Capitolo 3 – La prima impressione
-
Beth-
Carol arrivò all’infermeria
non appena seppe che Deryl si era svegliato ma, contrariamente a quanto mi
sarei aspettata, lui fu piuttosto restio a lasciarmi andare.
-Bene, Bene, bene. Ti sei
svegliato allora! Stavolta mi hai fatto davvero preoccupare. Come stai, Daryl?
Carol si
avvicinò e lo
abbracciò, senza il minimo imbarazzo. Daryl era stranamente
freddo e prudente
con lei, forse sapeva qualcosa che io non conoscevo, come ad esempio,
come mai
Carol si fosse allontanata dalla prigione senza una spiegazione. Rich
forse ne
aveva parlato con lui, ma erano tutte supposizioni. Magari glielo avrei
chiesto più tardi. Era stranamente tranquillizzante, per
me, sapere che ne avrei
potuto parlare con lui in seguito.
Sempre che fosse stato disposto a farlo, naturalmente, si trattava
sempre di Daryl.
-Carol! Come stai?
-Molto bene ora. Saperti qui
e non là fuori, è un sollievo per parecchie persone in questa stanza! – gli
rispose lei, scompigliandogli i capelli.
Era un gesto confidenziale che denotava una certa intimità fra i due.
Daryl non si sarebbe fatto trattare come un bambino da chiunque.
La dottoressa Morton parve
voler parlare, ma si trattenne, non la ringraziai mai per quel gesto cortese.
-Ora ti riconosco. – disse
Carol scuotendo il capo. - E’ al sicuro.
Daryl tentò di dire qualcosa,
ma lei lo anticipò. – Qui vigono delle regole che ora ti saranno spiegate in
breve, come ad esempio che non puoi girare armato dove ti pare. E poi con quel
braccio al collo, come puoi pensare di poterla impugnare? Ci vogliono due mani
da quello che ricordo per usare una balestra, o mi sbaglio?
-Non io. Lei. – rispose lui
rivolgendosi a me, che non avevo ancora ritrovato la voce.
-Beth, Tesoro. - la
Dottoressa Morton mi prese da parte -Ora che il tuo amico è
sveglio, meglio che
tu vada a riposarti. Non appena avrò finito di medicare Daryl lo
farò accompagnare alla depandance . Ci sono due stanze da letto,
giusto?
Annui.
Daryl e Carol intanto si
stavano squadrando.Lei aveva un’aria divertita, mentre dallo sguardo di lui
traspariva irritazione e prudenza. Avrei
pagato per assistere a quel diverbio, ma non avevo voce in capitolo, tanto più
che nemmeno Daryl aveva detto una parola perché io restassi.
-Ciao Daryl!
Lui mi fece un cenno quasi
impercettibile con la testa.
Inforcai, quindi, la porta.
Ancora una volta mi ero sentita trattare come una bambina. Non lo sopportavo,
soprattutto da lui.
Corsi verso il fiume e la
mia nuova casa, trattenendo le lacrime, lasciandomi l’infermeria alle spalle.
-
Daryl_-
La donna medicina aveva fatto
allontanare Beth con una scusa qualunque. Mi infastidiva che la trattassero come
una bambina, ma vista la piega della conversazione, non volevo nemmeno che
restasse lì ad ascoltare.
- Lei? Daryl, da quando in
qua ti fidi di qualcuno a tal punto da affidargli la tua balestra? O meglio la
tua vita? – chiese una Carol allibita dal mio comportamento.
Era uno scontro fra Titani,
lo sapevo. Carol era la sola che mi avrebbe potuto tenere testa, ma mantenni la
calma. Di certo non sarebbe stata lei a farmi ammettere qualcosa, qualunque
cosa fosse, che non avrei ammesso neanche con me stesso.
– Sa usarla e ha abbastanza sangue freddo da
non perdere la calma.
- - -
Ah si?
-
-Si! C’è altro che vuoi sapere,
mamma? –
Le risposi in modo strafottente,
ma il tono della conversazione stava prendendo una strada che non mi
sarei
sentito di affrontare. Non in quel momento, e sempre che lo avessi mai
voluto fare. Una conversazione con una mandria di zombi mi sarebbe
andata più a
genio. Ed era tutto dire.
Ci studiammo per un momento,
poi la a dottoressa ci interruppe e chiese a Carol di andare a procurarmi dei
vestiti dato che, al momento, ero provvisto soltanto di un lenzuolo.
-Mi sento intontito. Confuso.
– le riferii quando restammo da soli.
-E’ normale. Abbiamo potuto
somministrarti solo dei liquidi e dei complessi vitaminici, in questi giorni.
Dovrai mettere qualcosa sotto i denti, consiglierei frutta e un brodino di
pollo leggero.
-Vuole che attacchi uno
zombie a mani nude?
La dottoressa rise. - Capisco
che il tuo cervello ti dica diversamente, ma il tuo stomaco non lo reggerebbe.
Preferisci dormire qui stanotte? O vuoi che ti faccia accompagnare alla casetta?
-Casetta? Mi andrebbe bene
anche un’amaca fra due alberi.- dissi sincero - comunque, se potessi alzarmi e
uscire da qui ne sarei felice. Penso di averci passato anche troppo tempo, se
mi capisce.
La donna mi squadrò- E
magari in compagnia di qualcun altro?!
- - - Come ad esempio?
– decisi di stare al gioco, anche se lo detestavo- Con Carol ho già dormito
qualche volta, ma mi odia, dice che parlo nel sonno..
-
Forse, e dico forse, avresti preferito passare un po’ di tempo con Beth, dopo
tutta la fatica che hai fatto per cercarla.
La guardai male. Fosse stata
un uomo, glielo avrei fatto rimangiare.. insieme ai denti. Ma era una stramaledetta donna, Cazzo.
-Pulisciti la bocca con il
sapone, Giovanotto!
-Come diavolo faceva a
sapere…- la mia affermazione fu sottolineata da un leggero schiaffo su una
mano.
La Morton non era una donna
da sottovalutare e lo capii immediatamente dalla ramanzina che mi presi.
-Non credere che non sappia
leggere le persone, Daryl Dixon, conosco fin troppo bene gli uomini come te, e i
segni che porti sulla schiena ne sono una prova. Ora, tu puoi fingere di essere distaccato
finchè vuoi, ma non con me. Quindi riga dritto! E non è un consiglio, è un ordine.
– Mi scusi, Signora. Ho
capito.
Mi ricordava molto una suora
che avevo conosciuto da bambino, riusciva a metterci in riga solo con
un’occhiata. Era passata un’eternità.
- Bravo ragazzo!- mi sorrise
sincera, dandomi una pacca sulla spalla, quella buona.
Carol tornò con dei pantaloni
puliti della mia taglia, una camicia a maniche lunghe e, miracolosamente, il
mio vecchio giacchino jeans, ormai rammendato in ogni parte, quasi mi commossi
per l’emozione.
- -
Grazie. Ora,
però, levatevi di torno. Vorrei vestirmi in pace.
Carol rise e anche la
dottoressa pareva piuttosto divertita.
-Prima di tutto, Giovanotto,
vorrei vedere come ti reggerai in piedi con la caviglia in quelle condizioni e
poi ormai, non hai più tanti segreti per noi, lo sai?
Le guardai senza capire.
Carol allora spiegò- Sai
com’è, quando sei arrivato abbiamo dovuto controllare se eri stato morso…e ti
abbiamo spogliato, c’era anche Beth.
Ora mi sentivo davvero in
difficoltà. Non solo si stavano divertendo alle mie spalle, a
causa del mio momento di difficoltà, ma me lo stavano anche
facendo pesare.-
- Sei arrossito,
Daryl?- chiese una Carol sempre più divertita.
-Ok! Levatevi
dalle palle entrambe prima che perda la pazienza.- dissi deciso, riprendendo il
controllo sulla situazione ormai fuori ratio.
Le
due donne risero ancora di più, ma Carol, che mi conosceva abbastanza da sapere
che lo scherzo era durato fin troppo, convinse la Morton a seguirla.
-Resteresti
fuori?
Carol
entrò e mi sorrise porgendomi una stampella. – Te la senti di alzarti e di
muoverti da qui o vuoi aspettare qualche giorno? Nel caso la seconda opzione è
una sedia a rotelle.
La
guardai male e capì al volo che non mi sarei fatto trattare da invalido.
-Quali
sono le regole cui avete accennato
distrattamente, per tutto il giorno? – dissi mentre Carol indicava la direzione
da seguire per l’alloggio.
Carol
sospirò- Non ti piaceranno. Qui c’è una specie di consiglio ristretto che detta
regole abbastanza precise.
-Spara.
-
E’ un gruppo molto unito, c’è un consiglio simile a quello che avevamo alla
prigione. Tutto ciò che viene usato deve essere ripagato o rimpiazzato, chi ha
delle competenze specifiche le mette disposizione della comunità, gli altri
lavorano dove vengono assegnati.
Nessuno
può andarsene di qui se non ripaga il debito con la comunità.
-Stai
scherzando? Quindi al momento sono bloccato? Che bella stronzata
- Daryl! Modera il linguaggio. No, non scherzo
e sì, credo che dovrai renderti utile qua dentro per qualche tempo, ma lo hai sempre fatto,
quindi, non c’è differenza. C’è di positivo che molti, i più, anche dopo, decidono di restare. Qui si assapora
il piacere della tranquillità. E poi Beth sarebbe al sicuro.
Lasciai
cadere il discorso volutamente.
-Siamo
a Terminus?
-No.
Non so perché, ma qui non vogliono avere niente a che fare con Terminus.
- Ti sei domandata il perché?
-Daryl!
Ti prego…Goditi un po’ di pace, ne hai bisogno come chiunque altro, ok?
Diedi finalmente un’occhiata alla casa.
- Immagino che l’abbia scelto tu, per me, questo posto?
La casa sorgeva dietro una
piccola macchia di alberi decidui, le altre case si intravedevano appena ed
aveva anche un piccolo giardino. Dietro di esse scorreva un fiume
abbastanza ampio da fungere da confine
naturale per gli zombi.
Lei assentì.- Isolato al
punto giusto, spero solo che anche Beth lo apprezzi quanto te, non vorrei si
sentisse troppo isolata!
-Cosa c’entra Beth?- le
domandai – Davo per scontato che stesse da te!
-Davi per scontato?E perché
mai Daryl ?!
- Voglio dire io sono un uomo
e lei…
- E’ una giovane donna, per
cui tu sei l’unico punto di riferimento.
Mi stavo arrampicando sugli
specchi.- Non puoi pensare che viva qui con me?! Voglio dire cosa penserà la
gente..
Carol mi guardò divertita – E
tu credi davvero che di questi tempi qualcuno andrebbe a pensare? Non ci credo.
Non ti facevo così moralista. E poi ci sei tu, no? Se qualche malanimo
dovesse fare delle congetture spiacevoli su Beth..
- -
Dovrebbero solo
provarci gli farei ingoiare tutti i
denti e si troverebbe a penzolare fuori da recinto durante il passaggio di una
mandria.- lo dissi senza pensare alle conclusioni che avrebbe tratto Carol, ma
me ne pentii, subito, infatti mi fissò in modo strano.
-
- Che ho detto di male?
- -
Niente.
Assolutamente niente. Notte Daryl!
Rimasi lì come un coglione a
fissare Carol che si allontanava nel buio.
Mai, neanche nei miei
sogni più belli, avrei potuto immaginare un futuro più perfetto. Cercai una coperta e gliela posai sulle
spalle. Doveva essere esausta dopo tutto
quello che aveva fatto per me, in quelle settimane. Merle mi avrebbe detto che
avevo perso le palle riguardo a Beth, non pensavo lucidamente quando lei era
coinvolta.
Cosa mi stava succedendo?
Presi un pezzo di pane e mi
accomodai a terra accanto alla sua poltrona. Mangiai qualche boccone, poi
l’antidolorifico e il calmante, iniziarono a fare il loro effetto. Non avrei
dovuto cedere al sonno, ma ero accanto a lei e confidavo che se fosse entrato
qualcuno, me ne sarei accorto. Morfeo mi accolse fra le sue braccia, e non mi
svegliai che al mattino.