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Autore: Flos Ignis    10/09/2014    2 recensioni
Innanzi tutto, bisogna dire che questa storia parla del Destino. Dell'Amore. Della Morte. Dell'Amicizia.
La guerra contro Voldemort è finita, ma sembra che un nuovo male, ancora senza volto e senza nome, minacci di far spargere la Disperazione come un veleno mortifero. Gli eroi che ben conosciamo combatteranno contro di esso, ma la distinzione tra ciò che è giusto e ciò che è facile non è così netta. Forse riusciranno a vincere questa nuova guerra, o forse soccomberanno. La risposta che cercano, la salvezza che anelano, giace in una Verità così antica che la memoria umana non ne conserva più il ricordo.
'Quando il mondo spirerà l'ultimo anelito di vita che gli rimane, l'Ultima chiamerà a raccolta il Potere che da sempre appartiene alle Creature , traendo forza dal Fuoco, dall'Acqua, dalla Terra e dall'Aria. Il Male saprà contrastarla, ed ecco giungere il Destino, il quale plasmerà con le sue mani sè stesso e tutti quanti noi col Giudizio Celeste.
Salve a tutti! Questa è la mia prima fanfiction, confido nella vostra benevolenza e nel vostro aiuto per migliorarmi come scrittrice e persona! Buona lettura, spero! Non fatevi ingannare dall'altisonanza della profezia, riservo allegre e rilassanti sorprese!
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Luna Lovegood, Un po' tutti | Coppie: Draco/Ginny, Harry/Hermione, Luna/Ron
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Quando la morte canta
 
La Tenebra non può trasformare l’amore in qualcos’altro. L’Amore è l’unica cosa che resiste nonostante Tenebra, morte e distruzione.
P.C. & Kristin Cast, ‘Destined’

                                                                                                                                         
-Vaffanculo!-
-GINEVRA MOLLY WEASLEY!-
-Ron, ti pare il momento di riprendermi per il linguaggio?-
Effettivamente, quello non era esattamente il momento più adatto, ma Ronald aveva sempre avuto un piccolo problema con la casistica.
Una decina tra maghi e streghe li aveva circondati all’improvviso, mentre passeggiavano per le vie di Mosca tenendo d’occhio qualunque persona sospetta capitasse loro a tiro. Ginny aveva visto nel fuoco molti combattimenti su scenari diversi, dall’aperta campagna ai vicoli di una metropoli piena di grattacieli. Non aveva fatto in tempo tuttavia ad avvertire il fratello che a loro sarebbe toccato un combattimento proprio in quella città sommersa dalla neve che la sua visione era divenuta realtà.
I loro avversari si erano annunciati con una magia esplosiva che avrebbe fatto felice il loro amico Seamus, se questa non avesse distrutto una bellissima Moschea con i fedeli all’interno in preghiera.
Al che, i due fratelli si erano ritrovati schiena contro schiena a contrastare quei pazzi che non mostravano un’espressione che fosse una manco a pagarli fior di galeoni.
-Qualche idea?-
-Sì, ma dovresti trattenerli da sola per un minuto e coprirmi le spalle. Sicura di farcela?-
-Per chi mi hai presa?- un piccolo ghigno apparve sul volto da bambola di lei, mentre Ron le ricordava di non esagerare o avrebbero attirato troppi babbani  in mezzo al pericolo già abbastanza elevato.
La fregatura di combattere in città era proprio quella. Loro non potevano dare il massimo, o avrebbero fatto del male a gente innocente, mentre quegli stronzi dai volti impassibili sembravano non curarsi di quanta gente avevano già ammazzato o ferito. E questo faceva ribollire il sangue ai due rossi.
Ancora più grave era il fatto che mentre quelli lì li stavano intrattenendo altri compari stavano gettando una specie di imperio collettivo su tutte le persone che erano accorse al rumore dell’esplosione,  ignare che da lì a qualche minuto sarebbero state messe in una situazione d’Apatia difficilissima da eliminare.
In ogni caso, Ronald pareva aver elaborato un piano. Da quando aveva preso coscienza al cento per cento del potere che il suo Elemento gli donava, il suo cervello strategico aveva preso a lavorare alacremente, facendo di suo fratello il miglior tattico che avesse mai conosciuto, al pari o forse più di Hermione, che lei aveva sempre ammirato per il suo gran cervello.
Ormai mancava solo lei a completare la sua formazione da Portatrice. E questo le lasciava un pizzico d’amaro in bocca, mitigato solo dal fatto che sentiva qualcosa, alla bocca dello stomaco, che le diceva che mancava molto poco…
Ora però non era il momento di pensarci, doveva intrattenere i loro amici… con un giro a 360 gradi su sé stessa creò un muro di fiamme che separava lei e suo fratello da quegli stronzi, e così facendo diede a Ron il tempo di allontanarsi per fare… qualsiasi cosa gli fosse venuta in mente.
Ogni volta che lo vedeva appoggiarsi a terra e venirvi risucchiato le faceva un certo effetto. Sapeva che sarebbe riapparso poco più in là, senza un capello fuori posto, ma non poteva fare a meno di domandarsi cosa si provava a fondersi col proprio Elemento.
Il suo Fuoco venne domato abbastanza a lungo da permettere a quattro di loro di oltrepassarlo. Se solo avesse potuto usarlo al massimo della sua potenza…! E invece le toccava trattenersi. Che gran rottura….
Distratta com’era non vide arrivare un Diffindo particolarmente potente alle sue spalle, per cui fu solo l’istinto che le impedì di trovarsi con la testa staccata dal resto del corpo. L’unica conseguenza fu un lungo e slabbrato taglio sulla schiena; nulla di irreparabile, ma era fastidioso e perdeva sangue.
Avevano firmato la loro condanna. Quella era l’ultima goccia: quell’attacco aveva fatto ruggire il grifone che era in lei, attaccare un nemico alle spalle era da vigliacchi. L’adrenalina e la rabbia fecero il loro lavoro con lei: un piccolo movimento della sua mano destra, e il mago dalla pelle alabastrina alla sue spalle mollò la bacchetta di colpo, preda di un dolore insopportabile: un fuoco rosso e arancione gli stava mangiano la pelle dei polsi e delle caviglie, immobilizzandolo al tempo stesso. Questo diede a lei il tempo di creare un secondo muro di fiamme, questa volta un po’ più resistenti, in modo da trattenere vicino anche gli altri assalitori, poiché li aveva sentiti chiaramente discutere della possibilità di andare a cercare l’altro ‘moccioso’. Doveva dare a Ron la possibilità di aiutare la gente della città caduta sotto incantesimo.
Ok, era arrivato il momento di finirla. Il gioco era durato anche troppo.
I muri di fiamme  si mossero l’uno verso l’altro, carbonizzando in un minuto i sei maghi che avevano cercato di dar la caccia al fratello. Gli altri tre finirono ‘ammanettati’ allo stesso modo di quel codardo del loro collega.
-Mai mettersi contro un Weasley. Non vi ha insegnato nulla l’altra guerra? Adesso voi venite con me. Più tardi avrò modo di interrogarvi. Per il momento mi limiterò a mettervi fuori  gioco. Buoni incubi!- e con uno schiocco di dita, accaddero due cose contemporaneamente: le fiamme scomparvero, e i quattro sconfitti caddero in un sonno indotto. Lei si limitò a fermare il sangue in modo che non morissero, ma di certo quel piccolo incantesimo per far fare incubi alla gente era davvero ottimo per tenere impegnati dei prigionieri.
Li avvolse in un bozzolo di fuoco che non li avrebbe consumati, ma solo imprigionai, prima di portarseli appresso come tante nuvolette che invece di portare acqua, eran fatte di fiamme dorate. La sua priorità era aiutare Ron adesso, a quelli lì ci avrebbe pensato più tardi.
 
-Ginny, miseriaccia, cos’hai lì?-
-Prigionieri. Tu a che punto sei?-
-Ho rinchiuso le due streghe che stavano lanciando l’imperio a tutta questa gente laggiù- con un cenno della testa, indicò un cumulo di terra due metri per due, dalla forma vagamente sferica. – Ed ora sto cercando di togliere dalla mente di un centinaio di persone l’imperio. Solo che è maledettamente complicato, e mi ci vuole almeno mezz’ora per ognuno. La Terra mi consente di spaccare la barriera di Apatia che avvolge la parte del cervello che custodisce i sentimenti, ma potrei provocare dei danni irreparabili se mi muovessi bruscamente. Di questo passo non so come potrei fare per aiutare tutta questa gente!- Ron era agitato e stanco, quella pratica era evidentemente faticosa. Ma lei cosa poteva farci? Non aveva la minima idea di come fare per aiutare il fratello.
-Va bene Ron, qui abbiamo finito. Portiamo questa gente ad Hogwarts, Minerva si occuperà di loro per un po’. Noi dobbiamo andare immediatamente in India-
-Visione? E gli altri?-
-Non puoi sentirli attraverso la Terra?-
-Potrei, ma mi risparmieresti tempo e fatica per cercarli per tutte le terre emerse, visto che tu già sai dove sono. Inoltre, potrebbero essere in volo o sul mare, in tal caso sarebbe fatica sprecata-
-Hai ragione. Hermione ed Harry hanno fatto piazza pulita di una ventina di maghi a Dublino, e tra poco faranno lo stesso ad Amsterdam. La divisione europea con loro sarà in buone mani. Draco sta combattendo da solo a Toronto, non avrà problemi. Però… non vedo Luna-
-COSA?-
-Stai calmo, ancora non sono in grado di vedere tutto a comando! E poi… sembra che lei non voglia farsi vedere-
-E perché mai?-
-E secondo te come faccio a saperlo?-
-Sei tu quella che vede il futuro, mica io!-
Ginny sbuffò dal naso. Suo fratello, per avere una mente così acuta, sapeva essere tremendamente stupido… per non parlare di come era bravo nel farla esasperare.
-Ok, ok… vedi un po’ tu se ti va bene il programma. Andiamo di volata a Scuola, molliamo lì la gente, mettiamo sotto Sigillo queste maledette facce di bronzo nella Foresta Proibita chiedendo ad Hagrid di non darli per cena a Grop… per il momento. Poi filiamo in India, prendiamo a calci in culo qualche altro Mago Oscuro, portiamola gente in salvo e poi andiamo a velocità di smaterializzazione a Toronto da Draco per vedere che fine ha fatto Luna. Ok?-
-Va bene, ma sbrighiamoci. Non mi sento tranquillo-
‘Nemmeno io, Ron. Nemmeno io. Luna, stai attenta e non fare cazzate.’
Fu rapida, Ginny, a scacciar via il ricordo di Luna che cadeva da una rupe aggrappata a quel mostro di Malfoy senior. Quella visione non poteva certo significare quello che sembrava, vero?....
 
 
-Ehi, moccioso, lasciaci fare il nostro lavoro e levati dai piedi-
Draco non rispose. Era arrabbiato e preoccupato, e in quel momento tutto quello che voleva era correre da sua sorella e sincerarsi che fosse tutta intera. Quegli uomini non erano particolarmente forti, ma una strega e quello che a occhio era suo fratello gli stavano dando abbastanza filo da torcere da farlo rallentare considerevolmente.
Merlino, quanto avrebbe voluto scatenare tutto il suo potere e finirla in fretta… ma aveva delle persone da proteggere. Una città intera. Col suo potere empatico era stato semplicissimo individuare subito la posizione dei suoi nemici. Li aveva raggiunti giusto un momento prima che attaccassero una scuola piena di bambini dai sei ai dieci anni. Uno sguardo intorno gli comunicò che però non aveva potuto salvare i pedoni e la gente che era sulla strada parallela a quella, fatta letteralmente a pezzi. Piccoli fili di fumo si levavano con grazia da un luogo in cui morte e fiamme provocate dalle esplosioni delle macchine babbane non riuscivano del tutto a coprire le voci piene di lacrime e panico dei sopravvissuti e di chi era accorso a vedere quel caos.
Non c’era scusa che tenesse ad un massacro indiscriminato come quello.
-Adesso mi hai stancato ragazzino, lasciaci fare il nostro lavoro e sparisci se non vuoi farti male!-
Draco non si mosse. Davanti a lui stavano quei maledetti, dietro le maestre cercavano di trascinare via i bambini, aiutando soprattutto i più piccoli che non capivano il motivo di tanta agitazione ma ne risentivano comunque, cominciando a piangere tutti insieme.
Parò con facilità un lampo di magia gialla che avrebbe ferito gravemente il suo sistema respiratorio, ma capì  con un secondo di ritardo che quello era stato un colpo diversivo. Mentre il mago lo intratteneva, la strega aveva lanciato lo stesso incantesimo su un gruppo di bambine più indietro rispetto agli altri.
In preda al panico, richiamò una massa d’acqua contro l’incantesimo, rallentandolo, ma senza fermarlo. Questo gli diede il tempo necessario a mettersi  davanti alle piccole spaventate per far loro da scudo. Braccia tese, pensò solo che quelle bambine innocenti dovevano vivere, e il suo Elemento diede forma al suo desiderio, cristallizzandosi in spesso ghiaccio davanti a loro. L’incantesimo si infranse senza conseguenze, non aveva provocato neppure un graffio allo scudo.
-Bambine, rimanete qui e sarete al sicuro. Appena li avrò battuti tornerò qui e vi aiuterò a tornare dalle vostre famiglie, intesi?-
Fece per andarsene, ma una bambina bionda, probabilmente sui sette anni, lo tenne stretto per la maglietta.
-Mia sorella… lei non era con le sue amiche. Non era con la sua maestra! Non so dove sia….- Piangeva, ma non lo mollava. Gli stava chiedendo aiuto. Non poteva rifiutarsi. Semplicemente, non poteva. Quegli occhi color cielo erano disperati e continuavano ad allagarsi di lacrime che senza vergogna continuavano a scendere sul bel visino paffuto della bambina.
-La troverò io. Come si chiama?-
-Marla... per favore signore, trova mia sorella… lei non riesce a camminare bene, si è fatta male alle gambe…-
-Va bene piccola, non preoccuparti-
Il tempo delle parole era finito, non poteva più permettersi pause. Aveva dei nemici da sconfiggere ed una bambina ferita e sicuramente spaventata da salvare.
Non c’era più nessuno nelle immediate vicinanze, e quelle bambine non si sarebbero fatte nulla restando dietro il suo ghiaccio. Poteva combattere al meglio, finalmente.
Passò attraverso il suo scudo senza problemi: certamente quella era una delle cose più belle che poteva fare da quando aveva il pieno controllo dell’Acqua.
Quando posò nuovamente gli occhi sui due fratelli, qualcosa si annidò tra cuore e stomaco, qualcosa di simile ad un pessimo, pessimo presentimento. Poco distante ne vide la ragione: i due più forti erano di fronte a lui per coprire le spalle a tutti gli altri, che stavano tessendo tutti insieme una rete magica grande abbastanza per coprire diverse miglia quadrate e colpire in una volta sola con il loro incantesimo centinaia di persone. Non poteva permetterlo.
-Impedimenta aquae!-
Robuste corde d’acqua avvolsero strettamente i due pericolosi Maghi Neri come niente, mentre Draco correva verso gli altri nemici, che stavano per ultimare il loro incantesimo.
Creò una lancia con l’acqua, cristallizzandola in ghiaccio. La caricò di quanta più magia riuscisse, poi lanciò. Aveva sempre avuto un ottima mira, e anche questa volta il colpo andò a segno: oltrepassò la barriera protettiva come fosse burro, per andare a infrangersi sul Garante di quell’incantesimo. Uno su così vasta scala non poteva non averne uno, ed era stato facilissimo individuarlo: era l’unico che invece di recitare l’incantesimo come una litania, si occupava di tessere la magia per darle la forma desiderata.
Morto lui, un vecchio dalla barba bianca e nera, la rete si dissolse nell’aria.
Nove paia d’occhi lo fissavano, indignati e furiosi, ma i loro visi rimasero inespressivi.
-Venite a prendermi, se ci riuscite-
-MARLA!!!- quel grido infantile li distrasse tutti. La bambina bionda era uscita dal suo scudo. Come diavolo aveva fatto? Stava correndo verso una strega che teneva una bacchetta puntata alla gola di quella che era evidentemente Marla, la sorella più grande della biondina che gli aveva chiesto aiuto. Si assomigliavano moltissimo, l’unica differenza che Draco poteva attribuire loro erano i circa due anni che le separavano.
-Ivy, vai via!  Vattene subito! La sorella maggiore aveva evidentemente capito che era in mortale pericolo, e voleva che la piccola se ne andasse al sicuro. Nonostante una gamba ingessata e l’altra steccata, diversi ematomi sulle braccia e i capelli che dovevano dolerle parecchio nella stretta di quella donna, lei pensava a sua sorella, che non l’ascoltava e continuava a correre verso di lei, incurante delle sue preghiere di scappare.
Marla era una bambina molto coraggiosa. Doveva amare molto la sua sorellina.
Ed Ivy a sua volta non poteva tollerare l’idea che la sorella si facesse male. Ed era evidente anche ai suoi occhi ingenui che quella donna non era assolutamente amichevole con lei. Doveva aiutare sua sorella, perché avrebbe dovuto scappare?
Draco non riuscì ad arrivare in tempo. Si mosse troppo piano, rallentato da tutti quei maghi che si erano intromessi sulla sua strada. Gli ci volle poco meno di un minuto per rinchiuderli tutto in una prigione di ghiaccio, spezzando le loro bacchette, ma quel minuto era stato fatale. Mentre la donna continuava a tenere sotto tiro la bambina ferita, i due fratelli erano riusciti a districarsi dalle sue corde abbastanza a lungo da puntare simultaneamente le bacchette contro la piccola Ivy, che non li aveva nemmeno visti. Fu questione di un secondo. Un lampo verde, uno nero ed uno bianco  si fusero insieme accecando tutti quanti.
Quando Draco riprese la vista, non riusciva a credere ai suoi occhi. La sua stessa empatia glielo confermava, eppure era tutto talmente inverosimile che faticava ad accettare la realtà.
Le spire nere a viscide che avevano avvinto le anime dei suoi nemici erano scomparse. Da quello che poteva vedere, erano tornate loro le espressioni, la confusione e un pizzico di timore si potevano facilmente notare nei loro lineamenti. Non ricordavano nulla del periodo in cui erano stati sotto il controllo di Nemo. Il lampo nero che aveva visto era il potere oscuro di Nemo che li teneva legati a lui: quel potere che ora era sparito.
Ma questo non gli provocava felicità né sollievo, perché sapeva qual’era stato il prezzo da pagare. Lo vedeva nelle lacrime di Ivy, nelle sue grida, nel suo dolore che sentiva scivolargli sottopelle, nelle sue braccia esili che non si staccavano neppure per un istante dal corpo di sua sorella. In qualche modo doveva essersi liberata, ed aveva fatto da scudo all’Avada Kedavra che i due fratelli avevano lanciato. Marla era morta, ed il suo cuore puro aveva liberato le anime dei maghi. Aveva salvato la vita a sua sorella, e le aveva lasciato nel cuore un po’ della sua purezza, affinchè la proteggesse anche in futuro. La prova ed il sigillo di quella magia d’amore spiccava sulla pelle del braccio destro: tra gomito e polso, fiera e fiammeggiante una croce iscritta in un cerchio.
Il miracolo che si era compiuto diciassette anni prima, il miracolo di Lily Evans Potter si era ripetuto. Il miracolo che si era compiuto nove anni prima, il miracolo di Eliana Luna Falchi si era ripetuto.
Incredibile che quella bambina fosse solo una babbana. Quanto coraggio, quanto potere in una bambina. Aveva dato tutta sé stessa per proteggere la persona che più amava al mondo.
I bambini rappresentavano davvero la salvezza, la speranza, la forza della vita. Era per loro che si combatteva, in fondo. Per il futuro. Faceva male vedere che anche loro dovevano combattere per esso.
Draco non si sorprese quando una lacrima gli cadde sul viso. Non fu sorpreso nemmeno di vedere il dolore anche sui volti di quei maledetti che avevano causato tutto questo. Nemmeno i singhiozzi delle altre bambine, libere dopo che aveva sciolto l’incantesimo, lo sorpresero: nessuno come i bambini riesce a sentire e condividere il dolore e la gioia altrui. Era come se fossero tutti empatici come lui.
Ciò che invece lo lasciò senza fiato e senz’anima, fu quello che accadde dopo.
Ivy smise di urlare. E subito si fece silenzio, un silenzio quasi solido tanto era intenso. Poi… lei cantò. Prima piano, a causa della voce arrocchita dal pianto, ma mentre le lacrime continuavano, la sua voce tornava limpida come quella di tutti i bambini. Prese a dondolare i corpo della sorella, mentre canticchiava quella che sembrava una ninna nanna.
Ci mise un po’ a riconoscerla, ma la sua conoscenza delle lingue morte lo aiutò: Ivy sicuramente non conosceva il significato di quella canzone, e nemmeno le altre bambine, probabilmente era solo attratta dalla melodia e dal suono dolce delle parole. Era in provenzale, il francese di secoli prima delle zone meridionali. Sua madre era stata tassativa su questo, avrebbe dovuto imparare la lingua in cui i suoi avi francesi parlavano e, soprattutto, scrivevano, per poter leggere da solo i diari antichi e i libri di magia della sua famiglia fin dalle origini.
Quella canzone, anche se molte parole erano pronunciate male, l’aveva riconosciuta subito. Era un lamento, una ninna nanna sì… ma per i morti. Chi diamine aveva insegnato quella canzone a una bambina?
 
La terra rossa ti ha preso, ti ha rapita senza riscatto.
Volere divino, brama diabolica,
cosa mi ha privato di ciò che era mio?
Troppo presto, mia cara, troppo presto sei bruciata.
Hai fermato la mano che stringeva la mia,
hai distolto lo sguardo che mi apparteneva,
hai donato tutto ciò che era mio alla terra rossa.
Troppo presto, mia cara, troppo presto sei bruciata.
Volere divino, brama diabolica,
mondo, fermati, colei che era mia
mi è stata strappata crudelmente.
Troppo presto, mia cara, troppo presto sei bruciata.
 
 

Luna e suo padre si guardavano negli occhi senza muovere un muscolo.
Mentre lui cercava di controllare il fuoco che gli bruciava il sangue, maledendo mentalmente una volta ancora, una millesima volta in più quella piaga rossa e pentendosi di non averla ammazzata quando ne aveva avuto l’occasione, anni prima, con il diario del suo defunto Signore.
Lei, da parte sua, riviveva nella sua mente tutto ciò che era accaduto. La sua Aria e sua madre Eliana col suo sacrificio, la prigionia a Villa Malfoy, la rivelazione di Xenophilus Lovegood, le fredde parole di Narcissa Malfoy ed in seguito le sue spiegazioni, Draco e il suo affetto incondizionato, i chiarimenti sulla sua cicatrice.
Il male che quell’uomo le aveva inferto.
Ma anche tutto quello che ci stava intorno. Harry che le era rimasto accanto pur non sapendo nulla, rispettando i suoi spazi ma facendole capire che c’era, portandola al sicuro quando era ancora troppo spaventata per affrontare quel che aveva subito; Hermione che lo aveva combattuto per permetterle di scappare, che l’aveva salvata ancora prima da sé stessa donandole una Gemma dell’Aria, lei che le aveva rivelato la verità sulla sua cicatrice e sul suo potere; Ginevra che sapeva sempre quando aveva bisogno di una spalla, che l’aveva abbracciata quando era crollata, protetta con la ferocia di una madre da ciò che poteva farle del male, capita e ricondotta alla ragione quando si era persa nel buio del terrore che albergava nella sua mente; Draco, quel fratello che aveva sempre voluto, quello di cui aveva temuto il giudizio, quello che l’aveva accettata, protetta, fatta sentire parte di una famiglia quando credeva di non averne più una, che avrebbe combattuto contro l’uomo che l’aveva cresciuto pur di proteggere lei; e Ronald… che aveva scacciato le sue paure e le sue fobie con la sua solida calma, che l’aveva strappata alla morte guarendo le ferite che portava nell’anima, che la guardava come il più prezioso tesoro…
Non era qualcosa che prendeva alla leggera. Era grazie a tutti i suoi amici che lei ora era guarita. Ora lei era di nuovo sé stessa non aveva più paura. Non ne avrebbe più provata per un uomo simile.
Non si era mai sentita più forte. E doveva dimostrarlo sconfiggendo Lucius Malfoy, l’uomo che avrebbe dovuto chiamare padre, e che invece tutto ciò che le veniva in mente era una semplice parola dispregiativa: mostro.
Si giocava il tutto per tutto quel giorno. E lei non avrebbe perso. Isolò nella sua mente la percezione delle anime che spiravano, più numerose del solito, e si concentrò sul suo considerevole potere.
‘Mamma, ho bisogno di te adesso. Guidami, e aiutami a liberare il mondo da questo fantasma.’
Non toccò nemmeno la sua bacchetta, non ne aveva bisogno. I suoi poteri funzionavano meglio se controllati con corpo e mente. Era tutta la vita che si addestrava per questo momento, se lo sentiva nell’anima.
Uno Schiantesimo d’Aria produsse un boato simile allo scoppio di una piccola bomba, ma a parte i capelli biondissimi fuori posto, Malfoy senior non ne fu toccato. Aveva semplicemente tagliato il suo incantesimo con il pugnale in osso di Thestral.
Come se non lo odiasse già abbastanza, possedeva un altro di quei dannati pugnali.
‘Va bene, vediamo di finirla in fretta’
Anche lei tirò fuori la sua arma, preparandosi ad uno scontro difficile. Considerando lo svantaggio di avere lo stesso sangue, avrebbe dovuto puntare alo scontro ravvicinato: questo avrebbe provocato molto dolore al suo avversario, impedendogli di concentrarsi pienamente sullo scontro, ma l’Aria era un Elemento di attacco a distanza. Indecisa, puntò lo sguardo sul pugnale dalla lama rossa, poi sulla sua daga argentea. Sapeva cosa fare.
Con precisione, lanciò la daga a terra, tra lei e Lucius, imprimendogli un pizzico di magia affinchè la lama tagliasse l’asfalto come burro, dopodichè si dedicò al suo piano. Con un rapido balzo scattò, posando per un istante la mano sul gioiello che ornava l’elsa della sua arma. Una debole luminescenza, dopodichè si scatenò un piccolo tornado che lasciò lei completamente illesa, e il suo nemico con poco più di qualche graffio superficiale. Il suo pugnale aveva fatto bene il suo lavoro, ma non poteva certo parare contemporaneamente i colpi che provenivano da tutte le parti a causa del tornado. Approfittando della sua distrazione gli si avvicinò a velocità vento, cogliendolo di sorpresa. Il dolore lo annebbiò abbastanza da permetterle di tirargli un calcio mirato sul diaframma, mozzandogli il respiro. Fece per torgliergli di mano la lama rossa, ma lui dalla sua aveva anni di esperienza: una frusta rossa balenò improvvisa dalla punta del pugnale, costringendola ad arretrare. Se non avesse potuto contare sulla velocità dell’Aria, sarebbe rimasta colpita.
Non poteva permettergli un attimo di respiro. Cercando di trovare un buon compromesso per mantenersi al sicuro, lontana da lui abbastanza da usare l’Aria, ma abbastanza vicina da causargli dolore, mantenne il suo pensiero e non si diede un secondo di respiro pur di sfinire il suo avversario.
Dovette ammettere che si difendeva egregiamente, la sua magia era forte e incrementata dal potere Nero, la sua esperienza e la sua crudeltà gli stavano giovando. Non era ancora riuscito a colpirla, ma ci mancava poco.
Almeno, era questo ciò che voleva lui pensasse. Con un ghigno perverso sul volto,  cercò di farle perdere la pazienza.
-Ti sono mancato, mia cara? Spero non ti sia scordata di me nel frattempo… sarà stato difficile, visto l’intensità del nostro ultimo tet-a-tet… sei dimagrita? Sai, sono certo, dopo averlo visto da vicino e toccato con mano, che un mese fa  le tue forme erano più generose…e i tuoi bei capelli sono cresciuti, ma non preoccuparti, te li taglio io… non ti dispiace, visto che ho un po’ di fretta, se oggi il nostro gioco durerà di meno, vero? Per farmi perdonare ti prometto che ti farò sentire ogni cosa più intensamente dell’altra volta…-
Digrignando i denti e ignorando deliberatamente quella lasciva provocazione riuscì a restare concentrata sui suoi attacchi, ma la sua rabbia si era comunque riflessa sul suo potere. I lacci del suo controllo reggevano, ma la potenza era in deciso aumento. Non era un bene provocare la rabbia di un nemico come lei, e gliel’avrebbe fatto capire.
Voleva finire il più presto possibile.
Fece rientrare il tornado e recuperò la sua daga. Le loro lame erano fatte dello stesso materiale, ma i metodi di lavorazione e l’utilizzo erano diametralmente opposti. La sua daga era stata lavorata da una Portatrice dell’Aria diversi secoli prima; era una strega assai potente, che aveva la particolare dote di parlare con gli animali. Questi le avevano svelato, ritenendola giustamente amica, il luogo in cui trovare una colonia di Thestral. Curando alcuni cuccioli feriti si era guadagnata il loro rispetto, e le avevano donato spontaneamente l’osso del cranio del loro capobranco, morto ormai da tempo, che loro custodivano come sacro.
Ci aveva lavorato ogni notte al chiaro di luna per un intero ciclo lunare, dopodichè aveva estratto il materiale e l’aveva forgiato usando l’Aria come compressore per dargli forma, incidendo poi la lama di speciali rune che aiutassero certi incantesimi dell' Aria. L’elsa era in platino, lavorato a filigrana d’oro bianco con simboli dell' Aria e la pietra incastonata era un cristallo di rocca grezzo. Aveva caricato di magia quella daga ogni giorno fino alla sua morte, poco alla volta. Ogni Portatore in seguito aveva fatto lo stesso.
Tra le sue mani, Luna teneva probabilmente una delle armi magiche più potenti al mondo.
Si lanciò di nuovo contro di lui, la voglia di ucciderlo sempre più forte. Per un istante pensò a Narcissa: le sembravano passati secoli da quando le aveva chiesto di pensare a lei mentre uccideva il marito. L’avrebbe fatto, perché per quanto non la ritenesse sua madre, l’aveva partorita, le aveva dato un fratello e le aveva impedito di vivere con quel demone, facendola crescere con una madre amorevole. Glielo doveva.
Lucius però si era abituato al dolore, e sorprendendola con un movimento fulmineo lanciò un Sectumsempra che riuscì a schivare solo in parte. Il tessuto dei suoi jeans si macchiò si sangue , così come la leggera maglia bianca. Non era nulla di grave, aveva un paio di tagli superficiali sul braccio sinistro e uno più profondo sulla gamba sinistra. Quello che la preoccupava era il taglio alla testa: la vista dell’occhio sinistro era resa difficoltosa dal sangue che le colava dalla fronte, imbrattandole i capelli e tracciando  rosse vie sul suo viso. La sua barriera le aveva permesso di non ferirsi gravemente, ma perdendo sangue sarebbe stata rallentata. Doveva finirla in fretta. L’onda d’urto l’aveva scagliata a terra, e se ci avesse messo più del dovuto i tagli si sarebbero infettati.
Il mare ruggiva impazzito a causa delle correnti che si erano assestate sul suo umore tempestoso. Fu quel rumore a darle la forza di rialzarsi. Aveva promesso a Draco di restare viva, in fondo. Lucius stava ghignando mentre parlava di Morgana solo sapeva cosa, ma non le importava: era distratto. Era il momento giusto per attaccare. Un sibilo che avrebbe fatto rizzare i peli di un mannaro adulto dalla paura uscì dalle sue labbra, ed in risposta una portentosa lama d’aria saettò contro il suo nemico. Nemmeno il pugnale gli evitò una profonda ferita al petto, che prese a sanguinare copiosamente. Se non fosse stato per quella maledetta lama rossa, sarebbe finito tagliato in due. Momentaneamente stanca, si poggiò sulle ginocchia a terra per riprendere fiato, ma Lucius, sputando sangue e maledizioni per il dolore multiplo che provava, si era avvicinato a lei. L’afferrò saldamente, e a nulla valsero i suoi tentativi di liberarsi. Quel potente attacco l’aveva lasciata senza fiato, e ci avrebbe rimesso qualche minuto per riprendersi.
-Lasciami andare! Lasciami subito andare, bastardo!- le faceva schifo essere toccata nuovamente da lui.
-Ma che modi, ragazzina! Se fossi cresciuta con me, non saresti venuta su così insolente e sfacciata!-
-Ringrazio mia madre allora di avermi abbandonata, se l’alternativa era crescere con te. Mi fai schifo!- gli sputò in faccia, piena di odio e disprezzo.
-Insolente! Mi devi rispetto, sono tuo padre!-
-Dunque lo sapevi… e nonostante ciò…- dolore, ma se lo permise solo un istante. Poi si lasciò condurre nuovamente dalla rabbia, ancor più cocente di prima.
-Verrai con me all’inferno, ragazzina. Io ti ho creato, io ti porterò con me nella tomba-
Il tratto di scogliera che aveva fatto da sfondo al loro combattimento fu scosso da un forte tremore, che diede la spinta necessaria a Lucius per gettarsi di sotto, trascinando Luna con sé.
Tutto ciò che lei sentì fu il vento che l’avvolgeva durante l’infinita caduta.
 
 
 
Note:
Buonsalve gente!
Allora, non ho idea di come sia venuto fuori il capitolo, dato che non sono molto brava a descrivere scene di guerra, ma un po’ d’azione è necessaria, no?
Spero di aver trasmesso ciò che volevo, chi è sorella o fratello come me credo possa capirmi: ho avuto l’imperativo morale di celebrare l’amore fraterno, già ne ho avuto occasione con Luna e Draco, ma ho voluto ribadirlo in una situazione completamente diversa, fatta da sentimenti estremi. La canzone l’ho inventata di sana pianta, non ne trovavo nessuna adatta, le parole sono passate dal mio cuore alle mie dita, fino al vostro cuore, come io mi auguro.
Ginevra e Draco hanno pensato le stesse cose sul potersi scatenare e via dicendo, sono proprio fatti l’uno per l’altro, no? J
Beh, basta con gli indugi.  Un grazie di cuore a tutti voi che continuate a leggere la mia storia nonostante la mia incostanza, perciò davvero, GRAZIE. Ci vediamo al prossimo capitolo!
Kisu, Flos Ignis
  
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