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Autore: namary    24/08/2014    2 recensioni
Si sa, i bardi sono seduttori per natura. Vagano di regione in regione conquistando l'amore di molte ragazze, abbandonandole poi senza rimorso alla ricerca di più fresche ispirazioni... ma cosa succederebbe se ad essere piantata in asso fosse una guerriera dal carattere decisamente poco remissivo?
Ilenar non ha nessuna voglia di deprimersi per il suo ex, e ha tutta l'intenzione di fargliela pagare cara.
*Versione riveduta e corretta*
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. II - La resa dei conti



Il mattino dopo comunicò le sue intenzioni a Bergon, che le sorrise soddisfatto.
Senza perdere altro tempo, si misero a discutere un piano d’azione. 
“Manca ancora una settimana all’inizio del torneo… io dico che è inutile aspettare con le mani in mano. Potremo darci da fare ed esplorare la città, nel frattempo” esordì il ragazzo passandosi pensosamente una mano sul mento.
“Non è una cattiva idea. Oltretutto, se riuscissimo a rintracciarlo prima che inizino le gare, sarebbe tutto tempo guadagnato no?” Ilenar si ritrovò a riflettere ad alta voce.
“Già. Il problema è che, se ci riusciamo, non credo che il nostro artista se ne starà buono buono ad aspettare che gli facciamo la festa. A proposito, che puoi dirmi di lui? Se non sbaglio ieri avevi detto di conoscerlo”
Ilenar suo malgrado distolse lo sguardo, puntandolo verso un orizzonte immaginario.
La maggior parte di ciò che ricordava di Robyn riguardava fatti molto personali, e certamente troppo dolorosi per poterli esibire davanti a un suo parente così come niente fosse.
Però, forse c’era qualcosa che poteva dire.
“E’ imprevedibile. Di solito quando si trova nei guai pensa sempre ad un piano alternativo per sfruttare le circostanze a suo favore… e la maggior parte delle volte ci riesce”
“Mh. Quindi la cosa migliore sarebbe riuscire a coglierlo di sorpresa… o sviarlo con un diversivo”
“Non ti preoccupare, pivello” gli sorrise, alzando il pollice. “Farò io da diversivo” affermò con decisione. 
“E cos’avresti intenzione di fare? Metterti una parrucca elfica addosso e sedurlo ballando la chakta? A parte che tu non riusciresti a sedurre nemmeno un troll…” 
Ilenar gli fece una smorfia irritata, mostrandogli la lingua.
“Spiritoso! Io e lui abbiamo un conto in sospeso, perciò lo tratterrò con una scusa”
“D’accordo” Bergon alzò le mani in segno di resa. “Vi lascerò risolvere in pace le vostre beghe, mentre io nel frattempo avrò preparato un paio di incantesimi che potrebbero tornarci utili”
Definiti i primi passi del loro piano, lui poi le spiegò che aveva alcune commissioni da sbrigare in città per conto del suo maestro, per cui per i primi giorni non avrebbe potuto esserle di grande aiuto.
“Sicura che per te non ci sia nessun problema?” 
“Cos’è, hai paura che non sappia più ritrovare la strada del ritorno? Ti ricordo che non sono io ad essermi persa a due stranghe di distanza da casa” rispose lei ridacchiando.
A dir la verità Ilenar aveva proprio sperato di restare sola.
Suo cugino era sempre stato un tipo noioso, sempre intento a leggere libri polverosi d’ogni sorta. Quasi certamente avrebbe finito per trascinarla dentro ad uno di quei fumosi negozi pieni di pozioni e altri manufatti dagli strani poteri… Meglio lasciar perdere, prima di finire sfregiata da qualche strana fiala esplosiva! 
E poi, da sola si sarebbe certamente divertita di più.
Passeggiare per le strade colorate e piene di vita della capitale le ridonò allegria: Ilenar fu ben felice di distrarsi fermandosi ad osservare le numerose botteghe dei rivenditori d’armi. 
Non sapeva proprio resistere davanti a dell’acciaio ben temprato!
Senza contare che ad Amaltea c’era davvero di che rifarsi gli occhi.
Tutta la regione limitrofa al Monte Athos era infatti famosa per la produzione di sciabole di cristallo nero, micidiali contro i nemici e ancor di più per le tasche, per non parlare delle spade di rasocrisio, un particolare metallo trasparente sempre di derivazione vulcanica, tanto leggero quanto resistente.
Era intenta a saggiare il bilanciamento di uno di questi capolavori, quando si sentì osservata.
Si girò d’istinto alla sua destra, incrociando lo sguardo con un uomo vestito di una lunga tunica bianco-dorata. Aveva corti capelli biondi, gli occhi d’un azzurro limpido e sulle labbra una smorfia compiaciuta che la infastidiva.
Che diavolo aveva quello, da guardare?
A giudicare dalle scorte di viveri che si portava appresso e dal gruppetto di poveracci che lo seguivano, doveva essere uno dei sacerdoti di Sonemara.
Ilenar sostenne lo sguardo a mo’ di sfida, ma lui non abbassò il proprio, anzi.
Lo sconosciuto la salutò con un cenno del capo, allargando ancor di più il proprio sorriso. 
Sorpresa da quel comportamento, Ilenar ricambiò goffamente prima di allontanarsi in fretta, sentendosi a disagio.
Proseguì per un po’ verso la piazza del mercato, ma ad un certo punto la calca si fece talmente soffocante che rinunciò ad avviarsi per quella strada.
Imboccò allora una laterale che le consentì di aggirare il traffico e sbucare sulla strada principale. 
Fu in quel momento che, guardando distrattamente i giullari e altri danzatori che, in vista del torneo, si stavano già esibendo nelle strade cercando di guadagnare l’interesse del pubblico, un’idea la colpì.
Ma certo!
Se Robyn era già arrivato in città, sicuramente si era già iscritto all’evento!
Seguendo la crescente concentrazione di bancarelle e baracchini che si affollavano sulla strada per raggiungere la meta, dopo poco si ritrovò di fronte all’anfiteatro di Amaltea.
Questo si trovava sulla Collina del Sole, a poca distanza dal palazzo della regina Arissa. A differenza dei quartieri popolari, più rustici e moderni, in quella parte della città si respiravano ancora gli echi del passato. 
Le antiche e alte torri in marmo bianco, verde e grigio, ancora abitate dai nobili del regno, erano collegate tra loro a più livelli grazie a una serie di ponti, archi e portici che rendevano la zona simile a un labirinto. 
Probabilmente, se non ci fossero state la musica e le bancarelle ad indicarle la via, Ilenar si sarebbe persa in quel dedalo di strade e passaggi arcuati.
Al centro di quella strana foresta di pietra, si apriva una radura che ospitava il grande anfiteatro.
Circondato da un cerchio di alberi secolari, somigliava quasi ad una torre più bassa e larga delle altre, presa d’assedio da una fila di artisti che pareva interminabile.
Ilenar si morse il labbro, nervosa. 
Di quel passo, avrebbe fatto notte!
In fondo però, lei non doveva iscriversi…
Senza pensarci un secondo in più, Ilenar partì a passo spedito e saltò in blocco la coda, ignorando volutamente i cori di protesta degli artisti infuriati per quella mancanza di rispetto.
“Razza di maleducata! Sono in fila da prima dell’alba, non permetterò a una donnaccia travestita da uomo come te di rubarmi il posto in modo così sfacciato!” starnazzò una danzatrice dalla pelle olivastra, tentando di bloccarla.
Ad Ilenar bastò alzare la mano destra per bloccare quel debole pugno, poi deviò la mano della sua avversaria di lato, come avrebbe fatto con un insetto.
Alzò un sopracciglio, per nulla impressionata.
“Senti, oggi non ho proprio intenzione di perdere tempo. Devo solo chiedere un’informazione, quindi rilassati!”
Il funzionario incaricato di raccogliere le adesioni però aveva assistito alla scena e, quando Ilenar si avvicinò a lui baldanzosa, questi si dimostrò tutt’altro che disponibile ad accontentare le sue richieste. 
“Non c’è nessun partecipante iscritto al momento con questo nome. Comunque, anche se lo fosse, non sono tenuto a rivelare i nomi degli illustri artisti alla prima poco di buono che passa per strada!” le rispose in un tono che non ammetteva repliche.
Ingoiando una rispostaccia, Ilenar se ne andò mordendosi la lingua, furiosa per aver sprecato una simile occasione. 
Si mise in disparte, nel tentativo di placare il proprio nervosismo, quando vide un uomo venire verso di lei.
Non appena fu abbastanza vicino, ne riconobbe subito i lineamenti.
Istantaneamente si chiese come fosse possibile che due sconosciuti si potessero incontrare casualmente due volte a distanza di poche ore, per di più in una città grande come quella.
Notò che era poco più alto di lei, l’espressione gentile ma fiera.
“Non hanno accettato la vostra iscrizione al torneo?”
Fu lui per primo a rivolgerle la parola, e la sua voce per un attimo le sembrò così familiare che ebbe la strana sensazione di conoscerlo da tempo.
Ilenar con un cenno gli mostrò la spada che portava al fianco, facendogli intendere che lei non era il genere di donna che amava cantare.
“Non sono qui per partecipare… sto cercando qualcuno”
“Posso aiutarvi in qualche modo?”
Ilenar ci pensò su, indecisa se confidarsi con quello strano tipo.
“Cerco un cantastorie… ha i capelli rossi come il fuoco, occhi azzurri più o meno come i vostri, lineamenti affilati e carnagione chiara. Porta un orecchino sul lobo destro e ha un tatuaggio sul collo. Una fata che regge un’arpa”
Lui aggrottò le sopracciglia, riflettendo per qualche secondo.
“Mi sembra di aver notato un tipo simile al tempio, giusto ieri pomeriggio. Ovviamente potrei sbagliarmi, dato che in questi giorni sono arrivati un sacco di musicisti a chiedere la benedizione della Dea… peccato che, nella maggior parte dei casi, non servirà a nulla”
Ilenar assunse un’espressione interrogativa.
“E voi come fate a dirlo? Non siete forse un po’ troppo presuntuoso?”
“Direi di no. Sonemara non concederebbe mai la sua approvazione ad un artista privo di talento… oltretutto, è una divinità che apprezza in modo particolare lo sforzo personale. Vincerà il migliore, e questo è tutto”
Ilenar sorrise, divertita.
Aveva sempre pensato che i sacerdoti fossero persone troppo ligie al dovere e noiose, invece lui…
“Siete uno strano sacerdote”
“Lo prendo come un complimento” le sorrise lui di rimando.
“Fate bene, mi piace il vostro modo di pensare”
Questi piegò per un attimo la testa in segno di ringraziamento.
“E’ bello ricevere un complimento da una donna con uno sguardo tanto affascinante come il vostro” ribatté lui, spiazzandola.
Ilenar si ritrovò a trattenere il fiato per qualche secondo.
“Ehi, vacci piano. Non è saggio prendere in giro una come me in questo modo, specialmente se, come hai potuto notare, ho un’arma appesa alla cintura” rispose d’istinto, ignorando per un attimo la forma di cortesia.
“Non mi permetterei mai, infatti. Ero serissimo”
Lei si morse il labbro, imbarazzata.
“Ma voi sacerdoti non dovreste essere tutti votati alla castità?”
Oddio, che le era venuto in mente?
“No, direi di no, anche se è una credenza piuttosto comune. Il culto di Sonemara non è così severo come quello di Uldin” rispose lui, tranquillo.
Rimasero ad osservarsi per qualche attimo in silenzio.
“Qual è il vostro nome?”
“Ilenar. E il vostro?”
“Phelios”
“Beh allora, Phelios… grazie lo stesso dell’aiuto”
“Avrei voluto poter fare di più. Anzi, aspettate…”
Ilenar lo guardò mentre estraeva qualcosa da una delle sue tasche.
Scoprì che era una semplice collanina votiva d’argento. Aveva un pendente raffigurante il volto sereno della Dea, con i tipici capelli fiammeggianti rivolti verso l’alto.
“Che Sonemara possa aiutarvi nella ricerca”
“Certo che siete proprio un tipo strano… perché dovrebbe aiutare me, se sceglie di sua spontanea volontà chi favorire?”
“Ve l’ho già detto, Ilenar. Sonemara apprezza la bellezza” le disse, facendole l’occhiolino.
E detto questo se ne andò, lasciandola imbambolata a guardare il ciondolo sul proprio palmo aperto.

 
 
 
* * *

Quello strano incontro riuscì a risollevarle un po’ il morale, anche se il resto della giornata trascorse in fretta, senza novità.
Bergon non si preoccupò molto quando apprese del suo fallimento, anzi le annunciò che si era liberato prima del previsto, e che quindi avrebbe potuto contribuire attivamente alle ricerche.
Fecero rapidamente il punto della situazione e stabilirono le loro successive mosse.
Scelsero di dividersi alcune zone della città da setacciare e così, a partire dal giorno seguente, si misero alla ricerca di Robyn, ognuno sperando di beccarlo prima dell’altro. Tuttavia, la fortuna sembrava non girare dalla loro parte. 
Perlustrarono le taverne, gli ostelli e le piazze senza riuscire a cavare un ragno dal buco. Spinti dalla frustrazione, iniziarono a prendere in considerazione perfino i bordelli, anche se l’idea faceva venire il voltastomaco a Ilenar.
“Da quando in qua sei diventata così pudica? Mi ricordo che quando eravamo bambini eri tu a corteggiare i maschietti! E poi, una notte di piacere per poche monete d’argento non è uno scandalo, al giorno d’oggi… senza contare che ci lavorano anche diversi uomini…”
“Lo so benissimo, grazie! Nonostante tu creda il contrario, sappi che io NON ho bisogno di pagare per convincere un uomo a venire a letto con me…”
“Già, scusami, mi ero proprio scordato che tramortisci le tue vittime, prima di approfittarne!” sputò lui, scoppiando a ridere.
Ilenar arrossì e strinse i pugni, prima di rifilarne uno dritto nell’occhio di suo cugino. 
“Ouch!” boccheggiò lui, prima di alleviare il dolore con un leggero incanto di guarigione. Con delicatezza, si passò la mano sulla lesione sussurrando parole che Ilenar non riuscì ad udire, e pochi secondi più tardi il rossore sembrò ritrarsi nella pelle, quasi che l’occhio stesso si fosse rigenerato a una velocità tripla rispetto a quella normale.
“Uuuh… allora non stavi mentendo. Sei davvero un mago” replicò Ilenar, sbalordita da quel semplice incantesimo.
“Proprio così. Ti sarei grato però se non mi facessi sprecare tutti gli incanti curativi in questo modo poco appropriato” borbottò lui guardandola di sbieco.
Alla fine se la giocarono ai dadi, e Bergon fu ben felice di perdere per andare così a fare una capatina nelle case di piacere. Ilenar invece ricontrollò un’ultima volta il viale principale, ormai pieno di musicisti impazienti di mostrare le loro doti alla regina Arissa. 
Anche questi ultimi tentativi di rintracciare il loro obiettivo fallirono però miseramente, e così si ritrovarono a tornare alla locanda con la coda tra le gambe, un giorno prima del grande evento.
“Potrebbe anche non essere ancora arrivato in città, per quel che ne sappiamo. Nemmeno il tuo pennuto l’ha visto, o sbaglio?” chiese Ilenar sconsolata.
“No, purtroppo Enros è già anziano e la sua vista non è più quella di una volta” rispose lui carezzando il volatile, che becchettava tranquillo dalla sua vaschetta.
“Non ti preoccupare, sono certo che lo troveremo al torneo… inoltre, ho un piano di riserva” le confidò, facendole l’occhiolino.
“E sarebbe?”
Ilenar era poco convinta, e non riuscì a trattenere una smorfia scettica quando lui estrasse dalla tasca un anellino dorato grande abbastanza per il suo mignolo.
“E cosa ci dovrei fare con questo? Appendermelo al collo e correre a gettarlo nella bocca di un vulcano?” lo derise lei, riprendendo le parole della famosa Ballata della Terra Perduta.
“No, ma forse ci sei andata vicino” ridacchiò Bergon, che ben conosceva quella storia.
“Devo davvero gettarlo in un vulcano?” 
Ilenar aveva un’espressione talmente idiota in faccia che Bergon non riuscì ad impedirsi di ridere.
“Hahaha, certo che no! Ora vuoi ascoltarmi, per favore?”
Ilenar si zittì e non aprì bocca nemmeno per un istante mentre Bergon le spiegava attentamente il piano.
Alla fine, si meravigliò di quanto risultasse semplice eppure efficace.
“E perché non me l’hai detto prima, razza di briccone! Questo ci semplifica di molto le cose!” esclamò allegra.
“Era un piano di riserva, da usare solo in casi d’emergenza. Non pensavo ti entusiasmasse tanto” sorrise lui, complice.
La maggior parte del lavoro avrebbe dovuto farlo lei, come al solito, ma la cosa non la disturbava affatto, anzi già non vedeva l’ora di passare all’azione!
Quella sera lucidò un paio di pugnali da lancio, la sua inseparabile spada corta e, per l’occasione, decise di indossare un completo di cuoio con cui sarebbe riuscita a intrufolarsi all’interno dell’anfiteatro senza fare il minimo rumore. 
Era tutto pronto ormai.
Passeggiando per la stanza in preda all’agitazione, si soffermò un secondo davanti allo specchio. 
La collanina d’argento che Phelios le aveva regalato sporgeva da sotto il suo completo, risaltando piacevolmente sulla sua pelle abbronzata. 
La guardò per un attimo e, anche se non aveva mai creduto nell’esistenza di un Dio o di una Dea, si ritrovò a sperare che le portasse fortuna.
Chissà poi se l’avrebbe rivisto…
Ilenar quasi dormì vestita quella notte, e quando fu il momento, si precipitò giù dalle scale della locanda, pronta finalmente per compiere la sua vendetta.
Anche Bergon sembrava impaziente quanto lei e, ripassati gli ultimi dettagli del piano, si confusero presto nella marea di gente allegra e festosa diretta all’arena.
Gnomi e bambini umani correvano dappertutto alzando in aria aquiloni colorati, mentre donne e uomini chiacchieravano tra loro, lanciando coriandoli e intonando canti festosi.
Non appena furono giunti nei pressi della piazza principale, addobbata con stendardi bianchi, rossi e dorati, i due cugini si affrettarono a separarsi dal resto della marmaglia, per raggiungere un angolo isolato.
“Ti aspetterò sotto i portici qui a fianco. Non dovrebbe essere troppo lontano, per te” disse Bergon indicando un vicolo abbastanza appartato rispetto all’anfiteatro, dove di sicuro sarebbero riusciti a passare inosservati.
Ilenar annuì, infilandosi l’anello al mignolo. 
Subito si sentì avvolta da una specie di campo di forza, e osservò compiaciuta… di non vedersi più!
Con quel trucco, aggirare i controlli sarebbe stato facile come bere un bicchier d’acqua.
Senza perdere tempo si arrampicò agevolmente oltre le cancellate metalliche.
Superò il primo posto di blocco passando tranquilla sotto il naso delle guardie, per inoltrarsi poi in uno dei corridoi laterali all’interno dell’edificio.
La costruzione era assai imponente, e più che ad un teatro, Ilenar pensò che somigliava quasi ad una cattedrale. 
Le volte ad arco nanico davano un’aria di maestosità all’intero ambiente, accentuata anche dagli affreschi dipinti a colori vivaci raffiguranti le più famose storie popolari di Korellia.
Il corridoio terminava poi in un architrave in pietra nera, tramite il quale si accedeva ad una grande sala semicircolare piena zeppa di costumi di scena, strumenti musicali e scenografie. Questa era animata dalle voci di decine di artisti, alcuni dei quali se ne stavano in disparte a chiacchierare tra loro, altri invece stavano ripassando la successione delle esibizioni.
I suoi occhi presero a scrutare instancabilmente i volti dei presenti finché, con un tuffo al cuore, si fermarono sul volto che così a lungo aveva cercato. 
Robyn era lì, a pochi passi da lei, intento a flirtare con una ragazza dai lunghi capelli biondi e un seno prosperoso. 
Era giunta la resa dei conti.
Nonostante la rabbia che sentì improvvisamente farsi largo in lei, non riuscì a fare a meno di provare un senso di vuota tristezza, ripensando a tutto ciò che c’era stato tra loro. Proprio in quel momento lo vide sfiorare il braccio della compagna con malizia, per poi cingerle la vita e incatenarla in uno di quei baci appassionati che tante volte aveva dedicato a lei.
Ilenar serrò la mano sull’impugnatura della spada, lottando violentemente contro il desiderio di picchiarlo con tutta la forza che aveva in corpo. 
Poi, il suo temperamento ebbe la meglio, e di colpo gettò all’aria tutto ciò che avevano programmato. Si tolse l’anello e se lo ficcò in tasca, dirigendosi poi a grandi falcate verso di lui.
Quando Robyn si accorse della sua presenza, immediatamente le rivolse un sorriso di scherno, che la fece infuriare ancora di più. La sua mano a quel punto sembrò animarsi di vita propria, e così scoccò una sonora sberla sulla guancia del traditore.
“Ehi! Come ti permetti razza di…” esclamò la biondina inferocita, prima di ammutolire, gelata da un’occhiata della guerriera.
“Tu zitta, sottospecie di pagliaio ambulante dalle tette d’oro. Io e lui abbiamo un conto in sospeso, per cui, se non ti dispiace, te lo ruberò per qualche secondo”
Dopo essersi massaggiato la guancia, Robyn la osservò cauto, come per decidere la sua prossima mossa. Accennò infine un inchino nei confronti dell’ex compagna.
“Chi non muore si rivede” commentò lui, riservandole un sorriso ironico.
“Seguimi, io e te dobbiamo parlare” gli ordinò secca, prima di prendere e trascinarlo in uno dei molti corridoi laterali.
“Sempre i soliti modi da troll delle caverne, vedo. Forse dovresti farti un esame della coscienza se vuoi capire perché ti ho lasciata, Ilenar”
Per tutta risposta lei serrò di più la presa e lo gettò di peso nella prima stanzetta vuota che trovò.
Lui si rialzò senza colpo ferire.
“Allora… eccoci di nuovo qui” riprese lui, incalzandola. “In effetti, stavo cominciando a domandarmi quando saresti ricomparsa. E’ commovente che tu sia venuta fino ad Amaltea per riconquistare il mio amore, però ormai sono già occupato, come vedi. Oppure ti sei già consolata con il primo babbeo che hai trovato?” 
Il volto di lei divenne paonazzo.
Estrasse fulminea la spada e gliela puntò con decisione al petto.
“Ti conviene chiudere quel becco insolente, se non vuoi che siano i corvi a suonare le tue ultime canzoni al posto tuo. Inoltre, dubito che il pubblico qui presente noterebbe la tua assenza, visto che l’unico talento che hai è quello di sedurre le donne per poi abbandonarle”
“Almeno io ne ho uno. Allora, vuoi continuare a minacciarmi tutto il giorno o ti decidi a dirmi cosa vuoi? Sai, dovrei cominciare a prepararmi per l’esibizione”
“Nemmeno io ho tempo da perdere. Se sono venuta fin qui, è solo perché ci terrei a presentarti ad un certo mago al quale devi aver accidentalmente rubato qualcosa”
Robyn impallidì. 
“Stai scherzando, vero?”
Ilenar sorrise e negò con decisione, compiaciuta di averlo intimorito.
Non si scherzava con un mago dell’ordine di Oris, nient’affatto.
Lo vide trattenere il fiato.
“Sai, ho promesso che ti avrei consegnato a lui… ma sono disposta a fare uno strappo alla regola, se vorrai consegnarmi il medaglione, più tutto l’oro che hai in tasca. E la spada che ti ho regalato quando eravamo a Ladinas. Oh, dimenticavo, ovviamente voglio sentirti chiedere perdono in ginocchio, e dovrai anche consegnarmi immediatamente tutti i tuoi vestiti. Voglio vederti andare in giro nudo, come il verme che sei” gli disse senza mezzi termini.
“Razza di sanguisuga! Se pensi che io…”
Ilenar aumentò di un poco la pressione della spada sul suo petto.
“Ah-ha. Prendere o lasciare”
Robyn si passò nervosamente una mano tra i capelli color del fuoco, indeciso.
“Accetto” mugugnò, consegnandole intanto tutto il denaro che possedeva, la spada e il talismano.
Ilenar si soffermò un attimo ad osservare quest’ultimo.
Era d’argento, e sembrava quasi risplendere di una luce propria… al centro, vi era scolpito un drago sdraiato sopra una pila di teschi, e reggeva tra gli artigli una sfera infuocata.
“Davvero complimenti, Ilenar. Non pensavo lavorassi per i Seguaci della Notte. Avrei portato quell’oggetto al tempio subito dopo il torneo, ma mi hai preceduto”
Lei alzò lo sguardo, confusa.
“Ma che stai dicendo, idiota? Non è affatto…”
“Così?” tuonò una voce sarcastica alle loro spalle.
Bergon era appena apparso dietro di loro, e i suoi lineamenti erano contratti in una smorfia di oscuro compiacimento che Ilenar non era abituata a conoscere. 
Prima che lei potesse impedirlo, il medaglione schizzò come una scheggia tra le mani del mago. L’espressione folle che gli illuminò il volto non le lasciò più alcun dubbio.
“Bergon! Tu… dimmi che è uno scherzo”
“Ora, è tempo di sistemare questa faccenda”
Improvvisamente, il volto di Robyn divenne una maschera di puro terrore e, lanciando un grido strozzato, crollò al suolo esanime.
Un brivido ghiacciato percorse la schiena di Ilenar, schiacciandone il respiro all’interno dei polmoni. Robyn era morto.
“Robyn!” urlò lei, in preda a uno smarrimento che non aveva mai provato prima.
“Adesso tocca a te” esclamò Bergon con voce tagliente.
L’orrore e lo sdegno inondarono il cuore di Ilenar come un gelido torrente di montagna. Se aveva ancora qualche dubbio circa le intenzioni di suo cugino, quest’ultima frase li cancellò definitivamente.
Le sue mani scattarono rapide alla cintura, più veloci del pensiero.
Scagliò uno dei suoi pugnali verso Bergon, colpendolo ad un braccio.
“La pagherai cara, verme assassino!” tuonò poi, gettandosi alla carica. 
L’urlo di dolore di Bergon fu sostituito in un secondo da un’espressione di puro odio. 
Con uno sforzo, tese il braccio dolorante in avanti.
Fu come se l’oscurità stessa fosse calata sui suoi occhi… ma fu solo un attimo e, d’improvviso, una luce risanatrice si fece largo nella sua mente, ridonandole la vista appena perduta.
“Che cosa??” esclamò Bergon, furente. 
Qualcosa l’aveva salvata. 
Ilenar non aveva tempo però per pensare, e con tutta la forza che aveva in corpo si scagliò di nuovo contro il suo nemico.
Il sangue le circolava nelle vene come impazzito, travolto da una scarica di adrenalina. 
Che ne era stato, di suo cugino? Chi era l’essere dallo sguardo diabolico e privo di ogni umanità che ora le si era parato davanti?
Fu questione di un attimo: stavolta fu lui ad essere più svelto, e rotolò di lato giusto un attimo prima di essere colpito all’addome.
“Muori, Ilenar!”
Nessuno scudo, nulla riuscì a difenderla stavolta, e mentre lui artigliava l’aria con i polpastrelli, squarci profondi le si aprirono istantaneamente su tutto il corpo, strappandole le carni e la voce in un urlo terribile. 
Trafitta da lame invisibili, Ilenar cadde a terra tra i singhiozzi, coperta di sangue. 
Non riusciva a muoversi… sentiva che le forze le stavano scivolando via assieme alla vita… era giunta la fine?
“Peccato che non ti vedrò esalare l’ultimo respiro, mia stolta cugina. Purtroppo ho un impegno urgente che mi attende a Zefiria e non ho più tempo da dedicarti. Buona dipartita” le sussurrò lui, non riuscendo a reprimere una risata mentre spariva alla vista del mondo, in una nuvola di fumo.
Dopo quelli che le sembrarono attimi interminabili, sentì i passi pesanti di uomini in armatura correre verso di lei, seguiti da altri più leggeri.
Lottando per respirare, Ilenar strinse a sé il ciondolo di Sonemara, pregando per trovare la forza di rialzarsi. Sola, disperata, pensò all’unica persona a cui avrebbe mai potuto chiedere aiuto in quella città.
“Phelios…” sussurrò, prima di piombare nella più totale incoscienza.
   
 
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