe stato nessun barcollare dentro, e non poteva di nuovo far finta di pensare fosse vuota.

Non aveva davvero avuto intenzione di tornare.

Non aveva ragione di tornare.

Con un'occhiata furtiva ad entrambi i lati per assicurarsi che nessuno fosse in giro Thorin s'infilò dentro, premendo la schiena alla porta una volta chiusa.

Si riprese prima di scivolare sul pavimento, forzandosi di restare dritto.

"Scusa, di nuovo," mormorò, anche se non era sicuro fosse rivolto alla stanza in generale o a sé stesso o al paziente nel letto. "Volevo solo… dirti che mia sorella starà bene. Si è svegliata poco fa, e ci ho parlato."

Non ci fu risposta, nessun battito di mani o urla di gioia, solo benedetto silenzio.

"So che non mi conosci, o conosci lei… ma avevo davvero bisogno di dirlo a qualcuno."

Si tirò via dalla porta e verso il letto; se aveva intenzione di interrompere il riposo di quest'uomo almeno avrebbe avuto la cortesia di guardarlo negli occhi mentre lo faceva. Anche se, ovviamente, era un modo di dire; i suoi occhi erano chiusi, l'ombra delle ciglia fluttuava sulla pelle pallida delle guance. Le guardò per un momento, aspettando un qualche movimento, il tremolio del sonno REM, ma fu nuovamente deluso.

Gli occhi di Thorin furono attratti dalla leggera spolverata di lentiggini sul ponte del suo naso, pallido e slavato ora, come se mesi bloccato lì dentro avessero lavato via la vitalità dalla sua pelle; immaginava che l'uomo si abbronzasse piacevolmente nel sole, le sue lentiggini si scurissero sempre di più col passare dei mesi estivi, ma era passato troppo tempo da quando quest'uomo era stato fuori. Si accigliò un po' mentre si ricordò che questo Signor Baggins poteva non vedere mai più la luce del sole.

"Probabilmente vuoi i tuoi amici qui, non qualche sconosciuto che ti parla di persone che non hai mai incontrato."

Un orrendo pensiero gli attraversò la mente. E se lui non fosse stato l'unico a fare questa cosa: se se altri visitatori entravano per sfogare verbalmente le loro frustrazioni su quest'uomo? E se lui era solo uno in una serie di persone che venivano per usare la sua espressione vuota e il suo silenzio come un tipo di terapia, lasciandolo una volta che si sentivano meglio?

Scosse la testa.

Stava diventando ridicolo. L'infermiere aveva detto che non aveva molti visitatori, si sarebbe accorto se ci fosse stato un flusso di parenti e amici frustrati che entravano per lamentarsi.

C'era solo… lui.

Per quanto in colpa lo facesse sentire, non poteva negare di sentirsi meglio per aver detto a qualcuno che Dis sarebbe stata bene, per aver condiviso l'informazione. L'irrequietezza che aveva invaso le sue ossa si era dissipata, il suo umore sollevato un po' anche quando la stanchezza ne prese il posto, spingendolo di nuovo verso la scomoda sedia nella stanza di Dis. Anche se non aveva mai avuto intenzione di tornare, ora, fu grato di averlo fatto.

Uscì silenziosamente, il sollievo gli rese possibile ergersi più alto, la schiena più dritta anche se non capiva davvero il perché.

"Scusa," ripeté sull'uscio. "Ci vediamo in giro."

Si sentì un idiota, a parlare con un uomo che non poteva sentirlo, ma si ritrovò a non poter andarsene senza dire addio.

---------------

Sette settimane dopo -

La luce era troppo forte e il suo corpo troppo pesante, e non capiva cosa stesse succedendo o perché non riusciva a sentirsi bene le dita; tutto era leggermente sfocato e stava arrivando al limite dell'isteria. Persone continuavano a chiedergli di sbattere le palpebre due volte per un si e di guardare qui e di fare un cenno se mi riesci a capire ma nessuno gli spiegava cosa ci fosse che non andava, cos'era successo, perché si era svegliato in una stanza sconosciuta incapace di usare il suo corpo, circondato da sconosciuti.

Provò a formare delle parole ma non ci riuscì, si sentiva i denti strani e la bocca troppo grande e troppo piccola allo stesso tempo, e l'infermiera doveva aver percepito il suo panico perché gli sorrise rassicurante.

"Va bene, è perfettamente normale non essere in grado di parlare subito dopo. Concentrati sul restare sveglio. Il dottore sta arrivando."

Dopo cosa, voleva urlare, ma tutto ciò che riuscì a fare fu aprire di poco la bocca. Cosa mi è successo?

Ci fu un turbinio di attività inspiegabili intorno a lui, gente che andava e veniva, e poi una donna alta e dai capelli rossi gli stava sorridendo, il viso segnato e amichevole, e stava parlando, presentandosi, spiegando cosa stesse succedendo, ma lui continuava ad impigliarsi su certe parole.

Comatoso

Ventuno settimane

Quattro settimane fa

Cosa stava succedendo?

I suoi occhi guizzarono sul comodino, dove fiori che si ricordava vagamente di aver visto - anche se dove, dove li aveva visti? - stavano in un vaso.

Erano luminosi, e belli, e vederli lo fece rilassare, anche se non sapeva il perché.

Cercò di regolare il respiro, e si rivolse di nuovo alla dottoressa.

La lingua gli dava ancora problemi, ma stavolta riuscì a farla funzionare, la voce spezzata e nulla di simile a come era di solito.

"Comincia… inizio."
 


Note della Traduttrice - reprise
Scommetto che nessuna di voi aveva capito che Vivi è una donna. Neanch'io l'avevo fatto fino a questo capitolo dehe. Ecco spiegata la tag FemSlash ;)
Mi sono accorta che northern ha la tendenza ad usare forme di sintassi molto molto difficili da riportare in italiano, e forse si nota una certa confusione. Spero comunque che vi sia piaciuta ^-^
Alla prossima!

KuroCyou

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: northerntrash