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Autore: Delirious Rose    08/09/2014    3 recensioni
Sbatté le palpebre un paio di volte e poi aggiunse, forse più a se stesso: “Non sapevo che tu fossi una Podestaria. Questo cambia molte cose.”
Lei lo guardò confusa, come se stesse parlando una lingua che suonava familiare ma che non riusciva a capire. “Pode-che?”
“Magus, strega o qualsiasi altro termine comune per indicare una persona iscritta nel Registro: Podestarius – o Podestaria, al femminile – è il termine più corretto.”

Virginia Bergman è una ragazza come tante: le piacciono i dolci di sua madre, la Matematica e, come il 15% della popolazione, ha dei poteri che considera come un'accessorio fuori moda. Tuttavia, quando al suo penultimo anno di scuola una supplente mette in pericolo la sua media, IContiNonTornano l'aiuterà a superare le sue difficoltà: chi si cela dietro questo username, un geek grassoccio e brufoloso o... un ragioniere azzurro? E di certo ignora ciò che questo incontro porterà nella sua semplice vita.
Svegliati, bambina, e guardati dall'Uomo dalle Mille Vite.
{Nuova versione estesa de "RPN"}
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Sovrannaturale
Capitoli:
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L’aria dell’Antro era pesante, densa di vapori dall’odore talmente pungente da far girare la testa a chiunque vi entrasse, persino a lui che era il Buon-Camminatore, Colui-Che-Viaggia-Fra-I- Mondi, il cui corpo doveva andare sempre insieme all’anima.

Strinse il bastone di ferula in una mano e pose l’altra sul pomolo della spada d’argento, cercando di non lasciare trapelare la propria inquietudine mentre le Grigie Dame scrutavano quei fumi alla ricerca degli auspici per il nuovo anno.

Quando le tre donne parlarono, lo fecero con un’unica voce.

“Quando l’anno sarà maturo, Colei che t’è destinata incrocerà il tuo Cammino.
“Sarà Vergine che non potrai toccare senza il beneplacito di Era dalle bianche braccia.
“Sarà Verga-di-Sostegno-e-Aiuto.
“Sarà Torcia-che-Indica-la-Via, Fiamma-che-Arde-nell’Oscurità.
“Sarà Uomo-di-Potenza, Uomo-di-Montagna e porterà sul suo fronte il segno del Tre-Volte-Grande.
“Quando l’anno sarà maturo, Colei che t’è destinata incrocerà il tuo Cammino.”

 

— • —

 

“Allora, Eugene, che cosa mi accadrà quest’anno?” chiese la ragazza con un sorrisetto divertito sulle labbra.

Farsi leggere le carte da Eugene, il primo giorno di scuola dopo le vacanze natalizie, non era che un gioco per farsi due risate: lui non aveva alcun potere di chiaroveggenza, anche se, bisognava ammetterlo, qualche volta ci aveva visto giusto soprattutto nelle previsioni d'amore.

Il ragazzo si grattò a lungo il mento, sporgendo le labbra. “A occhio direi che… incontrerai qualcuno che ti aiuterà con qualcosa.”

 

 

 

Podestaria

 

 

Podestaria





Capitolo 1



  

Non chiamarmi! Non chiamarmi! Non chiamarmi!

Quelle parole riecheggiavano come un mantra nella testa di Virginia, mentre cercava di farsi piccola dietro il libro di Matematica Avanzata. Mrs. Herbert aveva appena spiegato come risolvere una disequazione di secondo grado e, nonostante i suoi sforzi, Virginia non era riuscita a capire granché della lezione della supplente. A giudicare dall’espressione di Eugene Sauveterne, non era la sola e ora nessun studente aveva la benché minima intenzione di farsi avanti, obbligando l’insegnante a chiamare qualcuno alla lavagna. Virginia sospirò mentalmente e ripensò a come, quando Mr. Jackson era dietro la cattedra, Eugene e lei si sarebbero sfidati a spada tratta per risolvere l’esercizio.

Osservò oltre il bordo del libro la supplente, una donna sulla quarantina: sarebbe stata piacente se non fosse per l’espressione rancorosa che le deturpava il viso – come se avesse mangiato un limone acerbo, aveva mormorato Eugene dopo la prima lezione. Mangialimoni e Zitella Acida erano i soprannomi che le erano stati dati dopo la prima settimana di supplenza, ma quello che secondo Virginia la descriveva meglio era Radiolina Rotta. Mrs. Herbert non solo poteva ambire al premio per l’Accento Meno Comprensibile il quale, unito alla sua erre moscia, obbligava gli studenti a concentrarsi il doppio per seguire la lezione, ma aveva anche un modo di spiegare talmente arzigogolato che era facile perdersi in quei giri di parole. Tutto il contrario di Mr. Jackson e del suo motto la soluzione più semplice è quella giusta.

Virginia trattenne il fiato quando la supplente fece scorrere la matita sul registro, incrociando le dita e ripetendo mentalmente non chiamarmi! Non chiamarmi! Non chiamarmi!

“Vivginia, vieni a visolveve il pvoblema quavantotto di pagina tvecento settantasette,” disse infine Mrs. Herbert, guardandola di sottecchi.

Virginia si alzò con un sospiro mentale e incrociò lo sguardo incoraggiante di Eugene, quindi prese a due mani il suo coraggio e il libro di testo e superò le due fila di banchi che la separavano dalla lavagna.

Partiamo dalle basi, Vir’, pensò mentre ricopiava l’esercizio sulla lavagna. Prima le operazioni in parentesi tonde. Eppure sentiva che quello non era esattamente il modo corretto di procedere: un’impressione che si rivelò corretta quando si ritrovò incagliata in un calcolo dal risultato incongruente. Guardò con la coda dell’occhio la supplente, cercando di interpretarne l’espressione sibillina: Mrs. Herbert scosse la testa e picchiettò la penna sulla cattedra, travestendo da sospiro sconsolato un sibilo appena udibile.

Stupida stvega.”

Virginia tornò a fissare la lavagna, facendo finta di non aver sentito quelle parole e mordicchiandosi la seconda falange dell’indice sinistro, come soleva fare quando voleva concentrarsi su qualcosa. Non aveva chiesto di avere dei poteri soprannaturali e, se la prima volta che era risultata positiva al test di Haltey aveva pensato che fossero una gran figata, adesso li riteneva né più né meno di un tatuaggio brutto e imbarazzante fatto in un momento di ubriachezza. Tuttavia un tatuaggio poteva essere coperto da un altro più bello o addirittura cancellato, al contrario di quei poteri inutili che avrebbe dovuto portarseli nella tomba. Virginia chiuse gli occhi, cercando di ricordare la spiegazione, cercando di non mostrare quanto quelle due parole l’avessero ferita. E non per la prima volta, Virginia maledisse la malattia di Mr. Jackson e a rimpiangere non solo il suo modo d’insegnare, ma soprattutto l’uomo dietro il docente.

“Tovna al tuo posto, Vivginia,” decretò Mrs. Herbert, annotando qualcosa. “Davvevo, non so pvopvio che pesci pvendeve con te.” Stupida strega. “E sopvattutto non capisco come tu abbia potuto pvendeve dei voti così buoni lo scovso anno.” Virginia fece per ribattere, ma chiuse le labbra prima che la sua bocca sputasse una stupidaggine, un gesto che non sfuggì a Mrs. Herbert, che la guardò di tralice. “Sì, Vivginia? Ti ascolto.”

“Nulla, professoressa… nulla,” rispose Virginia con un sorriso stitico prima di tornare al suo banco, maledicendo la supplente, i suoi figli e i figli dei suoi figli fino alla settima generazione.

Non per la prima volta, Virginia ebbe voglia di piangere ma tutto quello che si autorizzò a fare fu pregare che la lezione di Matematica Avanzata terminasse il più velocemente possibile.

 

 

 

Al suono della campanella, gli studenti si riversarono nei corridoi per raggiungere chi l’aula per la lezione seguente e chi il cortile della scuola per occupare un’ora morta. Virginia camminava mogia, persa nelle sue tribolazioni scolastiche: quello era il suo ultimo anno di superiori e negli ultimi due anni si era attaccata con le unghie e con i denti allo studio per riportare la sua media agli antichi splendori. Le sue amiche le avevano detto che forse aveva messo la barra troppo in alto nel suo voler prendere il massimo anche in quelle che non erano le sue materie preferite: tuttavia, più che per avere il più alto numero di chance d’essere ammessa nel suo college di prima scelta, quello era il modo più semplice che aveva trovato per rianimare la sua autostima quasi defunta. Per riprendere in mano la sua vita e risalire dopo aver toccato il fondo, per citare Eugene.

E poi arrivava quella supplente a buttare in aria tutti i suoi sforzi.

Virginia si era sempre considerata una maga con i numeri, tanto che sua madre le aveva affidato la contabilità della sua sala da tè e suo padre la cassa della loro bancarella nelle rare domeniche in cui andava ad aiutarlo al mercato: la sua massima ambizione era laurearsi in Economia e Management, un progetto che aveva avuto l’aria d’essere più che fattibile fino al giorno in cui Mr. Jackson era stato il suo docente di Matematica.

“Se fai quella faccia, Mangialimoni capirà quanto te la sia presa, Vir’.” Eugene le cinse le spalle con un braccio e le diede una piccola stretta incoraggiante. Aveva ragione e lei non poteva permettere a una persona del genere di minare l’autostima che era riuscita a rattoppare negli ultimi due anni grazie al suo professore preferito e a quello che era stato il suo rivale per essere il primo della classe.

“In ogni caso, se è così prevenuta nei confronti dei Registrati, perché diamine è venuta a insegnare in una scuola integrata?” borbottò Virginia, ripensando a quel stupida strega che tingeva ogni parola che Mrs. Herbert rivolgeva a lei e a ogni singolo studente obbligato a seguire il corso di Scienze Soprannaturali.

Eugene sporse le labbra. “Forse perché ha bisogno di lavorare?” ipotizzò, poi si chinò e le bisbigliò in un orecchio: “Ho sentito dire che è rimasta coinvolta nella truffa di quest’estate.”

“Quella delle droghe da stupro spacciate per filtri d’amore?” mormorò Virginia alzando entrambe le sopracciglia, poi sbuffò. “Beh, posso capire che sia incazzata nera, ma non vedo perché prendersela con me: dopotutto mio fratello ha avuto la sua bella parte nell’arresto di quel tizio.”

Eugene alzò le spalle e gli occhi, in un gesto che significava che cosa vuoi che ti dica? cui Virginia rispose scuotendo la testa.

Erano appena arrivati ai piedi delle scale, quando una ragazza procace saltò sulla schiena di Virginia. “Oggi è il tuo giorno fortunato!” esclamò, dandole un pizzicotto affettuoso alla guancia.

“Piuttosto direi che è il giorno in cui mi spezzerai la schiena, Charlie,” ribatté lei in tono di falso rimprovero.

Charlotte si piazzò davanti a lei e le rivolse un sorriso da Stregatto. “Sai chi mi ha chiesto il tuo numero? Wi—“

“Se ci tiene così tanto, può chiedermelo di persona,” la interruppe Virginia. “E se si tratta di uno dei tuoi soliti fidanzatini potenziali, la mia risposta è sempre la stessa: non sono interessata.”

La bocca di Charlotte assunse la forma di una o contrariata. “Andiamo Vir’! Audrey ed io vogliamo solo assicurare la tua felicità affettiva! E cosa c’è di meglio di una storia d’ammoreh per tingere di rosa le tue grigie giornate?” tubò infine con eccessivo romanticismo.

“Scommetto che ha detto di no. Di nuovo.” s’intromise una seconda ragazza, prendendo a braccetto Virginia e Charlotte, che annuì.

“Sembra aver perso tutta la sua fiducia nel sesso maschile da quando ha rotto con quel doppiogiochista di Liam,” Charlotte alzò gli occhi al soffitto. “Oddio, perfino io mi sarei incazzata come una iena, ma la nostra Vir’ ha esagerato quando ha deciso di fare voto di celibato e ficcare la testa nei libri.”

Nell’udire il nome del suo ex ragazzo essere pronunciato con tanta leggerezza, Virginia sentì un misto di panico e rabbia germogliarle nel ventre, ma si trattenne dal fare una scenata isterica nel bel mezzo del corridoio. Charlotte e Audrey avevano le migliori intenzioni e, soprattutto, non sapevano che quella del tradimento era solo una bugia bianca.

“Io, allora?” protestò Eugene, fingendosi offeso. “E poi spiegatemi che cosa c’è di male nel volersi concentrare sulla scuola…”

“Ma tu non fai testo!” esclamarono in coro Charlotte e Audrey, rivolgendo a lui tutta la loro attenzione, e la seconda aggiunse insinuante: “A meno che questo non sia un modo sottile di fare coming out e rivelare al mondo intero la scioccante notizia che, in realtà, sei etero.”

Eugene scoppiò a ridere e cinse le spalle di Virginia. “No no, per quanto mi spiaccia per la nostra Vir’ che brucia di passione per il sottoscritto e un po’ meno per te che t’illudi ancora di far cambiare idea al mio Harry,” concluse con una linguaccia.

Nel sentire quelle parole, Audrey fece una faccia esacerbata che fece incurvare leggermente le labbra di Virginia. Poteva quasi vederla di nuovo, Audrey, seduta sul proprio letto a lamentarsi di come i ragazzi che le piacessero erano occupato o gay – o entrambe le cose, come nel caso di Harry Thompson. E dall’espressione che Charlotte aveva sul viso, Virginia ebbe quasi la certezza che anche lei aveva pensato la stessa cosa. Fu proprio Charlotte a far divergere la discussione, tamburellando le dita sulla sua cartellina da disegno, con la retorica domanda: “Io ho lezione di Storia dell’Arte, e voi?”

“Devo limare la relazione di Storia,” rispose Audrey.

“Ed io devo andare a fare il tifo per Harry,” gongolò Eugene con un sorriso sornione.

“Scienze Soprannaturali,” borbottò Virginia con una punta di fastidio. “Ma è come se fosse un’ora di buca.”

“A dopo, allora!” salutò Charlotte facendo un occhiolino complice e prendendo sottobraccio Audrey prima di incamminarsi nel corridoio a destra.

Virginia e Eugene rimasero in silenzio fino a quando non videro entrambe essere inghiottite dalla massa di studenti, quindi lui si chinò appena verso di lei e sibilò con la voce tinta di preoccupazione: “Tutto a posto?”

Virginia rispose con un cenno del capo e un piccolo sorriso incoraggiante ma tremulo. “È solo che… proprio adesso che le cose si stavano rimettendo nel verso giusto, non solo devo tenere a bada gli impulsi sentimental-filantropici di Charlie, ma devo pure sopportare gli insulti di quella Radiolina Rotta!” Le ultime parole era uscite dalle sue labbra deformate in un singulto.

Eugene la abbracciò in un gesto protettivo e affettuoso. “Dai Vir’! Hai fatto tanta strada e sono certo che tutto si sistemerà. Harry ed io siamo qui, e scommetto che anche quelle due lo sarebbero, se solo sapessero che cos’è successo davvero.”

Virginia sospirò, indulgendo una frazione di secondo nell’abbraccio di Eugene, l’unico ragazzo estraneo alla sua famiglia che poteva azzardare un contatto fisico così intimo senza rischiare di ricevere una ginocchiata ai testicoli. Gli doveva molto e forse se era ancora lì era anche grazie a lui che, al contrario delle sue migliori amiche, non aveva visto la bruttura della sua situazione attraverso lenti tinte di rosa e un romanticismo estremizzato. Era per questo motivo che aveva preferito mentire con Charlotte e Audrey sulle ragioni della sua rottura con il suo ex – per loro il tradimento era il peccato peggiore, quello da non scusare, e lei non era ancora riuscita a perdonare loro completamente l’averla cullata in delle illusioni da romanzo rosa. Virginia allontanò quei pensieri sciogliendosi dall’abbraccio, ammettendo a se stessa per l’ennesima volta che, nonostante tutto, Charlotte e Audrey erano due amabili folli cui continuava a voler bene nonostante tutto – le erano state vicine, anche se a modo loro.

“Ci si vede alla lezione di Francese!” Virginia salutò Eugene, ma dopo qualche passo si volse verso di lui e aggiunse: “Dimenticavo! Mamma ha inventato una nuova ricetta di torta al cioccolato: se Harry e tu volete farle da cavie…”

Eugene rispose all’invito alzando il pollice e Virginia si affrettò verso l’aula di Scienze Soprannaturali.

 

 

La classe di Mr. Bougham, docente di Scienze Soprannaturali della Langlane Integrated School, non comprendeva più di una dozzina di alunni, nonostante il corso fosse caldamente consigliato a tutti gli studenti possedenti dei poteri di qualche tipo: fino ad allora, Virginia non aveva incontrato un allievo sinceramente interessato alla materia. Tanto per cambiare, anche quel giorno i quattro ragazzi in fondo alla classe giocavano a carte; un altro era immerso nella lettura dell’ultimo Harry Potter; e due ragazze molto appariscenti sfogliavano una rivista di moda commentando i trend della collezione autunno-inverno in modo poco discreto. Gli studenti che, invece, potevano essere considerati i più seri del corso si scambiavano appunti di Letteratura o Biologia, oppure si anticipavano i compiti.

Virginia era fra questi ultimi perché, se per la durata della scuola dell’obbligo le lezioni di Mr. Bougham avevano avuto un certo interesse, il programma degli ultimi due anni di liceo era noioso. Avevano imparato a gestire le loro capacità come il Governo aveva sempre auspicato, per cui che senso aveva perdere altro tempo con una serie d’informazioni teoriche inutili? Certo, alla fine del precedente anno scolastico Virginia aveva preso un bello spavento quando il medico scolastico le aveva comunicato che, secondo i risultati dell’ultimo test di Haltey, era passata dalla Classe A alla Classe B. La paura di non poter iscriversi alla facoltà di Economia e Management era stata tale che nelle due settimane seguenti aveva prestato attenzione alle lezioni di quel corso superfluo, ma i suoi buoni propositi erano stati spazzati via come foglie al vento.

Virginia mordicchiò la matita, lanciando un’occhiata ai compagni davanti a lei: solitamente erano loro a chiederle aiuto per i problemi di Matematica, ma adesso che era lei a essere in difficoltà, non c’era nessuno cui potesse rivolgersi. O meglio, c’era ma non in quell’aula e non in quel momento.

Maledetta Radiolina Rotta di una Mangialimoni… se ci insegnassero il voodoo, potrei farle venire le emorroidi, si disse cancellando con rabbia i calcoli e leggendo per l’ennesima volta il passaggio sul suo libro di testo, cercando di ignorare quel stupida strega che continuava a riecheggiare nella sua mente. All’inizio Virginia aveva pensato di essere un po’ prevenuta nei confronti della supplente e di essersi creata un blocco mentale inconscio per una sorta di lealtà nei confronti di Mr. Jackson: sapeva per esperienza personale che ammettere il problema era il primo passo per risolverlo ed aveva agito di conseguenza. Quando, dopo una settimana in cui si era impegnata a prestare molta più attenzione del solito alle lezioni, Virginia si era resa conto che la situazione non era migliorata, aveva provato a confrontare le proprie note con quelle dei compagni di corso.

“Mrs. Herbert non ha la stessa chiarezza di Mr. Jackson e di certo il suo modo di parlare non aiuta,” aveva ammesso Eugene. “Persino io ho dovuto chiederle se poteva ripetere un passaggio.”

Tuttavia, quando aveva provato a seguire il suggerimento di Eugene, Virginia aveva ricevuto in cambio una risposta seccata che l’aveva fatta sentire un’idiota e da allora si era chiesta che cosa avesse potuto fare per meritarsi un tale trattamento, fino a quando non aveva udito la supplente parlare di lei definendola strega. Un vero fulmine a ciel sereno, perché non l’era mai capitato di essere discriminata per quei poteri di cui neanche lei vedeva l'utilità. Eugene aveva cercato di rincuorarla, raccontandole che effettivamente la supplente era insofferente nei confronti di chi frequentava il corso di Scienze Soprannaturali.

Eppure due più due fa sempre quattro, indipendentemente dal fatto che chi esegue il calcolo sia nel Registro oppure no.

“Ragazzi... vi ricordo che fate parte di quel quindici percento della popolazione che con la pubertà ha sviluppato dei poteri: avete il dovere di imparare come gestirli e metterli al servizio della società,” biascicò Mr. Bougham.

Virginia alzò appena lo sguardo verso di lui, osservando rapidamente il girovita innaturalmente largo sorretto da due gambe lunghe e sottili che lo facevano sembrare un lecca-lecca umano – il personaggio ideale di un libro illustrato per bambini della scuola materna. Perfino lei che non aveva alcuna inclinazione artistica poteva vedere la disproporzione nell’aspetto fisico dell’insegnante che, se non fosse per l’enorme ventre e la voce da castrato, non avrebbe sfigurato in una foto di gruppo. Tuttavia, la sua materia non solo era ininteressante ma anche imposta a tutti i minori di vent’anni iscritti nel Registro della Popolazione Paranormale, e Virginia non prestò più di tanto attenzione alle sue parole.

 “Anche se il test di Haltey di fine anno non ha mostrato cambiamenti nei poteri di molti di voi, questa non è una buona ragione per non seguire le lezioni di Scienze Soprannaturali che, tengo a precisarlo, sono obbligatorie anche se si decide di abbandonare la carriera scolastica una volta terminata la scuola dell’obbligo” continuò cercando di non far trapelare la sua esasperazione. “Voi avete scelto di continuare i vostri studi, perciò state attenti per favore.”

Virginia sentì una parte degli studenti sbuffare, sentendosi altrettanto scocciata: udivano quella frase o una sua equivalente una lezione su due o tre, tanto che ormai alcuni facevano scommesse su quale punto della lezione Mr. Bougham l’avrebbe pronunciata. Uno dei giocatori di carte fece un’escalmazione vittoriosa e il potteriano si accasciò di più sulla sedia senza alzare gli occhi dal libro.

“Starò attento il giorno che ci insegnerà l’incantesimo Patronus,” disse quest’ultimo, scatenando delle risatine che ebbero l’effetto d’esasperare ancora di più il professore.

“Mitchell, questo non è un argomento su cui scherzare: siete ancora in fase di crescita, le vostre capacità potrebbero Differenziarsi da un momento all’altro e dovete ripetere il test alla fine del trimestre. E ora basta chiacchierare!” Picchiettò il dito contro la data segnata sulla lavagna e aggiunse, cercando di dare un tono solenne alle sue parole: “Nel millenovecento sessantuno, il Dottor Haltey--“

“-- il Dottor Haltey suddivise la popolazione Registrata in sette categorie, basandosi sulle loro capacità ad alterare l'ambiente circostante.” Mitchell riprese a cantilenare come se fosse un bambino delle elementari che recita una poesia, cui pian piano si aggiunsero i quattro giocatori di carte e le due ragazze.

“Le Classi A, B, C e D sono comunemente dette Inferiori, la prima delle quali è la più comune e rappresenta quasi il quaranta percento della popolazione registrata. Sono seguite dalle Classi Intermedie E e F; e infine la più alta, la Classe G. Dal millenovecento novantanove, essendo la Classe diventata obbligatoria sui documenti d’identità, è stata introdotta anche la Classe Zero per il restante ottantacinque percento della popolazione. Inoltre i poteri possono subire la Differenziazione, che resta indipendente dalla Classe di appartenenza e che è soprattutto influenzata dalla presenza di appartenenti a una Classe superiore.”

“Ehi, prof, dopo la Classe G cosa c’è?” Aggiunse uno dei giocatori di carte.

“Che domanda idiota: tutti sanno che il più grande mago al mondo è… Dumbledore!”

Mr. Bougham lanciò un’occhiata omicida a Mitchell, ma prima che potesse rimproverare lo studente o rispondere alla domanda, Virginia stracciò il foglio e lo appallottolò con rabbia. “Dopo ci sono i Fuori Classe: sono rari e di certo non se ne vanno in giro come se niente fosse. Da quello che mi ha detto Bob, la maggior parte sono impiegati come ricercatori o in alcune unità specifiche della Polizia, della Difesa o dei Servizi Segreti,” sbuffò, mirando il cestino della carta straccia e centrandolo. “A meno che non si diano al crimine.”

“Come Tu-Sai-Chi.”

A quelle parole, Mr. Bougham esplose. “Mitchell! Fuori! E quel libro è sequestrato! Ho detto sequestrato!”

Mitchell protestò, stringendo il libro a sé come se fosse un’appendice del proprio corpo che l’insegnante voleva tagliargli a colpi di ascia: si rincorsero per l’aula un paio di volte fino a quando l’insegnante, con un salto incredibilmente agile per la sua stazza, non acciuffò l’alunno per il cappuccio della felpa e, strappatogli letteralmente il tomo dalle braccia, lo sbatté in corridoio fra l’ilarità generale. Anche Virginia rise, ma il riso le morì sulle labbra quando gli occhi calarono sul libro di testo di Algebra e sulla disequazione di secondo grado che sembrava ricambiare lo sguardo con malevolenza.

 

— • —

 

“O sommo dio della Matematica, cosa devo sacrificarti per placare la tua collera nei miei confronti?!”

Virginia incrociò le braccia sul petto e fissò il quaderno con aria guardinga, come se potesse prendere vita e morderla all’improvviso, poi occhieggiò il portatile sul tavolo. Non era sua abitudine fare i compiti con il laptop acceso, preferendo cercare informazioni su internet solo se non avesse altra scelta o per un controllo incrociato. Ma la Matematica era una materia a parte e, dopo aver esitato ancora un attimo, cliccò nei Preferiti la pagina de The Φ Forum e sperò che uno moderatori, quello che solitamente dava le spiegazioni più chiare e concise di tutti, fosse in linea. Sollevò le braccia in aria trionfale e cliccò sul nome per avviare una chat privata.

Vir_Lovegood: hai un attimo?

Virginia sorrise ripensando a come, la terza volta che aveva chattato con quel moderatore, lui le avesse chiesto di utilizzare un linguaggio grammaticalmente e ortograficamente corretto, senza abbreviazioni. Virginia risentì tutta l’ilarità che aveva provato quando lui si era giustificato con un sono vecchio dentro. Inoltre, se le spiegazioni di IConti_NonTornano314 erano di una semplicità tale che perfino un bambino delle elementari avrebbe potuto capire il calcolo differenziale, i suoi post erano scritti in uno stile un po’ altisonante, poco adatto all’era di Internet e della messaggeria immediata. Nel suo profilo non c’erano molte informazioni, solo che era locato a Oxford e che era di sesso maschile, e il suo avatar si riduceva a un calcolo errato.

IConti_NonTornano314: buon pomeriggio, innanzi tutto.
IConti_NonTornano314: Sì, ma ho giusto cinque minuti: in cosa posso aiutarti?

Vir_Lovegood: ops, ciao!
Vir_Lovegood: come al solito non ho capito un tubo della spiegazione di Radiolina Rotta e il problema sembra essere bello tosto T^T

IConti_NonTornano314: potresti trascrivermi la disequazione?

Senza perdere altro tempo, Virginia digitò il problema sperando che fosse comprensibile. IConti_NonTornano314 ci mise un po’ a rispondere e la finestra segnò un paio di volte che stava scrivendo un messaggio.

IConti_NonTornano314: e come ha spiegato?

Vir_Lovegood: male: quella non parla inglese ma cinese con un forte accento ungherese ù.u

IConti_NonTornano314: c’è da chiedersi come abbia avuto l’abilitazione per insegnare matematica avanzata, allora!
IConti_NonTornano314: Innanzitutto, perché non usi la polacca inversa invece della notazione ‘classica’?

Vir_Lovegood: la polo-che? O.o

IConti_NonTornano314: la notazione polacca inversa o postfissa.
IConti_NonTornano314: ti velocizza parecchio i calcoli una volta che ci prendi la mano.

Vir_Lovegood: che sarebbe…?

La dicitura IConti_NonTornano314 sta scrivendo un messaggio comparve, poi scomparve.

IConti_NonTornano314: ah, devo proprio andare!
IConti_NonTornano314: Forse è meglio se ti spiego di persona: abiti vicino Amersham, giusto?
IConti_NonTornano314: Domani sono dalle tue parti e ci potremmo trovare nel pomeriggio, se ti va.

Virginia aspirò rumorosamente l’aria e poggiò le spalle contro la sedia: c’era un tizio fissato con i numeri che lei conosceva solo via internet e che le chiedeva di incontrarla. I peggior scenari esplosero nella sua mente, dal geek grassoccio brufoloso e occhialuto al settantenne vizioso e depravato, con tutto quello che si poteva trovare fra questi due estremi.

“Tutto a posto, Vir’?”

Virginia alzò lo sguardo e incrociò gli occhi nocciola di sua madre: a parte lei, c’era solo una mezza dozzina di clienti allo Scarlett’s Cafè – una giornata morta, come morto era il favore che lei aveva presso il dio della Matematica. Indicò col dito lo schermo e attese che sua madre finisse di leggere la conversazione prima di chiederle un consiglio.

“Digli di venire, ma dagli appuntamento qui: è un luogo pubblico e se nonostante questo avesse cattive intenzioni, posso sempre prenderlo a colpi di scopa lì dove non batte il sole prima di darlo in pasto a tuo padre.”

Virginia abbracciò di slancio sua madre e, con un certo nervosismo, digitò il luogo e l’ora dell’appuntamento e pregò il dio della Matematica d’essere clemente con lei almeno per quella volta.

 

 

———— φ ————

Piccola noticina per dirvi che questa è la versione 2.2, non editata del capitolo. La mia beta mi amerà XD

   
 
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